Verifica valida senza contraddittorio

L’accertamento emesso a carico del socio durante un’ispezione aziendale è legittimo anche se non sono rispettate le garanzie dello Statuto del contribuente.

Il principio è contenuto nell’ordinanza n. 19013/2016 della Cassazione da cui emerge che le garanzie previste dall’art. 12 della l. n. 212/2000 sono riconosciute dalla legge solo in caso di accessi e ispezioni nelle sedi in cui viene esercitata l’attività e di conseguenza solo ai soggetti sottoposti ad accessi e verifiche e non al soggetto terzo. Garanzie previste dallo Statuto del contribuente. L’art. 12, comma 7, l. n. 212/2000 Statuto del contribuente stabilisce, infatti, il diritto del contribuente, sottoposto a verifica fiscale, a presentare all’ufficio, entro sessanta giorni, osservazioni e richieste, che dovranno essere valutate dallo stesso ufficio impositore. L’accertamento non può essere emesso, quindi, prima della scadenza di detto termine, eccezion fatta per situazioni di particolare e motivata urgenza tale disposizione non prevede alcuna sanzione in caso di violazione, prevedendo una forma di contraddittorio differito rispetto alla verifica ovvero un contraddittorio preventivo da svolgere subito dopo il processo verbale e prima dell’emissione dell’accertamento. Nella fattispecie in esame il contribuente, socio al 50%, ha impugnato l’accertamento emesso sulla base dei maggiori redditi accertati a carico della società. In primo grado i giudici tributari hanno annullato l’accertamento, mentre la CTR ha accolto l’appello dell’ufficio. Accertamento tributario. La Corte di Cassazione, adita dalla contribuente, ha ritenuto che in tema di accertamento tributario, le garanzie di cui all’art. 12, l. n. 212/2000, si riferiscono espressamente agli accessi, ispezioni e verifiche eseguiti nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, ecc. e, pertanto, vengono assicurate solo al soggetto sottoposto ad accesso, ispezione o verifica, senza estendersi al terzo a carico del quale emergono dati, informazioni o elementi utili per l’emissione di un avviso di accertamento. Quanto precede esclude che la decisione della CTR sia invalida avendo escluso il vizio dell’atto accertativo. La Corte - attesa l’indipendenza dei procedimenti relativi alla società e singolo socio e che non è necessaria la definitività dell’accertamento dei maggiori ricavi in capo alla società -, ha ritenuto che, costituendo il valido accertamento, a carico della società relativamente ai ricavi non contabilizzati , soltanto il presupposto per l’accertamento a carico dei soci per i dividenti, resta salva per il socio, che abbia impugnato separatamente l’accertamento a lui notificato reddito di partecipazione , senza aver preso parte, o essere messo in grado di farlo, al processo instaurato dalla società al fine di impugnazione dell’accertamento Ires, la facoltà di contestare la presunzione e la ricorrenza di distribuzione dei maggiori utili sociali. Il tema in esame è stata oggetto di numerose decisioni di legittimità che hanno sancito, viceversa, la nullità dell’accertamento emanato prima dello spirare del termine dei sessanta giorni, nel rispetto del principio del contraddittorio riconosciuto dall’art. 24 Cost. L’art. 12 costituisce concreta attuazione dei principi di collaborazione e buona fede legati alla diretta applicazione di principi costituzionali buon andamento e imparzialità e di quelli comunitari Corte di Giustizia, causa C-276/12 e C-349/07 , per cui il mancato rispetto del termine in esame determina la sanzione di invalidità dell’atto. E’ nullo l’accertamento emesso prima del termine dilatorio di sessanta giorni dalla chiusura delle operazioni di verifica eseguite dall’ufficio finanziario. La nullità dell’avviso di accertamento è la conseguenza di un vizio del procedimento atteso che le operazioni devono chiudersi con un verbale di contraddittorio e che il medesimo deve essere emesso dopo lo spirare del termine di cui all’art. 12, l. n. 212/2000 Cass n. 11993/2015 .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - T, ordinanza 6 luglio – 27 settembre 2016, numero 19013 Presidente Iacobellis – Relatore Conti In fatto e in diritto S.I. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, contro la sentenza resa dalla CTR Puglia meglio indicata in epigrafe, con la quale è stato accolto l'appello dell'Ufficio contro la sentenza che aveva annullato l'accertamento emesso a carico della contribuente, socia al 50 % della ST Auto capital srl, sulla base dei maggiori redditi accertati a carico della società con avviso divenuto definitivo per mancata impugnazione. L'Agenzia delle entrate non ha depositato difese scritte. Il primo motivo di ricorso, con il quale si prospetta la violazione e falsa dell'art. 85 TUIR, D.P.R. numero 600 del 1973, articolo 38, 39 e 42, D.P.R. numero 633 del 1972, articolo 54 e 55, D.P.R. numero 917 del 1986, articolo 41, 44 e 47, articolo 2967, 2729 e 2727 c.c., L. numero 212 del 2000, è manifestamente inammissibile e infondato. Nessuna questione può qui farsi, anzitutto, in ordine alla natura di società a ristretta base sociale che la CTR ha affermato essere stata incontroversa e che la stessa parte ricorrente non ha documentato di avere posto in discussione nel corso del giudizio di merito. Quanto alla restante parte della censura, laddove pone in discussione il meccanismo che riconduce ai soci di società di capitali la presunzione di attribuzione ai soci degli utili extra bilancio posti a base dell'accertamento notificato alla ricorrente, è sufficiente rammentare che la CTR si è perfettamente uniformata all'indirizzo di questa Corte, alla quale va data continuità, secondo il quale, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, nel caso di società di capitali a ristretta base partecipativa, è legittima la presunzione di attribuzione ai soci degli eventuali utili extracontabili accertati, rimanendo salva la facoltà del contribuente di offrire la prova del fatto che i maggiori ricavi non sono stati distribuiti, ma accantonati dalla società, ovvero da essa reinvestiti Cass. numero 5076 del 2011, numero 9519 del 2009 e numero 7564 del 2003 Cass. numero 6780/03 Cass. numero 7564/03 Cass. 16885/03 Cass. numero 18640/2008 Cass. numero 8954/13 -. Prova che nel caso di specie la CTR non ha riscontrato ritenendo che il contribuente non aveva provato la mancata distribuzione. Resta solo da dire che il tentativo di sottoporre a questa Corte elementi probatori che dimostrerebbero l'assenza di distribuzione degli utili non può essere in alcun modo assecondato, non risultando la Cassazione dotata di poteri di verifica del materiale probatorio invece riservati al giudice di merito - fatti salvi i rimedi di cui all'art. 360 c.p.c., comma 1, numero 5-. La censura relativa al carattere definitivo dell'accertamento reso a carico della società ST Auto Capital srl che la ricorrente ha prospettato sia nel primo che nel secondo motivo non sembra fondata in relazione a quanto di seguito esposto. In effetti, si è già ritenuto che. stante l'indipendenza dei procedimenti relativi alla società ed al singolo socio, non è necessario nel giudizio promosso dal singolo socio, di impugnazione dell'accertamento a lui rivolto a fini IRPEF, che l'accertamento dei maggiori ricavi in capo alla società sia divenuto definitivo Cass. numero 16385/2003 . Ne consegue che, costituendo il valido accertamento, a carico della società, in ordire ai ricavi non contabilizzati, soltanto il presupposto per l'accertamento a carico dei soci in ordine ai dividendi, resta salva per il socio, il quale abbia separatamente impugnato l'accertamento a lui notificato, relativo al reddito da partecipazione, senza avere preso parte, o essere messo in grado di farlo, al processo instaurato dalla società al fine di impugnazione dell'accertamento IRPEG, la facoltà di contestare - oltre la presunzione di distribuzione dei maggiori utili sociali - anche la ricorrenza di tale presupposto cfr. Cass. numero 19606 del 2006 Cass. numero 21356/2009 Cass. numero 17966/2013, nelle quali si è affermato che la decisione presa in relazione all'accertamento del maggiore reddito della società di capitali non può svolgere alcuna efficacia di giudicato nei confronti del socio, nel giudizio di impugnazione dell'atto impositivo concernente il maggior reddito da partecipazione, e che il giudice di merito non può limitarsi ad un mero rinvio alla motivazione della sentenza pronunciata nei confronti, della società .' Ora, la sentenza impugnata, pur essendosi discostata da tali principi ritenendo che l'accertamento emesso a carico della società fosse ormai divenuto definitivo, non consentendo alla parte contribuente socia di fare valere eventuali vizi dell'azione accertativa nei suoi confronti, non ha dato luogo ad una statuizione errata nel dispositivo, dovendosi correggere la motivazione nei termini di seguito esposti. Ed invero, quanto alla dedotta invalidità dell'atto accertativo per difetto di contraddittorio nei confronti del socio, è sufficiente rammentare che in tema di accertamento tributario, le garanzie previste dalla L. 27 luglio 2000, numero 212, art. 12, si riferiscono espressamente agli accessi, ispezioni e verifiche fiscali eseguiti nei locali destinati all'esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali , e, quindi, sono assicurate esclusivamente al soggetto sottoposto ad accesso, ispezione o verifica, ma non si estendono al terzo a carico del quale emergano dati, informazioni o elementi utili per l'emissione di un avviso di accertamento - cfr. Cass. numero 16354/2012 e Cass. numero 7598/2014 Cass. numero 21391/2014 -. Ciò impedisce di ritenere che la CTR abbia errato nell'escludere il vizio dell'atto accertativo, sia pure seguendo un percorso argomentativo da emendare. Analogamente, la questione relativa alla mancata autorizzazione dell'Autorità giudiziaria ai sensi del D.P.R. numero 600 del 1973, art. 33, comma 3, e del D.P.R. numero 633 del 1973, art. 63, pure prospettata dalla soda contribuente, non poteva che essere disattesa, non avendo la stessa nemmeno prospettato che fosse pendente a carico del soggetto interessato un procedimento penale tale da richiedere l'autorizzazione dell'autorità giudiziaria - circostanza che la stessa ricorrente ipotizza senza allegare o prospettare alcun elemento documentale a sostegno. Sulla base di tali considerazioni, il ricorso va quindi rigettato. Ricorrono giusti motivi, in relazione alle motivazioni sopra esposte, per compensare le spese del giudizio. P.Q.M. La Corte, visti gli articolo 375 e 380 bis c.p.c Rigetta il ricorso e compensa le spese. Dà atto, ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del D.P.R. numero 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis, comma 1 quater.