I prelievi ingiustificati dei piccoli artigiani in banca non sono ricavi in nero

I prelievi ingiustificati per gli imprenditori non sono qualificabili automaticamente dall’amministrazione finanziaria come ricavi in nero va estesa anche ai piccoli artigiani la sentenza della Consulta che ne ha escluso l’automatismo.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 23162 del 5 ottobre 2017, ha respinto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate nei confronti di un contribuente, piccolo artigiano per i Giudici di legittimità, i prelievi ingiustificati non sono automaticamente ricavi in nero ed è retroattiva la pronuncia della Consulta che ha posto a carico del Fisco l’onere di dimostrare che tali prelievi siano ricavi non dichiarati. Il caso. L'Agenzia delle Entrate è ricorsa in Cassazione avverso la sentenza della CTR che si era pronunciata su ricorso contro un avviso di accertamento basato su indagini bancarie in assenza di documentazione contabile, per IVA, Irpef, Irap anno 1999, proposto da un contribuente, esercente attività di assemblaggio articoli per l'infanzia, senza dipendenti, presso l'abitazione della madre. I Giudici di secondo grado avevano accolto parzialmente l'appello del contribuente, riducendo il maggior reddito accertato ai fini di tutte le imposte accertate, relative sanzioni e interessi . In particolare la CTR, preso atto che l'accertamento era stato legittimamente condotto sulla base di verifica dei movimenti bancari in assenza di contabilità, e confermato l'accertamento sulla base dei versamenti bancari, ha accolto la domanda del contribuente relativa alla esclusione dei prelievi bancari dai ricavi di esercizio. Nell’analizzare il ricorso, la Corte di Cassazione premette che la CTR, con accertamento in fatto non censurabile in questa sede di legittimità, ha qualificato il contribuente, in base alle caratteristiche della sua attività, lavoratore autonomo le censure sono infondate alla luce della sentenza n. 228/2014, con la quale la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 32, d.P.R. n. 600/1973, qualificando la presunzione posta dalla citata norma lesiva del principio di ragionevolezza nonché della capacità contributiva, essendo arbitrario ipotizzare che i prelievi ingiustificati da conti correnti bancari da un lavoratore autonomo siano destinati ad un investimento nell'ambito della propria attività professionale e che questo a sua volta sia produttivo di un reddito . No all'equiparazione logica tra attività d'impresa e attività professionale fatta. In conseguenza della predetta pronuncia, pertanto, non è più proponibile l'equiparazione logica tra attività d'impresa e attività professionale fatta, ai fini della presunzione posta dall'art. 32, dalla giurisprudenza di legittimità per le annualità anteriori . , essendo definitivamente venuta meno la presunzione di imputazione dei prelevamenti operati sui conti correnti bancari ai ricavi conseguiti nella propria attività dal lavoratore autonomo o dal professionista intellettuale, che la citata disposizione poneva, spostandosi, quindi, sull'Amministrazione finanziaria l'onere di provare che i prelevamenti ingiustificati dal conto corrente bancario e non annotati nelle scritture contabili, siano stati utilizzati dal libero professionista per acquisti inerenti alla produzione del reddito, conseguendone dei ricavi . La Cassazione , inoltre, nel respingere il ricorso rileva che la pronuncia della Consulta è retroattiva mettendo, di fatto, a rischio gli accertamenti precedenti la sentenza del 2014.

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 18 maggio 5 ottobre 2017, n. 23162 Presidente Cappabianca Relatore La Torre Ritenuto in fatto L'Agenzia delle entrate ricorre con due motivi per la cassazione della sentenza della C.T.R. della Lombardia n. 102/2/11, dep. il 14 luglio 2011, che su ricorso contro avviso di accertamento basato su indagini bancarie in assenza di documentazione contabile, per IVA, Irpef, Irap anno 1999 proposto da R.I., esercente attività di assemblaggio articoli per l'infanzia, senza dipendenti, presso l'abitazione della madre, ha accolto parzialmente l'appello del contribuente, riducendo il maggior reddito accertato ai fini di tutte le imposte accertate, relative sanzioni e interessi . In particolare la C.T.R., preso atto che l'accertamento era stato legittimamente condotto sulla base di verifica dei movimenti bancari in assenza di contabilità, e confermato l'accertamento sulla base dei versamenti bancari, ha accolto la domanda del contribuente relativa alla esclusione dei prelievi bancari dai ricavi di esercizio. R.I. è rimasto intimato. Considerato in diritto 1. Col primo motivo del ricorso l'Agenzia delle entrate deduce violazione di legge, degli artt. art. 32 comma 1 n. 2 del dpr. 600/73 art. 51 comma 2 n. 1 dpr 633/72 artt. 2697, 2727, 2729 c.c. lamenta, con riferimento all'IRAP, che spettava al contribuente la dimostrazione che i beneficiari dei prelevamenti erano estranei all'attività d'impresa. 2. Col secondo motivo si deduce violazione di legge, dell'art. 51, comma 2 n. 2 dpr. 633/72 e artt. 6 e 8 d.lgs. 471/97, per avere la C.T.R., con riferimento all'IVA, totalmente annullato il recupero degli acquisti senza fattura, in mancanza della prova richiesta e non fornita dal contribuente, così esonerandolo dalla sanzione per omessa regolarizzazione degli acquisti senza fattura nonostante la sussistenza della violazione. 3. I due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente stante la loro connessione, sono infondati e vanno respinti. 3.1. Premesso che la C.T.R., con accertamento in fatto non censurabile in questa sede di legittimità, ha qualificato il contribuente, in base alle caratteristiche della sua attività, lavoratore autonomo, le censure sono infondate alla luce della sentenza 24 settembre 2014, n. 228, con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, qualificando la presunzione posta dalla citata norma Cass. n. 23041 del 2015 , essendo definitivamente venuta meno la presunzione di imputazione dei prelevamenti operati sui conti correnti bancari ai ricavi conseguiti nella propria attività dal lavoratore autonomo o dal professionista intellettuale, che la citata disposizione poneva, spostandosi, quindi, sull'Amministrazione finanziaria l'onere di provare che i prelevamenti ingiustificati dal conto corrente bancario e non annotati nelle scritture contabili, siano stati utilizzati dal libero professionista per acquisti inerenti alla produzione del reddito, conseguendone dei ricavi v. Cass. n. 23041 del 11/11/2015, n. 12781 del 21/06/2016 . 3.2. Data l'estensione al caso in esame degli effetti della pronuncia di incostituzionalità dell'art. 32 d.P.R. 600/73, costituendo l’efficacia retroattiva delle pronunce di illegittimità costituzionale principio generale che trova un unico limite, non ricorrente nel caso di specie, nei rapporti esauriti in modo definitivo , il ricorso va rigettato e va corretta la motivazione della sentenza impugnata nei termini di cui sopra. 4. Nulla sulle spese, non avendo l'intimato svolto attività difensiva in questa sede. P.Q.M. Rigetta il ricorso.