La prescrizione per il rimborso dell’IVA è decennale

Se il contribuente indica nella dichiarazione il diritto al rimborso IVA tale diritto non può essere assoggettato al termine biennale ma bensì a quello di prescrizione ordinario decennale.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza numero 5172/16, depositata il 16 marzo. Il fatto. La vicenda analizzata dai Giudici di legittimità trae riscontro dalla sentenza del giugno 2009 con la quale la Commissione tributaria regionale rigettava l'appello proposto dall'Agenzia delle Entrate nei confronti di un contribuente confermando l'annullamento dell’atto di diniego del rimborso IVA, per l’anno d'imposta 1999. I giudici di secondo grado premettevano che il contribuente aveva presentato la dichiarazione IVA per l'anno 1998, contenente l'esposizione a rimborso di un credito d'imposta pari a 580 milioni delle vecchie lire e di una ulteriore eccedenza di 55.812.000 sempre delle vecchie lire da utilizzare in compensazione nell'anno successivo. Il problema nasceva dal fatto che per l'anno 1999, per errore, il credito verso l'erario era utilizzato nella minor misura di 35.812.000 delle vecchie lire. L’ufficio, a fronte della domanda avanzata nel maggio 2005, aveva negato rimborso della ulteriore eccedenza di 20 milioni delle vecchie lire, essendo decorso il termine biennale di cui al d.lgs. numero 546 del 1992, art. 21, comma 2. La Commissione tributaria regionale riteneva che la domanda di rimborso fosse stata tempestivamente avanzata entro il termine decennale di prescrizione, di cui all'art. 2946 c.c. e che il credito d'imposta si fosse consolidato una volta decorsi senza rilievi due anni dalla presentazione della dichiarazione annuale e gli ulteriori tre mesi per l'esigibilità del credito stesso. L'Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione. L’analisi della Cassazione. I Giudici di legittimità evidenziano che va data continuità all'orientamento, di recente ribadito dalla sentenza della Cassazione numero 6684 del 2 aprile 2015, secondo cui, in tema di IVA, deve tenersi distinta la domanda di rimborso o restituzione del credito d'imposta maturato dal contribuente, da considerarsi già presentata con compilazione nella dichiarazione annuale dei quadro relativo che configura formale esercizio del diritto, rispetto alla presentazione del modello apposito VR , che costituisce - ai sensi dell’art. 38 , comma 1, del d.P.R. numero 633/1972, solo presupposto per l'esigibilità del credito e, dunque, adempimento per dar inizio al procedimento di esecuzione del rimborso. Ne consegue che, una volta esercitato tempestivamente in dichiarazione il diritto al rimborso, esso non può considerarsi assoggettato al termine biennale di decadenza previsto dall'art. 21, del d.lgs. numero 546/1992, ma solo a quello di prescrizione ordinario decennale ex art. 2946 c.c La soluzione prospettata, oltre ad essere assolutamente maggioritaria e oramai consolidata, è coerente con l’intero sistema fiscale delineato dalla giurisprudenza di legittimità, atteso che da tempo si afferma che l'esposizione di un credito d’imposta nella denuncia dei redditi fa sì che non occorra, da parte del contribuente, al fine di ottenerne il rimborso, alcun altro adempimento, dovendo solo attendere che l'Amministrazione finanziaria eserciti, sui dati esposti in dichiarazione, il potere-dovere di controllo secondo la procedura di liquidazione delle imposte, ovvero, ricorrendone i presupposti, secondo lo strumento della rettifica della dichiarazione. Sicché una volta che il credito si sia consolidato, l’Amministrazione è tenuta ad eseguire il rimborso e il relativo credito del contribuente è soggetto alla ordinaria prescrizione decennale. La Cassazione ha, pertanto, respinto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate. Sull’argomento va rilevato che c’è stata in questi anni ampia giurisprudenza che conferma l’orientamento della sentenza in commento. La Corte di Cassazione con la sentenza numero 15229, del 12 settembre 2012, ha affermato che l’istanza di rimborso IVA presentata nella dichiarazione dei redditi è soggetta alla prescrizione decennale ed non biennale anche se il contribuente ha solo esposto il credito in dichiarazione senza presentare istanza nell’apposito modello. Alimentando il contrasto giurisprudenziale sulla prescrizione del rimborso IVA, la Corte di Cassazione, ha respinto il ricorso dell’amministrazione finanziaria che invocava la prescrizione biennale. Ad avviso del Collegio di legittimità, deve tenersi distinta la domanda di rimborso o restituzione del credito d'imposta maturato dal contribuente, da considerarsi già presentata con compilazione nella dichiarazione annuale del quadro relativo che configura formale esercizio del diritto, rispetto alla presentazione altresì del modello di rimborso, che costituisce solo presupposto per l'esigibilità del credito e, dunque, adempimento per dar inizio al procedimento di esecuzione del rimborso. Con la precedente sentenza della Corte di Cassazione, la numero 25318, del 15 dicembre 2010, i Giudici di legittimità hanno stabilito che in caso di cessazione dell’attività il termine per richiedere il rimborso IVA è decennale. La sezione tributaria, nel motivare il ricorso del cittadino, ha chiarito che in tema di IVA, la richiesta di rimborso relativa all'eccedenza d'imposta, risultata dalla cessazione dell'attività, essendo regolata dal comma 2, dell'art. 30, del d.P.R. numero 633/1972, è soggetta al termine di prescrizione ordinario decennale e non a quello biennale di cui all'art. 21, del d.lgs. numero 546/1992, applicabile in via sussidiaria e residuale, in mancanza di disposizione specifiche proprio perché l'attività non prosegue, non sarebbe infatti possibile portare l'eccedenza in detrazione l'anno successivo.

Corte di Cassazione, sez. Tributaria Civile, sentenza 23 novembre 2015 – 16 marzo 2016, numero 5172 Presidente Bielli – Relatore Cirillo Ritenuto in fatto Con sentenza del 29 giugno 2009, notificata il 21 ottobre 2009, la Commissione tributaria regionale del Piemonte rigettava l'appello proposto dall'Agenzia delle entrate nei confronti di M. A. , con fermando l'annullamento dell'atto di diniego del rimborso IVA per l'anno d'imposta 1999. II giudice d'appello premetteva in fatto che il contribuente aveva pre sentato la dichiarazione IVA per l'anno 1998, contenente l'esposizione a rimborso di un credito d'imposta pari 580 milioni di lire e di una ulteriore eccedenza di 55.812.000 di lire da utilizzare in compensazione nell'anno successivo. Sennonché nella dichiarazione per l'anno 1999, per errore, il credito verso l'erario era utilizzato nella minor misu ra di 35.812.000 di lire. L'ufficio, a fronte della domanda avanzata il 17 maggio 2005, aveva negato rimborso della ulteriore eccedenza di 20 milioni di lire, essendo decorso il termine biennale di cui al D.Lgs. numero 546 del 1992, articolo 21, co.2. Riteneva, invece, il giudice territoriale che la domanda di rimborso fosse stata tempestivamente avanzata entro il termine decenna le di prescrizione di cui all'articolo 2946 cod. civ. e che il credito d'imposta si fosse consolidato una volta decorsi senza rilievi due anni dalla presen tazione della dichiarazione annuale e gli ulteriori tre mesi per l'esigibilità dei credito stesso. II 19 dicembre 2009 l'Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cas sazione, affidato a unico motivo il contribuente, ritualmente intimato nel giudizio di legittimità rei. not. 23-24-28.12.2009 , non svolge attività difensiva. Considerato in diritto La difesa erariale sostiene, ai sensi dell'articolo 360 numero 3 cod. proc. civ., che sia errata la sentenza d'appello laddove ritiene operante l'ordina rio termine prescrizionale decennale articolo 2946 cod. civ. , mentre an che per il diritto al rimborso dell'IVA varrebbe il termine decadenziale biennale di cui all'articolo 21 D.Lgs. numero 546 del 1992. II ricorso non è fondato. Infatti, va data continuità all'orientamento - recentemente ribadito dalla sentenza di questa Corte numero 6684 del 2 aprile 2015 - secondo cui, in tema di IVA, deve tenersi distinta la domanda di rimborso o restituzione del credito d'imposta maturato dal contribuente - da considerarsi già presentata con compilazione nella dichiarazione annuale del quadro relativo che configura formale esercizio del diritto - rispetto alla presentazione altresì dei modello apposito VR , che costituisce - ai sensi dell'articolo 38-bis, co.1, D.P.R. numero 633 del 1972 - solo presupposto per l'esigibilità dei credito e, dunque, adempi mento per dar inizio al procedimento di esecuzione dei rim borso. Ne consegue che, una volta esercitato tempestivamente in dichiarazione il diritto al rimborso, esso non può considerarsi assoggettato al termine biennale di decadenza previsto dall'articolo 21 D.Lgs. numero 546 del 1992, ma solo a quello di prescrizione ordinario decennale ex articolo 2946 cod. civ. coni. Cass. numero 14070 del 2012 e numero 20039 dei 2011 . La soluzione prospettata, oltre ad essere assolutamente maggioritaria e oramai consolidata, è coerente con l'intero sistema fiscale delineato dalla giurisprudenza di legittimità, atteso che da tempo si af ferma che l'esposizione di un credito d'imposta nella denuncia dei red diti fa sì che non occorra, da parte dei contribuente, al fine di ottenerne il rimborso, alcun altro adempimento, dovendo solo attendere che l'Amministrazione finanziaria eserciti, sui dati esposti in dichiara zione, il potere-dovere di controllo secondo la procedura di liquida zione delle imposte, ovvero, ricorrendone i presupposti, secondo Io strumento della rettifica della dichiarazione. Sicché una volta che il credito si sia consolidato, l'Amministrazione è tenuta ad eseguire il rimborso e il relativo credito dei contribuente è soggetto alla ordinaria prescrizione decennale conf. Cass. numero 14070 del 2012 e giurisprudenza ivi cit. . E' appena il caso di ricordare, che secondo le regole vigenti all'epoca della presentazione della dichiarazione IVA in questione, i rimborsi previsti nell'articolo 30 sono eseguiti, su richiesta fatta in sede di dichiara zione annuale, entro tre mesi dalla scadenza del termine di presentazione del1a dichiarazione prestando, contestualmente all'esecu zione del rimborso e per una durata pari al periodo mancante al termine di decadenza dell'accertamento, cauzione ovvero fideiussione. Inoltre gli stessi rimborsi possono essere richiesti, utilizzando apposita dichiarazione redatta su modello approvato con decreto dirigenziale contenente i dati che hanno determinato l'eccedenza di credito. In tal caso i rimborsi sono eseguiti entro tre mesi dalla presentazione della dichiarazione, che vale come dichiarazione annuale limitatamente ai dati in essa indicati. Infine, i medesimi rimborsi possono essere richiesti con apposita istanza, anche ai competenti concessionari della riscossione secondo le modalità stabilite dalla legge 30 dicembre 1991, numero 413, articolo 78, co.27 e seg Ciò conferma che l'eccedenza d'imposta si ha per azionata anche con la sola esposizione fatta in sede di dichiarazione annuale. Ad analoghe conclusioni si giunge anche riguardo all'armonizzazione della sesta direttiva Cass numero 6684 del 2015 e numero 14070 dei 2012, cit. . Infatti, se è vero che gli Stati membri adottano le misure necessarie ad assicurare l'osservanza degli obblighi di dichiarazione e di pagamento, l'esatta riscossione dell'imposta e la prevenzione di frodi, tali misure però non possono mai eccedere gli obiettivi sopra indicati v. C. giust. UE, dec. Ecotrade e Collee , posto che per il principio di neutralità il diritto al ristoro dell'IVA versata a monte è principio basilare dei sistema comunitario cfr. C. giust. UE, dec. Molenheide e altri . L'orientamento, al quale si dà ulteriore continuità, è stato seguito in altre numerose e costanti decisioni secondo cui, ai fini della manifestazione di volontà di ottenimento del rimborso, deve aversi riguardo al fatto che nella dichiarazione annuale può rinvenirsi l'esplicitazione di una tale volontà, il che sottrae la fattispecie al termine biennale di decadenza, sancito in via residuale cfr. tra le tante Cass. numero 7684, numero 7685 e numero 152291 del 2012 numero 8813 e numero 23755 del 2013 numero 2005 e numero 3742 del 2014 . Dal rigetto dei ricorso non derivano conseguenze in punto di spese mancando attività difensiva dell'intimato. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso.