Rapporto costi-ricavi, piccolo imprenditore a rischio accertamento

Riprende forza la posizione dell’Agenzia delle Entrate. Riflettori puntati sulla proporzione tra costi e ricavi. Da tener presente anche l’analisi del conto corrente bancario della ditta.

Rapporto tra costi e ricavi. Questo elemento rischia di tradire il piccolo imprenditore nella battaglia col Fisco. Riprende così vigore l’accertamento operato dall’Agenzia delle Entrate e messo in discussione dai giudici tributari. Da valutare con attenzione i movimenti del conto corrente bancario della ditta Cassazione, sez. VI Civile – T, ordinanza n. 20255/17, depositata oggi . Percentuale. Per il Fisco va rideterminato il reddito dichiarato da una ditta individuale artigiana esercente l’attività di installazione e manutenzione e riparazione di impianti idraulici e di riscaldamento . Ecco spiegato l’accertamento analitico relativo all’ Irpef 2006 e poggiato su costi e ricavi . A sorpresa, però, i giudici tributari regionali ritengono nullo l’avviso di accertamento nei confronti del piccolo imprenditore. Ciò perché essi ritengono corretta la proporzione del 70 per cento tra costi e ricavi . Questo dato, però, è considerato troppo generico e poco plausibile non solo dall’Agenzia delle Entrate ma anche dai giudici della Cassazione. Questi ultimi evidenziano che i giudici tributari regionali si sono basati su un ragionamento equitativo non fondato su nessuna presunzione semplice o relativa . Di conseguenza, è necessario un nuovo giudizio in Commissione tributaria regionale per valutare la fondatezza dell’accertamento operato dal Fisco. E su questo fronte la Cassazione ricorda ai giudici tributari regionali che in tema di accertamento delle imposte sui redditi, e con riferimento all’acquisizione dei movimenti di un conto corrente bancario riconducibili ad un’attività di impresa, debbono essere considerati ricavi sia le operazioni attive che quelle passive, senza che si debba procedere alla deduzione presuntiva di oneri e costi deducibili, la cui eventuale indicazione e prova è a carico del contribuente .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – T, ordinanza 3 maggio – 22 agosto 2017, n. 20255 Presidente Schirò – Relatore Solaini Con ricorso in Cassazione affidato a due motivi, nei cui confronti la parte contribuente ha resistito con controricorso, l'Agenzia delle Entrate impugnava la sentenza della CTR del Piemonte, relativa a un avviso d'accertamento per Irpef 2006 emesso per una rideterminazione del reddito d'impresa del contribuente titolare di una ditta individuale artigiana esercente l'attività d'installazione e manutenzione e riparazione d'impianti idraulici e di riscaldamento , con accertamento analitico, sulla base dei ricavi e dei costi dichiarati per l'anno in contestazione, ex art. 39 D.P.R. n. 600/73, lamentando, con un primo motivo, la violazione dell'art. 39 citato, in relazione all'art. 360 primo comma n. 3 c.p.c, e con un secondo motivo denunciando il vizio di nullità della sentenza per inosservanza dell'art. 36 del D.P.R. n. 546/92, in relazione all'art. 360 primo comma n. 4 c.p.c, sul medesimo profilo di censura, in quanto, erroneamente, i giudici d'appello avrebbero ritenuto l'esistenza di costi non dichiarati, in assenza di elementi gravi, precisi e concordanti, fissando, con ragionamento apodittico, un rapporto fra costi e ricavi non dichiarati uguale a quello fra costi e ricavi dichiarati, ritenendo, inoltre, che le operazioni economiche ritenute giustificate dai giudici di primo grado, fossero effettivamente provate, richiamando in maniera generica la verifica della documentazione in atti, con motivazione, pertanto, meramente apparente, perché priva di qualunque vaglio critico. Il Collegio ha deliberato di adottare la presente decisione in forma semplificata. Il secondo motivo, da esaminare prioritariamente in via logica, è da rigettare, poiché la motivazione rispetta il principio del minimo costituzionale essendo stata svolta specificamente nella prima parte della sentenza e richiamata nella seconda parte. Il primo motivo di ricorso, invece, è fondato. E', infatti, insegnamento di questa Corte che in tema di accertamento delle imposte sui redditi, e con riferimento all'acquisizione dei movimenti di un conto corrente bancario riconducibili ad un'attività d'impresa, debbono essere considerati ricavi sia le operazioni attive che quelle passive, senza che si debba procedere alla deduzione presuntiva di oneri e costi deducibili, la cui eventuale indicazione e prova è a carico del contribuente. Sez. 5, Sentenza n. 16896 del 24/07/2014, Rv. 632140 - 01, Sez. 5, Sentenza n. 14675 del 23/06/2006, Rv. 591460 - 01 . Nel caso di specie, i giudici d'appello hanno fissato una proporzione tra costi e ricavi del 70%, sulla base di un ragionamento equitativo non fondato su nessuna presunzione semplice o relativa. La sentenza merita, pertanto, di essere cassata e la causa rinviata nuovamente alla Commissione tributaria regionale del Piemonte, in diversa composizione, affinché, alla luce dei principi sopra esposti, riesamini il merito della controversia. P.Q.M. Accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il secondo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale del Piemonte, in diversa composizione.