Studio e casa con uso promiscuo, ispezione autorizzata anche senza gravi indizi di violazione

Uso promiscuo tra casa e studio? L’ispezione nell’abitazione del professionista non ha bisogno di un’autorizzazione fondata su gravi indizi di violazione tributaria. Nel caso in esame, un contribuente aveva lo studio in un ambiente direttamente collegato con la sua abitazione.

Lo specifica la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 11779/18, depositata il 15 maggio, con la quale i Giudici di Piazza Cavour hanno accolto il ricorso presentato dall’Agenzia delle Entrate. Il fatto. Nel caso di specie, in esito ad una valutazione delle risultanze documentali, la CTR aveva concluso che ciascuna delle due unità immobiliari casa/studio sarebbe stata diversa dall’altra tuttavia, il PVC aveva accertato l’intercomunicabilità interna, mediante una scala, fra l’esercizio commerciale e l’abitazione tra l’altro, sprovvista di un apposito ingresso esterno indipendente . Fede privilegiata. In tema di accertamenti tributari, il processo verbale di constatazione, redatto dalla Guardia di Finanza o dagli altri organi di controllo fiscale, è assistito da fede privilegiata ex art. 2700 c.c. in merito ai fatti in esso descritti, per contestare i quali è necessaria la proposizione della querela di falso. La CTR avrebbe dunque dovuto tener conto di questa fede privilegiata, dandole valore di prova legale, ricordando che l’accesso degli impiegati dell’Amministrazione finanziaria presso i locali adibiti ad esercizio commerciale, artistico, agricolo o professionale e, in ultimo, i locali ad uso promiscuo anche commerciale-abitativo, può essere confermato con semplice autorizzazione del capo ufficio e del Procuratore della Repubblica, senza specifici presupposti solo nei locali adibiti ad uso abitativo è richiesta l’autorizzazione del Procuratore della Repubblica per gravi indizi di violazione tributaria. Fonte fiscopiu.it

Corte di Cassazione, sez. VI Civile T, ordinanza 26 febbraio 17 maggio 2018, n. 11779 Presidente Iacobellis Relatore Mocci Fatto e diritto Rilevato che la Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c. delibera di procedere con motivazione semplificata che l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia che aveva respinto il suo appello contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Agrigento. Quest’ultima aveva accolto l’impugnazione di L.R.L. avverso l’avviso di accertamento IRPEF, IRAP e IVA per l’anno 2009 Considerato che il ricorso è affidato a due motivi che col primo, l’Agenzia assume la violazione e falsa applicazione dell’art. 52 DPR 633/1972, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. che, infatti, la CTR avrebbe erroneamente concluso per l’illegittimità del decreto autorizzativo del Procuratore della Repubblica di Sciacca per mancanza di gravi indizi di violazione delle disposizioni tributarie, essendo tali indizi necessari solo in luoghi adibiti esclusivamente ad abitazione e non nell’ipotesi di uso promiscuo che, col secondo, la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2700 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., giacché, a fronte della prova della violazione, già fornita dall’Ufficio, mediante il richiamo al verbale di constatazione, la contribuente non avrebbe dedotto alcuna prova contraria che l’intimata si è costituita con controricorso che i due motivi possono esser trattati congiuntamente, considerata la loro connessione logica che infatti, in tema di accertamento dell’IVA, l’art. 52 del DPR 26 ottobre 1972, n. 633 prevede, al primo comma, l’accesso degli impiegati dell’Amministrazione finanziaria presso i locali adibiti all’esercizio dell’attività commerciale, agricola, artistica o professionale, ovvero presso i locali adibiti ad uso promiscuo e, dunque, anche abitativo e, al secondo comma, l’accesso presso i locali adibiti ad uso diverso e, dunque, esclusivamente abitativo nel primo caso, è richiesta la semplice autorizzazione del capo dell’ufficio e del procuratore della Repubblica, senza l’indicazione di specifici presupposti, ponendosi tali autorizzazioni come meri adempimenti procedimentali, legati alla necessità che la perquisizione sia avallata da un’autorità gerarchicamente o funzionalmente sovraordinata nel secondo caso, invece, l’autorizzazione del procuratore della Repubblica presuppone la sussistenza di gravi indizi di violazione tributaria, trovando il suo fondamento nell’inviolabilità del domicilio di cui all’art. 14 Cost Ne consegue che, in tale ultima ipotesi, l’effettiva sussistenza dei gravi indizi di violazione tributaria è soggetta alla verifica della legittimità formale e sostanziale della pretesa impositiva, che coinvolge la legittimità del procedimento accertativo su cui la stessa si fonda Sez. 5, n. 26829 del 18/12/2014 che, nella specie, in esito ad una valutazione delle risultanze documentali, la CTR ha concluso che ciascuna delle unità immobiliari sarebbe stata diversa dall’altra che, tuttavia, il p.v.c. aveva accertato l’intercomunicabilità interna, mediante una scala, fra l’esercizio commerciale e l’abitazione fra l’altro sprovvista di apposito ingresso esterno indipendente che, in tema di accertamenti tributari, il processo verbale di constatazione, redatto dalla Guardia di finanza o dagli altri organi di controllo fiscale, è assistito da fede privilegiata ai sensi dell’art. 2700 cod. civ., quanto ai fatti in esso descritti per contestare tali fatti è pertanto necessaria la proposizione della querela di falso Sez. 6-5, n. 15191 del 03/07/2014 che, pertanto, nella valutazione di fatto prodromica al giudizio circa la sussistenza o no di un uso promiscuo, la CTR avrebbe dovuto considerare il valore di fede privilegiata attribuito al pvc, e quindi di prova legale rispetto alla perizia giurata pur sempre atto di parte che, pertanto, in accoglimento del ricorso la sentenza va cassata ed il giudizio rinviato alla CTR Sicilia, in diversa composizione, affinché si attenga agli enunciati principi e si pronunzi anche con riguardo alle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Regionale della Sicilia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.