Accertamento IVA, legittimo anche senza contraddittorio se la società è una cartiera

La Cassazione respinge il ricorso di una s.r.l. non è necessario il contraddittorio endoprocedimentale nel caso di accertamento IVA basato su materiale rinvenuto presso terzi.

Se dall’ispezione presso terzi emerge che la società è, in realtà, una cartiera, l’accertamento IVA è legittimo anche senza contraddittorio. È quanto ha deciso la Corte di Cassazione con l’ordinanza depositata il 17 novembre 2017, n. 27373. I Giudici del Palazzaccio hanno respinto il ricorso di una s.r.l. che aveva impugnato la sentenza della CTR. Il principio. In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali si legge nell’ordinanza, con la quale i Giudici hanno richiamato l’importante sentenza delle Sezioni Unite n. 24823/15 l’Amministrazione finanziaria è gravata da un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa, esclusivamente per i tributi armonizzati , mentre, per quelli non armonizzati , non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, sicché esso sussiste solo per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito . Inoltre, in tema di accertamento IVA, è legittimo l’avviso di rettifica motivato per relationem a un processo verbale di constatazione riferito a documenti rinvenuti presso terzi e resi riconoscibili al contribuente, mediante l’allegazione del relativo prospetto riepilogativo [] l’avviso di accertamento non richiede un’autonoma attività istruttoria, il cui svolgimento contrasterebbe con i principi di economicità ed efficienza dell’attività amministrativa, nonché con le norme specifiche che, in materia tributaria, disciplinano l’istruttoria e la motivazione degli atti impositivi . Fonte fiscopiu.it

Corte di Cassazione, sez. VI Civile T, ordinanza 5 ottobre 17 novembre 2017, n. 27373 Presidente Cirillo Relatore Manzon Fatto Rilevato che Con sentenza in data 21 marzo 2016 la Commissione tributaria regionale della Lombardia respingeva l'appello proposto dalla Carpenteria Bonomi srl avverso la sentenza n. 10275/5/14 della Commissione tributaria provinciale di Milano che ne aveva respinto il ricorso contro l'avviso di accertamento IVA ed altro 2007. La CTR osservava in particolare che era infondata l'eccezione della società contribuente basata sulla violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, sotto il profilo dell'obbligo del previo contraddittorio endoprocedimentale, non essendovi un principio generale al riguardo e posto che comunque la società contribuente stessa non aveva affatto dimostrato che tale adempimento avrebbe mutato l'esito della procedura accertativa prova di resistenza che era stata correttamente applicata la disciplina vigente catione temporis sul raddoppio del termine decadenziale ordinario di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43,D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, profilandosi con chiarezza l'ipotesi di un reato fiscale, essendone irrilevante nella lite tributaria la fondatezza, ma rilevando piuttosto soltanto la correlativa sussistenza dell'obbligo della denuncia ex art. 331 c.p.p. che doveva confermarsi la valutazione del primo giudice sull'inesistenza oggettiva delle fatture de quibus. Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione la società contribuente deducendo tre motivi. Resiste con controricorso l'Agenzia delle entrate. Diritto Considerato che Con il primo motivo - ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 - la ricorrente lamenta violazione/falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, art. 331 c.p.p., L. n. 208 del 2015, art. 1, commi 130, 131, 132, poichè la CTR ha affermato l'infondatezza della sua eccezione di decadenza dell'agenzia fiscale dal potere impositivo, a causa della decorrenza del termine decadenziale ordinario e non essendo applicabile nella specie quello raddoppiato in base alla normativa vigente ratione temporis. La censura è infondata. Va infatti ribadito che - In tema di accertamento tributario, il raddoppio dei termini previsto dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 3 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, comma 3, nei testi applicabili ratione temporis , presuppone unicamente l'obbligo di denuncia penale, ai sensi dell'art. 331 c.p.p., per uno dei reati previsti dal D.Lgs. n. 74 del 2000 e non anche la sua effettiva presentazione, come chiarito dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 247 del 2011 Sez. 6-5, Ordinanza n. 11171 del 30/05/2016, Rv. 639877-01 - In tema di accertamento tributario, ai fini del raddoppio dei termini previsti dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, nella versione applicabile ratione temporis, rileva unicamente la sussistenza dell'obbligo di presentazione di denuncia penale, a prescindere dall'esito del relativo procedimento e nonostante l'eventuale prescrizione del reato, poichè ciò che interessa è solo l'astratta configurabilità di un'ipotesi di reato, atteso il regime di doppio binario tra giudizio penale e procedimento tributario Sez. 6-5, Ordinanza n. 9322 del 11/04/2017, Rv. 643795-01 - In tema di accertamento tributario, i termini previsti dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, per l'IRPEF e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, per l'IVA, nella versione applicabile ratione temporis, sono raddoppiati in presenza di seri indizi di reato che facciano insorgere l'obbligo di presentazione di denuncia penale, anche se questa sia archiviata o presentata oltre i termini di decadenza, senza che, con riguardo agli avvisi di accertamento per i periodi d'imposta precedenti a quello in corso alla data del 31 dicembre 2016, incidano le modifiche introdotte dalla L. n. 208 del 2015, il cui art. 1, comma 132, ha introdotto, peraltro, un regime transitorio che si occupa delle sole fattispecie non ricomprese nell'ambito applicativo del precedente regime transitorio non oggetto di abrogazione - di cui al D.Lgs. n. 128 del 2015, art. 2, comma 3, in virtù del quale la nuova disciplina non si applica nè agli avvisi notificati entro il 2 settembre 2015 nè agli inviti a comparire o ai processi verbali di constatazione conosciuti dal contribuente entro il 2 settembre 2015 e seguiti dalla notifica dell'atto recante la pretesa impositiva o sanzionatoria entro il 31 dicembre 2015 Sez. 5, Sentenza n. 26037 del 16/12/2016, Rv. 641949-01 . La sentenza impugnata è pienamente conforme ai principi di diritto espressi in tali arresti giurisprudenziali. Il giudice tributario di appello ha infatti correttamente affermato che nel caso di specie ricorrevano i presupposti della denuncia di un reato fiscale e che ciò era condizione necessaria/sufficiente a far ritenere applicabile la disciplina - vigente ratione temporis - del raddoppio del termine decadenziale ordinario di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57. Con il secondo motivo - ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 - la ricorrente si duole di violazione/falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 2 e art. 12, comma 7, D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, poichè la CTR ha affermato l'infondatezza della sua eccezione di violazione del principio del contraddittorio endoprocedimentale, peraltro specificata nel senso che l'atto impositivo si basava su atti istruttori espletati presso soggetti terzi, senza che sugli stessi vi fosse appunto stato un contraddittorio prima dell'emissione dell'avviso di accertamento impugnato. La censura è infondata. Va infatti ribadito che - In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l'Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l'invalidità dell'atto purchè il contribuente abbia assolto all'onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un'opposizione meramente pretestuosa, esclusivamente per i tributi armonizzati , mentre, per quelli non armonizzati , non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, sicchè esso sussiste solo per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito Sez. U, Sentenza n. 24823 del 09/12/2015, Rv. 637604-01 - In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, non sussiste per l'Amministrazione finanziaria alcun obbligo di contraddittorio endoprocedimentale per gli accertamenti ai fini Irpeg ed Irap, assoggettati esclusivamente alla normativa nazionale, vertendosi in ambito di indagini cd. a tavolino Sez. U, Sentenza n. 24823 del 09/12/2015, Rv. 637605-01 - In tema di accertamento dell'IVA, è legittimo l'avviso di rettifica motivato per relationem a un processo verbale di constatazione riferito a documenti rinvenuti presso terzi e resi conoscibili al contribuente, mediante l'allegazione del relativo prospetto riepilogativo. Da un lato, infatti, il D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54, comma 3, espressamente prevede che l'ufficio possa procedere a rettifica, indipendentemente dalla previa ispezione del contribuente, qualora l'esistenza di operazioni imponibili risulti da verbali relativi ad ispezioni eseguite nei confronti di altri contribuenti, nonchè da altri atti e documenti in suo possesso, mentre non rilevano eventuali violazioni delle regole relative alla fase di accertamento perchè eventuali irregolarità possono essere fatte valere solo da chi ha subito l'accesso dall'altro, l'avviso di accertamento, non richiede un'autonoma attività istruttoria, il cui svolgimento contrasterebbe con i principi di economicità ed efficienza dell'attività amministrativa, nonchè con le norme specifiche che, in materia tributaria, disciplinano l'istruttoria e la motivazione degli atti impositivi L. n. 212 del 2000, art. 12 e consentono all'Amministrazione di avvalersi dell'attività di altri organi D.P.R. n. 633 cit., artt. 51 e 52 Sez. 5, Sentenza n. 13486 del 11/06/2009, Rv. 608420-01 . La sentenza impugnata ha fatto piena e corretta applicazione dei principi di diritto espressi in tali arresti giurisprudenziali, in particolare osservando che in primo luogo la società contribuente non ha in alcun modo dimostrato che il contraddittorio preventivo avrebbe sortito effetti sull'atto conclusivo del procedimento amministrativo di accertamento che comunque l'Ente impositore ha legittimamente utilizzato le fonti probatorie rivenienti dall'attività accertativa espletata a monte presso la ADLER di R.D., dalla quale era emerso che si trattava della tipica cartiera . Con il terzo motivo - ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 - la ricorrente denuncia violazione/falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 2697 c.c., poichè la CTR ha affermato la fondatezza della pretesa erariale sulla base della inesistenza delle operazioni oggetto delle fatture in contestazione, senza tuttavia che l'agenzia fiscale abbia adeguatamente assolto all'onere probatorio che le incombeva. La censura è infondata. Va infatti ribadito che - In tema di IVA, qualora l'Amministrazione finanziaria contesti al contribuente l'indebita detrazione di fatture, in quanto relative ad operazioni inesistenti, spetta all'Ufficio fornire la prova che l'operazione commerciale, oggetto della fattura, non è mai stata posta in essere, indicando gli elementi anche indiziari sui quali si fonda la contestazione, mentre è onere del contribuente dimostrare la fonte legittima della detrazione o del costo altrimenti indeducibili, non essendo sufficiente, a tal fine, la regolarità formale delle scritture o le evidenze contabili dei pagamenti, in quanto si tratta di dati e circostanze facilmente falsificabili Sez. 5, Sentenza n. 428 del 14/01/2015, Rv. 634233-01 - In tema d'IVA, l'Amministrazione finanziaria, che contesti al contribuente l'indebita detrazione relativamente ad operazioni oggettivamente inesistenti, ha l'onere di provare che l'operazione non è mai stata posta in essere, indicandone i relativi elementi, anche in forma indiziaria o presuntiva, ma non anche quello di dimostrare la mala fede del contribuente, atteso che, una volta accertata l'assenza dell'operazione, non è configurabile la buona fede di quest'ultimo, che sa certamente se ed in quale misura ha effettivamente ricevuto il bene o la prestazione per la quale ha versato il corrispettivo Sez. 6-5, Ordinanza n. 18118 del 14/09/2016, Rv. 641109-01 - In materia di detrazione IVA, liquidata nella fattura passiva emessa dal cedente e versata in rivalsa dal cessionario, qualora sia contestata la inesistenza soggettiva dell'operazione, grava sull'Amministrazione finanziaria l'onere di provare, anche in via presuntiva, ex art. 2727 c.c., la interposizione fittizia del cedente ovvero la frode fiscale realizzata a monte dell'operazione, eventualmente da altri soggetti, nonchè la conoscenza o conoscibilità da parte del cessionario della frode commessa spetta, invece, al contribuente che intende esercitare il diritto alla detrazione o al rimborso, provare la corrispondenza anche soggettiva della operazione di cui alla fattura con quella in concreto realizzata ovvero l'incolpevole affidamento sulla regolarità fiscale, ingenerato dalla condotta del cedente Sez. 5, Sentenza n. 13803 del 18/06/2014, Rv. 631553-01 . Anche di questi principi di diritto espressi in tali arresti giurisprudenziali la sentenza impugnata ha fatto piena e corretta applicazione, rilevando con ampia argomentazione in fatto che l'Ente impositore ha adeguatamente comprovato la natura fittizia del soggetto emittente le fatture e quindi appunto l'inesistenza oggettiva delle operazioni fatturate, con le conseguenze in termini di buona/mala fede e di onere probatorio di cui ai medesimi arresti giurisprudenziali citati. Peraltro sul punto meritale de quo il giudice tributario di appello ha espresso una valutazione di sua stretta competenza, che non può essere ulteriormente sindacata in questa sede, secondo i principi di diritto che Con la proposizione del ricorso per Cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l'apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall'analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sè coerente l'apprezzamento dei fatti e delle prove, infatti, è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che nell'ambito di detto sindacato, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l'esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all'uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione Sez. 6-5, Ordinanza n. 7921 del 2011 e che In tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste in un'erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta recata da una norma di legge implicando necessariamente un problema interpretativo della stessa viceversa, l'allegazione di un'erronea ricognizione della fattispecie concreta, mediante le risultanze di causa, inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito la cui censura è possibile, in sede di legittimità, attraverso il vizio di motivazione ex multis Sez. 5, n. 26110 del 2015 . Il ricorso va dunque rigettato. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.300 oltre spese prenotate a debito. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis. Motivazione semplificata.