Questioni ed eccezioni non accolte in primo grado e non specificamente proposte in appello

In tema di contenzioso tributario l'art. 56 d.lgs. n. 546/1992, nel prevedere che le questioni e le eccezioni non accolte in primo grado, e non specificamente proposte in appello, si intendono rinunciate, fa riferimento - come il corrispondente art. 346 c.p.c. - all'appellato, e non all'appellante, sicché, avuto riguardo al carattere impugnatorio del giudizio, alla qualità di attore in senso sostanziale del Fisco ed all'indisponibilità della sua pretesa, cui non può rinunciare se non nei limiti di esercizio dell'autotutela, qualora l'Amministrazione sia rimasta soccombente in primo grado per profili preliminari di legittimità formale dell'atto, non può desumersi la rinuncia a far valere la pretesa tributaria dalla circostanza che l'appello proposto dalla stessa abbia per oggetto solo la suddetta statuizione.

Tale assunto è stato statuito dalla Corte di Cassazione con la ordinanza n. 6284/18 del 14 marzo. La vicenda. Nel giudizio di prima istanza la costituita Agenzia delle Entrate ha eccepito come parte resistente l'inammissibilità del ricorso introduttivo del contribuente perché tardivo e nel merito ha dedotto la sua infondatezza. Il giudice di primo grado ha accolto la doglianza del contribuente della nullità della notifica dell'avviso di accertamento. La Commissione Regionale,invece, adita dalla soccombente Agenzia delle Entrate, ha accolto l'appello di quest’ultima, ritenendo sanati i vizi della notifica dell'atto impositivo, tempestivo il ricorso del contribuente e infondati i relativi motivi di merito il giudice del gravame, ha concluso, in sostanza per la correttezza dell'accertamento, con conseguente rigetto del ricorso introduttivo del contribuente. Cognizione del giudice dell’appello. Gli Ermellini, con la pronuncia citata, hanno appurato che il fisco, in effetti, aveva riproposto le sue conclusioni di merito con l'atto d'appello. In particolare, gli Ermellini hanno constatato che la parte finale dell'atto d'appello, enunciava che per le ragioni fin qui esposte, richiamando e riconfermando integralmente tutti i motivi di resistenza già esplicitati in primo grado, va respinta ogni avversa e/o contraria eccezione pag. 7 dell'atto d'appello . Pertanto, l'esame nel merito delle ragioni già introdotte con il ricorso originario dipendeva dalla loro riproposizione da parte dell'appellato contribuente l’appellato con il proprio atto di costituzione nel giudizio d'appello, poiché non ha riproposto le questioni ed eccezioni del proprio ricorso introduttivo è incorso nella decadenza dalla domanda ex art. 56 d.P.R. n. 546/1992 in coerenza con l'art. 346 c.p.c. . Al giudice di appello non restava altro che decidere sulla pretesa tributaria, rigettando il ricorso originario del contribuente. Il giudice d'appello anzi, senza entrare, come invece ha fatto, nel merito della controversia, doveva limitarsi a constatare la rinuncia del contribuente appellato alla domanda, confermando di conseguenza l'accertamento. Conclusioni. L'art. 56 d.lgs. n. 546/1992, nel prevedere che le questioni e le eccezioni non accolte in primo grado, e non specificamente proposte in appello, si intendono rinunciate, fa riferimento - come il corrispondente art. 346 c.p.c. - all'appellato, e non all'appellante, sicché, tenuto conto del carattere impugnatorio del giudizio, della qualità di attore in senso sostanziale del Fisco e dell'indisponibilità della sua pretesa, alla quale non può rinunciare se non nei limiti di esercizio di autotutela, ove l'Amministrazione sia rimasta soccombente in primo grado per un profilo preliminare di legittimità formale dell'atto, dalla circostanza che l'appello proposto abbia per oggetto solo la suddetta statuizione non può desumersi la rinuncia a far valere la pretesa tributaria Cass. civ. n. 10906/16 . L’appellato nelle controdeduzioni deve riproporre tutti i motivi del ricorso di primo grado con particolare riferimento a quelli non esaminati o respinti dalla Commissione provinciale. Nel processo tributario, opera il principio per cui la parte vittoriosa, pur non avendo l’onere d’impugnazione incidentale per far valere domande ed eccezioni non accolte nel precedente grado di giudizio perché superate ed assorbite, deve richiamarle, in fase di gravame, in modo chiaro e preciso con le controdeduzioni. Sia l'art. 346 c.p.c., sia il d.lgs. n. 546/1992, art. 56, che riproduce in campo tributario la norma processuale prima citata non si rivolgono all'appellante, tenuto a specificare i motivi d'appello fin dall'atto introduttivo del gravame art. 53, stesso d.lgs. , bensì all'appellato che, onde evitare di essere considerato rinunziante, deve riproporre, nel corso del giudizio di secondo grado, domande ed eccezioni su cui il primo giudice non abbia espressamente pronunziato avendole, ad esempio, considerate assorbite. Allorché soccombente in primo grado, per una ragione di carattere preliminare, sia l'amministrazione - come nel caso concreto, caratterizzato dal mancato esame dell'atto impositivo nel merito, perchè ritenuto preliminarmente illegittimo -, si deve però tener conto delle conseguenze logicamente derivanti dal carattere impugnatorio del processo tributario Cass. nn. 22010/06, 20516/06, 15849/06, 15317/02, 4334/02 , dalla qualità di attore sostanziale rivestita dall'ufficio e dall'indisponibilità della sua pretesa, per cui, da una parte, oggetto di tale processo è indefettibilmente l'accertamento della legittimità formale e sostanziale della pretesa tributaria avanzata con l'atto impugnato Cass. n. 17119/07 dall'altra, la stessa amministrazione non può rinunziare, se non nei limiti di esercizio dell'autotutela Cass. n. 19187/06 , alla pretesa espressa nell'atto impositivo, oggetto immancabile del processo tributario. Ne discende che, essendo unica, indisponibile ed indefettibile la pretesa dell'ufficio, autore dell'atto impositivo impugnato ed attore sostanziale, non può ammettersi che esso abbia implicitamente rinunziato a farla valere, sottraendo al processo tributario l'oggetto essenziale, per il fatto di avere impugnato la sola statuizione di primo grado che lo vedeva soccombente, relativa ad una questione preliminare di legittimità formale dell'atto Cass. n. 13695/09 . Nel processo tributario, ai sensi dell'art. 56 d.lgs. n. 546/1992 le questioni ed eccezioni non accolte nella sentenza della commissione provinciale, ove non specificamente riproposte in appello, si intendono rinunziate . Dunque, la volontà dell'appellato di riproporre le questioni assorbite, deve essere espressa a pena di decadenza nell'atto di controdeduzioni, da depositare nel termine previsto per la costituzione in giudizio, e non può essere manifestata in un atto successivo in quanto, a norma dell'art. 32 d.lgs. n. 546/1992, gli atti successivi esplicano una funzione meramente illustrativa. Inoltre, il processo tributario essendo improntato a criteri di speditezza e di concentrazione, esige che l'ambito della materia del contendere devoluta al giudice del gravame sia definito da entrambe le parti sin dal primo atto difensivo CTR Napoli sentenza n. 7547/15 .

Corte di Cassazione, sez. V Civile, ordinanza 24 ottobre 2017 – 14 marzo 2018, n. 6284 Presidente Greco – Relatore Federici Fatto e diritto Rilevato che Z.L. ha impugnato, con due motivi, la sentenza n. 61/27/2010, depositata dalla CTR della Lombardia il 29.04.2010 Il contenzioso traeva origine dalla notifica dell'avviso di accertamento n. 855012400077, relativo all'anno d'imposta 2000, per Irpef, Irap e contributi previdenziali, avverso il quale la contribuente adiva la CTP di Lodi. Al ricorso - che contestava il difetto di motivazione, nonché, nel merito, l'infondatezza dell'accertamento per mancato assolvimento dell'onere probatorio, o in subordine l'adeguamento del valore della plusvalenza accertata al valore dichiarato - la costituita Agenzia eccepiva l'inammissibilità dell'atto introduttivo perché tardivo e nel merito la sua infondatezza, in subordine il riconoscimento della plusvalenza per la parte non contestata. Con sentenza del 31 marzo 2008 il ricorso era accolto dal giudice di primo grado sull'assunto della nullità della notifica dell'avviso di accertamento. La Commissione Regionale invece, adita dalla soccombente Agenzia, accoglieva l'appello, ritenendo sanati i vizi della notifica dell'atto impositivo, comunque tempestivo il ricorso della contribuente, infondati però i relativi motivi di merito concludeva dunque per la correttezza dell'accertamento con conseguente rigetto del ricorso introduttivo. Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 346 c.p.c., 18, co. 2, lett. d, e 53, del d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all'art. 360, co. 1 n. 4 c.p.c., per aver pronunciato il giudice ultrapetita Con il secondo motivo, formulato in via subordinata, denuncia l'omessa o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all'art. 360, co. 1, n. 5 c.p.c., perché la CTR non ha puntualmente esaminato le ragioni delle censure mosse all'accertamento. Si è costituita l'Agenzia con controricorso, eccependo l'improcedibilità, l'inammissibilità e nel merito l'infondatezza del ricorso ha inoltre spiegato ricorso incidentale con due motivi, per violazione dell'art. 8, co. 4, della I. n. 890 del 1982, in relazione all'art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., e per insufficiente motivazione, in relazione all'art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c., entrambi con riguardo alla ritualità della notifica dell'avviso di accertamento e alla conseguente intempestività del ricorso originario. Considerato che preliminarmente deve rigettarsi l'eccepita improcedibilità del ricorso per mancata richiesta, da parte della ricorrente, di trasmissione del fascicolo d'ufficio del giudice a quo, perché il suo esame non è necessario alla soluzione delle questioni prospettate con l'impugnazione sul punto cfr. Cass., Sez. 5., sent. n. 7621 del 2017 Sez. U., sent. 20504 del 2006 . Esaminando i motivi del ricorso principale, il primo di essi è infondato. La contribuente lamenta che, a fronte di un appello limitato dalla Amministrazione alla sola declaratoria di inammissibilità del ricorso originario per intempestività -per regolare notifica dell'atto impositivo-, e senza specificare o ribadire conclusioni sul merito, la sentenza della commissione tributaria regionale doveva solo decidere sulle questioni relative alla notifica dell'avviso di accertamento, senza esaminare il merito del ricorso introduttivo della contribuente. In sostanza la Z. invoca la violazione dell'art. 346 c.p.c., poiché l'omessa riproposizione in appello da parte della Agenzia della domanda di rigetto nel merito del ricorso della contribuente avrebbe precluso ogni esame della controversia, con definitiva caducazione dell'avviso di accertamento. Il motivo, suggestivo, è privo di pregio per le ragioni di cui appresso. Innanzitutto l'Amministrazione evidenzia di aver riproposto le sue conclusioni di merito con l'atto d'appello. La lettura del suddetto atto, ciò che in ragione del denunciato error in procedendo è nei poteri del giudice di legittimità, conferma l'assunto della controricorrente, la quale proprio nella parte finale dell'atto difensivo, come premessa alla formulazione conclusiva dello specifico motivo d'appello, enunciava che per le ragioni fin qui esposte, richiamando e riconfermando integralmente tutti i motivi di resistenza già esplicitati in primo grado, respinta ogni avversa e/o contraria eccezione pag. 7 dell'atto d'appello . Ebbene, è principio ribadito dalla giurisprudenza di legittimità che in tema di contenzioso tributario l'art. 56 del d.lgs. n. 546 del 1992, nel prevedere che le questioni e le eccezioni non accolte in primo grado, e non specificamente proposte in appello, si intendono rinunciate, fa riferimento - come il corrispondente art. 346 c.p.c. - all'appellato, e non all'appellante, sicché, avuto riguardo al carattere impugnatorio del giudizio, alla qualità di attore in senso sostanziale del Fisco ed all'indisponibilità della sua pretesa, cui non può rinunciare se non nei limiti di esercizio della autotutela, qualora l'Amministrazione sia rimasta soccombente in primo grado per profili preliminari di legittimità formale dell'atto, non può desumersi la rinuncia a far valere la pretesa tributaria dalla circostanza che l'appello proposto abbia per oggetto solo la suddetta statuizione Cass., Sez. 6-5, sent. n. 10906 del 2016 Sez. 5, sent. 13695 del 2009 cfr. anche sent. n. 8332 del 2016 . Dunque nel caso che ci occupa il giudice d'appello, dopo aver superato la questione preliminare, che aveva definito il giudizio di primo grado, doveva necessariamente decidere sulla pretesa tributaria. La sua decisione pertanto non era affatto subordinata ad una specifica domanda della Agenzia. Al contrario, l'esame nel merito delle ragioni già introdotte con il ricorso originario dipendeva dalla loro riproposizione da parte dell'appellata per conseguenza, non emergendo nella difesa della Z. se, dove e quando, con il proprio atto di costituzione nel giudizio d'appello, avesse riproposto le questioni ed eccezioni del proprio ricorso, ella e non l'Amministrazione era incorsa nella decadenza dalla domanda ex art. 56 del d.P.R. n. 546 del 1992 in coerenza con l'art. 346 c.p.c. . Al giudice di appello pertanto non restava altro che decidere sulla pretesa tributaria, rigettando il ricorso originario. Il giudice d'appello anzi, senza entrare, come invece ha fatto, nel merito della controversia, doveva limitarsi a constatare la rinuncia della contribuente alla domanda, confermando di conseguenza l'accertamento per un caso sostanzialmente analogo cfr. Cass., Sez. 5, sent. n. 18559 del 2010 . Le osservazioni appena compiute consentono di concludere per il rigetto anche del secondo motivo di ricorso, con il quale, in via subordinata, è denunciata l'omessa o insufficiente motivazione della sentenza d'appello in ordine al fondamento dell'avviso di accertamento. A parte il tentativo di investire la Corte di legittimità di un giudizio sul merito della vicenda, e pur volendo marginalizzare i profili di autosufficienza dell'atto introduttivo in ordine a questo secondo motivo, manca nel presente ricorso ogni riscontro della riproposizione in sede d'appello delle questioni poste dalla contribuente nel ricorso originario, che di conseguenza, ai sensi dell'art. 56 cit., dovevano intendersi già rinunciate nel giudizio spiegato dinanzi alla commissione regionale. L'esito del giudizio sui motivi di ricorso della contribuente assorbono i motivi spiegati dalla Amministrazione nel ricorso incidentale. Considerato che Il ricorso va pertanto rigettato e alla soccombenza della contribuente segue la sua condanna alle spese processuali nei confronti della costituita Agenzia, nella misura specificata in dispositivo. P.Q.M. Rigetta il ricorso principale, assorbiti i motivi di quello incidentale, e condanna Z.L. alla rifusione in favore della Agenzia delle Entrate delle spese processuali, che liquida nella misura di € 2.200,00, oltre spese prenotate a debito.