IVA, rimborso valido in dichiarazione

In tema di IVA, ai fini del rimborso, è sufficiente aver indicato il credito in dichiarazione non essendo necessaria la presentazione del modello VR. Il diritto al rimborso è soggetto al termine di prescrizione ordinario decennale ex art. 2946 c.c. e non a quello biennale di decadenza di cui all’art. 21, comma 2, d.lgs. n. 546/1992.

Così l’ordinanza della Corte di Cassazione n. 1119/18, depositata il 18 gennaio. Contesto normativo. In materia il d.l. n. 193/2016, modificativo dell’art. 38- bis d.P.R. n. 633/1972, ha introdotto norme più semplici per i contribuenti per richiedere il rimborso ai fini IVA 2017 . Per i rimborsi da 15.000€ a 30.000€ non è necessario presentare garanzie e visti di conformità il recupero del credito IVA, ai sensi dell’art. 30 d.P.R. n. 633/1972, può essere anche utilizzato in compensazione per il pagamento di debiti e imposte. Il rimborso IVA annuale, effettuato entro tre mesi dalla data di presentazione della dichiarazione Iva 2017, non richiede eventuali garanzie fino al nuovo limite di 30.000 € e i medesimi limiti valgono anche per il rimborso dell’imposta infrannuale. Relativamente ai rimborsi superiori ai 30.000 €, la nuova normativa si applica ai soggetti c.d. virtuosi ossia ai soggetti che esercitano l’attività d’impresa da almeno 2 anni ai soggetti che non hanno ricevuto avvisi di accertamento o rettifica per determinati importi e ai soggetti che non richiedono il rimborso del credito IVA per cessazione dell’attività. La vicenda. Nel caso di specie il contribuente ha impugnato il diniego di rimborso del credito IVA risultante dall’ultima dichiarazione presentata dalla società, negato dall’Amministrazione finanziaria in quanto la relativa istanza era stata proposta oltre il termine biennale di decadenza ex art. 21 d.lgs. n. 546/1992 la medesima Amministrazione aveva poi disconosciuto la richiesta di rimborso avanzata in dichiarazione. Sia in primo che secondo grado i giudici tributari hanno accolto i ricorso. Il contribuente ha impugnato il diniego al rimborso IVA richiesto per la cessazione dell’attività in base alla mancata maturazione del termine decennale di prescrizione ex art. 2946 c.c I giudici tributari di primo e secondo grado hanno respinto il ricorso dell’amministrazione finanziaria che ha poi proposto ricorso per Cassazione per una serie di motivazioni. La Cassazione ha ritenuto che in tema di IVA e ai fini del rimborso dell’eccedenza di imposta è sufficiente averlo indicarlo nell’apposito quadro e rigo del modello VR atteso che ciò costituisce idonea e rituale domanda di rimborso, risultando non applicabile il citato art. 21, applicabile anche in materia di credito IVA, qualora la richiesta sia avanzata con modalità diverse da quelle previste dall’art. 30 d.P.R. n. 633/1972. Tale disposizione prevede che se dalla dichiarazione annuale risulta che l’ammontare dell’Iva detraibile è superiore a quello dell’imposta per operazioni imponibili, il contribuente può computare l’importo in eccedenza in detrazione nell’anno successivo. I Giudici hanno ribadito che l’esercizio del diritto al rimborso, correlato alla cessazione dell’attività, è soggetto al termine di prescrizione ordinario decennale art. 2947 c.c. e non a quello biennale di cui all’art. 21 d.lgs. n. 546/1992. Alla luce di quanto precede la Corte ha respinto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate attesa la corretta decisione della CTR che ha ritenuto tempestiva l’istanza di rimborso presentata nell’anno 2006 per l’anno 2002. Sul tema la giurisprudenza si è espressa ritenendo che anche in caso di cessazione d’attività, nella quale non è possibile portare in detrazione l’eccedenza l’anno successivo, allorché esercitato il diritto al rimborso in modo tempestivo, non è applicabile il termine biennale ex art. 21 d.lgs. n. 546/1992, ma solo quello ordinario di prescrizione decennale di cui all’art. 2946 c.c. Cass n. 18490/2017 n. 4559 e 2922/2017 . Laddove il contribuente eserciti tempestivamente” il diritto al rimborso con la compilazione della dichiarazione annuale, la presentazione del modello VR non può considerarsi assoggettata al termine biennale di decadenza ma solo a quello ordinario CTR, Emilia Romagna, sez. XI, n. 136/17 .

Corte di Cassazione, sez. V Civile, ordinanza 25 settembre 2017 – 18 gennaio 2018, n. 1119 Presidente Bruschetta – Relatore Tedesco Rilevato che Ritenuto che l'Agenzia dell'entrate ha proposto ricorso per cassazione contro la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia Ctr , che ha confermato la sentenza di primo grado, favorevole per la contribuente, in relazione a una istanza di rimborso del credito Iva risultante dall'ultima dichiarazione presentata dalla società rimborso che l'Amministrazione finanziaria aveva negato in quanto la relativa istanza fu proposta oltre il termine biennale di decadenza ex articolo 21 del d. Igs. n. 546 del 1992, avendo la stessa Amministrazione disconosciuto la richiesta avanzata in sede di dichiarazione, assumendola effettuata in modo difforme dalle disposizioni all'epoca vigenti, che prevedevano la presentazione dell'apposito modello VR . Considerato che -il ricorso è proposto sulla base di due motivi, i quali pongono la questione se il diritto al rimborso del credito Iva per l'anno 2002, nel caso in cui la richiesta non fosse stata effettuata mediante la compilazione dell'apposito modello previsto dalle disposizioni all'epoca vigenti modello VR , ma mediante l'esposizione nell'apposito rigo e colonna della dichiarazione Modello Unico 2003, dovesse essere fatto valere nel termine di decadenza previsto dall'articolo 21, d. Igs. 546 del 1992 oppure nel termine ordinario di prescrizione decennale -la giurisprudenza di questa Corte è saldamente orientata nel senso che l'esposizione del credito Iva nella dichiarazione annuale, mediante la compilazione dell'apposito quadro e rigo Importo di cui si chiede il rimborso , pure nella vigenza del modello VR, costituiva idonea e rituale domanda di rimborso, idonea a mettere fuori gioco l'articolo 21 cit., in linea di principio applicabile anche in materia di rimborso di credito Iva, qualora la richiesta sia fatta con modalità diverse da quelle previste nell'articolo 30 del d.P.R. n. 633 del 1972 Cass. 20039 del 2011 Cass. 6986 del 2014 Cass. 4145 del 2016 -occorre poi considerare che la presente fattispecie è pacificamente caratterizzata dal fatto che la dichiarazione contenente l'indicazione del credito fu l'ultima presentata dalla società -l'articolo 30, comma secondo, del d.P.R. n. 633 del 1972 dispone che, se dalla dichiarazione annuale risulta che l'ammontare dell'Iva detraibile, aumentato delle somme versate mensilmente, è superiore a quello dell'imposta relativa alle operazioni imponibili, il contribuente ha diritto di computare l'importo dell'eccedenza in detrazione nell'anno successivo, ovvero, in presenza dei presupposti di legge commi terzo e quarto dello stesso articolo 30 e comunque in caso di cessazione di attività, di chiederne il rimborso -il fondamento giuridico di tale previsione legislativa, secondo cui in caso di cessazione di attività il contribuente può chiedere comunque il rimborso dell'imposta senza limiti di importo , è ravvisato nell'impossibilità di fatto, da parte dei contribuenti che abbiano cessato l'attività di impresa, di recuperare l'eccedenza di Iva a credito, emergente dalla dichiarazione annuale, attraverso l'esercizio del diritto di detrazione nell'anno successivo -quanto al termine applicabile per l'esercizio del diritto al rimborso correlato alla cessazione di attività, secondo consolidata giurisprudenza di questa Corte, la relativa richiesta è soggetta al termine di prescrizione ordinario decennale e non a quello biennale di cui al D.Igs. n. 546 del 1992, articolo 21, applicabile in via sussidiaria e residuale, in mancanza di disposizioni specifiche -infatti quella del rimborso dell'eccedenza d'imposta all'atto della cessazione dell'attività non è una ipotesi che può ritenersi non regolata da alcuna disposizione con la conseguente applicabilità del termine biennale di decadenza cui fa riferimento l'amministrazione , poiché si tratta di fattispecie regolata, appunto, dal d.P.R. n. 633 del 1972, articolo 30, comma 2 , in considerazione della materiale impossibilità dell'esercizio del diritto di detrazione nell'anno successivo Cass. n. 25318/2010 n. 9794/2010 n. 5486/2003 - in conclusione, da qualsiasi parte si consideri la vicenda, la decisione della Ctr, che ha ritenuto tempestiva l'istanza di rimborso nell'ottobre 2006 per l'anno 2002, è immune dalle censure mosse con il ricorso, che va conseguentemente rigettato tenuto conto della evoluzione registratasi nella giurisprudenza in questa materia, consolidatasi nel senso di cui sopra dopo la proposizione del ricorso, si ritiene di disporre la compensazione delle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. rigetta il ricorso dichiara interamente compensate le spese del presente giudizio.