L’IRAP in caso di studi legali associati

In tema d'IRAP, l'esercizio della professione in forma associata costituisce comunque presunzione legale relativa per l'applicazione dell'imposta, senza che occorra neppure accertare la sussistenza dell'autonoma organizzazione, da considerarsi implicita, salva la possibilità per il contribuente di fornire la prova contraria, avente ad oggetto non tanto l'assenza dell'autonoma organizzazione nell'esercizio in forma associata, quanto l'insussistenza dell'esercizio in forma associata dell'attività.

Il caso. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza numero 16623/18 del 25 giugno, ha chiarito che gli studi professionali associati sono comunque soggetti ad IRAP. Nel caso di specie, l'Agenzia delle Entrate, impugnava la sentenza della CTR Lazio, relativa ad una cartella di pagamento per IRAP 2008. L'ufficio deduceva il vizio di violazione degli artt. 2 e 3 d.lgs. numero 446/97, in quanto, a suo avviso erroneamente, i Giudici d'appello, ai fini della sussistenza del presupposto impositivo, avevano ritenuto ininfluente che l'attività professionale fosse svolta in forma associata. La vicenda in esame riguardava del resto la soggezione ad Irap della sola porzione di attività professionale, asseritamente svolta al di fuori dello studio legale associato del quale il contribuente era socio al 38% , e fatturata direttamente al dominus dello studio. Il ricorso, secondo la Suprema Corte, era fondato. Evidenziano infatti i Giudici di legittimità che in tema d'IRAP, l'esercizio della professione in forma associata costituisce comunque presupposto per l'applicazione dell'imposta, senza che occorra neppure accertare, in concreto, la sussistenza dell'autonoma organizzazione, da considerarsi implicita, salva la possibilità per il contribuente di fornire la prova contraria, avente ad oggetto non l'assenza dell'autonoma organizzazione nell'esercizio in forma associata, bensì l'insussistenza dell'esercizio in forma associata dell'attività stessa cfr., Cass. ord. numero 18920/16, Cass. sez. unumero 7371/16 . Nella specie, quindi, spettava al contribuente dimostrare che si trattava di attività ontologicamente del tutto estranea a quella dello studio associato di cui faceva parte, funzionalmente scollegata da essa, e non interferente in alcun modo con la medesima e neppure dalla stessa direttamente o indirettamente agevolata. Tale prova, secondo la Suprema Corte, era concretamente mancata, così che poteva ritenersi che il contribuente beneficiasse dell'apparato organizzativo dell'associazione anche per la parte di attività professionale asseritamente individuale. Osservazioni. Anche dal lato soggettivo, il compito di individuare il presupposto dell’autonoma organizzazione non è sempre agevole. Tra i soggetti passivi IRAP ci sono infatti anche gli studi associati”, nei confronti dei quali la giurisprudenza di Cassazione, accanto a posizioni di chiusura ordinanze numero 22212/10 e 21669/2010 , ha assunto a volte anche un orientamento che concede al singolo associato di poter dimostrare che la struttura”, in realtà, serve solo a dividere i costi e non vi è reciproco incremento di valore aggiunto sentenze numero 4663/2014, numero 17136/2008, 13570/07 e numero 12078/2009 . Il nodo” andrebbe dunque sciolto alla radice, decidendo, a priori, se gli studi associati devono confrontarsi e, nel caso, in che modo con gli stessi parametri dettati per i professionisti che operano singolarmente, ovvero se a loro è interdetta qualunque verifica. Vero è che l'esercizio in forma associata della professione può rappresentare un elemento significativo per provare la sussistenza dell'autonoma organizzazione e riconoscere l'assoggettabilità all'IRAP dei singoli associati, laddove idonea a far ritenere che il reddito prodotto non sia frutto esclusivamente della professionalità di ciascun componente dello studio, bensì di detta organizzazione associativa, costituita proprio per potenziare la produzione di ricchezza a vantaggio degli associati Cassazione 13570/2007, 2715/2008 . Gli studi associati, in sostanza, sono soggetti ad IRAP, dato che l'esercizio in comune dell’attività professionale, pur non configurando un centro di interessi dotato di autonomia funzionale stante il carattere strettamente personale e fiduciario dell'esercizio delle professioni , dà luogo ad un insieme di strutture immobili, mobili, macchinari, servizi, collaboratori , di modo che il reddito da sottoporre ad Irap ne esce potenziato, sempre che, appunto, non derivi dal solo lavoro professionale dei singoli Cass. 13570/2007 . Quando l'attività è esercitata dalle società e dagli enti, soggetti passivi dell'imposta a norma dell'art. 3 d.lgs. 15 dicembre 1997, numero 446, comprese quindi le società semplici e le associazioni senza personalità giuridica costituite fra persone fisiche per l'esercizio in forma associata di arti e professioni, essa costituisce quindi, in ogni caso, presupposto d'imposta Irap, dovendosi perciò escludere la necessità di ogni accertamento in ordine alla sussistenza dell'autonoma organizzazione. Sul tema si sono peraltro pronunciate anche le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza numero 7371 del 14.04.2016. Le Sezioni Unite della Corte, a cui la questione veniva rimessa, rilevato il quesito sottopostogli se, in applicazione del combinato disposto degli artt. 2 e 3 del d.lgs. numero 446 del 1997, debba essere sottoposto ad IRAP il valore aggiunto prodotto nel territorio regionale da attività di tipo professionale espletate nella veste giuridica societaria, ed in particolare di società semplice, anche quando il giudice valuti non sussistente una autonoma organizzazione dei fattori produttivi , considerato che, a mente del secondo periodo dell'art. 2 del decreto citato, costituisce in ogni caso presupposto d'imposta l'attività esercitata dalle società e dagli enti, compresi gli organi e le amministrazioni dello Stato , affermavano che il requisito della autonoma organizzazione dell'attività non è richiesto in relazione all'attività di tali tipi di soggetti. Il successivo art. 3, evidenziava ancora la Suprema Corte, rende espliciti i soggetti passivi dell'imposta, che sono coloro che esercitano una o più delle attività di cui all'art. 2 , individuando espressamente tra queste, alla lett. c del comma 1, le società semplici esercenti arti e professioni e quelle ad esse equiparate a norma dell'art. 5, comma 3, d.P.R. 22 dicembre 1986, numero 917, vale a dire le associazioni senza personalità giuridica costituite fra persone fisiche per l'esercizio in forma associata di arti e professioni Redditi di lavoro autonomo . I Giudici di legittimità richiamano poi i precedenti che confermavano tale orientamento, tra cui Cass. numero 16784/2010, secondo cui, in relazione all'esercizio in forma associata della professione di dottore commercialista, l'attività esercitata da tali soggetti, strutturalmente organizzati per la forma nella quale l'attività è svolta, costituisce pertanto ex lege presupposto d'imposta .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – T, ordinanza 4 aprile – 25 giugno 2018, n. 16623 Presidente Cirillo – Relatore Solaini Ragioni della decisione Con ricorso in Cassazione affidato a un motivo, nei cui confronti il ricorrente ha resistito con controricorso, illustrato da memoria, l'Agenzia delle Entrate, impugnava la sentenza della CTR del Lazio, relativa a una cartella di pagamento per IRAP 2008. L'ufficio deduce il vizio di violazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto, erroneamente, i giudici d'appello, ai fini della sussistenza del presupposto impositivo, avevano ritenuto ininfluente, ai fini della decisione, che l'attività professionale fosse svolta in forma associata. Il Collegio ha delibero di adottare la presente decisione in forma semplificata. Il ricorso è fondato. Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, In tema d'IRAP, l'esercizio della professione in forma associata costituisce presupposto per l'applicazione dell'imposta, senza che occorra accertare in concreto la sussistenza dell'autonoma organizzazione, da considerarsi implicita, salva la possibilità per il contribuente di fornire la prova contraria, avente ad oggetto non l'assenta dell'autonoma organizzazione nell'esercizio in forma associata, bensì l'insussistenza dell'esercizio in forma associata dell'attività stessa Cass. ord. n. 18920/16, Cass. sez. un. 7371/16, ord. n. 24088/16, 21164/16 . La presente vicenda, riguarda la soggezione ad Irap della sola porzione di attività professionale asseritamente svolta al di fuori dello studio legale associato del quale il contribuente è socio 38% e fatturata direttamente al dominus dello studio. Nella specie, tuttavia, spettava al contribuente dimostrare che si trattava di attività ontologicamente del tutto estranea a quella dello studio associato, funzionalmente scollegata da essa, non interferente in alcun modo con la medesima e neppure dalla stessa direttamente o indirettamente agevolata. Tale prova è concretamente mancata, così che può ritenersi che il contribuente beneficiasse dell'apparato organizzativo dell'associazione anche per la parte di attività professionale asseritamente individuale. Va, conseguentemente accolto il ricorso, cassata senza rinvio l'impugnata sentenza e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, ex art. 384 c.p.c., rigettato l'originario ricorso introduttivo. Le spese di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo, mentre, in ragione del recente consolidamento della giurisprudenza restano compensate tra le parti, le spese dei gradi di merito. P.Q.M. La Corte Suprema di Cassazione accoglie il ricorso, cassa l'impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente. Condanna M.S. a pagare all'Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pt, le spese di lite del presente giudizio che liquida nell'importo complessivo di Euro 1.500,00, oltre spese prenotate a debito compensa le spese dei gradi di merito. Motivazione semplificata.