Rifiuti: la delibera comunale di determinazione della tariffa non deve essere allegata all’atto impositivo

Secondo la Corte Suprema l’art. 7, comma 1, l. 27 luglio 2000, n. 212, secondo cui se nella motivazione si fa riferimento ad un altro atto, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama non si riferisce agli atti di carattere normativo o regolamentare che legittimano il potere impositivo e che sono oggetto di conoscenza legale” da parte del contribuente .

La vicenda. Una società di persone impugna l’avviso di accertamento notificatole per TARSU relativa all’anno 2012. Il ricorso viene rigettato dalla CTP. La CTR accoglie l’appello, ritenendo che l’atto impositivo non avesse adeguatamente assolto l’obbligo di motivazione per mancata allegazione delle delibere comunali con cui sono determinate le tariffe di smaltimento dei rifiuti. Nell’ordinanza n. 16289/17 la Sesta Sezione della Corte di Cassazione accoglie il ricorso del Comune e cassa con rinvio la sentenza impugnata. Le delibere comunali non devono essere allegate all’atto impositivo. La Suprema Corte è chiamata a dare applicazione all’art. 7, comma 1, secondo periodo, l. 27 luglio 2000, n. 212, secondo cui se nella motivazione si fa riferimento ad un altro atto, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama . Secondo il Collegio tale norma non riguarda gli atti di carattere normativo o regolamentare che legittimano il potere impositivo e che sono oggetto di conoscenza legale” da parte del contribuente . Il Giudice di legittimità esclude che sia configurabile un obbligo di motivazione della delibera comunale di determinazione delle tariffe di smaltimento dei rifiuti di cui all’art. 65, d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507 poiché la stessa, al pari di qualsiasi atto amministrativo a contenuto generale o collettivo, si rivolge ad una pluralità indistinta, anche se determinabile ex post , di destinatari occupanti o detentori, attuali o futuri, di locali ed aree tassabili Cass., sez. trib., 23 ottobre 2006, n. 22804, in CED Cass., Rv. 595463 Cass., sez. trib., 26 marzo 2014, n. 7044, in CED Cass., Rv. 629885 . Il Collegio ricorda infine che la pubblicazione delle delibere non deve essere oggetto di specifica prova da parte del Comune infatti ai sensi dell’art. 12 TU Enti Locali tutte le deliberazioni del comune sono pubblicate mediante affissione all’albo pretorio. Non devono essere allegati gli atti irrilevanti o giuridicamente noti. La Sesta Sezione corrobora la propria soluzione esegetica richiamando alcuni precedenti in materia di ICI e TARSU. Ad esempio con la sentenza n. 22197/04 la Sezione Tributaria ha statuito che l’onere di allegazione posto a carico dell’Amministrazione finanziaria dall’art. 7, comma 1, secondo periodo, l. n. 212/2000 dello altro atto” richiamato nella motivazione dell’avviso di accertamento ha riferimento agli atti che rappresentano la motivazione della pretesa tributaria che deve essere esplicitata nell’avviso come una perizia UTE , e non gli atti di carattere normativo o regolamentare che legittimano il potere impositivo e che sono oggetto di conoscenza legale” da parte del contribuente. Nella sentenza n. 25371/08 il Collegio ha confermato che l’obbligo di allegazione all’atto impositivo, o di riproduzione al suo interno di ogni altro atto dal primo richiamato, avendo la funzione di rendere comprensibili le ragioni della decisione, riguarda i soli atti necessari per sostenere quelle ragioni intese in senso ampio e, quindi, non limitate a quelle puramente giuridiche ma comprensive anche dei presupposti di fatto. Ne deriva che sono esclusi dall’obbligo dell’allegazione gli atti che si rivelano irrilevanti per il raggiungimento della detta funzione e gli atti in specie quelli a contenuto normativo, anche secondario quali le delibere o i regolamenti comunali giuridicamente noti per effetto e in conseguenza dell’avvenuto espletamento delle formalità di legge relative alla loro pubblicazione. In applicazione del principio la Suprema Corte ha escluso che rientrasse tra gli atti esterni da allegare ad un avviso di accertamento in materia di ICI quello determinativo della rendita catastale, trattandosi di un mero presupposto di fatto, bisognevole di dimostrazione in giudizio solo in caso di avversa contestazione. Con la sentenza n. 22254/16 la Suprema Corte ha puntualizzato che, quando dal Comune sia stato demandato alla concessionaria di cui all’art. 52, comma 5, lett. b , n. 3, d.lgs. n. 446/1997, in combinato disposto con l’art. 113, comma 5, lett. c , d.lgs. n. 267/2000, il potere di accertamento e di stima dei terreni edificabili di cui all’art. 5, comma 5, d.lgs. n. 504/1992, la cd. determina sui valori delle aree edificabili, richiamata nell’avviso di accertamento, è in tutto equiparabile alle delibere comunali in materia, e, pertanto, al pari di esse, quale atto amministrativo a contenuto generale, non è soggetta all’obbligo di allegazione previsto dall’art. 7 l. n. 212/2000 al fine di soddisfare i requisiti della sufficiente motivazione dell’atto impositivo. Le delibere della Giunta e del Consiglio comunale sono pubblicate mediante affissione nell’albo pretorio. Con la sentenza n. 13105/12 la Suprema Corte ha escluso che rientrasse tra gli atti esterni da allegare ad un avviso di accertamento in materia di ICI la delibera della Giunta determinativa dei valori degli immobili ai fini ICI in base ai valori venali di mercato delle aree edificabili. Nella pronuncia il Collegio ricorda che l’obbligo di allegazione all’atto impositivo notificato al contribuente degli eventuali documenti od atti amministrativi richiamati per relationem è disposto in funzione di garanzia dell’esercizio del diritto di difesa id est della possibilità di valutare compiutamente i fatti costitutivi della pretesa tributaria ai fini della eventuale opposizione , con la conseguenza che detta violazione inficia la legittimità dell’atto impositivo laddove venga a tradursi nella effettiva mancata conoscenza di elementi di valutazione essenziali della pretesa tributaria. Tale pregiudizio non può ritenersi in re ipsa per il mero fatto della mancata allegazione della delibera comunale infatti non tutti gli atti richiamati dall’avviso devono per ciò stesso essere necessariamente allegati, dovendo circoscriversi tale obbligo – sanzionato a pena di nullità in via generale dall’art. 7, comma 1, l. n. 212/2000 e, per quanto concerne gli avvisi ICI, dall’art. 11, comma 2- bis , 30 dicembre 1992, n. 504, norma abrogata e riprodotta nell’art. 1, comma 162, l. 27 dicembre 2006, n. 296 – soltanto a quegli atti che risultino indispensabili a sostenere le ragioni” della pretesa intese in senso ampio e quindi, non limitate a quelle puramente giuridiche ma comprensive anche dei presupposti di fatto . Tanto nel precedente regime normativo cfr. art. 47, comma 1, l. 8 giugno 1990, n. 142, in forza del quale Tutte le deliberazioni comunali [ ] sono pubblicate mediante affissione all’albo pretorio nella sede dell’ente, per quindici giorni consecutivi, salvo specifiche disposizioni di legge quanto nella successiva disciplina normativa art. 124 TU Enti Locali , le delibere emesse dalla Giunta sono assoggettate al medesimo regime di pubblicità legale previsto per le deliberazioni consiliari, aventi o meno natura regolamentare, essendo assicurato l’effetto di conoscibilità per i terzi dalla pubblicazione presso l’albo pretorio. La medesima disciplina delle forme di pubblicità, applicabile alle delibere giuntali e consiliari, consente di riferire a entrambi il principio di diritto secondo cui l’obbligo di allegazione all’avviso di accertamento non si estende agli atti dei quali il contribuente abbia già integrale conoscenza per effetto di precedente notificazione o pubblicazione degli stessi su bollettini o albi ufficiali che eventualmente ne sia stata fatta a sensi di legge cfr. Corte Cass., sez. trib., 17 ottobre 2008, n. 25371, in CED Cass., Rv. 605430 Cass., sez. unite civ., 14 maggio 2010, n. 11722, in CED Cass., Rv. 613233 .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - T, ordinanza 4 aprile - 30 giugno 2017, n. 16289 Presidente Cirillo – Relatore Napolitano Fatto e diritto La Corte, costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal comma 1, lett. e , dell’art. 1 - bis del di. n. 168/2016, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 197/2016 dato atto che il collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata, e dato atto che la controricorrente ha depositato memoria, osserva quanto segue Con sentenza n. 10760/48/2015, depositata il 2 dicembre 2015, la CTR della Campania ha accolto l’appello proposto nei confronti del Comune di Forio dal Ristorante La Beccaccia di Bartolomeo Regine & amp C. S.a.s. di seguito società , avverso la sentenza di primo grado della CTP di Napoli, che aveva rigettato il ricorso della società avverso avviso di accertamento per TARSU relativa all’anno 2012. Avverso la pronuncia della CTR il Comune di Forio ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi. La società resiste con controricorso, ulteriormente illustrato da memoria. Con il primo motivo il Comune ricorrente denuncia cumulativamente violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. = Omesso esame circa il fatto decisivo per il giudizio = Mera apparenza, inesistenza della motivazione su altri punti decisivi della controversia in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e 5, c.p.c. . Di là dalla commistione di censure che può rilevarsi dalla rubrica, testualmente riprodotta, nell’illustrazione del motivo appare sufficientemente enucleabile in modo autonomo la censura principale relativa alla violazione o falsa applicazione dell’art. 7 della l. n. 212/2000, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., nella parte in cui la decisione impugnata ha ritenuto che nella fattispecie in oggetto l’atto impositivo non avesse adeguatamente assolto l’obbligo di motivazione, per mancata allegazione delle delibere in esso richiamate. Il motivo è manifestamente fondato. La giurisprudenza di questa Corte è consolidata nell’affermare che, in tema di accertamento tributario, l’onere di allegazione posto a carico dell’amministrazione finanziaria dall’art. 7, comma 1, secondo periodo, della legge 27 luglio 2000, n. 212, dello altro atto richiamato nella motivazione dell’avviso di accertamento, ha riferimento agli atti che, rappresentano, appunto, la motivazione della pretesa tributaria che deve essere applicata nell’avviso e non agli atti di carattere normativo o regolamentare che legittimano il potere impositivo e che sono oggetto di conoscenza legale da parte del contribuente. Tale principio è pacificamente riferibile anche agli avvisi di accertamento emanati dalle amministrazioni comunali cfr., ad esempio, in tema di ICI, Cass. sez. 5, 24 novembre 2004, n. 22197 Cass. sez. 5, 17 ottobre 2008, n. 25371 Cass. sez. 5, ord. 25 luglio 2012, n. 13106 Cass. sez. 6-5, ord. 3 novembre 2016, n. 22254 e, specificamente, in tema di TARSU, Cass. sez. 6-5, ord. 20 gennaio 2017, n. 1568 . D’altronde, che l’allegazione delle delibere a contenuto normativo non valga in alcun modo ad integrare il requisito motivazionale dell’atto impositivo in tema di TARSU si collega all’ulteriore principio secondo cui in tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, non è configurabile alcun obbligo di motivazione della delibera comunale di determinazione della tariffa di cui all’art. 65 del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, poiché la stessa, al pari di qualsiasi atto amministrativo a contenuto generale o collettivo, si rivolge ad una pluralità indistinta, anche se determinabile ex post, di destinatari occupanti o detentori, attuali o futuri, di locali ed aree tassabili cfr. Cass. sez. 5, 23 ottobre 2006, n. 22804 Cass. sez. 5, 26 marzo 2014, n. 7044 . La sentenza impugnata, che, ignorando del tutto l’indirizzo innanzi menzionato, per rifarsi, senza alcun ulteriore approfondimento, ad un precedente Cass. sez. 5, 1 ottobre 2010, n. 20535 rimasto isolato, si è posta in contrasto con il succitato orientamento largamente prevalente di questa Corte, al quale va assicurata in questa sede ulteriore continuità, e va dunque cassata. È appena il caso, infine, di osservare, contrariamente a quanto dedotto dalla controricorrente in memoria che, integrando il sistema di pubblicità legale delle delibero dei Comuni un obbligo di legge art. 124 d.lgs. n. 267/2000 la pubblicazione delle delibere deve presumersi e non essere oggetto di specifica prova da parte dell’Ente. Il ricorso va dunque accolto in relazione al primo motivo, assorbito il secondo e la causa rimessa per nuovo esame alla CTR della Campania in diversa composizione, che si atterrà ai principi di diritto sopra formulati. Il giudice di rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. Accoglie il ricorso in relazione al primo motivo, assorbito il secondo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Campania in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.