No del Fisco all’annullamento in autotutela: niente impugnazione sulla pretesa tributaria

Terreno di scontro è la revoca dei benefici prima casa”’ originariamente concessi. Doppia vittoria per il contribuente in primo e in secondo grado. Respinta però l’ipotesi di una contestazione sulla scelta dell’amministrazione finanziaria di non procedere all’annullamento dell’avviso in autotutela.

Doppia vittoria per il contribuente, che salva le agevolazioni fiscali ottenute per l’acquisto della prima casa. Ciò nonostante, è illegittima l’impugnazione del diniego opposto dall’Agenzia delle Entrate all’ipotesi di annullamento in sede di autotutela” Cassazione, sez. VI Civile – T, ordinanza n. 20314/17, depositata il 23 agosto . Domanda. I Giudici tributari regionali hanno riconosciuto le ragioni del contribuente, sancendo l’esistenza della causa di forza maggiore per il mancato trasferimento della residenza, entro i diciotto mesi dall’acquisto, nel Comune ove era ubicato l’immobile . Consequenziale, quindi, la scelta di annullare l’avviso di liquidazione emesso dal Fisco per il recupero dei benefici prima casa” in origine concessi e poi revocati. In Commissione Tributaria Regionale, però, è stato affrontato anche il tema relativo al provvedimento di rigetto dell’istanza presentata in sede di autotutela con cui il contribuente aveva chiesto l’annullamento dell’avviso di liquidazione . Su questo tema, però, i Giudici della Cassazione fanno chiarezza, accogliendo le obiezioni proposte dall’Agenzia delle Entrate. In particolare, i Magistrati del Palazzaccio” sanciscono l’improponibilità della domanda fatta dal contribuente, poiché in tema di contenzioso tributario il sindacato giurisdizionale sull’impugnato diniego, espresso o tacito, di procedere ad un annullamento in autotutela può riguardare soltanto eventuali profili di illegittimità del rifiuto dell’amministrazione, in relazione alle ragioni di rilevante interesse generale che giustificano l’esercizio di tale potere, e non la fondatezza della pretesa tributaria .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – T, ordinanza 3 maggio – 23 agosto 2017, n. 20314 Presidente Schirò – Relatore Solani Fatto e diritto Con ricorso in Cassazione affidato a due motivi, nei cui confronti la parte contribuente ha resistito con controricorso, l'Agenzia delle Entrate impugnava la sentenza della CTR della Campania, relativa all'impugnativa di un provvedimento di rigetto dell'istanza presentata in sede di autotutela, con la quale il contribuente aveva chiesto l'annullamento dell'avviso di liquidazione con il quale gli erano stati revocati i benefici per l'acquisto della prima casa, sull'assunto che non avesse rispettato i termini per il trasferimento della residenza nel comune in cui era sito l'immobile acquistato, lamentando, la violazione dell'art. 100 c.p.c. e dell'art. 19 comma 3 e 21 del D.Lgs. n. 546/92, in relazione ai nn. 3 e 4 dell'art. 360 primo comma c.p.c. primo motivo e dell'art. 1, nota II bis della Tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. n. 131/86, in relazione all'art. 360 primo comma n. 3 c.p.c. secondo motivo , in quanto, con riferimento alla prima censura, evidenziava come il mancato esercizio del potere di autotutela non era un atto impugnabile, in quanto rientrante nella discrezionalità esclusiva dell'attività amministrativa, quantomeno relativamente al merito della pretesa impositiva, potendo essere proposta impugnazione solo per eventuali profili d'illegittimità del rifiuto coinvolgente interessi di rilevanza generale alla rimozione dell'atto tale censura, poiché attinente ai presupposti processuali, è rilevabile in ogni stato e grado e comporta, ex art. 382 3 comma ult. parte, una pronuncia di cassazione senza rinvio, perché la causa non poteva essere proposta . Con il secondo motivo, l'ufficio ha censurato la sentenza impugnata, in quanto erroneamente i giudici d'appello avevano ritenuto ricorrere, nella specie, la causa di forza maggiore, per il mancato trasferimento della residenza, entro i 18 mesi dall'acquisto, nel comune ove era ubicato l'immobile, annullando l'avviso di liquidazione emesso per il recupero dei benefici revocati. Il Collegio ha deliberato di adottare la presente decisione in forma semplificata. E’ fondato il primo motivo nei termini che seguono, con assorbimento del secondo. E', infatti, insegnamento di questa Corte, quello secondo cui In tema di contenzioso tributario, il sindacato giurisdizionale sull'impugnato diniego, espresso o tacito, di procedere ad un annullamento in autotutela può riguardare soltanto eventuali profili di illegittimità del rifiuto dell'Amministrazione, in relazione alle ragioni di rilevante interesse generale che giustificano l'esercizio di tale potere, e non la fondatezza della pretesa tributaria, atteso che, altrimenti, si avrebbe un'indebita sostituzione del giudice nell'attività amministrativa o un'inammissibile controversia sulla legittimità di un atto impositivo ormai definitivo Cass. n. 3442/15, 7511/16, Cass. sez. un. n. 3698/09, 11457/10, ord. n. 25524/14, 3442/15 . Nel caso di specie, la questione sottoposta all'attenzione di questa Corte, per la prima volta nel corso del processo, attenendo all'improponibilità della domanda, è rilevabile d'ufficio, ai sensi dell'art. 382 comma 3, ultima parte, con conseguente cassazione senza rinvio della decisione di merito che si sia pronunciata su di essa. Infatti, si tratta di questione di diritto sulla base di elementi di fatto pacifici, attinente all'accertamento dei presupposti processuali per l'esercizio del potere giurisdizionale e, nella specie, l'impugnazione dell'atto di diniego di annullamento in sede di autotutela non è volto a far valere vizi propri del diniego ma a far valere vizi dell'avviso di liquidazione non impugnato e divenuto definitivo. L'esito favorevole al contribuente del doppio grado del giudizio di merito, nel corso del quale la questione dell'improponibilità della domanda non è stata sollevata dall'Amministrazione finanziaria, giustifica la compensazione delle relative spese. Le spese della fase di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo. P.Q.M. Accoglie il primo motivo di ricorso, con assorbimento del secondo. Cassa senza rinvio la sentenza impugnata, perché il ricorso non poteva essere proposto. Compensa le spese processuali relative alla fase di merito, e condanna la parte contribuente a pagare all'Agenzia delle Entrate le spese di lite della presente fase, che liquida nell'importo di Euro 2.300,00, oltre spese prenotate a debito.