Tardività del ricorso in Cassazione per mancata comunicazione dell’udienza di gravame e del deposito della sentenza di appello

L'art. 38, comma 3, d.lgs. n. 546/1992 ammette l'impugnazione della sentenza oltre il termine lungo” solo qualora la parte non costituita dimostri di non aver avuto conoscenza della pronuncia a causa della nullità della notifica del ricorso e della comunicazione di udienza. Non è fondato l'orientamento secondo cui l'impugnazione tardiva sarebbe ammessa qualora sia stata omessa sia la comunicazione di udienza sia la comunicazione circa il dispositivo della sentenza.

Tale assunto è stato statuito dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza del 5 febbraio 2018, n. 2764. L’esclusione dalla decadenza dall'impugnazione per il decorso del termine, operante se la parte non costituita dimostri di non avere avuto conoscenza del processo per nullità della notificazione del ricorso e della comunicazione dell'avviso di fissazione dell'udienza, presuppone che sussista la situazione di ignoranza del processo” ovvero che la parte dimostri di non averne avuto alcuna conoscenza. La denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme processuali non tutela l'interesse all'astratta regolarità dell'attività giudiziaria, ma garantisce solo l'eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione. Ne consegue che è inammissibile l'impugnazione con la quale si lamenti un mero vizio del processo, senza prospettare anche le ragioni per le quali l'erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o altro pregiudizio per la decisione di merito. La vicenda. Il giudice del gravame ha rigettato l’appello proposto da un ente nei confronti del Comune di Velletri e di Velletri Servizi S.p.A., quale concessionario per l’accertamento e la riscossione dei tributi di detto Comune, avverso la sentenza di primo grado resa dalla CTP di Roma, che aveva a sua volta rigettato i ricorsi, separatamente proposti e di seguito riuniti, avverso avvisi di accertamento per ICI relativa alle annualità 2006 e 2007. Nell’ambito dell’unico motivo di ricorso in cassazione, l’ente ricorrente ha lamentato la nullità della sentenza o del procedimento, per non avere ricevuto l’appellante Ente comunicazione della data di fissazione dell’udienza di discussione dinanzi al giudice tributario d’appello, ciò ha comportando che la ricorrente è stata in grado di accertare l’avvenuto deposito della sentenza di gravame solo dopo un controllo operato presso la segretaria della CTR. Tale circostanza, secondo la ricorrente, ha reso legittima, ex art. 327, comma 2, c.p.c., l’impugnazione tardiva avverso la sentenza resa dal giudice tributario d’appello. Tardività del ricorso. Gli Ermellini, con la pronuncia citata, hanno appurato la tardività, pacifica, del ricorso per cassazione proposto avverso la sentenza impugnata, atteso che quest’ultima, non notificata, è stata depositata il 6 giugno 2013. Viceversa , il ricorso per cassazione avverso detta sentenza di gravame è stato notificato direttamente a mezzo del servizio postale dal difensore munito di specifica autorizzazione da parte del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma, ex art. 1 l. n. 53/1994, risultando spedito in data 25 novembre 2015, ben oltre, quindi, il termine lungo annuale di cui all’art. 327, comma 1, c.p.c., nella sua formulazione applicabile ratione temporis , trattandosi di giudizio introdotto in primo grado anteriormente alla data del 4 luglio 2009, pur tenendo conto del periodo di sospensione feriale secondo l’art. 1 l. n. 742/1969 nella sua formulazione pure applicabile ratione temporis . Per gli Ermellini è priva di pregio la deduzione della mancata ricezione dell’avviso di fissazione dell’udienza di discussione e quella in ordine all’omessa comunicazione dell’avviso di deposito della sentenza impugnata, posto che l’impugnazione tardiva, ex art. 327, comma 2, c.p.c., presuppone la contumacia incolpevole nel processo chiusosi con la sentenza impugnata peraltro, non sussiste un interesse tutelato all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, con riferimento alla censura di nullità della sentenza per difetto di comunicazione dell’udienza di discussione. Riflessioni. L'art. 38, comma 3, d.lgs. n. 546/1992 prescrive che se nessuna delle parti provvede alla notificazione della sentenza si applica l'art. 337, comma 1 c.p.c. cd. termine lungo dalla pubblicazione della sentenza stessa . Tale disposizione non si applica se la parte non costituita dimostri di non aver avuto conoscenza del processo per nullità della notificazione del ricorso e della comunicazione dell'avviso di fissazione d'udienza. La facoltà di impugnazione tardiva nel processo tributario è quindi prerogativa esclusiva della parte non costituita come nel processo civile del convenuto contumace nelle tassative e documentate ipotesi previste dalla norma citata. In virtù dell'efficacia del dettato dell'art. 327 c.p.c. sull'intero ordinamento processuale, anche le sentenze delle commissioni tributarie, di primo e secondo grado, non possono essere impugnate ove sia decorso il termine lungo dalla loro pubblicazione, a meno che la parte, rimasta contumace, non dimostri di non aver avuto alcuna conoscenza del processo Cass. Civ., Sez. V, n. 6466/02 . Nel processo tributario l'ammissibilità dell'impugnazione tardiva, oltre il termine lungo” dalla pubblicazione della sentenza, previsto dall'art. 38, comma 3, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, presuppone che la parte dimostri l' ignoranza del processo”, ossia di non averne avuto alcuna conoscenza per nullità della notificazione del ricorso e della comunicazione dell'avviso di fissazione dell'udienza, situazione che non si ravvisa in capo al ricorrente costituito in giudizio, cui non può dirsi ignota la proposizione dell'azione, dovendosi ritenere tale interpretazione conforme ai principi costituzionali e all'ordinamento comunitario, in quanto diretta a realizzare un equilibrato bilanciamento tra le esigenze del diritto di difesa e il principio di certezza delle situazioni giuridiche. Né assume rilievo l'omessa comunicazione della data di trattazione, che è deducibile quale motivo di impugnazione ai sensi dell'art. 161, comma 1, c.p.c., in mancanza della quale la decisione assume valore definitivo in conseguenza del principio del giudicato Cass. civ. Sez. V, n. 23323/13 . Qualora, nella fattispecie concreta, si avessero entrambe le previste condizioni della nullità della notificazione del ricorso e della omessa comunicazione dell'avviso di trattazione, la parte ignara del processo potrà proporre la cosiddetta impugnazione tardiva comunque entro il termine lungo dall'avvenuta conoscenza della pronuncia, anziché dalla precedente pubblicazione della medesima. In tal caso, sarà cura della parte che impugna tardivamente la pronuncia fornire la prova della nullità della notificazione del ricorso introduttivo e anche della mancata conoscenza del processo a causa di siffatta nullità. La previsione del comma 3 dell'art. 38 d.lgs. n. 546/92 è volta, quindi a tutelare la posizione di colui che è rimasto sostanzialmente estraneo al giudizio, consentendogli di proporre impugnazione tardiva entro il termine lungo dall'avvenuta conoscenza del processo. la comunicazione del segretario della CT del dispositivo della sentenza alla parte costituita, da effettuarsi ex art. 37 d.lgs. n. 546/92 nel termine ordinatorio di dieci giorni dalla pubblicazione della sentenza, ha un valore meramente informativo. La comunicazione del dispositivo alle parti costituite, a cura della segreteria, adempie funzione informativa esterna al procedimento di pubblicazione, di cui non costituisce elemento costitutivo né requisito d'efficacia. Pertanto, la decadenza dal diritto d'impugnazione si verifica con il decorso del termine lungo dal deposito della sentenza, indipendentemente dalla comunicazione del dispositivo stesso che il segretario è tenuto a effettuare ai sensi dell'art. 37 d.lgs. n. 546/92. E' opportuno, alla luce di quanto sopra esposto, che le parti siano particolarmente diligenti e si informino per tempo sull'avvenuto deposito della sentenza, in quanto potrebbe accadere che la segreteria, pur essendone obbligata, non comunichi il dispositivo.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile, ordinanza 22 novembre 2017 – 5 febbraio 2018, n. 2764 Presidente Cirillo – Relatore Napolitano Fatto e diritto Costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal comma 1, lett. e , dell’art. 1 - bis del d.l. n. 168/2016, convertito, con modificazioni, dalla 1. n. 197/2016 dato atto che il collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata e che la ricorrente ha depositato memoria, osserva quanto segue Con sentenza n. 157/35/2013, depositata il 6 giugno 2013, non notificata, la CTR del Lazio rigettò l’appello proposto dall’Opera Nazionale per il Mezzogiorno d’Italia ONMI nei confronti del Comune di Velletri e di Velletri Servizi S.p.A., quale concessionario per l’accertamento e la riscossione dei tributi di detto Comune, avverso la sentenza di primo grado resa dalla CTP di Roma, che aveva a sua volta rigettato i ricorsi, separatamente proposti e di seguito riuniti, avverso avvisi di accertamento per ICI relativa alle annualità 2006 e 2007. Avverso la sentenza della CTR la contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo, nel quale convergono diversi ordini di censure, ulteriormente illustrato da memoria. Il Comune di Velletri resiste con controricorso, mentre non ha svolto difese l’intimata Velletri Servizi S.p.A. Nell’ambito dell’unico motivo di ricorso, privo di numerazione e rubrica in uno ai relativi parametri normativi di riferimento, l’ente ricorrente lamenta in primo luogo nullità della sentenza o del procedimento, per non avere ricevuto l’appellante comunicazione della data di fissazione dell’udienza di discussione dinanzi al giudice tributario d’appello, ciò comportando altresì che la ricorrente è stata in grado di accertare l’avvenuto deposito della sentenza in questa sede impugnata solo da un controllo operato presso la segretaria della CTR. Tale circostanza, secondo la ricorrente, rende legittima, ex art. 327, comma 2, c.p.c. l’impugnazione tardiva avverso la sentenza resa dal giudice tributario d’appello. In relazione ad ulteriori profili, l’ente ricorrente lamenta violazione o falsa applicazione di norme di diritto, per non avere rilevato la sentenza impugnata che il potere di accertamento dei tributi locali non è suscettibile di delega a terzi, ed ancora per non avere riconosciuto, in favore dell’ente, l’esenzione dall’ICI invocata ai sensi dell’art. 7, comma 1, lett. i del d. lgs. n. 504/1992, per essere l’unità immobiliare oggetto di accertamento, quantunque locata a terzi, destinata all’esercizio delle attività di assistenza e beneficenza dell’Opera nei confronti di categorie bisognose. Il ricorso è inammissibile. Decisivo ed assorbente rispetto ad ogni ulteriore considerazione è il rilievo della tardività, pacifica, del ricorso per cassazione proposto avverso la sentenza impugnata. Invero quest’ultima, non notificata, è stata depositata il 6 giugno 2013. Il ricorso per cassazione avverso detta sentenza è stato notificato direttamente a mezzo del servizio postale dal difensore munito di specifica autorizzazione da parte del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma, ex art. 1 della 1. n. 53/1994, risultando spedito in data 25 novembre 2015, ben oltre, quindi, il termine lungo annuale di cui all’art. 327, comma 1, c.p.c., nella sua formulazione applicabile ratione temporis, trattandosi di giudizio introdotto in primo grado anteriormente alla data del 4 luglio 2009, pur tenendo conto del periodo di sospensione feriale secondo l’art. 1 della 1. n. 742/1969 nella sua formulazione pure applicabile ratione temporis. Né vale a giustificare tale circostanza la deduzione della mancata ricezione dell’avviso di fissazione dell’udienza di discussione e quella in ordine all’omessa comunicazione dell’avviso di deposito della sentenza impugnata, posto che l’impugnazione tardiva, ex art. 327, comma 2, c.p.c., presuppone la contumacia incolpevole nel processo chiusosi con la sentenza impugnata cfr. Cass. sez. 6-5, ord. 11 aprile 2017, n. 9930 Cass. sez. 6-5, 15 ottobre 2013, n. 23323, con riferimento alla proposizione dell’appello tardivo nel processo tributario , neppure sussistendo un interesse tutelato all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, con riferimento alla censura di nullità della sentenza per difetto di comunicazione dell’udienza di discussione cfr. Cass. sez. 5, 18 dicembre 2014, n. 26831 . Parte ricorrente - che ha fondato il proprio assunto in punto di ammissibilità dell’impugnazione tardiva sulla pronuncia, rimasta isolata, di questa Corte Cass. sez. 5, 11 marzo 2013, n. 6048 , secondo cui il dies a quo per proporre l’impugnazione decorre dalla data in cui la parte ne ha avuto conoscenza - nella memoria depositata in atti, a seguito della proposta del relatore per la declaratoria d’inammissibilità del ricorso in base ai rilievi sopra esposti, nulla ha replicato in proposito, soffermandosi nuovamente ed esclusivamente sulle questioni inerenti la dedotta violazione di norme di diritto relativamente al merito della decisione adottata dalla CTR del Lazio. All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna, secondo soccombenza, della ricorrente, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore del Comune controricorrente, liquidate come da dispositivo. Nulla va invece statuito riguardo al rapporto processuale tra l’ente ricorrente e l’intimata Velletri Servizi S.p.A., non avendo quest’ultima svolto difese. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.600,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge, se dovuti. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 - bis dello stesso articolo 13.