Nel caso di immobili inagibili spetta la riduzione IMU senza denuncia

Il contribuente ha diritto alla riduzione a metà dell’Ici/Imu in presenza di fabbricato inagibile o inabitabile, anche se non ha presentato la denuncia, se tale situazione era già a conoscenza del Comune.

Tale assunto è stato statuito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 18453 del 21 settembre 2016. Il caso. Nel caso di specie ,il soggetto passivo si era autoridotto l’imposta, omettendo di denunciare lo stato di inagibilità al Comune, il quale aveva ,pertanto, emesso avviso di accertamento per l’imposta non versata. Nei giudizi di merito il contribuente ha invocato la circostanza che l’effettiva situazione dell’immobile era in realtà comunque nota al Comune. I Giudici tributari di merito hanno respinto le doglianze del contribuente poiché quest’ultimo non aveva avanzato richiesta al comune di inapplicabilità dell’imposta e denunciato le condizioni di inapplicabilità dell’immobile ex art. 8 d.lgs. 504/1992. Principio di collaborazione e buona fede nei rapporti tra Fisco e contribuente. Gli Ermellini, con la pronuncia citata, hanno accolto le doglianze del contribuente sulla base delle seguenti articolate argomentazioni. In base ai principi dello Statuto dei diritti del contribuente e precisamente in virtù del principio di collaborazione e buona fede nei rapporti tra Fisco e contribuente al contribuente non può essere richiesta documentazione già in possesso della pubblica amministrazione. Nessuna altra prova avrebbe dovuto essere richiesta al contribuente. Le circostanze concrete che provano l’intervenuta conoscenza dello stato di inagibilità dell’immobile sono la dichiarazione di variazione catastale in unità collabente presentata dal soggetto passivo nel 2007, a distanza di anni da quello di competenza 2002 , la consulenza tecnica d’ufficio disposta nel corso del giudizio di appello riferito all’annualità 2001, l’Agenzia del Territorio ha confermato l’istanza di variazione della destinazione da D4 a Unità collabente. In definitiva, lo stato di inagibilità dell’immobile, peraltro mai contestato dal comune, risulta provato dal contribuente L’inagibilità o inabitabilità dell’immobile. L'immobile inagibile, inabitabile e comunque di fatto non utilizzato va dunque assoggettato ad ICI ridotta del 50% ai sensi dell'art. 8, primo comma, del d.lgs. n. 504 del 1992. Cass. civ. Sez. V, 20-06-2005, n. 13230 . La base imponibile è ridotta del 50 per cento per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati, limitatamente al periodo dell'anno durante il quale sussistono dette condizioni. L’inagibilità o inabitabilità deve consistere in un degrado fisico sopravvenuto fabbricato diroccato, pericolante, fatiscente e simile o di una obsolescenza funzionale, strutturale e tecnologica, non superabile con interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria art. 3, lettere a e b , d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 , bensì con interventi di restauro e risanamento conservativo e/o di ristrutturazione edilizia art. 3, lettere c e d , d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 , ed ai sensi del vigente regolamento urbanistico edilizio comunale. L’immobile, in ogni caso, non deve essere utilizzato, anche per usi difformi rispetto alla destinazione originaria e/o autorizzata. Onere della prova. Il contribuente non è tenuto a provare per via documentale all'ente impositore fatti e circostanze altrimenti note e conosciute, giusta il disposto dell'art. 10, l. n. 212/2000. In mancanza di contestazione in ordine alla dichiarazione di inagibilità dell'immobile ed in applicazione del principio di collaborazione e buona fede che deve improntare i rapporti tra ente impositore e contribuente, di cui è espressione la regola secondo la quale al contribuente non può essere richiesta la prova dei fatti documentalmente noti all'ente impositore, nella descritta ipotesi nessun altro onere probatorio deve intendersi gravante a carico del contribuente. In tema di ICI, qualora l'immobile sia dichiarato inagibile, l'imposta va ridotta, ai sensi dell'art. 8, comma 1, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, nella misura del 50 per cento anche in assenza di richiesta del contribuente poiché, tenuto conto del principio di collaborazione e buona fede che deve improntare i rapporti tra ente impositore e contribuente, a quest'ultimo non può essere chiesta la prova di fatti già documentalmente noti al Comune Cass. Civ. sez. V, 10-06-2015, n. 12015 . Ai sensi dell’art. 6, comma 4, della l. 27 luglio 2002, n. 212, che richiama l’art. 18 della l. 7 agosto 1990, n. 241, al contribuente non possono, in ogni caso, essere richiesti documenti ed informazioni già in possesso dell’Amministrazione , perciò l’Amministrazione stessa ha l’onere di produrre in giudizio ogni documento – anche favorevole al contribuente – che sia in suo possesso. E’ da tempo consolidata l’affermazione secondo cui nel processo tributario l’onere della prova grava sulla Amministrazione, attore in senso sostanziale. Ed il collegamento del principio dell’onere della prova con il principio secondo cui al contribuente non possono, in ogni caso, essere richiesti documenti ed informazioni già in possesso dell’Amministrazione art. 6, comma 4, l. 212/2000 ed art. 18, comma 2 della l. 241/1990 determina l’obbligo e l’onere per l’Amministrazione di produrre in giudizio ogni documento, anche favorevole al contribuente, che sia in suo possesso Cass. 10 febbraio 2001, n. 1930 . In buona sostanza, al contribuente, in forza dell’art. 6, comma 4, della l. 212/2000 Statuto del contribuente non possono essere richiesti documenti o informazioni già necessariamente in possesso dell’Amministrazione, la quale, anche ai sensi dell’art. 18, n. 2, della l. 241/90 è tenuta d’ufficio ad acquisire o produrre il documento in questione o copia di esso. Nel caso in cui il contribuente deduca che la prova di una determinata circostanza a lui favorevole emerge dalla documentazione detenuta dal fisco, quest’ultimo è tenuta a pronunciarsi in maniera espressa e non generica sull’effettivo possesso degli atti in questione, in forza del principio di collaborazione fra P.A. e privati, confortato dalla legge n. 212/2000 che ha dettato le disposizioni in tema di statuto del contribuente, da cui deriva una diversa ricostruzione dei loro rapporti anche in materia di distribuzione dell’onere della prova Sentenza Cassazione Civile, sez. Tributaria, 14-11-2001, n. 14141 .

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 4 maggio – 21 settembre 2016, n. 18453 Presidente Chindemi – Relatore Meloni Svolgimento del processo Il Comune di Verbania aveva notificato alla società D. srl un avviso di accertamento per il recupero dell'imposta ICI relativamente all'anno 2002, in riferimento ad una unità immobiliare in corso di ristrutturazione. La società D. srl impugnò l'avviso di accertamento davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Verbania sul presupposto che trattavasi di immobile inagibile. La CTP di Verbania respinse il ricorso con sentenza confermata su appello del contribuente dalla Commissione Tributaria regionale del Piemonte. Secondo i giudici di appello infatti il contribuente non aveva avanzato richiesta al Comune di inapplicabilità dell'’imposta e denunciato le condizioni di inagibilità dell'immobile ex art. 8 D.Lgs. 504/1992. Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Piemonte ha proposto ricorso per cassazione la società D. srl con tre motivi ed il Comune di Verbania ha resistito con controricorso e memoria. Motivi della decisione Con il primo motivo di ricorso la società D. srl lamenta violazione e falsa applicazione dell'art. 57 D.Lgs. 546 del 1992 in relazione all'art. 360 comma 1 nr. 3 cpc perché il giudice di appello ha erroneamente ritenuto che la ricorrente avesse introdotto in grado di appello domande o eccezioni nuove non proposte in prima istanza mentre, al contrario, lo stato di permanente ed assoluta inagibilità dell'immobile erano già stati eccepiti in primo grado. Con il secondo motivo di ricorso la società D. srl lamenta violazione e falsa applicazione dell'art. 8 comma 1 D.Lgs. 504/1992 in relazione all'art. 360 comma 1 nr. 3 cpc perché il giudice di appello ha erroneamente ritenuto che non fosse applicabile la riduzione prevista dall'art. 8 comma 1 D.Lgs. 504/1992 e quindi dovuto il pagamento dell'ICI in misura integrale in quanto la ricorrente non aveva presentato richiesta di usufruire del beneficio della riduzione del 50% prevista dall'art. 8 comma 1 D.Lgs 504/1992, sebbene il Comune fosse stato a conoscenza dello stato di inagibilità ed inutilizzabilità dell'immobile. Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell'art. 5 D.Lgs. 504/1992 in relazione all'art. 360 comma 1 nr. 3 cpc perché il giudice di appello ha erroneamente ritenuto dovuto il pagamento dell'ICI in misura integrale sebbene l'immobile fosse improduttivo di reddito e tale condizione fosse nota al Comune di Verbania. Il ricorso è fondato e deve essere accolto in ordine a tutti i motivi proposti. In ordine al primo motivo risulta dalla sentenza appellata che nel giudizio di appello la società ha svolto eccezioni ed argomenti difensivi già risultanti nel ricorso di primo grado. In ordine al secondo e terzo motivo, tra loro connessi, premesso che in tema di ICI e nella ipotesi di immobile inagibile, inabitabile e comunque di fatto inutilizzato, l'imposta va ridotta al 50 per cento, ai sensi dell'art. 8, primo comma, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, e, qualora dette condizioni di inagibilità o inabitabilità - accertabili dall'ente locale o comunque autocertificabili dal contribuente permangano per l'intero anno, il trattamento agevolato deve estendersi a tutto il relativo arco temporale, erroneamente il giudice di appello ha rigettato il ricorso ritenendo non provato lo stato di inagibilità dell'immobile, peraltro mai contestato dal Comune di Verbania. Infatti, al contrario, era perfettamente noto al Comune di Verbania che l'immobile fosse in condizioni di grave inagibilità considerato che lo stesso Comune, scaduta la concessione edilizia in data 28/7/1998, non aveva concesso alcun permesso edificatorio sicché nessun intervento edilizio poteva essere eseguito. Infatti la permanenza dello stato di inagibilità che esclude il pagamento dell'ICI in misura integrale doveva ritenersi esistente anche se la contribuente non aveva presentato richiesta di usufruire del beneficio della riduzione del 50% prevista dall'art. 8 comma 1 D.Lgs 504/1992 tanto più che tale stato era noto al Comune e risulta confermato dalla istanza di variazione della destinazione da D4 a Unità Collabente presentata in data 13/2/2007 all'Agenzia del Territorio la quale ha dichiarato l'immobile unità collabente. Lo stato di inagibilità infine risulta confermato dal CTU nominato dalla CTR del Piemonte sezione 36 in analogo giudizio tra le parti, attualmente pendente davanti a questa Corte relativamente all'ICI dovuta per l'anno di imposta 2001, per cui tale perizia di ufficio costituisce prova idonea in ordine allo stato di inagibilità anche in mancanza di denuncia e richiesta del beneficio di cui all'art. 8 sopra indicato. A tal riguardo tenuto conto del principio di collaborazione e buona fede che deve improntare i rapporti tra ente impositore e contribuente L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 1 , di cui è espressione anche la regola secondo la quale al contribuente non può essere richiesta la prova dei fatti documentalmente noti all'ente impositore L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 4 , deve ritenersi che nessun altro onere probatorio gravasse nella fattispecie sul contribuente 23531/2008 . Sul punto si è pronunciata questa Corte con Sez. 5, Sentenza n. 12015 del 10/06/2015 secondo la quale In tema di ICI, qualora l'immobile sia dichiarato inagibile, l'imposta va ridotta, ai sensi dell'art. 8, comma 1, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, nella misura del 50 per cento anche in assenza di richiesta del contribuente poiché, tenuto conto del principio di collaborazione e buona fede che deve improntare i rapporti tra ente impositore e contribuente, a quest'ultimo non può essere chiesta la prova di fatti già documentalmente noti al Comune . Conseguentemente, il ricorso deve essere accolto. La sentenza impugnata deve essere cassata senza rinvio e la causa può essere decisa nel merito ex art. 384 cpc non richiedendo ulteriori accertamenti in punto di fatto, con accoglimento del ricorso introduttivo. Ricorrono giusti motivi per compensare fra le parti le spese dei gradi del giudizio di merito, stante l'evolversi della vicenda processuale, mentre le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico del Comune di Verbania. P.Q.M. Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo. Compensa le spese dei gradi di merito e condanna il Comune di Verbania al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in € 1.700,00 complessivamente oltre spese accessorie.