Il Fisco può desumere il reddito anche in presenza di una contabilità formalmente corretta

È possibile desumere il reddito del contribuente in via induttiva sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti.

In presenza di una contabilità formalmente regolare ma intrinsecamente inattendibile, il Fisco può desumere il reddito del contribuente in via induttiva sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti. Lo ha ricordato la Cassazione con l’ordinanza del 9 novembre 2017, n. 26627. Il caso. I Giudici di appello avevano ritenuto erronea la percentuale di ricarico rideterminata dall’ufficio, basata su una media aritmetica a campione fondata sui prezzi d’acquisto risultanti dalle fatture passive e sui prezzi di vendita esposti sulla merce. Accertamento induttivo. In materia di IVA, l’Amministrazione finanziaria, in presenza di contabilità formalmente regolare ma intrinsecamente inattendibile per l’antieconomicità del comportamento del contribuente, può desumere in via induttiva [] sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, il reddito del contribuente utilizzando le incongruenze tra i ricavi, i compensi ed i corrispettivi dichiarati e quelli desumibili dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta, incombendo su quest’ultimo l’onere di fornire la prova contraria e dimostrare la correttezza delle proprie dichiarazioni . Inoltre, la Corte ha specificato che gli elementi assunti a fonte di presunzione, non devono essere necessariamente plurimi, in quanto il convincimento del giudice si può formare anche in base ad un unico elemento, la valutazione del qual non può essere sindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivata. Nel caso in esame, la rideterminazione della percentuale di ricarico, in presenza di una contabilità formalmente corretta, era basata su prezzi di acquisto e rivendita di un campione significativo di singoli articoli inventariati dal ricorrente, sulla base di una media aritmetica desunta dal sistema della formazione dei prezzi interni all’azienda stessa. Tali elementi, senza dubbio indizi gravi, precisi e concordanti, non sono stati adeguatamente presi in esame dai Giudici di Appello. La Cassazione ha quindi accolto il ricorso del Fisco. Fonte www.fiscopiu.it

Corte di Cassazione, sez. VI Civile, ordinanza 4 ottobre 9 novembre 2017, n. 26627 Presidente Cirillo Relatore Solaini Fatto e diritto Con ricorso in Cassazione affidato a tre motivi, nei cui confronti il contribuente ha resistito con controricorso, l'Agenzia delle Entrate impugnava la sentenza della CTR della Sicilia, sezione di Messina, in tema di accertamento analitico-induttivo del reddito d'impresa, lamentando con i primi due, la violazione degli artt. 2729 e 2697 c.c. e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè omesso esame di un fatto decisivo del giudizio e discusso tra le parti, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, sul medesimo profilo di censura, in quanto, erroneamente i giudici d'appello avrebbero ritenuto erronea la percentuale di ricarico rideterminata dall'ufficio per l'anno in contestazione nell'80,45% poi corretta nel 67,75% che era basata su una media aritmetica a campione basata sui prezzi d'acquisto risultanti dalle fatture passive e sui prezzi di vendita, esposti sulla merce, risultanti dal listino prezzi, per come specificato nel pvc del 12.4.2001 con un terzo motivo, l'ufficio ricorrente ha lamentato la violazione dell'art. 112 c.p.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, perchè i giudici d'appello nulla avrebbero statuito circa il primo recupero operato dall'ufficio, in particolare, per il recupero dei costi indeducibili che doveva ritenersi definitivo per mancata impugnazione. Il Collegio ha deliberato di adottare la presente ordinanza in forma semplificata. L'articolata censura è fondata. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, In materia di IVA, l'Amministrazione finanziaria, in presenza di contabilità formalmente regolare ma intrinsecamente inattendibile per l'antieconomicità del comportamento del contribuente, può desumere in via induttiva, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973 art. 39, comma 1, lett. d e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, commi 2 e 3, sulla base di presunzioni semplici, purchè gravi, precise e concordanti, il reddito del contribuente utilizzando le incongruenze tra i ricavi, i compensi ed i corrispettivi dichiarati e quelli desumibili dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta, incombendo su quest'ultimo l'onere di fornire la prova contraria e dimostrare la correttezza delle proprie dichiarazioni Cass. ord. n. 26036/15 , inoltre, è convincimento di questa medesima Corte, che in tema di accertamento tributario, gli elementi assunti a fonte di presunzione non debbono essere necessariamente plurimi, potendosi il convincimento del giudice fondare anche su un elemento unico, anche se preciso e grave, la cui valutazione, non è sindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivato Cass. n. 656/14 . Nel caso di specie, la rideterminazione della percentuale di ricarico, pur in presenza di una contabilità formalmente corretta, si era basata sui prezzi di acquisto e rivendita di un campione significativo dei singoli articoli inventariati dal ricorrente v. ricorso, in particolare p. 11 , sulla base di una media aritmetica desunta dal sistema della formazione dei prezzi interni all'azienda stessa, quindi, operata in base a dati non privi di concretezza, quali i prezzi unitari d'acquisto e di vendita e l'incidenza del prodotto sul costo del venduto, alla luce del basso indice di rotazione del magazzino Cass. n. 24313/14 e di tutti gli altri indici indicati alle pagine 14, 15 e 16 del ricorso, che costituivano senza dubbio, indizi gravi, precisi e concordanti, laddove, i giudici d'appello non hanno saputo indicare la diversa ricostruzione della percentuale di ricarico esposta dalla parte contribuente. Anche il terzo motivo appare fondato, in quanto, l'ufficio ricorrente ha documentato di aver coltivato l'eccezione nel precedente grado di giudizio, mentre nulla di significativo ha saputo controbattere il ricorrente in sede di controricorso. Infine, l'eccezione d'inammissibilità sollevata in controricorso p. 5 non merita adesione, in quanto, l'ufficio ha censurato l'unica ratio decidendi della decisione - basata sull'inesatta metodologia ricostruttiva - pur declinata sotto molteplici profili. La sentenza va, pertanto, cassata e la causa va rinviata alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, sezione di Messina, affinchè, alla luce dei principi sopra esposti, riesamini il merito della controversia. P.Q.M. La Corte Suprema di Cassazione accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, sezione di Messina, in diversa composizione. Motivazione semplificata.