Le ragioni di urgenza per giustificare la deroga al contraddittorio possono dipendere solo da cause non imputabili al Fisco

In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l'inosservanza del termine di 60 giorni, di cui all'art. 12, comma 7, l. n. 212/2000 cd. statuto del contribuente , determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l'illegittimità dell'atto impositivo.

Il vizio del procedimento non può essere ricondotto ad un'ipotesi di mera irregolarità, in quanto la situazione giuridica del destinatario dell'atto risulta irrimediabilmente compromessa, venendo in rilievo interessi di natura sostanziale che non possono evidentemente essere recuperati ex post ”, rimanendo preclusa ogni loro soddisfazione con l'emanazione del provvedimento finale. È illegittimo l'avviso di accertamento notificato prima dei 60 giorni anche se l'ufficio ha il timore che il contribuente risulti irreperibile fino allo scadere del termine di decadenza del potere accertativo. Le ragioni di urgenza per giustificare la deroga al contraddittorio possono dipendere solo da cause non imputabili all’Ente. Tale assunto è stato statuito dalla Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 8749 depositata il 10 aprile 2018. Il caso. Gli organi verificatori hanno eseguito una verifica presso la sede di un contribuente in seguito alla quale il Fisco, prima del decorso di 60 giorni, ha notificato l'avviso di accertamento. Il contribuente ha impugnato l’atto impositivo eccependo, tra i diversi motivi, la violazione dello statuto del contribuente. Il Fisco si è difeso precisando che l'urgenza derivava dalla circostanza che entro l'anno decadeva il potere di accertamento e, date le caratteristiche del contribuente, era alto il rischio della irreperibilità di quest’ultimo per ricevere l'atto. I Giudici di merito tributari hanno appurato la legittimità del comportamento dell'ufficio. Gli Ermellini, con la pronuncia citata, in accoglimento dell’originario ricorso del contribuente, hanno sottolineato l’errata applicazione della vigente normativa da parte dei Giudici di merito tributari, che avevano confermato l'operato del Fisco, ritenendo giustificata l'urgenza dall'imminente decadenza del potere accertativo. I Giudici di legittimità hanno ricordato che la citata urgenza, per derogare all'attesa di 60 giorni art. 12, comma 7, legge n. 212/2000 , deve dipendere da elementi esterni alla sfera dell'ente impositore alla sua diretta responsabilità. Ne consegue che l'imminenza del termine di decadenza del potere di accertamento non può di per sé integrare l'urgenza, potendo solo eventualmente rilevare dinanzi all'insorgenza di fatti concreti e precisi che possano giustificare l'attivazione anticipata dell'ufficio. Nella specie, il Fisco si era limitato ad indicare una presunta irreperibilità del contribuente. Peraltro, ciò che rileva ai fini del rispetto della norma vigente è soltanto l'emanazione dell'atto impositivo e non il completamento della procedura notificatoria. Ai fini del rispetto del termine sospensivo di 60 giorni dal rilascio del PVC prima dell'emanazione dell'avviso di accertamento, per data di emanazione dell'atto deve intendersi quella in cui lo stesso è stato sottoscritto dal funzionario munito del relativo potere, a prescindere da quella della sua notifica Cass. civ., Sez. VI - 5, n. 5361/2016 Conclusioni. L'inosservanza del termine dilatorio di 60 giorni per l'emanazione dell'avviso di accertamento, termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un'ispezione o una verifica nei locali destinati all'esercizio dell'attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni, determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell'atto impositivo emesso ante tempus , poiché detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, che costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, dì collaborazione e buona fede tra pubblica Amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva. Occorre escludere che il Fisco possa derogare il termine dilatorio solo paventando una possibile irreperibilità del contribuente. È noto, infatti, che il perfezionamento della notificazione avviene in momenti differenti tra notificante e destinatario e pertanto ciò che assume rilevanza ai fini dell'applicazione dello statuto è solo la data di emissione. L’emissione dell’avviso di accertamento prima del termine dei 60 giorni dalla notifica del PVC è legittima esclusivamente se le ragioni di urgenza si basano su circostanze indipendenti dalla volontà dell’Ufficio. In tale ambito non rientra dunque la necessità di procedere con l’accertamento solo perché sono in scadenza i termini decadenziali previsti dalla legge e ben conosciuti dall’Amministrazione. Le particolari ragioni di urgenza, che, ove sussistenti e provate dal Fisco, consentono l'inosservanza del termine dilatorio di cui all'art. 12, comma 7, legge n. 212/2000, non possono consistere nell'imminente scadenza del termine decadenziale utile al fine dell'accertamento da parte dell'Ufficio, qualora ciò sia dovuto esclusivamente ad inerzia o negligenza di quest'ultimo e non anche ad altre circostanze che abbiano ritardato incolpevolmente l'accertamento ovvero abbiano reso - come nel caso in cui il contribuente versi in un grave stato di insolvenza - difficoltoso con il passare del tempo il pagamento del tributo e necessario procedere senza il rispetto del termine. Cass. civ., Sez. V, n. 9424/2014 .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – T, ordinanza 7 marzo – 10 aprile 2018, n. 8749 Presidente Cirillo – Relatore Luciotti Rilevato - che, in controversia relativa ad impugnazione di un avviso di accertamento ai fini IRPEF ed IRAP emesso per l’anno di imposta 2007 nei confronti del contribuente, titolare di una ditta individuale, sulla scorta delle risultanze di una verifica fiscale condotta dalla G.d.F. e compendiata nel p.v.c. notificato in data 23/10/2012, la CTR con la sentenza in epigrafe rigettava l’appello del contribuente avverso la sfavorevole sentenza di primo grado, ritenendo non configurabile nella specie la dedotta violazione dell’art. 12, comma 7, legge n., 212 del 2000, stante le ragioni di urgenza addotte dall’amministrazione finanziaria per giustificare l’emissione ante tempus dell’avviso di accertamento, ravvisate nella imminente decadenza del potere accertativo - che avverso tale statuizione ricorre per cassazione il ricorrente sulla base di due motivi, cui replica l’intimata con controricorso - che sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis cod. proc. civ., risulta regolarmente costituito il contraddittorio - che il Collegio ha disposto la redazione dell’ordinanza con motivazione semplificata Considerato - che è fondato e va accolto il primo motivo di ricorso con cui il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 12, comma 7, della legge n. 12 del 2000, per avere la CTR ritenuto che l’emissione ante tempus dell’avviso di accertamento fosse giustificato dalla imminente decadenza del potere accertativo - che, invero, premesso che nella specie non è contestata l’applicabilità al caso di specie della disposizione censurata, vertendosi nell’ipotesi di verifica condotta presso la sede dell’impresa, ai sensi del primo comma del citato art. 12, ritiene il Collegio di dare continuità all’insegnamento giurisprudenziale ormai prevalente v. Cass. Sez. U., n. 24823 del 2015 ed ampiamente illustrato in Cass. n. 22786 del 2015, secondo cui In materia di garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, le ragioni di urgenza che, ove sussistenti e provate dall'Amministrazione finanziaria, consentono l'inosservanza del termine dilatorio di cui alla legge n. 212 del 2000, devono consistere in elementi di fatto che esulano dalla sfera dell'ente impositore e fuoriescono dalla sua diretta responsabilità, sicché non possono in alcun modo essere individuate nell'imminente scadenza del termine decadenziale dell'azione accertativa confi, tra le più recenti, Cass. n. 5149 del 2016 e 17202 del 2017 - che nella citata pronuncia si è precisato che Se, dunque, non è idonea a giustificare l'urgenza la mera allegazione dell'impedimento costituito dalla imminente scadenza del termine di decadenza per la notifica dell'atto impositivo, ben può l'amministrazione offrire come giustificazione dell'urgenza la prova che l'esercizio nell'imminenza della scadenza del termine sia dipeso da fattori ad essa non imputabili che hanno inciso sull'attività accertativa fino al punto da rendere comunque necessaria l'attivazione dell'accertamento, a pena di vederne dissolta la finalità di recupero delle imposte ritenute non versate dal contribuente. Ciò vai quanto dire che non sarà mai l'imminenza della scadenza del termine ad integrare l'urgenza ma, semmai, l'insorgenza di fatti concreti e precisi che possano rendere giustificata l'attivazione dell'Ufficio quando non può più essere rispettato il termine dilatorio, a pena di vedere decaduta l'amministrazione - in questi termini si è di recente espressa Cass. n. 1869/2014, Cass. n. 3142/2014 e Cass. n. 9424/2014 - che l’amministrazione finanziaria non ha indicato alcun fatto concreto che giustificasse l’emissione ante tempus dell’atto fiscale impositivo, non potendosi valorizzare la circostanza - invero, l’unica dedotta dall’Agenzia delle entrate - della presunta irreperibilità del contribuente, posto che quello che rileva ai fini del rispetto della previsione normativa in esame è soltanto l’emanazione dell’atto impositivo Cass. n. 5361 del 2016 e n. 1702 del 2017 e giammai il completamento della procedura notificatoria a carico del contribuente destinatario dell’atto, stante, peraltro, l’applicazione del noto principio di scissione del momento perfezionativo della notificazione attività, sia quella di emissione che di notificazione dell’atto, che potevano essere entrambe effettuate nei nove giorni che separavano la scadenza al 22/12/2012 del termine dilatorio ex art. 12, comma 7, legge citata, da quella al 31 /12/2012 del termine di decadenza del potere accertativo - che l’accoglimento del primo motivo rende superfluo l’esame del secondo, con cui il ricorrente ha dedotto la violazione e falsa applicazione degli artt. 102 e 109 TUIR d.P.R. n. 917 del 1986 , che resta assorbito - che, pertanto, la sentenza impugnata va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito con l’accoglimento dell’originario ricorso del contribuente - che le spese processuali del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo, mentre quelle dei giudizi di merito vanno compensate in ragione del successivo consolidarsi della giurisprudenza di legittimità in materia P.Q.M. accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso del contribuente, condannando la controricorrente al pagamento, in favore del ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.600,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso delle spese forfetarie nella misura del 15 per cento dei compensi ed agli accessori di legge e compensando tra le parti le spese dei gradi di merito.