L’istituto del raddoppio del termine di accertamento non richiede l'effettiva presentazione della denuncia penale

Ai fini del raddoppio dei termini di accertamento, per come disposto dall'art. 37, comma 24, d.l. n. 223/2006, conv. in l. n. 248/2006, che ha modificato l'art. 43, comma 3, d.P.R. n. 600/1973 e l'art. 57, comma 2-bis d.P.R. n. 633/1972 nei testi applicabili ratione temporis , non è necessaria l'effettiva presentazione della denuncia né tanto meno la produzione di questa in giudizio .

Come, infatti, statuito dalla Corte Costituzionale sentenza n. 247/2011 , l'unica condizione per il raddoppio dei termini è costituita dalla sussistenza dell'obbligo di denuncia penale, indipendentemente dal momento in cui tale obbligo sorga ed indipendentemente dal suo adempimento, sicché il raddoppio dei termini consegue dal mero riscontro di fatti comportanti l'obbligo di denuncia penale e il giudice tributario dovrà controllare, se richiesto con i motivi di impugnazione, la sussistenza dei presupposti dell'obbligo di denuncia, compiendo, al riguardo, una valutazione ora per allora c.d. prognosi postuma circa la loro ricorrenza ed accertando, quindi, se l'amministrazione finanziaria abbia agito con imparzialità od abbia, invece, fatto uso pretestuoso e strumentale delle disposizioni denunciate al fine di fruire ingiustificatamente di un più ampio termine di accertamento . Tali principi sono stati precisati dalla Corte di Cassazione con la ordinanza del 10 gennaio 2018, n. 409 . La vicenda. Il giudice del gravame, rigettando l'appello proposto dal Fisco, ha confermato la decisione di primo grado che aveva accolto i ricorsi introduttivi, dichiarando decaduta l'Amministrazione erariale dal potere impositivo per non essere applicabile l'istituto del raddoppio del termine, non sussistendo fattispecie di reato previste dalle disposizioni di cui al d.lgs. n 74/2000, mancando il presupposto richiesto dalla legge che integra la fattispecie di reato previsto dalle disposizioni di cui al d.lgs. n. 74/2000 e per il quale vi è l'obbligo di denuncia ai sensi dell'art. 331 c.p.p. , e non rientrando i reati di cui agli artt. 483 e 460, comma 2, c.p. tra quelli previsti dalle disposizioni di cui al d.lgs. n. 74/2000 . Raddoppio dei termini. Gli Ermellini, con la pronuncia citata, hanno ribadito che il raddoppio dei termini per la notifica dell'avviso di accertamento opera a prescindere della comunicazione avente ad oggetto la commissione di reati tributari. In particolare, la suprema Corte di Cassazione ha precisato che per gli avvisi di accertamento tributario relativi ai periodi d'imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2016 e notificati prima del 2 settembre 2015 art. 2, comma 3, d.lgs. n. 128/2015 , i termini previsti dall'art. 43 d.P.R. n. 600/1973, e dall'art. 57 d.P.R. n. 633/1972, nella versione applicabile ratione temporis al periodo di imposta 2003, sono raddoppiati in presenza di seri indizi di reato, anche se la denuncia penale sia stata presentata oltre i termini di decadenza ovvero non sia stata affatto presentata. Le ulteriori modifiche introdotte dall'art. 2, commi 1 e 2, d.lgs. n. 128/2015 in vigore dal 2 settembre 2015 agli artt. 43 e 57 richiamati secondo le quali, il raddoppio dei termini di accertamento in caso di violazioni penali opera solo se la denuncia è effettivamente presentata e trasmessa all'autorità giudiziaria entro il termine ordinario di decadenza dal potere di accertamento non hanno inciso sulla fattispecie esaminata poiché, secondo la disciplina transitoria art. 2, comma 3, d.lgs. n. 128/2015 , le disposizioni dei commi 1 e 2 dell'art. 2 citato non trovano applicazione per le violazioni constatate con processi verbali notificati prima del 2 settembre 2015. Conclusioni. Il raddoppio dei termini deriva dal mero riscontro di fatti comportanti l’obbligo di denuncia penale ai sensi dell'art. 331 c.p.p., indipendentemente dall'effettiva presentazione della denuncia, dall’inizio dell’azione penale e dall'accertamento penale del reato, restando perciò irrilevante che l'azione penale non sia proseguita o sia intervenuta una decisione penale di proscioglimento, di assoluzione o di condanna dato anche il regime del cd. doppio binario tra giudizio penale e procedimento e processo tributario, ex art. 20, d.lgs. n. 74/2000 detto obbligo di denuncia sorge quando il pubblico ufficiale sia in grado di individuare con sicurezza gli elementi di un reato previsto dal d.lgs. n. 74/2000 anche se sussistano cause di non punibilità impeditive della prosecuzione delle indagini penali ed il cui accertamento, al pari dell'antigiuridicità e del dolo, resta riservato all'autorità giudiziaria , non essendo sufficiente il generico sospetto di una eventuale attività illecita il medesimo obbligo opera in base a condizioni obiettivamente rilevabili, considerato che anche il pubblico ufficiale non potrebbe liberamente valutare se e quando presentare la denuncia, dovendola presentare prontamente, pena la commissione del reato di cui all'art. 361 c.p. per il caso di ritardo od omissione nella denuncia il giudice tributario dovrà controllare, se richiesto con i motivi di impugnazione dell'atto impositivo o di contestazione delle sanzioni, la sussistenza dei presupposti dell'obbligo di denuncia, compiendo al riguardo una valutazione ora per allora c.d. prognosi postuma” circa la loro ricorrenza cioè circa la sussistenza di una notitia criminis dotata di fumus ed accertando, quindi, se l'amministrazione finanziaria abbia fatto un uso pretestuoso e strumentale delle menzionate disposizioni al fine di fruire ingiustificatamente di un più ampio termine di accertamento in presenza di una contestazione sollevata dal contribuente, l'onere di provare i presupposti dell'obbligo di denuncia penale non certo l'esistenza del reato è a carico dell'amministrazione finanziaria, dovendo questa giustificare il più ampio potere accertativo Cass. n. 15627/17 . In definitiva, il raddoppio dei termini previsto dagli artt. 43, comma 3, d.P.R. n. 600/1973 e 57, comma 3, d.P.R. n. 633/1972, nei testi applicabili ratione temporis , presuppone unicamente l'obbligo di denuncia penale, ai sensi dell'art. 331 c.p.p., per uno dei reati previsti dal d.lgs. n. 74/2000, e non anche la sua effettiva presentazione, come chiarito dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 247/2011 Cass. n. 11171/16. Ai fini del solo raddoppio dei termini per l’esercizio dell’azione accertatrice, rileva l’astratta confìgurabilità di un’ipotesi di reato e non rileva né l'esercizio dell'azione penale da parte del p.m., ai sensi dell'art. 405 c.p.p., mediante la formulazione dell'imputazione, né la successiva emanazione di una sentenza di condanna o di assoluzione da parte del giudice penale, atteso anche il regime di doppio binario tra giudizio penale e procedimento e processo tributario Cass. n. 9725/16 . La legge di Stabilità 2016 l. n. 208/2015 ha modificato i termini dell’accertamento, di cui agli art. 43 d.P.R. n. 600/1973 e 57 d.P.R. n. 633/1972. In particolare è stato disposto che - gli avvisi di accertamento devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione - in caso di omessa presentazione della dichiarazione o di presentazione di dichiarazione nulla l’avviso di accertamento dell’imposta può essere notificato entro il 31 dicembre del settimo anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata. Tali modifiche si applicano agli avvisi relativi al periodo d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2016 e ai periodi successivi e trovano applicazione sia con riferimento agli illeciti penalmente rilevanti che nel caso di infrazioni amministrative. Per i periodi d’imposta precedenti, gli avvisi di accertamento devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione ovvero, nei casi di omessa presentazione della dichiarazione o di dichiarazione nulla, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata. Tuttavia, in caso di violazione che comporta obbligo di denuncia all’autorità giudiziaria, i predetti termini sono raddoppiati relativamente al periodo d’imposta in cui è stata commessa la violazione.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile, ordinanza 16 novembre 2017 – 10 gennaio 2018, n. 409 Presidente Iacobellis – Relatore La Torre Fatti di causa Nella controversia concernente l'impugnazione da parte della Società in intestazione e dei soci, di avvisi di accertamento relativi, rispettivamente per la Società ad IRES, IVA ed IRAP e per i soci ad Irpef degli anni 2005 e 2006, la Commissione Tributaria Regionale dell'Umbria, rigettando l'appello proposto dall'Agenzia delle entrate, confermava la decisione di primo grado che aveva accolto i ricorsi introduttivi, dichiarando decaduta l'Amministrazione erariale dal potere impositivo per non essere applicabile l'istituto del raddoppio del termine, non sussistendo fattispecie di reato previste dalle disposizioni di cui al d.lgs. n 74/2000, mancando il presupposto richiesto dalla legge che potrebbe integrare la fattispecie di reato previsto dalle disposizioni di cui al d.lgs. 74/2000 e per il quale vi è l'obbligo di denuncia ai sensi dell'art. 331 c.p.p. , e non rientrando i reati di cui agli artt. 483 e 460 comma 2 c.p. tra quelli previsti dalle disposizioni di cui al d.lgs. 74/2000 . Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione, su due motivi, l'Agenzia delle entrate. La Società e i soci resistono con controricorso, depositando successiva memoria. Il Collegio autorizza la redazione della motivazione in forma semplificata. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo si deduce la violazione dell'art. 43 d.p.r. n. 600/73, nella formulazione vigente ante modifiche introdotte dalla l. 208/2015, per avere la C.T.R. ritenuto inapplicabile il raddoppio dei termini per la notifica dell'avviso di accertamento per mancata trasmissione della comunicazione avente ad oggetto la commissione di reati tributari. 1.1.La censura, ammissibile, è fondata. Ai fini del raddoppio dei termini in questione, per come disposto dall'art. 37, comma 24, del dl. n. 223/2006, convertito nella legge n. 248/2006, che ha modificato l'art. 43, comma 3, del d.p.r. n. 600/1973 e l'art. 57, comma 2 bis del d.p.r. n. 633/1972 nei testi applicabili ratione temporis , non è necessaria l'effettiva presentazione della denuncia né tanto meno la produzione di questa in giudizio . Come, infatti, statuito dalla Corte Costituzionale sentenza n. 247/2011 , l'unica condizione per il raddoppio dei termini è costituita dalla sussistenza dell'obbligo di denuncia penale, indipendentemente dal momento in cui tale obbligo sorga ed indipendentemente dal suo adempimento, sicché il raddoppio dei termini consegue dal mero riscontro di fatti comportanti l'obbligo di denuncia penale e il giudice tributario dovrà controllare, se richiesto con i motivi di impugnazione, la sussistenza dei presupposti dell'obbligo di denuncia, compiendo, al riguardo, una valutazione ora per allora cosiddetta prognosi postuma circa la loro ricorrenza ed accertando, quindi, se l'amministrazione finanziaria abbia agito con imparzialità od abbia, invece, fatto uso pretestuoso e strumentale delle disposizioni denunciate al fine di fruire ingiustificatamente di un più ampio termine di accertamento . Questa Corte, poi, in recenti pronunce Cass. n. 26037/2016 conf. n. 11195/2017 , ha così statuito, chiarendo come devono essere correlati tra loro i successivi interventi legislativi di cui al d.lgs. 128/2015 ed alla l. 208/2015 In tema di termini per l'accertamento tributario stabiliti dagli artt. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 per le imposte sui redditi e 57 del d.P.R. n. 633 del 1972 per l'IVA a il regime transitorio introdotto dal comma 3 dell'art. 2 del d.lgs. n. 128 del 2015 in vigore dal 2 settembre 2015 non è abrogato dal successivo regime transitorio previsto dal comma 132 dell'art. 1 della legge n. 208 del 2015 in vigore dal 1° gennaio 2016 b il primo regime transitorio d.lgs. n. 128 del 2015 stabilisce che i commi 1 e 2 dell'art. 2 del d.lgs. n. 128 del 2015 non si applicano né in relazione agli avvisi di accertamento, ai provvedimenti che irrogano sanzioni amministrative tributarie ed agli altri atti impugnabili con i quali l'Agenzia delle entrate fa valere una pretesa impositiva o sanzionatoria, notificati alla data del 2 settembre 2015, né in relazione agli inviti a comparire di cui all'articolo 5 del d.lgs. n. 218 del 1997, notificati alla data del 2 settembre 2015, né in relazione ai processi verbali di constatazione redatti ai sensi dell'art. 24 della legge n. 4 del 1929, dei quali il contribuente abbia avuto formale conoscenza entro il 2 settembre 2015, sempre che i relativi atti recanti la pretesa impositiva o sanzionatoria siano legge n. 208 del 2015 disciplina diversamente il regime ordinario del raddoppio dei termini di accertamento previsto dai commi 1 e 2 dell'art. 2 del d.lgs. n. 128 del 2015, disponendo che i commi 130 e 131 dell'art. i della legge n. 208 del 2015 non si applicano agli avvisi relativi ai periodi d'imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2016 e introducendo per tali periodi d'imposta anteriori una specifica normativa transitoria per le sole ipotesi in cui a detti periodi non sia applicabile il precedente regime transitorio dettato dal d.lgs. n. 128 del 2015 v. anche Cass. n. 16728/16 13483/16 . Non essendosi la CTR adeguata ai superiori principi, il motivo va accolto, con assorbimento del secondo motivo, col quale si deduce carenza di motivazione in relazione all'art. 132 comma 2 e 4 c.p.c. e violazione degli artt. 1 e 36 d.lgs. 546/92, ex art. 360 n. 4 c.p.c., per avere la CFR fatte proprie le motivazioni della sentenza di primo grado, senza sottoporle ad alcuna valutazione critica. La sentenza impugnata va conseguentemente cassata, con rinvio alla C.T.R. dell'Umbria, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio. P.Q.M. Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla C.T.R. dell'Umbria, in diversa composizione.