La sottoscrizione dell’avviso di accertamento da parte del funzionario delegato

L’accertamento è nullo se non reca la sottoscrizione del capo dell’ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 5360/16, depositata il 17 marzo. Il caso. Un contribuente impugna l’avviso di accertamento con il quale viene rettificata l’IRPEF dovuta per il periodo di imposta 2006 sulla base del metodo sintetico. Due sono le sue doglianze, la prima squisitamente formale e la seconda di portata sostanziale il contribuente ritiene illegittimo l’atto impositivo, perché manca un atto di delega da parte del titolare dell’Ufficio procedente al soggetto che lo ha firmato, e infondata la rettifica, perché le spese sostenute per il mantenimento di un automezzo e dell’abitazione principale risultano giustificate sulla base di documentazione bancaria. La Commissione Tributaria Regionale, riformando la pronuncia di prime cure, rigetta il ricorso del contribuente, ritenendo che l’atto di delega non deve esibito a terzi o al giudice, perché ha rilevanza meramente interna la certificazione bancaria, oltre a non essere stata ritualmente introdotta nel processo, non è idonea a dare dimostrazione della destinazione delle somme ivi risultanti. Nell’ordinanza in esame la Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso del contribuente, cassa con rinvio la sentenza impugnata. Sottoscrizione dell’avviso di accertamento. La questione centrale affrontata nell’ordinanza in rassegna è quella concernente la legittimità dell’atto impositivo sottoscritto non dal capo dell’ufficio o da altro impiegato della carriera direttiva art. 42, commi 1 e 3, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 ma da un funzionario delegato. Tra le funzioni espletate dal personale appartenente alla nona qualifica funzionale rientra infatti anche la sostituzione del dirigente in caso di assenza o impedimento così dispone l’art. 20, comma 1, lett. a , d.P.R. 8 maggio 1987, n. 266. Copiosa è la giurisprudenza di legittimità in materia. Nella sentenza n. 14626/2000 Cass., sez. trib., 10 novembre 2000, n. 14626, in CED Cass., Rv. 541572 si legge che, ai sensi dell’art. 42, commi 1 e 3, d.P.R. n. 600/1973 l’accertamento è nullo se non reca la sottoscrizione del capo dell’ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato. Su tale premessa, se la sottoscrizione non è quella del capo dell’ufficio titolare, per il personale appartenente alla nona qualifica funzionale, fermi i casi di sostituzione e reggenza di cui all’art. 20 comma 1, lett. a e b , d.P.R. n. 266/1987, è espressamente richiesta la delega a sottoscrivere il solo possesso della qualifica non abilita il direttore tributario alla sottoscrizione, dovendo il potere di organizzazione essere in concreto riferibile al capo dell’ufficio, onde, in caso di contestazione incombe all’Amministrazione finanziaria l’onere di dimostrare l’esercizio del potere sostitutivo o la presenza della delega. Tale orientamento può ritenersi consolidato cfr. Cass., sez. trib., 27 ottobre 2000, n. 14195, in CED Cass., Rv. 541264 Cass., sez. VI civ. T, 11 ottobre 2012 ord. , n. 17400, ibidem , Rv. 623931 Cass., sez. trib., 14 giugno 2013, n. 14942, ibidem, Rv. 627193, ove si precisa che tale conclusione è effetto diretto dell’espressa previsione della tassativa sanzione legale della nullità dell’avviso di accertamento e che solo in diversi contesti quali ad esempio la cartella esattoriale, il diniego di condono, l’avviso di mora, l’attribuzione di rendita e in mancanza di una sanzione espressa, opera la presunzione generale di riferibilità dell’atto all’organo amministrativo titolare del potere nel cui esercizio esso è adottato, mentre, per i tributi locali, è valida anche la mera firma stampata ex art. 3, comma 87, l. 28 dicembre 1995, n. 549 . Secondo la sentenza n. 18758/2014 Cass., sez. trib., 5 settembre 2014, n. 18758, in CED Cass., Rv. 631925 , l’art. 42, d.P.R. n. 600 del 1973 opera anche in materia di Iva in forza del richiamo implicito alla disciplina dell’accertamento per le imposte sui redditi, contenuto all’art. 56, comma 1, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633. Da ultimo la Sezione Tributaria della Corte di Cassazione ha fissato i seguenti principi - in base all’art. 42, d.P.R. n. 600/1973 l’avviso di accertamento è nullo se non reca la sottoscrizione del capo dell’ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato. A seguito della evoluzione legislativa ed ordinamentale sono oggi impiegati della carriera direttiva i funzionari della terza area di cui al contratto del comparto agenzie fiscali per il quadriennio 2002-2005 art. 17 . In base al principio della tassatività delle cause di nullità degli atti tributari, non occorre, ai meri fini della validità dell’atto, che i funzionari deleganti e delegati possiedano la qualifica di dirigente, ancorché essa sia eventualmente richiesta da altre disposizioni. Ove il contribuente contesti anche in forma generica la legittimazione del funzionario che ha sottoscritto l’avviso di accertamento ad emanare l’atto, è onere della Amministrazione che ha immediato e facile accesso ai propri dati fornire la prova del possesso dei requisiti soggettivi indicati dalla legge, sia del delegante che del delegato, nonché della esistenza della delega in capo al delegato Cass., sez. trib., 9 novembre 2015, n. 22800 . - in tema di accertamento tributario, la delega di cui all’art. 42, d.P.R. n. 600/1973 deve necessariamente indicare il nominativo del delegato, pena la sua nullità, che determina, a sua volta, quella dell’atto impositivo Cass., sez. trib., 9 novembre 2015, n. 22803 . - in tema di accertamento tributario, ai sensi dell’art. 42, d.P.R. n. 600 del 1973, l’atto deve essere sottoscritto, a pena di nullità, dal capo dell’ufficio o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato e, cioè, da un funzionario di area terza di cui al contratto del comparto delle agenzie fiscali per il quadriennio 2002-2005 , di cui non è richiesta la qualifica dirigenziale, sicché non incide sulla sua validità la declaratoria d’incostituzionalità dell’art. 8, comma 24, del d.l. n. 16 del 2012, convertito nella legge n. 44 del 2012 Cass., sez. trib., 9 novembre 2015, n. 22810 . Nell’ordinanza in commento la Sesta Sezione della Corte di Cassazione conferma la necessità del deposito dell’atto di delega da parte del titolare dell’ufficio, essendo esso stato espressamente contestato da parte del contribuente.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - T, ordinanza 17 febbraio 17 marzo 2016, n. 5360 Presidente Iacobellis Relatore Conti In fatto e in diritto L’Agenzia delle entrate di Bari notificava a un accertamento relativo alla ripresa a tassazione di IRPEF per l’anno di imposta 2006 sulla base del reddito determinato in via sintetica. Il contribuente impugnava l’atto innanzi al giudice tributario sostenendone la nullità sotto diversi profili, fra i quali l’inesistenza di un atto di delega da parte del titolare dell’Ufficio al soggetto che aveva firmato l’atto. La CTP di Bari accoglieva il ricorso con sentenza riformata dalla CTR della Puglia n. 584/2014/02, depositata l’11.3.2014. Secondo il giudice di appello il potere spettante al funzionario delegato a rappresentare l’ente prescinde dall’esistenza di un atto di designazione che, se emesso, è atto interno che non deve essere esibito a terzi o al giudice. Nel caso concreto non era sta contestata la qualifica del funzionario dell’ufficio, ma unicamente l’inesistenza di un atto di delega del titolare dell’ufficio. Nel merito evidenziava che la certificazione bancaria, oltre a non essere stata legittimamente introdotta nel processo in quanto non allegata ad un atto ufficialmente depositato in cancelleria, era del tutto inidonea a dimostrare la destinazione delle somme ivi risultanti al mantenimento dell’automezzo e dell’abitazione principale indicati dal contribuente nel questionario dallo stesso compilato. Il contribuente, in definitiva, non aveva offerto alcun elemento per smentire la presunzione di legge, essendosi limitato a elencare le spese di manutenzione auto e dell’abitazione principale, erroneamente confrontandole con la capacità reddituale induttivamente determinata in base ai coefficienti di redditività. L’atto impugnato non era dunque carente di motivazione era da considerare pienamente legittimo. La parte contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi al quale ha resistito l’Agenzia delle entrate con controricorso. La ricorrente ha pure depositato memoria. Con il primo motivo si deduce la violazione degli articolo comma dPR numero /73 e 7 comma l. n. 212/2000 in relazione alla questione della nullità dell'atto per mancanza della delega rilasciata al soggetto che aveva firmato l’atto impugnato, mai prodotta in atti, la CTR aveva disatteso la giurisprudenza di questa Corte che addossa sull’ufficio l’onere di dimostrare, in caso di contestazione, l'esistenza della delega stessa. Con il secondo motivo si deduce la violazione dell’articolo c.c Diversamente da quanto ritenuto dal giudice di appello, gravava sull'Ufficio l'onere di provare l’esistenza della delega. Con il terzo motivo si deduce la violazione dell’art. 38 commi 4 e 6 dPR numero /73.Ai fini del superamento della presunzione nascente dall'accertamento redatto sulla base di coefficienti parametrici alla stregua dell’art. 38 c.4 dPR n. 600/73 e sufficiente la dimostrazione di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte idonei a dimostrare il maggior reddito determinato sinteticamente. Pertanto, la dimostrata disponibilità di somme al 31.12.2005 era tale da vincere la presunzione dell’insufficienza del reddito dichiarato rispetto alle spese per l'acquisto e mantenimento dell’automezzo e dell’abitazione principale. L'Agenzia delle entrate ha dedotto l’infondatezza dei motivi di ricorso rilevando, quanto al primo, che la questione relativa alla nullità dell’alto per assenza di delega era stata tardivamente proposta dopo la proposizione del ricorso in primo grado e che la stessa, rigettata dalla CTP, non poteva essere riesaminata dalla CTR in quanto motivo nuovo. I primi due motivi, che vanno esaminati congiuntamente, sono fondati. Quanto al primo, in rito occorre evidenziare che il giudice di primo grado ritenne che l’eccezione di nullità dell’atto per mancanza di delega era stata tardivamente sollevata in epoca successiva alla proposizione del ricorso introduttivo. Nel corso del giudizio di appello la parte contribuentein quella fase appellataaveva riproposto la relativa eccezione di nullità dell’atto e la CTR, esaminandola nel meritoe dunque ritenendola implicitamente tempestivamente propostal’aveva disattesa. Rispetto a tale situazione l'Agenzia delle entrate non ha proposto ricorso incidentale volto ad impugnare la statuizione del giudice di appello che aveva ritenuto di esaminare nel merito l'eccezione di nullità, sicché la stessa non può più essere messa in discussione in questa sede quanto alla ormai accertatasia pure per implicitoritualità. Per quel che riguarda, invece, il merito, la prima e la seconda censura sono entrambe manifestamente fondate. Questa Corte ha più volte sostenuto che, fermi i casi di sostituzione e reggenza di cui al D.P.R 8 maggio 1987, n. 266, art. 20 comma 1, lett. a e b è espressamente richiesta la delega a sottoscrivere e che il solo possesso della qualifica non abilita il direttore tributario alla sottoscrizione, dovendo il potere di organizzazione essere in concreto riferibile al capo dell'ufficio Cass. 14626/00 . Più di recente questa Corte ha confermato tali principi ritenendo che L’avviso di accertamento è nullo ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 42 se non reca la sottoscrizione del capo dell'ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato. Se la sottoscrizione non è quella del capo dell'ufficio titolare ma di un funzionario, quale il direttore tributario, di nona qualifica funzionale, incombe all'Amministrazione dimostrare, in caso di contestazione, il corretto esercizio del potere sostitutivo da parte del sottoscrittore o la presenza della delega del titolare dell'ufficio, poiché il solo possesso della qualifica non abilita il direttore tributario alla sottoscrizione, dovendo il potere di organizzazione essere in concreto riferibile al capo dell’ufficio Cass. n. 17400/12 -cfr.Cass.n. 18758/14-. La CTR non si è attenuta a tali principi, affermando la non necessità del deposito dell'atto di delega da parte del titolare dell’ufficio fiscale espressamente contestato dalla parte contribuente. II terzo motivo di ricorso è inammissibile. La parte contribuente non ha infatti impugnato la statuizione con la quale la CTR ha ritenuto che la produzione della certificazione bancaria non era stata legittimamente introdotta nel processo. Tale affermazione, implicante l'inammissibilità della produzione documentale, è stata poi affiancata dalla valutazione in ordine alla inidoneità della stessa a vincere la presunzione nascente dal c.4 dell’articolo dPR numero /73. Tanto consente di ritenere inammissibile la censura relativa alla decisione del giudice di appello concernente l’idoneità della certificazione bancaria a superare la presunzione anzidetta. Ed infatti, questa Corte non ha mancato di rilevare, sia pure con riguardo al processo civileche pure si applica al rito tributario in via residuale, che ai sensi degli artt. 74 ed 87 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile, gli atti ed i documenti prodotti prima della costituzione in giudizio devono essere elencati nell'indice del fascicolo e sottoscritti dal cancelliere, mentre quelli prodotti dopo la costituzione vanno depositati in cancelleria con la comunicazione del loro elenco alle altre parti oppure, se esibiti in udienza, devono essere elencati nel relativo verbale, sottoscritto, del pari, del cancelliere , di guisa che l'inosservanza di tali adempimenti, rendendo irrituale la compiuta produzione, preclude alla parte la possibilità di utilizzarli come fonte di prova ed al giudice di merito di esaminarli, sempreché la controparte legittimata a far valere le irregolarità non abbia, pur avendone preso conoscenza, accettato, anche implicitamente, il deposito della documentazione-cfr.Cass.numero del 30/05/1997-. Ora, nel caso di specie l’Ufficio aveva espressamente evidenziato l'assenza di produzione documentale nel corso del giudizio-cfr.pag.4 righi 1 e 2 della sentenza impugnataDa ciò la necessità della parte ricorrente di impugnare la decisione del giudice di merito che si era ormai spogliato della potestas iudicandi per effetto della pronuncia di inammissibilità in rito della provav.Cass., 12 marzo 2012, n. 3927-. Sulla base di tali considerazioni, essendo passata in giudicato la statuizione concernente la ritualità della produzione, la censura concernente gli effetti prodotti dalla certificazione bancaria irritualmente acquisita è inammissibile. In conclusione, in accoglimento dei primi due motivi, inammissibile il terzo, la sentenza impugnata va cassata con rinvio ad altra sezione della CTR della Puglia per nuovo esame e per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. Visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c. Accoglie i primi due motivi di ricorso, inammissibile il terzo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR della Puglia anche per le spese del giudizio di legittimità.