Costituzione di un vincolo di destinazione su beni con applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni

La costituzione di un vincolo di destinazione su beni nel caso di specie attraverso l’istituzione di un trust , costituisce - di per sé ed anche quando non sia individuabile uno specifico beneficiario - autonomo presupposto impositivo in forza dell’art. 2, comma 47, l. n. 286/2006, che assoggetta tali atti, in mancanza di disposizioni di segno contrario, ad un onere fiscale parametrato sui criteri di cui all’imposta sulle successioni e donazioni.

Tale assunto è stato statuito dalla Corte di Cassazione con la sentenza del 7 marzo 2016, n. 4482. Il caso. Una contribuente ha costituito, assieme al coniuge, un trust, di cui si nominava trustee, e di cui erano beneficiari per il fondo A gli stessi disponenti se in vita, diversamente i loro discendenti per il fondo B i disponenti, la propria madre e il fratello, se in vita, diversamente i loro eredi legittimi. Il Fisco ha ritenuto che all'atto di costituzione del trust andava applicata la tassazione sulle donazioni di cui alla L. n. 286/2006 art. 2, comma 47, e pertanto ha emesso avviso di liquidazione applicando l'aliquota dell’8%. Avverso tale atto ha proposto ricorso al giudice di prima istanza la contribuente l'adita Commissione Tributaria ha rigettato il ricorso e ha confermato l'atto impugnato. Avverso tale sentenza, poi, la contribuente ha proposto appello al giudice del gravame il quale, in accoglimento dell’'appello, ha riformato la sentenza di primo grado e ha annullato l'avviso di liquidazione. Gli Ermellini, con la pronuncia citata, hanno ribadito che l’atto costitutivo di un trust, in cui compaiono come disponenti due coniugi, che indicano se stessi altresì come beneficiari va assoggettato in relazione all'aliquota applicabile, alla misura dell’8% prevista dal comma 49, lett. c , della norma in questione, imposta dalla sua natura residuale, non rientrando la figura dei conferenti, che seguitano ad essere proprietari dei beni, in alcuna delle altre categorie previste dalla norma, che godono di aliquota inferiore . Conclusioni. Ai fini tributari, l’atto denominato trust, ma che ha effetti equiparabili a quelli del fondo patrimoniale, va qualificato come atto costitutivo di vincolo di destinazione, con le conseguenti assoggettabilità alla relativa imposta dei beneficiari della destinazione e responsabilità d'imposta del notaio rogante. L’atto rogato, benché denominato trust, non ne ha la fisionomia manca difatti uno dei tratti caratteristici, ossia il trasferimento a terzi da parte del settlor” dei diritti costituiti in trust, al fine del conseguimento dell’effetto, con carattere reale, di destinazione del bene alla soddisfazione dell’interesse programmato. Conferendo beni in trust, difatti, il disponente mira a modificare il risultato finale del negozio esterno di attribuzione patrimoniale, mediante l’obbligo assunto dal trustee d’imprimere a quanto trasferito la destinazione finale voluta conformemente alla definizione di trust, la causa del relativo negozio sta nella conformazione funzionalmente orientata della proprietà. Cass., sez. T, n. 3886/2015 . L’atto di costituzione del trust con cui il disponente, al fine di rafforzare la propria garanzia patrimoniale a favore di istituti bancari, conferisce in trust i beni immobili di cui è proprietario, nominando sé stesso come trustee, sconta l’imposta sulle successioni e donazioni con l’aliquota dell’8%. Il corretto trattamento impositivo indiretto dell’atto di costituzione di un trust autodichiarato e di garanzia”, richiede di assoggettare lo stesso ad imposizione in misura proporzionale, con l’aliquota residuale e massima dell’8%. Un atto di costituzione di un trust autodichiarato che serve al disponente per di rafforzare la propria garanzia patrimoniale a favore di istituti bancari, conferendo in trust i beni immobili di cui è proprietario e nominando se stesso come trustee, sconta l’imposta sulle successioni e donazioni con l’aliquota dell’8%. La semplice segregazione a favore sostanzialmente di se stesso diventa tassabile ad aliquota massima. Il Legislatore con l’art. 2, comma 47, d.l. n. 262/2006, ha previsto che l’imposta si applichi anche sulla costituzione di vincoli di destinazione ciò significa che non si tassa solo la donazione, ma anche in assenza di un trasferimento, nel caso di un vincolo di destinazione. La capacità economica è correlata al contenuto patrimoniale di atti o fatti, non già al trasferimento attuale di diritti la capacità contributiva, ha chiarito la Consulta, è da intendere come attitudine ad eseguire la prestazione imposta, correlata non già alla concreta situazione del singolo contribuente, bensì al presupposto economico al quale l’obbligazione è correlata Corte Cost., n. 315/1994 , di modo che è sufficiente che vi sia un collegamento tra prestazione imposta e presupposti economici presi in considerazione Corte Cost., n. 155/2001 . Tale assunto è stato precisato dalla Corte di Cassazione, Sesta Sezione Civile, con la sentenza n. 3735/2015. Pertanto, anche nel trust auto-dichiarato, in cui il disponente assume le funzioni di trustee, l’attribuzione dei beni in trust, pur in assenza di formali effetti traslativi, sconta l’imposta sulle successioni e donazioni 8 % . Tassazione del trust. Secondo l’Agenzia, la tassazione del trust deve avvenire al momento della costituzione di esso, ovvero nel momento in cui il disponente vincola i beni in trust circ. n. 48/E/2007, paragrafo 5.2 e non nel successivo momento in cui i beni vengono effettivamente attribuiti al beneficiario Il trust deve così essere assoggettato all’imposta sulle successioni e donazioni solo in sede di costituzione del vincolo e non anche nel momento in cui si realizza il passaggio dei beni segregati dal trustee ai beneficiari. La successiva devoluzione dei beni vincolati in trust ai beneficiari non costituisce pertanto un ulteriore presupposto impositivo, in quanto i beni hanno già scontato l’imposta sulle successioni e donazioni sulla costituzione del vincolo di destinazione al momento della segregazione in trust. Inoltre, essendosi realizzato il trasferimento di ricchezza ai beneficiari finali con la costituzione del vincolo, anche l’eventuale incremento del patrimonio del trust non sconta l’imposta sulle successioni e donazioni al momento della devoluzione. Con la circolare n. 48/E del 2007 la Direzione Centrale dell’Amministrazione Finanziaria afferma 1. il trust è riconducibile nella categoria dei vincoli di destinazione” e, come tale, soggetto alla reintrodotta imposta sulle successioni e donazioni 2. Il trust si sostanzia in un rapporto giuridico complesso che ha un’unica causa fiduciaria 3. ai fini della determinazione delle aliquote occorre guardare al rapporto intercorrente tra il disponente e il beneficiario 4. ciò induce a ritenere che la costituzione del vincolo di destinazione avvenga sin dall’origine a favore del beneficiario naturalmente nei trust con beneficiari e sia espressione dell’unico disegno volto a consentire la realizzazione dell’attribuzione liberale. La circolare n. 3/E del 2008, ribadisce i principi già espressi con la circolare n. 48/E del 2007, affermando che La costituzione di beni in trust rileva, in ogni caso, ai fini dell’applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni, indipendentemente dal tipo di trust , confermando che anche la costituzione di trust rientra tra i vincoli di destinazione e che il momento impositivo va individuato in occasione della segregazione del patrimonio, cioè alla costituzione del trust . Con la circolare n. 3/E del 22 gennaio 2008 l’Amministrazione finanziaria si è nuovamente soffermata sulla questione riguardante aliquote e franchigie applicabili, precisando che nell’ipotesi di trust costituito nell’interesse di uno o più beneficiari finali, anche se non individuati, il cui rapporto di parentela con il disponente sia determinato, l’aliquota d’imposta si applica con riferimento al rapporto di parentela intercorrente tra il disponente e il beneficiario e non a quello intercorrente fra il disponente e il trustee . L’Agenzia ha inoltre affermato che, qualora la disposizione segregativa sia generica, tale da non consentire l’individuazione del soggetto beneficiario, non è consentito usufruire delle franchigie, posto che queste rilevano, con riferimento a ciascun beneficiario, tenendo conto delle disposizioni precedentemente poste in essere in suo favore dallo stesso disponente . Sempre secondo tale documento di prassi la attribuzione dei beni al trust rileva, in ogni caso, ai fini dell’applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni, indipendentemente dal tipo di trust istituito. Pertanto, l’Agenzia ritiene che debbano essere assoggettati all’imposta sulle successioni e donazioni con aliquota in misura pari all’8 per cento anche gli atti attributivi di beni a trust realizzati nelle seguenti ipotesi • trust auto-dichiarato, in cui il disponente assume le funzioni di trustee • trust costituito nell’interesse di soggetti genericamente indicati e non identificabili in relazione al grado di parentela • trust di scopo fra cui rientrano i trust di garanzia , gestito per realizzare un determinato fine, senza indicazione di beneficiario finale.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – T, sentenza 8 luglio 2015 – 7 marzo 2016, n. 4482 Presidente/Relatore Cicala Fatto L'odierna intimata, in data 8.8.2008 costituiva, assieme al coniuge, un trust, denominato Trust K.L. , di cui si nominava trustee, e di cui erano beneficiari per il fondo A gli stessi disponenti l'odierna resistente e il di lei coniuge se in vita, diversamente i loro discendenti per il fondo B i disponenti, la propria madre e il fratello, se in vita, diversamente i loro eredi legittimi. L'amministrazione finanziaria, ritenendo che all'atto di costituzione del trust andasse applicata la tassazione sulle donazioni di cui alla L. 286/2006 art. 2, comma 47, emetteva avviso di liquidazione applicando l'aliquota dell’8%, per un ammontare complessivo di € 37.610. Avverso tale atto proponeva ricorso alla CTP di Milano la contribuente l'adita Commissione Tributaria rigettava il ricorso e confermava l'atto impugnato. Avverso tale sentenza la sig.ra V. proponeva appello alla CTR della Lombardia la quale, con decisione oggi ricorsa, accoglieva l'appello, riformava la sentenza di primo grado e annullava l'avviso di liquidazione. La Amministrazione ha proposto ricorso a questa Corte deducendo un unico articolato motivo. La contribuente resiste con controricorso e ricorso incidentale avverso la compensazione delle spese. Diritto La ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell'articolo art. 2, comma 47, L. 286/2006. La doglianza dell'ufficio è sintetizzabile nei seguenti termini posto che l'articolo 2, comma 47, della L. 286/2006 non soltanto resuscita l'imposta sulle donazioni e sulle successioni D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346 ma anche istituisce quella sugli atti che costituiscono vincoli di destinazione e posto che il trust, per definizione, costituisce un vincolo di destinazione sui beni che ne fanno parte, è giocoforza ritenere tassabile anche tale atto. La sentenza di secondo grado, dunque, nel ritenere che l'atto costitutivo del trust è tassabile solo nei limiti in cui costituisca un atto di liberalità incorre nel vizio di violazione di legge e ciò sia perché il trust è un istituto che determina in ogni caso un arricchimento del beneficiario sia perché la legge di cui si lamenta la violazione sottopone a tassazione tutti gli atti che costituiscono un vincolo di destinazione a prescindere dallo spirito di liberalità ad essi sotteso. Si esaminano preliminarmente le eccezioni di inammissibilità sollevate da parte resistente. La controricorrente lamenta in primis che il motivo di ricorso, nella sostanza, esula da quelli espressamente e tassativamente indicati dall'art. 360 c.p.c. secondariamente lamenta che l'ufficio non abbia preso posizione su alcuni aspetti essenziali della questione così come riproposti dalla sentenza di secondo grado quali il tempo della tassazione, il riconoscimento delle franchigie ed altri. Tali eccezioni sono infondate. La prima eccezione è infondata in quanto il motivo di ricorso si sostanzia effettivamente in una pretesa violazione dell’articolo 2 cit. La seconda eccezione è infondata in quanto la parte ricorrente si limita, correttamente, all’illustrazione del motivo di doglianza, non essendo necessario né corretto ripercorrere in questa sede le proprie argomentazioni su tutti gli elementi sottoposti al giudizio di secondo grado e non decisi dal giudice . Il ricorso deve essere accolto in adesione alla pregressa giurisprudenza di questa Corte. La dizione letterale della norma e la sua evoluzione nel complesso processo di elaborazione normativa che è sfociato nella attuale dizione dell'articolo art. 2, comma 47, L. 286/2006, evidenzia la volontà del legislatore di istituire una vera e propria nuova imposta che colpisce tuout curt degli atti che costituiscono vincoli di destinazione. Ciò in una visione di sfavore nei confronti dei vincoli negoziali di destinazione, scoraggiati attraverso la leva fiscale. Sopravvive ovviamente lo spazio per sostenere che l'istituzione di vincoli per cui è prevista una specifica disciplina o mirati a effetti espressamente approvati dal legislatore quale la definizione dei rapporti delle imprese in crisi non ricadano nell'ambito impositivo di questa norma ma simile ipotesi non si attaglia né è stata invocata nel caso di specie. E' quindi applicabile i dictum di questa Corte secondo cui il tenore della norma evidenzia che l'imposta è istituita non già sui trasferimenti di beni e diritti a causa della costituzione di vincoli di destinazione, come, invece, accade per le successioni e le donazioni, in relazione alle quali è espressamente evocato il nesso causale l'imposta è istituita direttamente, ed in sé, sulla costituzione dei vincoli . E’ dunque colpito un fenomeno patrimoniale del tutto diverso e distinto rispetto a quello investito dalla imposta sulle successioni e donazioni prevista nel medesimo comma . Perciò appaiono incongrue tutte le riflessioni che collegano la tassazione alla identificazione di un qualche utile o vantaggio percepito da un soggetto, e quindi ad esempio vorrebbero collegare l'onere tributario alla acquisizione dei beni da parte di un soggetto legittimato ad utilizzarli a proprio esclusivo vantaggio. Rinviando così sine die la tassazione od escludendola ove questo vantaggio non derivi dal negozio costitutivo del vincolo. Né la tassazione della ricchezza in sé , in quanto evidenziata dall'atto di disposizione, si pone in contrasto con l'art. 53 della Costituzione. L'atto negoziale esprime infatti una capacità contributiva ancorché non determini o non determini ancora alcun vantaggio economico diretto per qualcuno. La gran parte della tassazione indiretta colpisce, del resto, la manifestazione di ricchezza e non necessariamente l'arricchimento. Anche nella compravendita l'imposta di registro coinvolge la manifestazione di ricchezza delle parti, senza che si indaghi se ed in quale misura esse abbiano tratto dall'operazione vantaggio economico che ben può non sussistere se i beni sono ceduti a prezzo di mercato. Mentre l'arricchimento vero e proprio potrà se mai essere inciso sotto il profilo della plusvalenza. Né le indubbie difficoltà tecniche che suscita l'applicazione della norma consentono all'interprete di sfuggire ad una puntuale disposizione impositiva infatti adducere inconveniens non est solvere argumentum . La previsione in unico cotesto normativo di due imposte intrinsecamente diverse quali l’imposta sulle successioni e donazioni e quella sulla istituzione di vincoli di destinazione, suscita notevoli difficoltà in quanto l'originario rinvio alla disciplina della imposta di registro si è rivelato incongruo per la imposta sulle successioni ed ha costretto il legislatore a richiamare in vita la vecchia specifica normativa su tale imposta. Ma la disciplina dell'imposta sulle successioni è, a sua volta, poco adatta ad una imposta sui vincoli di destinazione. Quindi l’atto costitutivo di un trust, in cui comparivano come disponenti due coniugi, che indicavano se stessi altresì come beneficiari è stato assoggettato in relazione all'aliquota applicabile, alla misura dell’8% prevista dal comma 49, lett. c , della norma in questione, imposta dalla sua natura residuale, non rientrando la figura dei conferenti, che seguitano ad essere proprietari dei beni, in alcuna delle altre categorie previste dalla norma, che godono di aliquota inferiore ordinanza 3886/2915 . La sentenza impugnata deve dunque essere cassata con rinvio al giudice di merito che deciderà la controversia in base al seguente principio di diritto La costituzione di un vincolo di destinazione su beni nel caso di specie attraverso l’istituzione di un trust , costituisce -di per sé ed anche quando non sia individuabile uno specifico beneficiario autonomo presupposto impositivo in forza dell’art. 2, comma 47, L. 286/2006, che assoggetta tali atti, in mancanza di disposizioni di segno contrario, ad un onere fiscale parametrato sui criteri di cui alla imposta sulle successioni e donazioni. Il giudice di merito provvederà anche per le spese. P.Q.M. Accoglie il ricorso, cassa l'impugnata sentenza e rinvia ad altra sezione CTR della Lombardia.