Il diniego di interpello è impugnabile

Il contribuente può impugnare il diniego all’istanza di interpello rilasciato dal Direttore Regionale delle Entrate, anche se non rientrante tra gli atti elencati all’art. 19 d.lgs n. 546/1992.

Tale atto di diniego relativo alla disapplicazione di norme di contrasto a fini elusivi di società non operative è comunque un provvedimento avente ad oggetto un determinato rapporto tributario che l’Amministrazione porta a conoscenza del contribuente Cass. n. 7497/18, depositata il 26 marzo . Contesto normativo. Il diniego in parola non rientra nell’elenco degli atti tributari impugnabili di cui all’art. 19 d.lgs. n. 546/92. La giurisprudenza in diverse pronunce ha ritenuto che tale elencazione degli atti impugnabili, seppur avente natura tassativa, non preclude la facoltà di impugnare anche altri atti, ove con gli stessi l’Amministrazione porti a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria tra gli atti impugnabili rientra l’estratto di ruolo è una riproduzione integrale degli elementi contenuti nella cartella di pagamento ed ha valore di prova. Gli estratti di ruolo sono validi ai fini probatori e, in particolare, al fine di individuare per quale tipo di credito agisca l'amministrazione finanziaria Cass. n. 15315/17 . Ogni contribuente può inviare istanze di interpello all’amministrazione finanziaria, che risponde entro 120 giorni queste possono riguardare l’applicazione delle norme tributarie a casi concreti e personali, qualora vi siano obiettive condizioni di incertezza sulla corretta interpretazione delle disposizioni stesse. La risposta dell’amministrazione, scritta e motivata, vincola con esclusivo riferimento alla questione oggetto dell’istanza di interpello, e limitatamente al richiedente e, se non perviene al contribuente entro il termine di cui al comma 1, si intende che l’amministrazione concordi con l’interpretazione o il comportamento prospettato dal richiedente. La vicenda. Nel caso di specie, l’Agenzia delle entrate ha impugnato la sentenza della CTR relativa al diniego di accoglimento dell’istanza di interpello disapplicativo proposta da una società in ordine alle norme di cui all’art. 30 l. n. 724/04, recante la normativa di contrasto all’’utilizzo a fini esclusivi di società non operative. L’ufficio eccepiva, in particolare, la violazione dell’art. 19 d.lgs. n. 546/92 in quanto la CTR aveva ritenuto impugnabile il diniego non rientrante nell’elenco degli atti impugnabili di cui al citato art. 19. La Corte ha ritenuto che l’elencazione degli atti impugnabili ex art. 19 ha natura tassativa, ma ciò non preclude la possibilità, conseguendo che il contribuente ha la facoltà non l’onere di impugnare il diniego del Direttore Regionale delle entrate di disapplicazione di norme antielusive, in quanto trattasi di un provvedimento con cui l’Amministrazione porta a conoscenza del contribuente il proprio parere verso uno specifico rapporto tributario. Il diniego disapplicativo è un atto definitivo in sede amministrativa e ricettizio con immediata rilevanza esterna, da qualificarsi ad un’ipotesi di diniego di agevolazione. I Giudici hanno riconosciuto, altresì, che la società contribuente aveva un interesse qualificato ad impugnare un atto che non era solo consultivo, ma aveva una sua lesività atteso che la risposta all’interpello ha effetti sulla condotta del contribuente per la dichiarazione dei redditi in relazione alla quale l’istanza è stata inoltrata. La posizione della giurisprudenza. Il diniego all’istanza di interpello con cui l’Amministrazione finanziaria porta a conoscenza del contribuente il proprio convincimento su un rapporto tributario, risultando impugnabile dinanzi al giudice tributario Cass. n. 25498/17 . E’ impugnabile il diniego l’interpello proposto dalla società di comodo pertanto l’elencazione degli atti impugnabili presso gli organi della giurisdizione tributaria contenuta nell’art. 19 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 ha natura tassativa, ma non preclude la facoltà di impugnare anche altri atti. Cass. n. 16962 /17 CTP Catania n. 7243/16 . Un orientamento contrario è stato espresso dalla giurisprudenza di merito secondo cui il provvedimento di diniego dell’istanza di disapplicazione delle società non operative art. 30 l. n. 724/94 , non rientra tra gli atti impugnabili dinanzi le Commissioni tributarie CTR Lombardia n. 1919/42/2015 .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – T, ordinanza 24 gennaio – 26 marzo 2018, n. 7497 Presidente Cirillo – Relatore Solaini Fatto e diritto Con ricorso in Cassazione affidato a un unico motivo, nei cui confronti la società contribuente ha resistito con controricorso e ricorso incidentale, l'Agenzia delle Entrate impugnava la sentenza della Commissione tributaria di secondo grado di Trento, relativa al diniego di accoglimento di istanza d'interpello disapplicativo, il D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 37 bis, comma 8, delle disposizioni contenute nella L. n. 724 del 1994, art. 30, recante la normativa di contrasto all'utilizzo a fini elusivi di società non operative, denunciando la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in quanto, erroneamente, i giudici d'appello avevano ritenuto impugnabile il diniego di accoglimento dell'istanza d'interpello ritenendo sussistente un interesse concreto e attuale ad agire avverso la risposta ottenuta a seguito del predetto interpello in capo alla società ricorrente e la conseguente impugnabilità del provvedimento di diniego stesso. Il Collegio ha deliberato di adottare la presente decisione in forma semplificata. Il motivo di ricorso è infondato, con assorbimento del ricorso incidentale. Secondo l'orientamento di questa Corte In tema di contenzioso tributario, l'elencazione degli atti impugnabili contenuta nel D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19, ha natura tassativa, ma non preclude la facoltà di impugnare anche altri atti, ove con gli stessi l'Amministrazione porti a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, esplicitandone le ragioni fattuali e giuridiche, siccome è possibile un'interpretazione estensiva delle disposizioni in materia in ossequio alle norme costituzionali di tutela del contribuente artt. 24 e 53 Cost. e di buon andamento dell'amministrazione art. 97 Cost. , ed in considerazione dell'allargamento della giurisdizione tributaria operato con la L. 28 dicembre 2001, n. 448. Ne consegue che il contribuente ha la facoltà, non l'onere di impugnare il diniego del Direttore Regionale delle Entrate di disapplicazione di norme antielusive il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ex art. 37 bis, comma 8, atteso che lo stesso non è atto rientrante nelle tipologie elencate dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, ma provvedimento con cui l'Amministrazione porta a conoscenza del contribuente, pur senza efficacia vincolante per questi, il proprio convincimento in ordine ad un determinato rapporto tributario Cass. n. 17010/12, secondo Cass. n. 8663/11, il diniego disapplicativo è un atto definitivo in sede amministrativa e recettizio con immediata rilevanza esterna, da qualificarsi come un'ipotesi di diniego di agevolazione . Tale principio regolatore isolatamente disatteso da Cass. n. 5843/2012 si è consolidato nel diritto vivente es. Cass. n. 20394/12, 335/14, 25281/15, 6200/15 sino ad essere stato ripreso anche in altri contesti fiscali v. in motivazione S.U. nn. 7665/16, 19704/15, 12760/15, 649/15, 13451/14 cfr. ex plurimis Cass. nn. 16962/17, 11397/17, 5723/16, n. 2616/15, 11922/14, 25916/13 . Nel caso di specie, sulla base dei superiori principi, ai quali il Collegio intende dare continuità, la società contribuente aveva un interesse qualificato, ai senso dell'art. 100 c.p.c., a insorgere contro un atto che non era meramente consultivo, ma aveva una sua lesività, in quanto tale risposta all'interpello ha l'effetto di incidere, comunque, sulla condotta del soggetto istante, in ordine alla dichiarazione dei redditi, in relazione alla quale l'istanza è stata inoltrata. Va, infine, precisato come il D.Lgs. n. 156 del 2015, art. 6, non ha una valenza interpretativa, come opinato dall'ufficio ricorrente, ma di nuova disciplina della materia dell'interpello e, quindi, non dispone che per l'avvenire. Del resto, nè la struttura nè la funzione della nuova e articolata disciplina, contenente tra l'altro la limitazione dell'impugnazione, manifestano le caratteristiche tipiche dell'interpretazione autentica in saldatura con la pregressa disciplina o dell'innovazione retroattiva, secondo i parametri ermeneutici tracciati dal giudice delle leggi es. C. cost. n. 41/11 , in disparte, diversamente opinando, i rilievi di dubbia conformità convenzionale art. 6 CEDU desumibili da taluna giurisprudenza europea Corte EDU, Maggio vs. Italia . Peraltro, premesso che ogni testo normativo deve essere interpretato secondo il suo contenuto obiettivo mentre i lavori preparatori non costituiscono elemento decisivo per la sua interpretazione cfr. in motivazione Cass. n. 16679/16 , e neppure il tenore della relazione illustrativa del D.Lgs. offre obiettivo riscontro dell'asserita valenza interpretativa della nuova normazione delegata. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo. Poichè l'ufficio ricorrente è un'amministrazione dello Stato, non paga il doppio del contributo unificato Sez. 6 - L, Ordinanza n. 1778 del 29/01/2016, Rv. 638714 Sez. 3, Sentenza n. 5955 del 14/03/2014, Rv. 630550 . P.Q.M. La Corte Suprema di Cassazione Rigetta il ricorso principale, assorbito l'incidentale. Condanna l'Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore in carica a pagare alla società contribuente le spese di lite del presente giudizio che liquida nell'importo complessivo di Euro 4.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre il 15% per spese generali, oltre accessori di legge. Motivazione Semplificata.