Spese ammodernamento azienda ammortizzabili entro l’anno

In merito all’ammortamento delle spese per l’ammodernamento dell’azienda, la Cassazione conferma che l’imprenditore può esercitare l’opzione tra la capitalizzazione degli oneri e la loro deduzione immediata entro i limiti quantitativi prefissati.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7885 del 20 aprile 2016, ha affermato che, in relazione alle spese di ammodernamento della sede aziendale, se queste non vengono imputate ad incremento del costo dei beni, sono ammortizzabili entro l’anno nei limiti del 5%. La vicenda coinvolge una società per azioni e l’Agenzia delle Entrate. Il contenzioso. A seguito di processo verbale di constatazione, l'Agenzia delle Entrate emetteva nei confronti di una società per azioni un avviso di accertamento contenente diversi rilievi tra i quali quelli relativi ai costi indeducibili, relativi a spese di manutenzione straordinaria per rifacimento del tetto dell'immobile sede dell'attività di impresa e a spese di manutenzione di uno stampo, dedotti per l'intero nell'anno di sostentamento in violazione dell'art. 102, comma 6, d.p.r. n. 917/1986. Avverso l'avviso di accertamento la società proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale che, con sentenza del novembre 2007, lo accoglieva parzialmente, annullando il rilievo relativo ai costi non inerenti, e confermando i restanti rilievi. Avverso la sentenza la società proponeva appello principale e l'Agenzia delle Entrate si costituiva proponendo appello incidentale la Commissione tributaria regionale con sentenza del novembre 2009 accoglieva parzialmente l'appello principale della società annullando il rilievo relativo a sopravvenienze passive non di competenza, costituite da una fattura di conguaglio di precedenti forniture di gas contabilizzata dalla società nel bilancio 2004, mentre secondo l'Ufficio la fattura pervenuta nell'aprile 2004, prima dell’approvazione del bilancio, avrebbe dovuto essere contabilizzata come fattura da ricevere nell'anno 2003 rigettava, invece, l’appello relativo alla questione dei costi indeducibili. Le spese di manutenzione e riparazione. Le spese di manutenzione e riparazione rappresentano costi che l’impresa sostiene per il mantenimento e/o il miglioramento della funzionalità, nonché per l’estensione della vita utile, dei cespiti di cui dispone, siano essi beni propri o beni di proprietà di terzi ad esempio, quelli detenuti in leasing . Nello specifico, con gli interventi di manutenzione si compiono operazioni aventi come principale finalità quella di preservare, e in alcuni casi anche di accrescere, l’efficienza e la produttività degli impianti. Diversamente, gli interventi di riparazione sono volti a ripristinare l’utilità dei beni. Alla luce di ciò, è possibile asserire che le spese di manutenzione hanno carattere preventivo, poiché riducono il rischio della perdita di efficienza del cespite, mentre i costi di riparazione si riferiscono a operazioni eseguite a posteriori, subordinatamente al verificarsi di un evento dannoso che ha cagionato una perdita di capacità funzionale del bene. I costi di manutenzione possono essere distinti in ordinari e straordinari, o incrementativi a tal proposito, l’Amministrazione finanziaria è intervenuta più volte per chiarirne il significato. Sulla base delle varie interpretazioni, è possibile distinguere le seguenti categorie di spese manutenzione e riparazione, ampliamento, ammodernamento e riattivazione. Le prime sono considerate ordinarie, mentre le altre tipologie sono da intendersi come straordinarie o incrementative. In verità il distinguo non si fonda su criteri oggettivi e inconfutabili, poiché si tratta di costi sostenuti dall’impresa in relazione alle peculiarità e alle necessità contingenti della sua attività tipica, differente da un’azienda all’altra. In altri termini, in relazione al business praticato dall’azienda, le spese sostenute per uno stesso intervento di manutenzione potrebbero essere rilevate come costo ordinario piuttosto che straordinario. I parametri soggettivi” sulla base dei quali è consuetudine distinguere le spese ordinarie di manutenzione da quelle straordinarie sono principalmente i seguenti - l’utilità economica del costo - il fattore tempo - l’ammontare del costo sostenuto. Utilità economica del costo In relazione all’utilità economica del costo, si classificano come ordinarie le manutenzioni finalizzate a preservare nel tempo la normale funzionalità del bene strumentale dell’impresa. I costi di manutenzione straordinaria, invece, determinano un miglioramento e/o ammodernamento del cespite, comportando un significativo incremento della sua produttività ovvero della sua vita utile. Tempo In base al fattore tempo, le spese ordinarie si caratterizzano per il loro andamento ciclico, nel senso che si riferiscono generalmente ad interventi eseguiti in determinati periodi dell’anno, ovvero sulla base delle particolari caratteristiche funzionali dell’impianto. Costo Infine, in relazione al costo, le spese di manutenzione ordinarie sono solitamente di ammontare contenuto rispetto ai costi per servizi che mediamente l’impresa sopporta. Per converso, le spese per interventi straordinari di manutenzione sono sostenute una tantum, vale a dire occasionalmente, e il loro ammontare è cospicuo, o comunque proporzionalmente più alto rispetto a quelle ordinarie. L’esigenza di distinguere le spese di manutenzione e riparazione ordinarie da quelle straordinarie non è fine a se stessa, ma ha rilevanti implicazioni sia di natura contabile che fiscale. Infatti, le spese ordinarie sono trattate come costo di esercizio, quindi di competenza del periodo amministrativo in cui sono sostenute, mentre le spese relative a manutenzioni e riparazioni straordinarie sono trattate come costo da capitalizzare, quindi riferito a più esercizi. Un’ulteriore distinzione circa il trattamento delle spese di manutenzione si fonda sul fatto che gli interventi relativi siano effettuati su beni propri o su beni di terzi. I giudici di legittimità evidenziano che l’art. 102, comma 6, d.p.r. n. 917/1986, stabilisce che le spese di manutenzione, riparazione, trasformazione e ammodernamento dei beni strumentali all’esercizio dell'impresa, qualora non siano imputate ad incremento del costo dei beni ai quali si riferiscono, sono deducibili nel limite del 5% del costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili l'eventuale eccedenza è deducibile per quote costanti nei cinque esercizi successivi a quello nel quale la spesa è stata sostenuta. La Corte di Cassazione evidenzia che la disposizione normativa consente all'imprenditore di esercitare l'opzione tra la capitalizzazione delle spese incrementative quale aumento del costo del bene ammortizzabile, ovvero la loro deduzione immediata entro i limiti quantitativi prefissati deduzione di importo non superiore al 5% del costo complessivo dei beni ammortizzabili deduzione dell'eccedenza per quote costanti nei cinque esercizi successivi . Ne consegue l'erroneità della interpretazione adottata nella sentenza impugnata, in cui si afferma che le spese di manutenzione aventi natura incrementativa, dovevano obbligatoriamente essere imputate ad aumento dei costi dei beni ammortizzabili, e non potevano rientrare nella quota del 5% ammortizzabile nell'anno .

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 29 gennaio – 20 aprile 2016, numero 7885 Presidente Di Amato – Relatore Locatelli Ritenuto in fatto A seguito di processo verbale di constatazione, l’Agenzia delle Entrate emetteva nei confronti di Mainetti spa un avviso di accertamento contenente tre rilievi 1 costi indeducibili, relativi a spese di manutenzione straordinaria per rifacimento del tetto dell’immobile sede dell’attività di impresa e a spese di manutenzione di uno stampo, dedotti per l’intero nell’anno di sostentamento in violazione dell’art. 102 comma 6 d.P.R. 22 dicembre 1986 numero 917 2 sopravvenienze passive non di competenza, relative ad una fattura di conguaglio di precedenti forniture di gas contabilizzata dalla società quale sopravvenienza passiva nel bilancio 2004 3 costi non inerenti relativi a spese di promozione commerciale nel mercato U.S.A. riaddebitati alla società italiana. Avverso l’avviso di accertamento la società proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Vicenza che con sentenza del 23.11.2007 lo accoglieva parzialmente, annullando il rilievo numero 3, relativo ai costi non inerenti, e confermando i restanti due rilievi. Avverso la sentenza la società proponeva appello principale e l’Agenzia delle Entrate si costituiva proponendo appello incidentale in relazione al capo della sentenza in cui era rimasta soccombente. La Commissione tributaria regionale di Venezia-Mestre con sentenza del 11.11.2009 accoglieva parzialmente l’appello principale della società annullando il rilievo numero 2 relativo a sopravvenienze passive non di competenza, costituite da una fattura di conguaglio di precedenti forniture di gas contabilizzata dalla società nel bilancio 2004, mentre secondo l’Ufficio la fattura pervenuta nell’aprile 2004, prima della approvazione del bilancio, avrebbe dovuto essere contabilizzata come fattura da ricevere nell’anno 2003 rigettava l’appello principale quanto al rilievo numero 1 e quello incidentale dell’Agenzia delle Entrate. Avverso la sentenza di appello la società Mainetti propone ricorso per i seguenti motivi 1 violazione dell’art. 102 comma 6 d.P.R. 22 dicembre 1986, numero 917, in relazione all’art. 360 comma 1 numero 3 cod.proc.civ., con riguardo al rilievo numero 1 relativo alla ritenuta indeducibilità delle spese di manutenzione 2 violazione dell’art. 112 cod.proc.civ. in relazione all’art. 360 numero 4 cod.proc.civ. per omesso esame del motivo di appello proposto dalla società in ordine alla interpretazione dell’art. 102 comma 6 d.P.R. 22 dicembre 1986 numero 917 3 omessa ed insufficiente motivazione in relazione all’art. 360 comma 1 numero 5 cod.proc.civ. con riferimento alla indeducibilità delle spese di manutenzione. Deposita memoria. L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso e propone ricorso incidentale per i seguenti motivi 1 nullità della sentenza per vizio di motivazione apparente, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, numero 4, poiché non è comprensibile l’iter logico che ha determinato il giudice di appello a confermare l’annullamento del rilievo relativo alla sopravvenienza passiva non di competenza 2 violazione del principio di competenza stabilito dall’art. 75 previgente d.P.R. 22 dicembre 1986 numero 917, in relazione all’art. 360 comma 1 numero 3 cod.proc.civ. 3 insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo, ai sensi dell’art. 360 comma 1 numero 5 cod.proc.civ., con riguardo al rigetto dell’appello incidentale dell’Ufficio circa la non inerenza delle spese per servizi infragruppo riaddebitati alla società Mainetti spa. Avverso il ricorso incidentale la società Mainetti resiste con controricorso. Considerato in diritto A Ricorso principale. 1. Il primo motivo è fondato. L’art. 102 comma6 d.P.R. 22 dicembre 1986 numero 917 stabilisce che le spese di manutenzione, riparazione, trasformazione e ammodernamento dei beni strumentali all’esercizio dell’impresa, qualora non siano imputate ad incremento del costo dei beni ai quali si riferiscono, sono deducibili nel limite del 5% del costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili l’eventuale eccedenza è deducibile per quote costanti nei cinque esercizi successivi a quello nel quale la spesa è stata sostenuta. La disposizione normativa consente all’imprenditore di esercitare l’opzione tra la capitalizzazione delle spese incrementative quale aumento del costo del bene ammortizzabile, ovvero la loro deduzione immediata entro i limiti quantitativi prefissati deduzione di importo non superiore al 5% del costo complessivo dei beni ammortizzabili deduzione dell’eccedenza per quote costanti nei cinque esercizi successivi . Ne consegue l’erroneità della interpretazione adottata nella sentenza impugnata, in cui si afferma che le spese di manutenzione aventi natura incrementativa, dovevano obbligatoriamente essere imputate ad aumento dei costi dei beni ammortizzabili, e non potevano rientrare nella quota del 5% ammortizzabile nell’anno . 2. Il secondo ed il terzo motivo sono assorbiti dall’accoglimento del primo. B Ricorso incidentale. 1. Il primo motivo è infondato. Non sussiste motivazione apparente perché la ratio decidendi alla quale si è attenuto il giudice di appello è resa manifesta dalla adesione alla argomentazione svolta dal giudice di primo grado e trascritta nella sentenza impugnata, secondo cui la contabilizzazione della fattura a conguaglio pervenuta alla società nell’aprile del 2004, emessa dalla società fornitrice di gas a seguito della ricostruzione dei consumi relativi agli anni precedenti dal 31.10.2002 al 10.1.2004 , non poteva essere inserita immediatamente nella contabilità relativa all’esercizio dell’anno 2003 in ragione della complessità dei dati esposti in fattura pertanto essa era stata legittimamente contabilizzata nel successivo esercizio 2004 quale sopravvenienza passiva, con soluzione fiscalmente neutra. 2. Il secondo motivo è inammissibile perché pone una questione giuridica astratta circa la portata del principio di competenza, non contraddetto dal giudice di appello che di tale principio ha fatto corretta applicazione, affermando la legittimità della deduzione del costo posticipata al momento in cui esso era divenuto determinabile, in conformità alla previsione contenuta nell’art. 109 comma 1 seconda parte del d.P.R. 22 dicembre 1986 numero 917. 3. La terza censura, relativa al vizio di motivazione insufficiente, è fondata. Dall’atto di appello incidentale proposto dalla Agenzia delle Entrate e trascritto nel ricorso incidentale, risulta che l’ufficio ha impugnato la decisione del giudice di primo grado devolvendo alla Commissione tributaria regionale il riesame della questione relativa alla prova della inerenza dei costi di promozione commerciale, sostenuti da una società consociata e riaddebitati alla società italiana, sotto plurimi profili quali mancanza di documentazione rendiconto fine anno contrattualmente previsto attestante il dettaglio dei costi sostenuti e la natura dei servizi realmente prestati riferibilità del costo ad altre società del gruppo interessate economicamente e geograficamente al mercato statunitense mancanza di collegamento tra costo ed utilità tratta dalla società italiana, ed altro. La motivazione svolta sul punto dal giudice di appello è priva di reale contenuto argomentativo, esaurendosi nella affermazione aprioristica che l’appello incidentale dell’Ufficio non è provato e che non risulta dalla documentazione in atti che l’addebito della spesa non avrebbe dovuto essere effettuato . Per i motivi esposti la sentenza deve essere cassata in accoglimento del primo motivo del ricorso principale e del terzo motivo del ricorso incidentale, con rinvio alla Commissione tributaria regionale del Veneto in diversa composizione perché proceda a nuovo giudizio sui punti indicati. P.Q.M. Accoglie il primo motivo del ricorso principale dichiara assorbiti il secondo ed il terzo. Rigetta il primo motivo del ricorso incidentale dichiara inammissibile il secondo accoglie il terzo motivo. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia per nuovo giudizio, anche sulle spese, alla Commissione tributaria regionale del Veneto in diversa composizione.