Furto della contabilità e onere della prova

In caso di furto della contabilità, spetta al contribuente l'onere di provare la fonte che giustifica la detrazione, attivandosi presso i fornitori al fine di acquisire copia della documentazione ed ottenere la ricostruzione del contenuto delle fatture emesse. La denuncia di furto non è sufficiente a dare prova dei fatti controversi.

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 11908/18 del 16 maggio, ha chiarito alcuni rilevanti aspetti in tema di onere della prova nel processo tributario. Il caso. Nel caso di specie, l'Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della CTR della Sicilia, che ne aveva rigettato l’appello contro la decisione della CTP di Palermo. L’Amministrazione finanziaria lamentava, in particolare, la violazione degli artt. 38 d.P.R. n. 600/1973, 5 d.lgs. n. 472/1997, nonché dell’art. 2724, n. 3 e 2697 c.c., avendo la sentenza impugnata trascurato di considerare che la denuncia di furto della contabilità non era sufficiente a dare prova dei fatti controversi, gravando sul contribuente l'onere di dimostrare l'incolpevole impossibilità di produrre i documenti e di poter reperire, in altro modo, la copia delle fatture mancanti. Secondo la Suprema Corte il ricorso era fondato. Evidenziano infatti i Giudici di legittimità che, nel caso in cui l'Amministrazione finanziaria contesti al contribuente l'indebita detrazione dell'imposta, spetta a quest’ultimo l'onere di provarne la legittimità e la correttezza, sicché, quando questi non sia in grado di dimostrare la fonte che giustifica la detrazione per aver denunciato un furto della contabilità, non spetta all'Amministrazione operare un esame incrociato dei dati contabili, ma al medesimo contribuente attivarsi al fine di ottenere la ricostruzione del contenuto delle fatture emesse, con l'acquisizione - presso i fornitori - della copia, non essendo la denuncia di furto per se stessa sufficiente a dare prova dei fatti controversi, se priva della precisa indicazione riguardante le singole fatture e il loro contenuto specifico cfr., Cass. n. 18028/16 Cass. n. 23331/16 . Osservazioni. La sentenza in commento attiene, in sostanza, alla questione relativa alle conseguenze della mancata esibizione di documenti richiesti dell’Amministrazione Finanziaria. Sotto altro profilo, del resto, una volta denunciata la mancanza della documentazione probatoria, non sarebbe possibile che gli stessi documenti vengano poi magari reperiti in corso di causa, con successiva produzione in giudizio. La preclusione all’utilizzabilità delle prove documentali non esibite ai verificatori è però subordinata alle seguenti condizioni - la non veridicità della dichiarazione, o, più in generale, il suo essere diretta ad impedire l'ispezione del documento - la coscienza e la volontà della dichiarazione stessa - il dolo, costituito dalla volontà di impedire che possa essere effettuata l'ispezione del documento. Pertanto, non integrano i presupposti applicativi della preclusione le dichiarazioni il cui contenuto corrisponda al vero dell'indisponibilità del documento, non solo se questa sia ascrivibile a caso fortuito o forza maggiore, ma anche se imputabile a colpa, quale ad esempio la negligenza e imperizia nella custodia e conservazione. Si è dunque in questi casi al di fuori delle ipotesi dolose del volontario rifiuto di esibizione, o della volontaria sottrazione alla ispezione , che presuppongono, al contrario, proprio il possesso o comunque la materiale disponibilità del documento. Pertanto, non soltanto in materia di II.DD., ma anche nella materia IVA, ove sussista il fatto di forza maggiore, da un lato, non viene in rilievo la sanzione di inutilizzabilità comminata dall'art. 52, comma 5, d.P.R. n. 633/72 e dall'altro il documento, successivamente rinvenuto, o comunque acquisito dal contribuente, può essere utilizzato nel giudizio tributario secondo le forme ed i termini previsti dalle norme processuali per l’introduzione nel giudizio delle prove precostituite artt. 24 e 58, comma 2, d.lgs. n. 546/1992 . La mancata risposta all’invito, che è sanzionabile, oltre che per rendere più efficace l’attività di accertamento, anche per scoraggiare condotte reticenti e ostruzionistiche, pregiudica comunque, al di fuori dei casi sopra indicati, il diritto del contribuente a far valere, in sede contenziosa, i documenti volontariamente non esibiti. E, oltre a ciò, come visto, se il contribuente non risponde, l’Ufficio è anche legittimato a ricorrere all’accertamento induttivo. Conclusioni. Per consolidato orientamento della Cassazione, anche in terna di IVA, deve farsi dunque applicazione del principio generale sull'onere della prova dei fatti costitutivi, sicché la deducibilità dell'imposta pagata dal contribuente per l'acquisizione di beni o servizi inerenti all'esercizio dell'impresa, postula comunque che questi sia in possesso delle relative fatture, le annoti in apposito registro e ne conservi evidenza, potendo, altrimenti, l'Ufficio procedere all'accertamento in rettifica. Pertanto, nell'ipotesi di perdita incolpevole della documentazione, il contribuente è comunque tenuto a dimostrare di essere nell'impossibilità di acquisire presso i fornitori dei beni o dei servizi copia delle fatture, in applicazione della regola generale fissata dall'art. 2724, n. 3 , c.c La perdita incolpevole del documento non esenta infatti l'interessato dall'onere della prova, né lo sposta sulla controparte, né tantomeno introduce una presunzione di veridicità di quanto la documentazione andata distrutta avrebbe dovuto rappresentare. In simili ipotesi furto, incendio etc. della contabilità , incombe quindi sul contribuente non solo l'onere di dimostrare di essersi trovato nell'incolpevole impossibilità di produrre tali documenti, ma anche quello di dimostrare di non essere in grado di acquisire copia delle fatture mancanti. Viene pertanto, ancora una volta, evidenziata l’importanza dell’obbligo di conservazione della documentazione contabile e dell’obbligo di custodia diligente delle scritture aziendali. E nell’obbligo di conservare le scritture è insito anche l’obbligo di custodirle diligentemente, ovvero di conservarle in un luogo nella esclusiva disponibilità della società o dei suoi legali rappresentanti, o di depositarle presso un professionista o in altro luogo di deposito pubblico, in modo da poterne comunque facilmente riacquistare e controllare la disponibilità. Se poi il contribuente, avendo smarrito” o distrutto, per sua colpa, le scritture contabili, non sarà in grado di fornire un’idonea prova contraria, non potrà allora esimersi dal subire le conseguenze negative di tale sua mancanza.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - T, ordinanza 14 marzo – 16 maggio 2018, n. 11908 Presidente Iacobellis – Relatore Mocci Fatto e diritto Rilevato che la Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall'art. 380 bis c.p.c., delibera di procedere con motivazione semplificata che l'Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia che aveva rigettato il suo appello contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Palermo. Quest'ultima aveva accolto l'impugnazione di G.G. avverso un avviso di accertamento per IRPEF relativa all'anno 2003 Considerato che il ricorso è affidato a due motivi che, col primo, la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38,D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 5, nonchè art. 2724 c.c., n. 3, e art. 2697 c.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3 la sentenza impugnata avrebbe trascurato di considerare che la denuncia di furto non sarebbe stata sufficiente a dare prova dei fatti controversi, gravando sul contribuente l'onere di dimostrare l'incolpevole impossibilità di produrre i documenti e di poter reperire in altro modo la copia delle fatture mancanti, senza la necessità di dover invocare lo studio di settore che, col secondo rilievo, l'Agenzia assume la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 4, giacchè la CTR avrebbe errato nel ritenere assorbente il mancato utilizzo degli studi di settore, a fronte del corredo probatorio addotto dall'Ufficio e della corrispondente carenza in tal senso da parte del contribuente che l'intimato si è costituito con controricorso che il primo motivo è fondato che, ove l'Amministrazione finanziaria contesti al contribuente l'indebita detrazione dell'imposta, spetta al contribuente l'onere di provarne la legittimità e la correttezza, sicchè, quando questi non sia in grado di dimostrare la fonte che giustifica la detrazione per aver denunciato un furto della contabilità, non spetta all'Amministrazione operare un esame incrociato dei dati contabili ma al contribuente medesimo attivarsi attraverso la ricostruzione del contenuto delle fatture emesse, con l'acquisizione - presso i fornitori - della copia delle medesime, non essendo la denuncia di furto per se stessa sufficiente a dare prova dei fatti controversi, se priva della precisa indicazione riguardante le singole fatture e il loro contenuto specifico Sez. 5, n. 18028 del 14/09/2016 Sez. 6-5, n. 23331 del 16/11/2016 che, in definitiva, i componenti negativi devono comunque essere provati dal contribuente che il secondo motivo resta assorbito che, pertanto, in accoglimento del ricorso la sentenza va cassata ed il giudizio rinviato alla CTR Sicilia, in diversa composizione, affinchè si attenga agli enunciati principi e si pronunzi anche con riguardo alle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Regionale della Sicilia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.