Avviso di mora, ricorso ammissibile

L’avviso di mora è atto impugnabile dal contribuente che ne deve eccepire la nullità per omessa notifica dell’atto presupposto cartella di pagamento .

Il principio è contenuto nella sentenza della Cassazione n. 27776/17, depositata il 22 novembre, da cui emerge che la cartella di pagamento porta a conoscenza del contribuente la pretesa tributaria avendo un contenuto più ampio dell’avviso di mora, la cui notifica è prevista solo nel caso in cui il soggetto non abbia eseguito il pagamento entro i termini di legge Impugnazione dell’avviso di mora. L’art. 19 d.lgs. n. 546/1992 elencando espressamente gli atti impugnabili annovera tra questi l’avviso di mora. Inoltre il terzo comma della stessa disposizione stabilisce che la mancata notificazione di atti autonomamente impugnabili, adottati precedentemente all’atto notificato, ne consente l’impugnazione unitamente a quest’ultimo . Da ciò deriva che la cartella di pagamento sottesa all’avviso di mora impugnata unitamente ad esso, può essere oggetto di impugnazione solo ove si dimostri che questa non siano state mai notificate. Il caso. Nella fattispecie l’amministrazione finanziaria ricorreva avverso la sentenza della CTR che aveva confermato l’annullamento dell’intimazione di pagamento delle somme contenute in una cartella che la parte assumeva di non aver mai ricevuto e della cui notificazione né il concessionario né l’ufficio avevano fornito la prova in giudizio. L’Agenzia delle Entrate ha eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva e, ritenendo che non era configurabile un litisconsorzio necessario, ha ritenuto che l’unico chiamato in causa era il concessionario a cui era ascrivibile il vizio dell’atto. La Corte ha ritenuto infondato il ricorso atteso che la mancata notifica della cartella di pagamento determina il vizio della procedura prevista dalla legge, la cui rilevanza consente al contribuente ai sensi dell’art. 19, comma 3, d.lgs. n. 546/1992, di esercitare il proprio diritto di difesa a seguito della notifica dell’avviso di mora, di impugnare quest’ultimo atto deducendo la nullità per omessa notifica dell’atto presupposto o contestando alternativamente la stessa pretesa tributaria azionata nei suoi confronti. In entrambi i casi la legittimazione spetta all’ente titolare del credito tributario e non al concessionario, il quale, se destinatario dell’impugnazione, deve chiamare in giudizio l’ufficio finanziario se non vuole rispondere dell’esito del giudizio, atteso che il giudice non è tenuto d’ufficio a disporre l’integrazione del contraddittorio , non potendosi configurare un litisconsorzio necessario Cass. SS.UU. n. 16412/07 . Litisconsorzio. I Giudici hanno precisato, inoltre, che nell’ambito della disciplina della riscossione delle imposte mediante iscrizione a ruolo, nel caso di giudizio relativo a vizi dell’atto afferenti la notifica della cartella, non sussiste litisconsorzio necessario tra l’amministrazione finanziaria e il concessionario alla riscossione, in quanto la legittimazione passiva spetta al titolare del credito tributario con onere del concessionario, se destinatario dell’atto, di chiamare in giudizio l’ufficio se non vuole rispondere della conseguenza della lite e dovendosi riconoscere ad entrambi il diritto all’impugnazione nel processo tributario.

Corte di Cassazione, sez. V Civile, sentenza 27 gennaio – 22 novembre 2017, n. 27776 Presidente Biagio – Relatore Greco Fatti di causa L'Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione con un motivo nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia che, rigettandone l'appello, ha confermato l'annullamento dell'intimazione, notificata il 20 novembre 2007 alla MBF - M. B. F. srl, di pagamento delle somme, dovute a titolo di ritenute alla fonte per l'anno 1996, portate da una cartella che la parte assumeva non aver mai ricevuto, e della cui notificazione, secondo il giudice d'appello, né l'agente della riscossione né lo stesso ufficio avevano fornito la prova in giudizio. La società contribuente, che promuoveva il giudizio tanto nei confronti dell'Agenzia delle entrate che della Serit Sicilia spa, oltre a dedurre l'inesistenza del credito dell'amministrazione finanziaria, aveva infatti lamentato, oltre alla decadenza dell'azione di riscossione e alla prescrizione del presunto credito, la mancata notifica della cartella di pagamento, atto presupposto. Il giudice d'appello ha ritenuto che dalla fotocopia di una relata di notifica eseguita il 1° ottobre 2002 prodotta dall'ufficio in primo grado - assumendo fosse la copia conforme all'originale della relata di notifica della cartella impugnata -, e prodotta anche dalla Serit spa all'atto di costituirsi in secondo grado, si ricavava trattarsi, per quanto fosse poco chiaramente leggibile, di una cartella di pagamento recante lo stesso numero identificativo indicato nell'intimazione impugnata. Tuttavia, né l'ufficio né l'agente della riscossione, sui quali incombeva l'onere probatorio, entrambi chiamati legittimamente in giudizio, avevano prodotto l'atto prodromico. Non poteva pertanto ritenersi assolto l'onere della prova con la sola produzione della fotocopia di una relata di notifica, peraltro contestata dall'appellata, non accompagnata dalla produzione della cartella che si assume notificata. Tale mancata produzione precludeva, tra l'altro, la possibilità di verificare se il carico tributario fosse quello derivante dalla cartella esattoriale che si assume notificata, della quale non si conosceva il contenuto. La società contribuente resiste con controricorso. Ragioni della decisione Con l'unico motivo, denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 10 del d.lgs. n. 546 del 1992 e dell'art. 50 del d.P.R. n. 602 del 1973, l'amministrazione ricorrente eccepisce il proprio difetto di legittimazione passiva, assumendo che nella fattispecie non era configurabile un litisconsorzio necessario, sicché doveva essere chiamato in causa esclusivamente il concessionario, cui era direttamente ascrivibile il vizio dell'atto, con conseguente inammissibilità del ricorso proposto nei confronti dell'ufficio. L'agente della riscossione sarebbe l'unico legittimato le volte che si deduca che un atto sia viziato da errori a lui imputabili, ossia nel caso di vizi propri della cartella o degli atti di riscossione successivi. In assenza di vizi propri, non potrebbe essere annullata un'iscrizione a ruolo solo per il fatto che non è stata notificata mediante la cartella di pagamento . Il ricorso è infondato. Secondo l'insegnamento del giudice della nomofilachia, infatti, la cartella di pagamento svolge la funzione di portare a conoscenza dell'interessato la pretesa tributaria iscritta nei ruoli, entro un termine stabilito a pena di decadenza della pretesa tributaria, ed ha un contenuto necessariamente più ampio dell'avviso di mora, la cui notifica è prevista soltanto per il caso in cui il contribuente, reso edotto dell'imposta dovuta, non ne abbia eseguito spontaneamente il pagamento nei termini indicati dalla legge. La mancata notificazione della cartella di pagamento comporta pertanto un vizio della sequenza procedimentale dettata dalla legge, la cui rilevanza non è esclusa dalla possibilità, riconosciuta al contribuente dall'art. 19, comma terzo, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, di esercitare il proprio diritto di difesa a seguito della notificazione dell'avviso di mora, e che consente dunque al contribuente di impugnare quest'ultimo atto, deducendone la nullità per emessa notifica dell'atto presupposto o contestando, in via alternativa, la stessa pretesa tributaria azionata nei suoi confronti. In entrambi i casi, la legittimazione passiva spetta all'ente titolare del credito tributario e non già al concessionario, al quale, se è fatto destinatario dell'impugnazione, incombe l'onere di chiamare in giudizio il predetto ente, se non vuole rispondere dell'esito della lite, non essendo il giudice tenuto a disporre d'ufficio l'integrazione del contraddittorio, in quanto non è configurabile nella specie un litisconsorzio necessario Cass. sez. unite, 25 luglio 2007, n. 16412 . Questa Corte ha tra l'altro in proposito avuto modo di chiarire come in tema di disciplina della riscossione delle imposte mediante iscrizione nei ruoli, nell'ipotesi di giudizio relativo a vizi dell’atto afferenti il procedimento di notifica della cartella, non sussiste litisconsorzio necessario tra l'Amministrazione Finanziaria ed il Concessionario alla riscossione, né dal lato passivo, spettando la relativa legittimazione all'ente titolare del credito tributario con onere del concessionario, ove destinatario dell'impugnazione, di chiamare in giudizio il primo se non voglia rispondere delle conseguenze della lite, né da quello attivo, dovendosi, peraltro, riconoscere ad entrambi il diritto all’impugnazione nei diversi gradi del processo tributario così statuendo, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, rilevando, peraltro, che, nella specie, i vizi accertati nella decisione di primo grado in relazione alla pretesa tributaria riguardavano sia il suo fondamento iscrizione a ruolo - sia il procedimento notificatorio della cartella, sicché erroneamente era stata esclusa la legittimazione dell'Amministrazione Finanziaria alla sua impugnazione Cass. n. 9762 del 2014 . Nella specie la società contribuente con l'impugnazione dell'iscrizione a ruolo e dell'intimazione di pagamento si doleva anzitutto dell'inesistenza del credito dell'amministrazione finanziaria, dell'illegittimità della procedura di riscossione per la mancata notifica dell'atto presupposto, la cartella di pagamento, della decadenza dell'azione di riscossione, della prescrizione del presunto credito. Il ricorso deve essere pertanto rigettato. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo. P.Q.M. Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in euro 3.000 per compensi di avvocato, oltre alle spese generali determinate forfetariamente nella misura del 15 per cento e gli accessori di legge.