Il professionista che utilizza 3 studi può realizzare l’autonoma organizzazione ai fini IRAP

Un professionista può avvalersi di un’autonoma organizzazione costituita da uno o più immobili nei quali sono impiegati mezzi e persone, per svolgere la propria attività. Naturalmente questo comporta un notevole incremento di reddito, che determina un aumento dell’importo di IRAP.

Nel caso di un medico, non sempre il ricorso a più studi denota la presenza di un’autonoma organizzazione questa scatta solo se il professionista si avvale di mezzi strumentali eccedenti il minimo indispensabile. Se utilizza 3 studi, è presumibile che il professionista impieghi beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile all'esercizio dell'attività. Ne consegue che, laddove non provi la finalità prevalentemente abitativa di almeno uno dei 3 studi, sussiste il requisito dell'autonoma organizzazione ai fini IRAP. Tale assunto è stato statuito dalla Cassazione con l'ordinanza n. 7495 depositata il 26 marzo 2018. Il caso. Un medico ha impugnato il silenzio-rifiuto di un rimborso IRAP richiesto per gli anni dal 2007 al 2009, poiché riteneva non sussistente, nonostante la disponibilità di più studi, il requisito dell'autonoma organizzazione. Il Giudice del gravame ha riconosciuto in capo al professionista appellante l'assenza del requisito dell'autonoma organizzazione. Il Fisco ha impugnato per cassazione la sentenza di secondo grado, eccependo la violazione e la falsa applicazione degli artt. 2 e 3 d.lgs. n. 446/97 per aver erroneamente ritenuto insussistente il requisito dell'autonoma organizzazione, nonostante il comprovato utilizzo e la piena disponibilità da parte del professionista di ben 3 studi professionali, oltre che l'impiego di beni strumentali per oltre 170mila euro. Superata la soglia minima richiesta per l'esonero dall'imposizione ai fini IRAP. Gli Ermellini, con la pronuncia citata, hanno statuito che, mediante l'utilizzo di 3 studi propri, il professionista impiega strumenti eccedenti il minimo indispensabile all'esercizio dell'attività, superando oggettivamente la soglia minima richiesta per l'esonero dall'imposizione ai fini IRAP. Al contrario, l'utilizzo di 2 studi professionali, se rigorosamente giustificati come strumento necessario o utile per migliorare l'esercizio dell'attività del professionista, non fanno scattare automaticamente l'assoggettamento all'IRAP. Pertanto, la Corte di Cassazione ha rinviato la causa a un'altra Sezione del Giudice del gravame al fine di far verificare l'eventuale carattere abitativo prevalente di almeno uno dei 3 studi del professionista e, in tal caso, l'insussistenza del requisito dell'autonoma organizzazione. Conclusioni. L’uso di 3 studi medici da parte del professionista, in assenza di giustificazione prova l’autonoma organizzazione. Tuttavia, nel caso di un medico, l’utilizzo di più studi professionali può verificarsi, e questo non è sempre sinonimo di autonoma organizzazione. Il ricorso a più ambulatori può essere dettato, infatti, dalla necessità di ricevere un maggior numero di pazienti provenienti da diverse zone ed esercitare in modo migliore la propria attività. Diversamente, l’assoggettamento ad IRAP è giustificato quando - gli studi medici sono in numero superiore a 2 - non sono adeguatamente giustificati - in nessuno dei 3 sia stabilita la residenza del medico. Si tratta infatti di un uso di mezzi potenzialmente eccedenti lo standard corrispondente al minimo richiesto per lo svolgimento dell’attività professionale. L’utilizzo di 2 studi professionali, se rigorosamente giustificati da peculiari esigenze, non è circostanza che possa far ritenere sussistente l’autonoma organizzazione, ove tali studi costituiscano semplicemente due luoghi ove il medico – in una vicenda già esaminata – riceve i suoi pazienti e, quindi, è soltanto uno strumento per il migliore e più comodo per il pubblico esercizio dell’attività professionale autonoma. Tuttavia, con l’utilizzo di tre studi, il professionista appare impiegare beni strumentali potenzialmente eccedenti, secondo l’ id quod plerumque accidit , il minimo indispensabile all’esercizio dell’attività .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – T, ordinanza 24 gennaio – 26 marzo 2018, n. 7495 Presidente Cirillo – Relatore Solaini Fatto e diritto Con ricorso in Cassazione affidato a un motivo, nei cui confronti il contribuente ha resistito con controricorso, illustrato da memoria, l’Agenzia delle Entrate impugnava la sentenza della CTR dell’Emilia – Romagna, relativa al silenzio rifiuto serbato dall’Agenzia delle Entrate, nei confronti della istanza di rimborso dell’IRAP per il periodo 2007-2009. L’ufficio deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, degli art. 2 e 3 del d.lgs. n. 446/97, in relazione all’art. 360 primo comma nn. 3 c.p.c., in quanto, i giudici d’appello, in violazione delle norme di cui alla rubrica avrebbero erroneamente ritenuto insussistente il requisito dell’autonoma organizzazione, benché avessero accertato lo svolgimento dell’attività professionale da parte del contribuente in tre distinti studi, oltre che l’impiego di beni strumentali per un elevato ammontare € 170.000,00, di cui € 100.000,00 solo per arredi , quand’anche le ingenti spese andassero confrontate con ingenti introiti. Il Collegio ha deliberato di adottare la presente istanza in forma semplificata. Il ricorso è fondato. Infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte, seppur, a volte, l’utilizzo di due studi professionali, se rigorosamente giustificati da peculiari esigenze, non è circostanza che possa far ritenere sussistente l’autonoma organizzazione” ove tali studi costituiscano semplicemente due luoghi ove il medico – in una vicenda già esaminata – riceve i suoi pazienti e, quindi, è soltanto uno strumento per il migliore e più comodo per il pubblico esercizio dell’attività professionale autonoma Cass. ordd. n. 25238/16, 16369/17 – non massimate - , tuttavia, con l’utilizzo di tre studi propri, come nel caso di specie, il professionista appare impiegare beni strumentali potenzialmente eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile all’esercizio dell’attività Cass. ord. n. 16369/17 conf. nel caso di due o più studi, Cass. 23838/16, 17569/16, 17742/16, 19011/16 22852/16, 22103/16, v. anche Cass. n. 7630/17, resa inter partes ed anche Cass. 26651/16, 22878/14, 2967/14 . Nel caso di specie, in punto di fatto, i giudici d’appello non hanno approfondito il carattere prevalentemente abitativo o professionale di due dei tre studi utilizzati dal professionista, indagine che è demandata al giudice del rinvio. La sentenza va, pertanto, cassata e la causa va rinviata alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna, affinché, alla luce dei principi sopra esposti, riesamini il merito della controversia. P.Q.M. Accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia – Romagna, in diversa composizione.