IRAP, niente sanzioni per il professionista

In materia di IRAP non versata dal professionista le sanzioni possono essere disapplicate dal giudice tributario attesa l’obiettiva incertezza normativa.

Il principio è contenuto nell’ordinanza della Corte di Cassazione n. 25853/16, depositata il 15 dicembre, dalla quale emerge che la materia relativa alla rilevanza impositiva dell’IRAP del reddito professionale è oggetto di incertezza giuridica per cui la cartella può essere emessa solo per il recupero della maggiore imposta. Contesto normativo. Com’è noto, l’IRAP, introdotta con il d.lgs. n. 446/1997 è dovuta da aziende o liberi professionisti ossia da tutti coloro che esercitano un’attività anche non commerciale, ivi comprese le PA. L’esercizio del lavoro autonomo di cui all’art. 49, comma 1, ovvero dall’art. 53, comma 1, TUIR di cui al d.P.R. n. 917/1986, è escluso dall’applicazione dell’Imposta reale sulle attività produttive IRAP solo nel caso in cui si tratti di attività non autonomamente organizzata . Pertanto grava sul contribuente che chieda il rimborso dell’IRAP non dovuta l’onere di provare l’assenza delle condizioni sopra indicate. Autonoma organizzazione. Il parametro dell’autonoma organizzazione, la cui valutazione spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, sussiste quando il contribuente - è il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità - impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’ id quod plerumque accidit ciò che accade più spesso , il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore con mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive. La vicenda. Nel caso di specie un commercialista ha impugnato la cartella di pagamento concernente l’IRAP, sanzioni ed interessi, relativa al 2005 e in primo grado il ricorso è stato accolto. La CTR, riformando integralmente la decisione di primo grado, ha ritenuto che era onere del contribuente provare l’assenza del presupposto impositivo. La Suprema Corte, accogliendo in parte il ricorso del professionista, ha ritenuto fondata solo la richiesta di disapplicazione delle sanzioni ed ha affermato che l’incertezza giuridicamente rilevante è quella riguardante le norme tributarie che se violate determinano l’emissione dell’avviso di accertamento e l’irrogazione delle sanzioni. Tale incertezza sussiste quando il complesso normativo di riferimento si articoli in una pluralità di prescrizioni, il cui coordinamento si riveli concettualmente difficoltoso in conseguenza della relativa equivocità. Incertezza normativa. Pertanto i Giudici di legittimità hanno ritenuto che dinanzi all’incertezza normativa è legittima la disapplicazione delle sanzioni, ai sensi dell’art. 8 d.lgs. n. 546/1992. Tale norma stabilisce che il giudice tributario può dichiarare non applicabili le sanzioni non penali allorché la violazione è giustificata da obiettive condizioni di incertezza sull’ambito di applicazione delle norme a cui si riferisce. Sul tema sembra aver posto la parola fine la recente sentenza a Sezioni Unite della Cassazione n. 9451/16 in cui è stato evidenziato che l’impiego di una segreteria o collaboratore dello studio che esplichi mansioni meramente esecutive non fa scattare il pagamento dell’IRAP da parte del professionista. Anche in questo caso è stato riaffermato che il requisito dell’organizzazione scatta soltanto nei confronti del responsabile dell’organizzazione, quando lo stesso impieghi beni strumentali eccedenti il minimo e la prova dell’assenza di tale requisito grava sul contribuente che chiede il rimborso dell’imposta.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – T, ordinanza 26 ottobre 15 dicembre 2016, n. 25853 Presidente Iacobellis – Relatore Crucitti Ritenuto in fatto Nella controversia concernente l’impugnazione da parte di M.G., ragioniere commercialista, di cartella, emessa ex art. 36 bis d.p.r. n. 600/73 portante IRAP, sanzioni, interessi e accessori di legge, relativa all’annualità 2005, la Commissione Tributaria Regionale del Friuli Venezia Giulia, con la sentenza indicata in epigrafe, in accoglimento dell’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, riformava integralmente la decisione di primo grado, di accoglimento del ricorso introduttivo, rilevando che, nella specie, era onere, non assolto, del contribuente fornire la prova dell’assenza del presupposto impositivo. Avverso la sentenza il contribuente ha proposto ricorso su tre motivi. L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso. A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c. è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti. Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata. Considerato in diritto 1. Il primo motivo —con il quale si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 36 bis del d.p.r. n. 600/73 per l’illegittima utilizzazione della procedura automatizzata oltre che omesso esame della stessa questione, già sollevata in primo grado è inammissibile laddove si introduce una questione in diritto senza avanzare alcuna censura alla sentenza impugnata ed, ancor prima, individuare le argomentazioni con le quali la C.T.R. avrebbe perpetrato la dedotta violazione il mezzo, inoltre, non illustra in alcun modo il denunciato, solo in rubrica, omesso esame della questione. 2. Anche il secondo motivo di ricorso, con il quale si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2 del d.lgs. 446/97, è inammissibile laddove non si apprezza il dedotto errore in diritto da parte della Commissione regionale la quale, con argomentazione non specificamente censurata, ha rigettato il ricorso introduttivo proposto dal contribuente per non avere lo stesso fornito alcuna prova in ordine all’insussistenza del presupposto impositivo. 3. E’, invece, fondato il terzo motivo -rubricato violazione e falsa applicatone dell’art. 8 del d.lgs 546/92 per mancata disapplicazione delle sanzioni-con il quale si chiede a questa Corte di dichiarare non dovute le sanzioni per obiettiva incertezza normativa. In materia è stato, infatti, affermato che l'incertezza giuridicamente rilevante è quella, di carattere obiettivo, concernente le norme tributarie, la cui violazione da parte del contribuente, determina l'emissione dell'avviso di accertamento e l'irrogazione delle sanzioni Cass. n. 11096/2011 . Si è, altresì, ritenuto sussistere tale incertezza, quando il complesso normativo di riferimento si articoli in una pluralità di prescrizioni, il cui coordinamento si riveli concettualmente difficoltoso, a causa della relativa equivocità Cass. n. 22252/2011 ed, in applicazione di tali principi, si è rilevato, in particolare, che la questione relativa alla rilevanza impositiva IRAP del reddito professionale, è stata oggetto di articolato e complesso dibattito, sia in dottrina come pure in giurisprudenza Cass. n. 4394 del 24.2.2014 . Dibattito ripreso e solo di recente concluso a seguito delle pronunce delle Sezioni Unite cfr. n. 9541 /2016 . Ne consegue, in accoglimento del solo terzo motivo di ricorso, inammissibili gli altri, la cassazione, sul punto, della sentenza impugnata ed il rinvio alla Commissione Tributaria Regionale del Friuli Venezia Giulia anche per il regolamento delle spese. P.Q.M. In accoglimento del terzo motivo di ricorso, rigettati gli altri, cassa, nei termini di cui in motivazione, la sentenza impugnata e rinvia, anche per il regolamento delle spese processuali alla Commissione Tributaria Regionale del Friuli Venezia Giulia, in diversa composizione.