Istituto religioso, aliquota non agevolata

Il beneficio agevolativo spettante agli enti equiparati a quelli di beneficienza od istruzione, come quelli ecclesiastici, può essere concesso valutando l’attività svolta oggettivamente e non secondo un criterio soggettivo.

Quanto sopra è contenuto nell’ordinanza n. 25586/16 della Corte di Cassazione da cui emerge che l’ente con tali finalità per ottenere l’aliquota agevolata al 50% dell’IRES ex IRPEG deve dimostrare l’attività che svolge in concreto. Contesto normativo. La normativa prevede all’art. 6, comma 1, lett. c , d.P.R. n. 601/1973 prevede la riduzione al 50% dell’IRES per alcuni tipi di istituto, tra cui quelli il cui fine è equiparato per legge ai fini di beneficienza o di istruzione, come gli enti ecclesiastici, purché in possesso della personalità giuridica. Secondo l’attuale versione dell’art. 6, l'imposta sul reddito delle società è ridotta alla metà nei confronti dei seguenti soggetti a enti e istituti di assistenza sociale, società di mutuo soccorso, enti ospedalieri, enti di assistenza e beneficenza b istituti di istruzione e istituti di studio e sperimentazione di interesse generale che non hanno fine di lucro, corpi scientifici, accademie, fondazioni e associazioni storiche, letterarie, scientifiche, di esperienze e ricerche aventi scopi esclusivamente culturali c enti il cui fine è equiparato per legge ai fini di beneficenza o di istruzione d istituti autonomi per le case popolari, comunque denominati, e loro consorzi. La vicenda. Nel caso in esame un istituto con finalità sociali del Piemonte ha impugnato l’avviso di accertamento con cui l’ufficio finanziario aveva accertato una maggiore imposta IRES, in conseguenza del mancato riconoscimento dell’aliquota agevola ex art. 6 d.P.R. n. 601/1973. Sia in primo che secondo grado l’accertamento è stato annullato e l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione. Eccependo che la CTR aveva concesso il beneficio in forza di un criterio meramente soggettivo senza considerare la natura dell’attività in concreto dall’ente. Fini di religione e di culto l’onere della prova. La Suprema Corte, accogliendo il ricorso, ha ritenuto che al fine del riconoscimento del beneficio in parola agli enti equiparati a quelli di beneficienza, come gli enti ecclesiastici con fini di religione o di culto, è necessario che l’attività esercitata in concreto non abbia natura commerciale, in via esclusiva o principale e che la stessa sia in rapporto di strumentalità diretta ed immediata con fini di religione e di culto. Pertanto tale attività non deve limitarsi al procacciamento di mezzi economici, altrimenti dovrebbe essere classificata attività diversa” e soggetta a tassazione ordinaria. Al pari dell’ICI, lo svolgimento di attività di assistenza, senza le modalità di un’attività commerciale, rappresenta il requisito oggettivo necessario per il riconoscimento del beneficio in parola e va accertato in concreto, verificando le caratteristiche della clientela ospitata, della durata dell’apertura della struttura e dell’importo delle rette, che deve essere più basso in modo significativo rispetto ai prezzi di mercato”. Ciò per non alterare il regime di libera concorrenza e per non trasformare l’agevolazione in un aiuto di Stato Cass. n. 13970/16 . In conclusione. I Giudici di legittimità non hanno accolto la tesi della CTR doveva valutare in concreto l’attività dell’istituto costituente di fatto un’attività alberghiera, aperta al pubblico, che avrebbe potuto essere gestita da qualunque imprenditore privato e che, in ordine ai redditi di fabbricati, gli immobili risultavano locati a soggetti privati in base ad un logica di mercato.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – T, ordinanza 20 ottobre – 13 dicembre 2016, n. 25586 Presidente Cirillo – Relatore Federico La Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall'art. 380 bis c.p.c., osserva quanto segue L'Agenzia delle Entrate ricorre, con due motivi, nei confronti dell'Istituto delle Rosine, che si è costituito con controricorso, per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Piemonte n. 231/22/2015, depositata il 19 febbraio 2015, che, confermando la sentenza di primo grado, ha annullato l'avviso di accertamento con il quale era stata accertata una maggiore imposta Ires a carico del contribuente, in conseguenza del mancato riconoscimento, D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6 dell'aliquota dimezzata. La CTR, in particolare, ha ritenuto che nel caso di specie l'interpretazione dell'Amministrazione finanziaria fosse stata troppo restrittiva , sia perchè non si riescono ad individuare, in generale, le attività che possono usufruire della riduzione dell'aliquota, sia perchè il pensionato OMISSIS è una struttura ricettiva che accoglie esclusivamente studentesse lavoratrici per brevi periodi di tempo con evidenti obiettivi sociali. Con il primo motivo di ricorso, l'Agenzia denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6 in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3 , deducendo che la CTR avrebbe riconosciuto l'applicabilità del beneficio in forza di un criterio meramente soggettivo - la qualifica dell'ente - senza prendere in considerazione la natura dell'attività concretamente svolta. La censura appare fondata, con assorbimento dell'ulteriore motivo. Ed invero secondo il consolidato indirizzo di questa Corte, al fine del riconoscimento del beneficio della riduzione alla metà dell'aliquota dell'IRPEG, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 6, lett. h in favore degli enti equiparati a quelli di beneficenza od istruzione, come gli enti ecclesiastici, con fini di religione o di culto, non è sufficiente che detti enti siano sorti con tali enunciati fini, ma occorre altresì accertare, alla stregua del coordinamento della citata norma con il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 598, artt. 1 e 2 istitutivo dell'IRPEG, che l'attività in concreto esercitata dagli enti medesimi non abbia carattere commerciale, in via esclusiva o principale, e, inoltre, in presenza di un'attività commerciale di tipo non prevalente, che la stessa sia in rapporto di strumentalità diretta ed immediata con quei fini di religione e di culto, e quindi, non si limiti a perseguire il procacciamento dei mezzi economici al riguardo occorrenti, dovendo altrimenti essere classificata come attività diversa , soggetta all'ordinaria tassazione Cass. 1633/1995 . Ed invero la previsione del D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6 in quanto norma agevolativa ha carattere eccezionale e può pertanto essere applicata solo a fronte delle attività specificamente previste. Analogamente a quanto affermato in materia di Ici, dunque, lo svolgimento di attività di assistenza o di altre attività equiparate, senza le modalità di un'attività commerciale, costituisce il requisito oggettivo necessario ai fini dell' agevolazione e va accertato in concreto, con criteri di rigorosità, e, dunque, verificando le caratteristiche della clientela ospitata, della durata dell'apertura della struttura e, soprattutto, dell'importo delle rette, che deve essere significativamente ridotto rispetto ai prezzi di mercato , onde evitare un'alterazione del regime di libera concorrenza e la trasformazione del beneficio in un aiuto di Stato. Cass. 13970/2016 . A tali principi non risulta essersi conformata la CTR nell'impugnata sentenza, in quanto, a fronte delle allegazioni dell'ufficio, secondo cui il pensionato costituiva di fatto un'attività alberghiera, aperta al pubblico, e che avrebbe potuto essere gestita da qualunque imprenditore privato, e che, avuto riguardo ai redditi da fabbricati, gli immobili risultavano locati a privati secondo una logica di mercato, ha genericamente affermato che l'interpretazione dell'Amministrazione risultava troppo restrittiva e che il pensionato accoglieva studentesse lavoratrici per brevi periodi di tempo, omettendo di indagare in modo rigoroso sul presupposto oggettiva dell'agevolazione, vale a dire sull'attività concretamente svolta dall'ente. la sentenza impugnata va dunque cassata, con rinvio, anche per la regolazione delle spese del presente giudizio, ad altra sezione della CTR del Piemonte. P.Q.M. la Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la liquidazione delle spese, ad altra sezione della CTR del Piemonte.