Rimborso negato, prova al contribuente

Il contribuente che impugna il rigetto dell’istanza di rimborso di un qualsiasi tributo deve provare i fatti oggetto della pretesa impositiva.

Quanto precede è contenuto nell’ordinanza n. 23031/2017 della Cassazione da cui emerge che in appello sono precluse soltanto le nuove eccezioni che determinano un ampliamento del tema della decisione, con la conseguenza che se il contribuente impugna il silenzio rifiuto su un’istanza di rimborso l’ufficio può far valere in appello il mancato versamento delle somme richieste. L'art. 57 d.lgs. n. 546/92 stabilisce al primo comma che nel giudizio d'appello non possono proporsi domande nuove e, se proposte, debbono essere dichiarate inammissibili d'ufficio. Possono tuttavia essere chiesti gli interessi maturati dopo la sentenza impugnata . Il successivo comma prevede che non possono proporsi nuove eccezioni che non siano rilevabili anche d'ufficio . Tale norma indica quali sono i limiti relativi alla controversia portata alla cognizione del giudice di appello quantum appellatum e trova il suo corrispondente nei commi 1 e 2 dell'art 345 c.p.c Per nuova si intende, quindi, quella domanda che contenga una richiesta diversa o ulteriore rispetto a quelle proposte davanti alla Commissione Tributaria Provinciale. La giurisprudenza ha ritenuto che le domande ed eccezioni nuove la cui allegazione è vietata in secondo grado sono soltanto quelle questioni sulle quali il giudice non può esprimersi se ne manchi l’allegazione ad opera delle stesse, con la richiesta di pronunciarsi al riguardo, mentre nel caso in esame l’Ufficio si è limitato a proporre una argomentazione giuridica che non assume la natura di domanda nuova Cass. ord. n. 6391/2013 . La fattispecie. Nel caso in esame, la Curatela Fallimentare ha impugnato il diniego di rimborso IVA disposto dall’Ufficio. In primo e secondo grado il ricorso è stato accolto la CTR ha ritenuto che la pretesa di rimborso era suffragata dai dati esposti in dichiarazione, atteso che il credito IVA derivava da operazioni imponibili precedenti il fallimento. La Corte ha ritenuto che se il contribuente attore sostanziale impugna il rigetto dell’istanza di rimborso di un tributo deve provare i fatti oggetto della pretesa impositiva e che le argomentazioni con cui l’Ufficio nega i fatti sono mere difese non soggette ad alcuna preclusione processuale, salvo la formazione del giudicato interno. Nuove eccezioni in senso tecnico? I Giudici hanno spiegato che, ai sensi dell’art. 57 d.lgs. n. 546/92, in appello sono precluse solo le nuove eccezioni in senso tecnico da cui deriva un ampliamento del thema decidendum , mentre in caso di impugnazione del silenzio rifiuto su un’istanza di rimborso d’imposta, l’A.F. può eccepire il mancato versamento delle somme richieste o la loro compensazione atteso che ciò non costituisce una nuova prova ma una mera contestazione del ricorso, senza introduzione di nuovi elementi. Secondo la Corte, i Giudici di merito avrebbero dovuto verificare in concreto l’assolvimento delle prove da parte del contribuente senza limitarsi alla verifica della compilazione della relativa dichiarazione rigo VX4 di unico .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – T, ordinanza 20 luglio – 2 ottobre 2017, n. 23031 Presidente Cirillo – Relatore Manzon Rilevato in fatto Che Con sentenza in data 18 gennaio 2016 la Commissione tributaria regionale della Puglia respingeva l'appello proposto dall'Agenzia delle entrate, ufficio locale, avverso la sentenza n. 1553/7/14 della Commissione tributaria provinciale di Bari che aveva accolto il ricorso della Curatela del Fallimento omissis srl contro il diniego di rimborso IVA 2002. La CTR osservava in particolare che la mera esposizione in dichiarazione da parte del Curatore fallimentare di un credito IVA derivante da operazioni imponibili precedenti la dichiarazione di fallimento doveva considerarsi quale presupposto adeguato e sufficiente a fondare la pretesa di rimborso avanzata dal Curatore stesso, avendo peraltro l'agenzia fiscale omesso di esercitare il proprio potere di verifica dell'effettiva fondatezza della pretesa medesima. Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione 1' Agenzia delle entrate deducendo due motivi. L'intimata curatela fallimentare non si è difesa. Considerato in diritto Che Con il primo motivo - ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, - l'agenzia fiscale ricorrente lamenta violazione/falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 30 e 38 bis, art. 2697 c.c., poichè la CFR ha erroneamente applicato quest'ultima disposizione codicistica, attribuendole un onere probatorio non spettantele circa la sussistenza dei presupposti fondanti la pretesa creditoria di rimborso azionata dalla Curatela fallimentare, gravando invece sulla Curatela stessa l'onere di provare gli adempimenti richiesti dalle prime due disposizioni legislative del decreto IVA. La censura è fondata. Va infatti ribadito che In tema di contenzioso tributario, il contribuente che impugni il rigetto dell'istanza di rimborso di un tributo riveste la qualità di attore in senso sostanziale, con la duplice conseguenza che grava su di lui l'onere di allegare e provare i fatti a cui la legge ricollega il trattamento impositivo rivendicato nella domanda e che le argomentazioni con cui l'Ufficio nega la sussistenza di detti fatti, o la qualificazione ad essi attribuita dal contribuente, costituiscono mere difese, come tali non soggette ad alcuna preclusione processuale, salva la formazione del giudicato interno Sez. 5, Sentenza n. 15026 del 02/07/2014, Rv. 631523 - 01 In tema di contenzioso tributario, ai sensi del D.Lgs. n. 542 del 1996, art. 57, comma 2, sono precluse in appello esclusivamente le nuove eccezioni in senso tecnico, dalle quali deriva un mutamento degli elementi materiali del fatto costitutivo della pretesa ed il conseguente ampliamento del tema della decisione, sicchè, a fronte dell'impugnazione, da parte del contribuente, del silenzio rifiuto su di un'istanza di rimborso d'imposta, l'Amministrazione finanziaria può difendersi dalla pretesa azionata eccependo, anche in appello, il mancato versamento degli importi richiesti o la loro utilizzazione in compensazione, integrando tale attività una mera difesa o un'eccezione in senso improprio, pienamente ammissibile in quanto mera contestazione delle censure mosse con il ricorso, senza introduzione di alcun elemento nuovo d'indagine Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 23587 del 21/11/2016, Rv. 641749 - 01 . Nel caso di specie, ancorchè specificamente soltanto con le difese nel secondo grado del giudizio, l'Ente impositore aveva contestato la mancanza di prova del credito IVA de quo. Essendo tale difesa non preclusa in considerazione del secondo arresto giurisprudenziale citato, in applicazione del primo la CTR avrebbe dovuto verificare in concreto e nel merito l'assolvimento dell'onere probatorio da parte della Curatela fallimentare con specifico riguardo alle produzioni documentali richieste dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 38 bis, non potendosi limitare al rilievo della compilazione del rigo VX4 della dichiarazione correlativa. Peraltro collide radicalmente con il primo principio di diritto anche l'affermazione del giudice tributario di appello che L'Agenzia delle entrate ha omesso di esercitare i poteri di controllo sull'esistenza del credito d'imposta esposto in dichiarazione e sull'esistenza delle operazioni imponibili delle quali il predetto credito è derivato , posto appunto che ciò inverte l'onere probatorio così come determinato dalla qualità di attore sostanziale della Curatela fallimentare. La sentenza impugnata va dunque cassata in relazione al primo motivo, assorbito il secondo, con rinvio al giudice a quo per nuovo esame. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Puglia, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.