Il valore probatorio della stima UTE

Nell'ipotesi in cui siano state mosse critiche puntuali e dettagliate alla valutazione della stima UTE, il giudice che intende disattenderle ha l'obbligo di indicare le ragioni di tale scelta. La stima dell'UTE, processualmente, costituisce infatti un semplice atto di parte, idoneo a fondare la pretesa, ma sempre nella dialettica del processo, con la conseguenza che il giudice è tenuto a verificare se la stima sia o meno idonea a superare le contestazioni dell'interessato.

La vicenda. La Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 8249/18 del 4 aprile, ha chiarito quale è il valore probatorio della stima UTE nei processi tributari. Nel caso di specie i contribuenti vendevano ad una società un terreno, indicando, a titolo di corrispettivo per la cessione, la somma complessiva di euro 4.920.000, in adempimento di un contratto preliminare. L'Agenzia delle Entrate notificava quindi avviso di rettifica e liquidazione, con cui rettificava i valori dichiarati per i beni e per i diritti oggetto dell'atto di compravendita sulla base di una stima dell'UTE. I contribuenti proponevano impugnazione innanzi alla CTP di Roma, la quale accoglieva parzialmente il ricorso riducendo il valore accertato del 50%. La sentenza veniva impugnata dai contribuenti e la CTR del Lazio respingeva l'appello principale, accogliendo invece l'appello incidentale proposto dall'Ufficio, il quale riteneva congruo il valore accertato, essendosi avvalso della stima UTE e di altri elementi di confronto, quali i valori OMI. Infine i contribuenti proponevano ricorso per cassazione, deducendo, tra le altre, che l'Ufficio non aveva fatto applicazione della norma sulle presunzioni ex art. 2729 c.c , con violazione dell'art. 39 d.P.R. n. 600/1973, non essendo dato peraltro comprendere da dove la CTR avesse desunto il procedimento che aveva condotto all'effettivo risultato della stima, avendo l'Ufficio l'onere di provare in giudizio l'esistenza di trasferimenti, divisioni o perizie intervenuti nell'ultimo triennio ed aventi per oggetto gli stessi immobili o altri con caratteristiche similari. Inoltre, nella sintetica stima dell'Agenzia delle Entrate, allegata all'avviso di accertamento, non era stato neppure indicato l'indice di edificabilità dei terreni posti a confronto. Stime UTE. Il ricorso, secondo i Giudici di legittimità, era fondato. Esaminando infatti la ratio decidendi della sentenza emergeva che la stessa si fondava sulla potenzialità edificatoria del terreno e sull'accertamento dell'Ufficio, basato sul criterio sintetico comparativo e su un raffronto con le valutazioni eseguite dall'UTE, mentre nessun riferimento nella motivazione veniva fatto alle allegazioni e contestazioni espresse in giudizio dalla contribuente. Evidenzia a tal proposito la Suprema Corte che, nell'ipotesi in cui siano state mosse critiche puntuali e dettagliate alla valutazione della stima UTE, il giudice che intende disattenderle ha l'obbligo di indicare nella motivazione della sentenza le ragioni di tale scelta, senza che possa limitarsi a richiamare acriticamente le conclusioni rassegnate dall'Ufficio. E, in particolare, nell'ipotesi in cui la rettifica del valore di un immobile si fondi sulla stima effettuata dall'UTE, il giudice investito della relativa impugnazione è tenuto a verificare se la stima sia o meno idonea a superare le contestazioni dell'interessato ed a fornire la prova dei più alti valori pretesi, esplicitando in modo puntuale, nella motivazione della sentenza, le ragioni del proprio convincimento. La stima dell'UTE, processualmente, costituisce infatti un semplice atto di parte, una perizia di parte idonea a fondare la pretesa dell'ufficio finanziario, ma sempre nella dialettica del processo, con la conseguenza che il giudice è tenuto a verificare se la stima sia o meno idonea a superare le contestazioni dell'interessato, rendendo chiaro il percorso logico giuridico che ha condotto al suo convincimento. Ne conseguiva quindi un vizio motivazionale della pronuncia. Osservazioni. Spesso, nell’ambito dei controlli sul valore dichiarato relativamente ad una compravendita immobiliare, il valore accertato dall’Ufficio viene stimato sulla base di una valutazione indicata dall’UTE, che, nella sua qualità di organo tecnico, ridetermina il valore effettivo del terreno o fabbricato. Tale valore viene di solito determinato in considerazione della zona, dell’ubicazione, della destinazione e consistenza, della prescrizione urbanistica e di altri elementi comunque indicati nella stima tecnica. Negli eventuali contenziosi instaurati avverso tali avvisi, viene spesso contestata la illegittima motivazione dell’accertamento. L’elemento motivazionale, però, in questi casi, non deve essere confuso con quello probatorio. La stima dell’Ute, infatti, rappresenta senz’altro un valido elemento sia motivazionale che di prova, laddove, sotto il primo profilo, come anche confermato nella sentenza in commento, essa sarà elemento necessario, ma anche sufficiente alla validità dell’atto mentre, sotto il secondo profilo, la sua sufficienza dovrà risultare dal confronto comparativo con gli elementi probatori contrari eventualmente addotti dal ricorrente. Quanto del resto alla legittimità degli avvisi in esame sotto il profilo della prova, giova evidenziare che, come già affermato dalla sentenza n. 8890 del 13 aprile 2007 della Corte di Cassazione, Sez. tributaria, Nel processo tributario hanno ampio spazio le prove atipiche, come le perizie di parte nel caso di specie stima UTE prodotta dall'Amministrazione , che il giudice può elevare a fondamento della decisione, a condizione però che spieghi le ragioni per cui le ritenga corrette e convincenti . Ribadito quindi, che il riferimento alla stima di un immobile operata dall'Ufficio tecnico erariale costituisce un elemento sufficiente ad integrare il requisito di motivazione per la validità dell’avviso di accertamento, è però anche evidente che, in caso di impugnazione dell'avviso da parte del contribuente, il giudice è tenuto a verificare, esplicitando le ragioni del suo convincimento, se il contribuente ha addotto o meno prove contrarie idonee a superare tale stima cfr. anche Cass. n. 13213/01 . Conclusioni. Dinanzi al giudice tributario l'Amministrazione si pone sullo stesso piano del contribuente, sicché la relazione di stima di un immobile, redatta dall'Ufficio tecnico erariale, costituisce una relazione tecnica di parte e non una perizia d'ufficio. Ad essa, pertanto, deve essere attribuito il valore di atto pubblico soltanto per quel che concerne la sua provenienza, ma non anche per quel che riguarda il suo contenuto estimativo. E' vero che questa circostanza non comporta che tale relazione di stima sia del tutto priva di efficacia probatoria, ben potendo essa costituire fonte di convincimento del giudice, che può elevarla a fondamento, anche esclusivo, della sua decisione ma tuttavia, occorre che il giudice spieghi le ragioni per le quali ritenga tale relazione di parte corretta e convincente.

Corte di Cassazione, sez. V Civile, sentenza 16 novembre 2017 – 4 aprile 2018, n. 8249 Presidente Chindemi – Relatore Fasano Fatti di causa In data 26.6.2006, A.M., B.B., B.A. e B.C. alienavano alla società S.P.L. Sistemi e Progetti Logistica S.r.l. un appezzamento di terreno sito in omissis indicando a titolo di corrispettivo per la cessione la somma complessiva di Euro 4.920.000, in adempimento di un contratto preliminare. In data 12.4.2008, l'Agenzia delle entrate notificava ad B.B., quale obbligata in solido con l'acquirente società e con gli altri venditori, l'avviso di rettifica e liquidazione n. omissis , con cui rettificava i valori dichiarati per i beni e per i diritti oggetto dell'atto di compravendita sulla base di una stima dell'UTE. La contribuente proponeva impugnazione innanzi alla CTP di Roma. La CTP, con sentenza n. 539/28/2009, accoglieva parzialmente il ricorso riducendo il valore accertato del 50%. La sentenza veniva appellata dalla contribuente e la CTR del Lazio, con sentenza n. 96/06/11, respingeva l'appello principale proposto da B.B., accogliendo l'appello incidentale proposto dall'Ufficio, il quale aveva escluso vizi motivazionali della sentenza di primo grado e nel merito ritenuto congruo il valore accertato, essendosi avvalso della stima UTE e di altri elementi di confronto, quali i valori OMI. Equitalia Gerit S.p.A. notificava la cartella di pagamento n. omissis con la quale si procedeva ad iscrivere a ruolo la somma di complessivi Euro 167.983,05, comprensivi di sanzioni ed interessi, corrispondenti ad 1/3 della maggiore imposta di registro accertata dall'Ufficio delle entrate di Roma con l'avviso di rettifica e liquidazione. A seguito di ciò, in data 10.12.2011, Equitalia Sud S.p.A. comunicava alla ricorrente di aver iscritto ipoteca, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 77. B.B. ricorre per la cassazione della sentenza, svolgendo tre motivi, illustrati con memorie. L'Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo di ricorso, si censura la sentenza impugnata, denunciando la violazione del principio di applicazione della legge nel tempo secondo quanto statuito dagli artt. 11 e 12 disp. gen. del D.M. 27 novembre 2001, del D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 38 in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Parte ricorrente deduce che il giudice tributario avrebbe errato nel ritenere applicabile nella specie il regime delle presunzioni Juris tantum delineato dal D.L. n. 223 del 2006, provvedendo ad un rettifica automatica basata sul riferimento alla stima dell'UTE ed alle valutazioni dell'OMI, omettendo di ricercare e valutare altri elementi di prova. Precisa che il D.L. n. 223 del 2006 ha introdotto un regime di presunzioni legali non applicabile agli atti formati anteriormente al 4.7.2006, atteso che l'atto era stato stipulato anteriormente all'emanazione del suddetto decreto. Deduce che l'Ufficio non avrebbe fatto applicazione della norma per presunzioni ex art. 2729 c.c., bensì degli abrogati automatismi dettati dal D.L. n. 223 del 2006, peraltro non applicabili al caso di specie, perchè l'atto era stato stipulato anteriormente all'emanazione del suddetto decreto. 2. Con il secondo motivo di ricorso, si censura la sentenza impugnata denunciando la violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, della L. n. 244 del 2007, art. 1, comma 265 del D.L. n. 223 del 2006, art. 35, comma 23 bis, della L. 212 del 2000, artt. 3 e 10, degli artt. 2697,2727 e 2729 c.c., della L. n. 88 del 2009, art. 24 in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3, atteso che non è dato comprendere da dove la CTR abbia desunto il procedimento che ha condotto all'effettivo risultato della stima e come abbia operato i vari fattori di valutazione , avendo l'Ufficio l'onere di provare in giudizio l'esistenza di trasferimenti, divisioni o perizie intervenuti nell'ultimo triennio ed aventi per oggetto gli stessi immobili o altri con caratteristiche similari. Inoltre, lamenta il fatto che non sarebbe stato indicato nella sintetica stima dell'Agenzia delle entrate, allegata all'avviso di accertamento, l'indice di edificabilità dei terreni posti a confronto. 3. Con il terzo motivo di ricorso, si censura la sentenza impugnata, denunciando la violazione o falsa applicazione dell'art. 115 c.p.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3 , nonchè omessa e insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo del giudizio di cui all'art. 360 c.p.c., n. 5, posto che la sentenza impugnata sarebbe totalmente carente di motivazione, per aver omesso di pronunciarsi sui punti rilevanti al fine di dirimere la controversia, tenuto conto che la CTR avrebbe dovuto procedere ad una valutazione critica comparata, precisando le ragioni della prevalenza dell'una o dell'altra tesi, laddove, invece, si è omesso di valutare le prove contrarie offerte dalla contribuente, in violazione dell'art. 115 c.p.c 4. Come eccepito dall'Agenzia delle entrate nel controricorso, il primo motivo è inammissibile sotto vari profili. E' inammissibile per carenza di autosufficienza e per la novità della questione trattata, introdotta per la prima volta nel giudizio di Cassazione, di cui non si fa alcun riferimento nella motivazione della sentenza impugnata. Qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, è onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per la novità della censura, non solo di allegare l'avvenuta loro deduzione innanzi al giudice del merito, ma anche, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso stesso, di indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dare modo alla Suprema Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione Cass. n. 23675 del 2013 . 5. Il secondo ed il terzo motivo di ricorso, da esaminarsi congiuntamente per ragioni di connessione logica, sono fondati. Si legge nella motivazione della sentenza impugnata che l'Ufficio, proponendo appello incidentale, ha sostenuto che la sentenza di primo grado risultava immune da vizi motivazionali, mentre nel merito ha ritenuto la congruità del valore accertato a seguito della stima UTE e di altri elementi di confronto quali OMI. Esaminando la ratio decidendi della sentenza emerge che la stessa si fonda sulla potenzialità edificatoria del terreno e sull'accertamento dell'Ufficio basato sul criterio sintetico comparativo basato su un raffronto con le valutazioni eseguite dall'UTE, mentre, invece, nessun riferimento nella motivazione viene fatto alle allegazioni e contestazioni espresse in giudizio dalla contribuente. Il giudicante ha fatto mostra di ignorare gli elementi che parte ricorrente aveva addotto come base per il raggiungimento del convincimento giudiziale, chiaramente evidenziandosi l'omesso esame delle sue deduzioni difensive. 5.1. Nell'ipotesi in cui siano state mosse critiche puntuali e dettagliate alla valutazione della stima UTE, il giudice che intende disattenderle ha l'obbligo di indicare nella motivazione della sentenza le ragioni di tale scelta, senza che possa limitarsi a richiamare acriticamente le conclusioni rassegnate dall'Ufficio. In particolare, nell'ipotesi in cui la rettifica del valore di un immobile si fondi sulla stima effettuata dall'UTE, il giudice investito della relativa impugnazione è tenuto a verificare se la stima sia o meno idonea a superare le contestazioni dell'interessato ed a fornire la prova dei più alti valori pretesi, esplicitando in modo puntuale, nella motivazione della sentenza, le ragioni del proprio convincimento. La stima dell'UTE, processualmente, costituisce un semplice atto di parte, una perizia di parte, idonea a fondare la pretesa dell'ufficio finanziario, ma sempre nella dialettica del processo, con la conseguenza che il giudice è tenuto a verificare se la stima sia o meno idonea a superare le contestazioni dell'interessato, rendendo chiaro il percorso logico giuridico che ha condotto al suo convincimento. Mentre la CTR, e qui è in effetti riscontrabile l'insufficiente motivazione, non illustra le argomentazioni espresse da B.B. anche al fine di smentirle, dando esclusivo rilievo alle conclusioni rassegnate dall'Ufficio. 5.2. Ne consegue che, nella specie, va apprezzato il denunciato vizio motivazionale, in quanto la CTR ha omesso di precisare in base a quali elementi di valutazione abbia ritenuto correttamente determinato il maggior valore dell'immobile compravenduto, tenuto conto che, per come si legge nella sentenza impugnata, la CTP aveva ridotto del 50% il valore accertato basando il suo convincimento su una precedente e connessa controversia, definita con sentenza di altra sezione della CTP. 6. In ragione dei rilievi espressi, va accolto il secondo ed il terzo motivo di ricorso, inammissibile il primo, e la sentenza impugnata cassata con rinvio alla CTR del Lazio, in diversa composizione, per il riesame e per la liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR del Lazio, in diversa composizione, per il riesame e per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.