La sospensione nel processo tributario

La sospensione del processo, di cui all'art. 295 c.p.c., non è applicabile allorchè la causa tributaria pregiudicante pende in grado di appello, potendo in tal caso trovare applicazione solo l'art. 337, comma 2, c.p.c., in base al quale il giudice ha facoltà di sospendere il processo ove una delle parti invochi l'autorità di una sentenza a sé favorevole, ma non ancora definitiva.

Il caso. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 12900/18, depositata il 24 maggio, ha risolto un contenzioso in tema di sospensione nel processo tributario. Nel caso di specie, l'Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per cassazione, impugnando la sentenza della CTR dell’Emilia Romagna, con la quale era stato annullato l'accertamento emesso nei confronti del contribuente per la ripresa a tassazione di redditi di partecipazione del contribuente a società a ristretta base sociale per l'anno 2005. L'Amministrazione finanziaria prospettava la violazione dell'art. 295 c.p.c. e dell'art. 2909 c.c., dolendosi del fatto che il giudice di merito aveva omesso di sospendere il giudizio, malgrado la natura pregiudiziale del procedimento relativo alla società, decidendo, peraltro, in linea con le statuizioni di annullamento dell'accertamento nei confronti della società, senza però avvedersi che la pronuncia non era ancora definitiva, per non essere passata in giudicato. Sospensione del processo. Il motivo di ricorso, secondo la Suprema Corte, era infondato. I Giudici di legittimità ricordano che, in effetti, la stessa Cassazione, decidendo fattispecie analoghe a quella in giudizio, nelle quali il giudice di merito aveva annullato l'avviso di accertamento emesso nei confronti di socio di società di capitali a ristretta base partecipativa, in relazione a precedente annullamento dell'avviso emesso a carico della società, con sentenza non passata in giudicato, aveva ritenuto, con orientamento consolidato, che l'accertamento tributario nei confronti di una società di capitali a base ristretta, nella specie riferito ad utili extracontabili, costituisse un indispensabile antecedente logico-giuridico dell'accertamento nei confronti dei soci, con la conseguenza che, non ricorrendo, come per le società di persone, un'ipotesi di litisconsorzio necessario, in ordine ai rapporti tra i rispettivi processi, quello relativo al maggior reddito accertato in capo al socio doveva essere sospeso, ai sensi dell'art. 295 c.p.c., applicabile nel giudizio tributario in forza del generale richiamo dell'art. 1 d.lgs. n. 546/1992. cfr., ex plurimis , Cass. n. 2214/2011, Cass. n. 16913/2016 . Tale orientamento, tuttavia, secondo la Suprema Corte, non poteva riproporsi in relazione alla nuova versione dell'art. 49 d.lgs. n. 546/1992, come modificato a far data dall'1° gennaio 2016, in forza del d.lgs. 156/2015. Secondo tale disposizione, infatti, la sospensione del processo di cui all'art. 295, c.p.c. non è applicabile allorchè la causa tributaria, ipotizzata quale pregiudicante, pende in grado di appello, potendo in tal caso trovare applicazione solo l'art. 337, comma 2, c.p.c., secondo il quale il giudice ha facoltà di sospendere il processo ove una delle parti invochi l'autorità di una sentenza a sé favorevole, ma non ancora definitiva cfr. Cass. n. 23480/2017 . Fatte tali precisazioni, secondo la Cassazione, ne conseguiva l'erroneità della censura, muovendo l'Agenzia dall'idea dell'obbligatorietà della sospensione per pregiudizialità, in ragione della pendenza del procedimento pregiudicante. Conclusioni. Pur prendendo atto della decisione della Corte, la conclusione raggiunta non sembra in realtà condivisibile. Mentre infatti l’Agenzia delle Entrate censurava la sentenza in riferimento all’art. 295 c.p.c. e alla mancata sospensione del processo per pregiudizialità di altro procedimento ancora sub iudice , i Giudici di legittimità fanno riferimento invece alla sospensione dell’esecuzione e processi ex art. 337 c.p.c. e infatti richiamano l’art. 49 d.lgs. n. 546/1992. Probabilmente i giudici sono stati tratti in errore anche dal richiamo dell’Agenzia al mancato passaggio in giudicato delle statuizioni di annullamento dell'accertamento nei confronti della società, che riflette la previsione di cui al comma 2 del citato art. 337 c.p.c Ma la censura che faceva l’Amministrazione in relazione a tale profilo sembra che attenesse, in realtà, alla violazione, infatti espressamente richiamata, dell’art. 2909 c.c., avendo la CTR erroneamente ritenuto e conseguentemente deciso nel merito che la sentenza del procedimento a carico della società fosse passata in giudicato. Il riferimento corretto doveva essere, allora, semmai, all’art. 39 d.lgs. n. 546/92, che disciplina appunto, in ambito tributario, l’istituto della sospensione del processo, e, ai sensi del quale il processo è sospeso nei seguenti casi - proposizione della querela di falso - necessità di decidere una questione sullo stato o la capacità delle persone, salvo che si tratti della capacità di stare in giudizio. Come si evince dalla semplice lettura della disposizione, il contenuto della norma differisce dalla disciplina di cui all’art. 295 c.p.c A differenza della disposizione tributaria, quella civilistica prevede infatti che il giudice dispone che il processo sia sospeso in ogni caso in cui egli stesso o altro giudice deve risolvere una controversia dalla cui definizione dipende la decisione della causa. Il d.lgs. n. 156/2015 ha però poi apportato modifiche anche all'art. 39 d.lgs. n. 546/1992, inserendo due nuovi commi, 1- bis e 1- ter , ai sensi dei quali, rispettivamente - la sospensione del processo è disposta dalla commissione tributaria ogniqualvolta essa stessa, o altra commissione tributaria debba risolvere una controversia dalla cui definizione dipende la decisione della causa. È stato in tal modo riprodotto espressamente il contenuto dell'art. 295 c.p.c., concernente la sospensione necessaria del processo. Il comma 1- bis introduce, pertanto, un'ulteriore ipotesi di sospensione necessaria, che si aggiunge a quella già prevista dal comma 1 - su richiesta conforme delle parti, il processo è sospeso nel caso in cui sia iniziata una procedura amichevole ai sensi delle Convenzioni internazionali per evitare le doppie imposizioni, oppure quando sia iniziata una procedura amichevole ai sensi della Convenzione sull'eliminazione delle doppie imposizioni in caso di rettifica degli utili di imprese associate, n. 90/463/CEE del 23 luglio 1990. Sulla base della nuova disciplina, dunque, sembra proprio che l’esito della controversia dovesse essere diverso e si comprende perché l’Agenzia aveva censurato la sentenza sotto tale profilo. Invece, come visto, la Cassazione si è concentrata su tutt’altro profilo, quale quello attinente all’art. 49 d.lgs. n. 546, modificato dall’art. 9, comma 1, lett. u , d.lgs. n. 156/2015 al fine di consentire l’applicazione alle impugnazioni delle sentenze delle commissioni tributarie di tutte le disposizioni sull’appello civile contenute nel titolo III, capo I, del libro II del c.p.c., ivi incluso l’art. 337 viene infatti soppressa l’espressione escluso l’articolo 337” , e compreso dunque anche il suo secondo comma, che stabilisce che quando l'autorità di una sentenza è invocata in un diverso processo, questo può essere sospeso, se tale sentenza è impugnata. E dunque, sembra di capire, la Cassazione ha respinto il ricorso, in quanto la scelta della CTR di non sospendere il processo, in quanto discrezionale, non era censurabile in sede di legittimità. Ma, oggettivamente, non sembrava questo l’oggetto del contendere.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – T, ordinanza 28 marzo – 24 maggio 2018, numero 12900 Presidente Iacobellis – Relatore Conti Fatti e ragioni della decisione L'Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, contro Me. Vi. Se., impugnando la sentenza della CTR Emilia Romagna indicata in epigrafe con la quale è stato annullato l'accertamento emesso nei confronti del contribuente per la ripresa a tassazione di redditi di partecipazione del contribuente a società a ristretta base sociale per l'anno 2005. La parte intimata ha depositato controricorso. Il procedimento può essere definito con motivazione semplificata. L'Agenzia delle Entrate prospetta la violazione dell'articolo 295 c.p.c. e dell'articolo 2909 c.c., dolendosi del fatto che il giudice di merito abbia omesso di sospendere il giudizio malgrado la natura pregiudiziale del procedimento relativo alla società, considerando le statuizioni di annullamento dell'accertamento nei confronti del sodalizio rese dal giudice di appello definitive, senza invece avvedersi che la pronunzia della CTR resa nei confronti della società Il Poggio numero 2309/5/15 della CTR Emilia Romagna non era ancora definitiva per non essere passata in giudicato. Circostanza che l'avrebbe dovuta indurre a sospendere il giudizio. Il motivo di ricorso, ammissibile in rito individuando con precisione la doglianza in relazione a due specifiche disposizioni contenute nel codice civile e nel codice di procedura civile, è infondato. In effetti, questa Corte, decidendo fattispecie omologhe alla presente, nelle quali il giudice di merito aveva annullato l'avviso di accertamento emesso nei confronti di socio di società di capitali a ristretta base partecipativa in relazione a precedente annullamento dell'avviso emesso a carico della società prodromico con sentenza non passata in giudicato, aveva ritenuto, con orientamento consolidato, che l'accertamento tributario nei confronti di una società di capitali a base ristretta, nella specie riferito ad utili extracontabili, costituisce un indispensabile antecedente logico-giuridico dell'accertamento nei confronti dei soci, in virtù dell'unico atto amministrativo da cui entrambe le rettifiche promanano, con la conseguenza che, non ricorrendo, com'è per le società di persone, un'ipotesi di litisconsorzio necessario, in ordine ai rapporti tra i rispettivi processi, quello relativo al maggior reddito accertato in capo al socio deve essere sospeso ai sensi dell'articolo 295 cod. proc. civ., applicabile nel giudizio tributario in forza del generale richiamo dell'articolo 1 del D.Lgs. numero 546 del 1992 -cfr., ex plurimis, Cass.numero 2214/2011,Cass.numero 16913/2016-. Tale orientamento non può tuttavia riproporsi in relazione alla nuova versione dell'articolo 49 D.Lgs. numero 546/1992 come modificato a far data dall'1 gennaio 2016 in forza del D.Lgs. 156/2015. Secondo tale disposizione la sospensione del processo di cui all'articolo 295, cod. proc. civ. non è applicabile allorché la causa tributaria ipotizzata quale pregiudicante pende in grado di appello, potendo in tal caso trovare applicazione solo l'articolo 337, secondo comma, cod. proc. civ., secondo il quale il giudice ha facoltà di sospendere il processo ove una delle parti invochi l'autorità di una sentenza a sé favorevole, ma non ancora definitiva, così limitando la clausola di esclusione dell'articolo 49, D.Lgs. 546/1992 al solo primo comma dell'articolo 337, cod. proc. civ. -cfr. Cass.numero 23480/2017-. In definitiva, fatti salvi soltanto i casi in cui la sospensione del giudizio sulla causa pregiudicata sia imposta da una disposizione specifica ed in modo che debba attendersi che sulla causa pregiudicante sia pronunciata sentenza passata in giudicato, quando fra due giudizi esiste rapporto di pregiudizialità e quello pregiudicante sia stato definito con sentenza non passata in giudicato, è possibile la sospensione del giudizio pregiudicato soltanto ai sensi dell'articolo 337 cod. proc. civ. Cass.numero 21505/2013 . Fatte le precisazioni anzidette ne consegue l'erroneità della censura relativa alla pronunzia della CTR pubblicata il 9 maggio 2016, muovendo l'Agenzia dall'idea dell'obbligatorietà della sospensione per pregiudizialità in ragione della pendenza del procedimento pregiudicante che, per converso, è stato obliterato per effetto della modifica normativa sopra ricordata. Sulla base delle superiori considerazioni il ricorso va rigettato. Le spese seguono la soccombenza. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in favore del controricorrente in Euro 7.000,00 per compensi, oltre spese generali nella misura del 20 %, oltre accessori.