Redditometro: l’accertamento non si annulla se non si dimostra un nesso tra donazione e acquisto

In materia di redditometro al fine di annullare l’accertamento è insufficiente dimostrare la donazione perché occorre che tra la stessa donazione e gli acquisti ci sia una connessione.

Con la sentenza 20 gennaio 2016, numero , la Sesta Sezione Tributaria della Cassazione, ha stabilito che nell’ambito dell’accertamento sintetico deve essere documentale anche la prova delle liberalità che, secondo il contribuente, ha consentito l’incremento patrimoniale per annullare un accertamento è necessario che fra la donazione e gli acquisti ci sia una connessione. Il fatto. L’Agenzia delle Entrate è ricorsa nei confronti di un contribuente avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale avente ad oggetto l’impugnazione di avvisi di accertamento emessi ex articolo del d.P.R. n. 600/73 riguardanti l’IRPEF per gli anni 2003-2004 i giudici di secondo grado avevano confermato la decisione di primo grado favorevole alla contribuente. In particolare, il Giudice d’appello ha argomentato la decisione dando atto che, dalla documentazione prodotta, si evince che la ricorrente ha assolto ai suoi obblighi nei confronti del fisco. In particolare la contribuente lavoratrice dipendente nel periodo in contestazione ha dato atto della maniera in cui è venuta in possesso dei beni a lei intestati atto di donazione da parte della madre con disponibilità finanziarie tassate e/o intassabili legalmente pertanto sia in contenuto che in merito gli avvisi impugnati, per i giudici del merito, erano privi di ragionevolezza ed erano da annullare. Il redditometro e la giurisprudenza di legittimità. Va rilevato che attraverso il redditometro, l'Agenzia delle Entrate prende come riferimento il possesso o la disponibilità di taluni beni che sono sintomo indicatori di capacità contributiva e associa agli stessi un certo reddito, utilizzando appositi coefficienti e dati tratti da un Decreto ministeriale del Ministero dell'Economia e delle Finanze. Così facendo, individua una sorta di reddito congruo in relazione al mantenimento di ogni bene. I singoli redditi associati ai beni vengono cumulati, con opportuni aggiustamenti di decurtazione, dando vita al reddito sintetico complessivamente accertato in capo al contribuente. Qualora il reddito individuato risulti maggiore rispetto a quello dichiarato, e lo scostamento sia superiore a 1/5, l'amministrazione finanziaria sarà legittimata a emettere un avviso di accertamento, basato proprio su tale rideterminazione sintetica del reddito. La ratio è, in sostanza, che se il contribuente ha potuto permettersi certe spese, avrà dovuto pur finanziarle in un certo modo, che il fisco presume essere la percezione di redditi in nero. Spetterà a questo punto al contribuente dimostrare che il mantenimento dei beni che risultano in suo possesso è finanziato da redditi esenti e come tali non suscettibili di dichiarazione , da smobilizzi patrimoniali, da elargizioni del coniuge o genitore o, in generale, offrire qualunque giustificazione che escluda la percezione di redditi non dichiarati al fisco. La sentenza della Corte di Cassazione, numero /2014 , ha affermato che scatta l’accertamento sintetico al contribuente che acquista un’automobile grazie alla donazione di somme di denaro da parte di un parente. Con tale pronuncia i Giudici di legittimità hanno bocciato il ricorso di un contribuente, proprietario di quattro automobili e un immobile, cui il fisco notificava un avviso di accertamento a fini Irpef. L’istanza del ricorrente veniva accolto dalla CTP sulla base del fatto che una delle auto era stata acquistata grazie alla donazione della madre, la quale, a sua volta, le aveva ricevute a titolo di indennizzo di un sinistro. Di diverso avviso la commissione regionale l’accertamento sintetico operato dall’Amministrazione finanziaria è legittimo. La CTR ha, infatti, rilevato la sussistenza di una discrasia temporale tra la data di immatricolazione dell’autovettura 2007 e quella della transazione gennaio 1998 in virtù della quale la madre del contribuente avrebbe conseguito l’indennizzo di un sinistro, tale da rendere non plausibile la tesi difensiva secondo cui tale somma sarebbe stata utilizzata per l’acquisto dell’autovettura . La Corte di Cassazione ha affermato che In tema di accertamento dei redditi, costituiscono ai sensi dell’articolo 2 del d.P.R. n. 600/73, nel testo applicabile nella fattispecie ratione temporis , elementi indicativi di capacità contributiva, tra gli altri, specificamente la disponibilità in Italia o all’estero di autoveicoli, nonché di residenze principali o secondarie . La disponibilità di questi beni costituisce, quindi, una presunzione di capacità contributiva da qualificare legale ai sensi dell’articolo 2728 c.c., perché è la stessa legge che impone di ritenere conseguente al fatto certo di tale disponibilità l’esistenza di una capacità contributiva mentre grava sul contribuente fornire la prova di redditi non imponibili idonei al mantenimento ivi compreso l’originario acquisto del possesso di tali beni . La Corte di Cassazione in tale occasione ha rigettato il ricorso e ha condannato il contribuente al pagamento delle spese processuali. L’Agenzia delle Entrate deduce con l’unico motivo la violazione e falsa applicazione dell’articolo , commi 4, 5 e 6 del d.P.R. numero /73 e degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c. in relazione all’art. 360, nnumero e 5 c.p.c., laddove la Commissione Tributaria Regionale aveva omesso, malgrado le contrarie argomentazioni svolte in appello, ogni indagine circa il necessario assolvimento dell’onere probatorio, da parte della contribuente, fondato sulla produzione di idonea prova documentale circa l’affermata esistenza della liberalità. Per i Giudici di legittimità la censura è fondata. Il metodo di accertamento sintetico del reddito. Il d.P.R. n. 600/73, art. 38, disciplina, fra l'altro, il metodo di accertamento sintetico del reddito e, nel testo vigente ratione temporis cioè tra la l. n. 413/91, e il d.l. n. 78/10, convertito in l. n. 122/10 , prevede da un lato , la possibilità di presumere il reddito complessivo netto sulla base della valenza induttiva di una serie di elementi e circostanze di fatto certi, costituenti indici di capacità contributiva, connessi alla disponibilità di determinati beni o servizi ed alle spese necessarie per il loro utilizzo e mantenimento in sostanza, un accertamento basato sui presunti consumi dall’altro contempla le spese per incrementi patrimoniali , cioè quelle , di solito elevate , sostenute per l'acquisto di beni destinati ad incrementare durevolmente il patrimonio del contribuente. Resta salva, in ogni caso, ai sensi del sesto comma, dell’art 38 cit. la prova contraria, consistente nella dimostrazione documentale della sussistenza e del possesso, da parte del contribuente, di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta con riferimento alla complessiva posizione reddituale dell'intero suo nucleo familiare, costituito dai coniugi conviventi e dai figli, soprattutto minori , o, più in generale, nella prova che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore. I confini della prova contraria a carico del contribuente . I Giudici di legittimità osservano che con un recente orientamento Cass. 8995/2014 richiamata dalla successiva Cass.n. 25104/2014 sono stati chiariti che i confini della prova contraria a carico del contribuente, a fronte di un accertamento induttivo sintetico ex articolo d.P.R. n. 600/1973 a norma dell'art. 38, comma 6, d.P.R. n. 600/1973 , l'accertamento del reddito con metodo sintetico non impedisce al contribuente di dimostrare, attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta, tuttavia la citata disposizione prevede anche che l'entità di tali redditi e la durata del loro possesso devono risultare da idonea documentazione . La norma chiede qualcosa di più della mera prova della disponibilità di ulteriori redditi esenti ovvero soggetti a ritenute alla fonte , e, pur non prevedendo esplicitamente la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, chiede tuttavia espressamente una prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere . In tal senso va letto lo specifico riferimento alla prova risultante da idonea documentazione della entità di tali eventuali ulteriori redditi e della durata del relativo possesso, previsione che ha l'indubbia finalità di ancorare a fatti oggettivi di tipo quantitativo e temporale la disponibilità di detti redditi per consentire la riferibilità della maggiore capacità contributiva accertata con metodo sintetico in capo al contribuente proprio a tali ulteriori redditi, escludendo quindi che i suddetti siano stati utilizzati per finalità non considerate ai fini dell'accertamento sintetico, quali, ad esempio, un ulteriore investimento finanziario, perché in tal caso essi non sarebbero ovviamente utili a giustificare le spese e/o il tenore di vita accertato, i quali dovrebbero pertanto ascriversi a redditi non dichiarati. Nella specifica ipotesi di liberalità, poi, la Cassazione, osservano i Giudici di legittimità ha statuito che nell’ambito dell’accertamento sintetico la prova delle liberalità che hanno consentito l'incremento patrimoniale deve essere documentale e la motivazione della pronuncia giurisdizionale deve fare preciso riferimento ai documenti che la sorreggono ed al relativo contenuto . La sentenza impugnata la quale, pur a fronte di elementi documentali di segno contrario ha, genericamente, affermato che la contribuente aveva dato atto della maniera in cui era venuta in possesso dei beni a lei intestati, reputando all’occorrenza sufficiente la dedotta liberalità ad opera della madre, senza neppure valutare se detta donazione fosse idoneamente documentata e, soprattutto, fornisse la prova della permanenza nel tempo del possesso dei relativi redditi, si è discostata, nell’applicazione della normativa di riferimento, dai principi sopra illustrati. Ne consegue, in accoglimento del ricorso, la cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio al Giudice di merito affinché provveda, adeguandosi ai superiori principi, al riesame della vicenda processuale ed a regolare le spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile T, sentenza 25 novembre 2015 20 gennaio 2016, n. 916 Presidente iacobellis Relatore Crucitti Considerato in diritto 1. Con l'unico motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell'articolo , commi 4, 5 e 6 d.p.r. numero del 1973 e degli articolo , 2727 e 2729 c.c. in relazione all'articolo nnumero e 5 c.p.c., laddove la Commissione Tributaria Regionale aveva omesso, malgrado le contrarie argomentazioni svolte in appello, ogni indagine circa il necessario assolvimento dell'onere probatorio, da parte della contribuente, fondato sulla produzione di idonea prova documentale circa l'affermata esistenza della liberalità. 2. La censura è fondata. Il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, disciplina, fra l'altro, il metodo di accertamento sintetico del reddito e, nel testo vigente ratione temporis cioè tra la L. n. 413 del 1991, e il D.L. n. 78 del 2010, convertito in L. n. 122 del 2010 , prevede, da un lato comma 4 , la possibilità di presumere il reddito complessivo netto sulla base della valenza induttiva di una serie di elementi e circostanze di fatto certi, costituenti indici di capacità contributiva, connessi alla disponibilità di determinati beni o servizi ed alle spese necessarie per il loro utilizzo e mantenimento in sostanza, un accertamento basato sui presunti consumi dall'altro comma 5 , contempla le spese per incrementi patrimoniali , cioè quelle - di solito elevate - sostenute per l'acquisto di beni destinati ad incrementare durevolmente il patrimonio del contribuente. Resta salva, in ogni caso, ai sensi del sesto comma dell'art. 38 cit., la prova contraria, consistente nella dimostrazione documentale della sussistenza e del possesso, da parte del contribuente, di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d'imposta con riferimento alla complessiva posizione reddituale dell'intero suo nucleo familiare, costituito dai coniugi conviventi e dai figli, soprattutto minori Cass. n. 5365 del 2014 , o, più in generale, nella prova che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore Cass. nn. 20588 del 2005, 9539 del 2013 . Con recente pronuncia poi, questa Corte Cass. 8995/2014 richiamata dalla successiva Cass.numero /2014 ha così chiarito i confini della prova contraria a carico del contribuente, a fronte di un accertamento induttivo sintetico ex articolo DPR 600/1973 A norma dell'art. 38, comma sesto d.p.r. n. 600 del 1973, l'accertamento del reddito con metodo sintetico non impedisce al contribuente di dimostrare, attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente e costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta, tuttavia la citata disposizione prevede anche che l'entità di tali redditi e la durata del loro possesso devono risultare da idonea documentazione . La norma chiede qualcosa di più della mera prova della disponibilità di ulteriori redditi esenti ovvero soggetti a ritenute alla fonte , e, put non prevedendo esplicitamente la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, chiede tuttavia espressamente una prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere . In tal senso va letto lo specifico riferimento alla prova risultante da idonea documentazione della entità di tali eventuali ulteriori redditi e della durata del relativo possesso, previsione che ha l'indubbia finalità di ancorare a fatti oggettivi di tipo quantitativo e temporale la disponibilità di detti redditi per consentire la riferibilità della maggiore capacita contributiva accertata con metodo sintetico in capo al contribuente proprio a tali ulteriori redditi, escludendo quindi che i suddetti siano stati utilizzati per finalità non considerate al fini dell'accertamento sintetico, quali, ad esempio, un ulteriore investimento finanziario, perché in tal caso essi non sarebbero ovviamente utili a giustificare le spese e/o il tenore di vita accertato, i quali dovrebbero pertanto ascriversi a redditi non dichiarati . Nella specifica ipotesi di liberalità, poi, questa Corte ha statuito che nell'ambito dell'accertamento sintetico la prova delle liberalità che hanno consentito l'incremento patrimoniale deve essere documentale e la motivazione della pronuncia giurisdizionale deve fare preciso riferimento ai documenti che la sorreggono ed al relativo contenuto cfr. Cass. numero / 2010 Cass.6397/2014 . 3. La sentenza impugnata la quale -pur a fronte di elementi documentale di segno contrario tutti riportati in ossequio al principio di autosufficienza in ricorso - ha, genericamente, affermato che la contribuente aveva dato atto della maniera in cui era venuta in possesso dei beni a lei intestati, reputando all'uopo sufficiente la dedotta liberalità ad opera della madre, senza neppure valutare se detta donazione fosse idoneamente documentata e, soprattutto, fornisse la prova della permanenza nel tempo del possesso dei relativi redditi, si è discostata, nell'applicazione della normativa di riferimento, dai principi sopra illustrati. 4. Ne consegue, in accoglimento del ricorso, la cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio al Giudice di merito affinché provveda, adeguandosi ai superiori principi, al riesame della vicenda processuale ed a regolare le spese processuali. P.Q.M. La Corte, in accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Commissione Tributaria Regionale della Toscana in diversa composizione.