Contraddittorio: è l’amministrazione finanziaria che deve dimostrare di aver invitato il contribuente

L’accertamento basato sull’applicazione degli studi di settore nasce solo dall’esito del confronto tra contribuente e amministrazione finanziaria nel contraddittorio se l’Amministrazione Finanziaria non dimostra di aver convocato il contribuente per il contraddittorio l’accertamento è nullo.

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 24506, del 2 dicembre 2015, ha affermato che affinché un accertamento basato sugli studi di settore sia valido, è necessario aver dimostrato che il contribuente sia stato invitato al contraddittorio. Il fatto. L’Agenzia delle Entrate ha rideterminato, con avviso di accertamento notificato il 16 gennaio 2005, il reddito di lavoratore autonomo ed il volume d’affari dichiarati con modello Unico di un soggetto esercente l’attività professionale di commercialista in virtù dell’applicazione dei parametri ha ricostruito i maggiori compensi professionali ne è seguita una pretesa impositiva per maggiori IRPEF, addizionale regionale, IRAP ed IVA, con contestuale provvedimento d’irrogazione delle sanzioni. Il professionista ha impugnato l'avviso di accertamento, deducendone tra l’altro, la nullità dell’accertamento per la mancanza della previa fase procedimentale di contraddittorio. La Commissione Tributaria Provinciale ha respinto il ricorso del contribuente e quella regionale ne ha quasi integralmente respinto l’appello. Avverso tale sentenza il professionista è ricorso in Cassazione con una importante difesa oltre ventuno motivi tra i quali il fatto relativamente all’argomento che interessa il presente commento che censura la sentenza della CTR la quale ha reputato legittimo l’avviso di accertamento sebbene esso non fosse stato preceduto dall’espletamento della fase di contraddittorio. L’attivazione del contraddittorio negli studi di settore. Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità i parametri e gli studi di settore, rappresentano un complesso ed organico sistema di presunzioni semplici le quali impongono alcuni precisi obblighi per gli uffici dell’Amministrazione finanziaria. L’Amministrazione finanziaria, pertanto, in caso di accertamento da studio di settore deve 1 procedere all’attivazione del confronto con il contribuente sul piano della difformità dei dati della dichiarazione rispetto agli elementi desumibili dal modello statistico di riferimento 2 analizzare la posizione del soggetto verificato avuto riguardo alla natura statistica” del modello astrattamente applicabile 3 da un lato spiegare la motivazione dell’accertamento, sulla base delle conclusioni cui è autonomamente pervenuta l’Amministrazione finanziaria 4 dell’altro, dando rilievo alle argomentazioni opposte dal contribuente, deve illustrare le ragioni per le quali esse non appaiono meritevoli di accoglimento. Soltanto all’esito dell’intero svolgimento di tale percorso di adeguamento l’accertamento originato dall’applicazione del criterio statistico, può dirsi legittimamente adottato . Per gli studi di settore il contraddittorio previsto espressamente dall’art. 10, comma 3- bis , l. n. 146/1998, rappresenta lo strumento con cui adeguare alla concreta realtà economica del singolo contribuente il risultato stimato dallo studio di settore. L’assenza del contraddittorio determinerebbe un automatismo nell’applicazione degli studi di settore che contrasterebbe con le previsioni di cui agli artt. 3, 24, 53 della Cost., i quali, in generale, mirano a far sì che l’imposizione tributaria operi secondo il principio della capacità contributiva, attraverso un esercizio dell’azione accertatrice orientato alla ricostruzione del reddito effettivo e non meramente presuntivo. L’analisi della Cassazione. I Giudici di legittimità osservano che l’accertamento tributario standardizzato mediante applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli standard in sé considerati, meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività, ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente. Di qui la conseguenza che l’ufficio può motivare l’accertamento sulla sola base dell’applicazione degli standard, ma soltanto nell’ipotesi in cui dia conto dell’impossibilità di costituire il contraddittorio con il contribuente, nonostante rituale, apposito invito. Spetta quindi all’amministrazione dimostrare di aver inviato e fatto recapitare l’invito al contraddittorio, costituendo, questo, il presupposto per l’utile applicazione dei parametri in caso di mancata risposta del contribuente. Nel caso in esame, di contro, risulta accertato in fatto che la richiesta di instaurazione del contraddittorio con il professionista sia stata recapitata all’indirizzo precedente al trasferimento della sede di esercizio dell’attività regolarmente denunciata all’amministrazione finanziaria e la raccomandata è stata consegnata ad un soggetto diverso dal professionista ricorrente, del quale il Giudice d’appello deduce la qualità di incaricato o ritenutosi tale . La Corte di Cassazione osserva che non vi è prova alcuna del contenuto della raccomandata non vi è prova, in particolare, che la raccomandata contenesse l’invito al contraddittorio del quale si discute. A partire dal 15 maggio 1998, data di entrata in vigore dell'art. 20 della l. n. 146/1998 il quale ha modificato l'art. 14 della l. n. 890/1982 , gli uffici finanziari possono procedere alla notificazione a mezzo posta ed in modo diretto degli avvisi e degli atti che per legge vanno notificati al contribuente. Ne consegue che, quando il predetto ufficio si sia avvalso di tale facoltà di notificazione semplificata, alla spedizione dell'atto si applicano le norme concernenti il servizio postale ordinario e non quelle della legge n. 890/1982. L’applicazione delle norme concernenti il servizio postale ordinario postula, peraltro, che il plico sia spedito all’indirizzo del destinatario, perché possa operare la presunzione di conoscenza fissata dall’art. 1335 c.c La sentenza impugnata è dunque errata in diritto, in quanto il Giudice d’appello si è contentato, per ritenere correttamente provocata l’instaurazione del contraddittorio prodromica all’impiego dei parametri, di una notificazione di una raccomandata postale, della quale è rimasto ignoto il contenuto, recapitata ad un indirizzo diverso da quello della residenza anagrafica nonché da quello della sede dell’attività e consegnata a soggetto diverso dal destinatario, del quale non sono emerse le generalità, né eventuali rapporti con il professionista.

Corte di Cassazione, sez. V Civile, sentenza 2 dicembre 16 novembre 2015, n. 24506 Presidente Piccininni – Relatore Perrino Fatto L'Agenzia delle entrate ha rideterminato, con avviso di accertamento notificato il 16 gennaio 2005, il reddito di lavoratore autonomo ed il volume d'affari dichiarati con modello unico in data 29 ottobre 1999 per l'anno d'imposta 1998 da P.M. , esercente l'attività professionale di commercialista, in virtù dell'applicazione dei parametri previsti dall'art. 3, commi 181 e 183 della l. 549/95, nonché dall'art. 4 del d.P.R. n. 195/99, che ha condotto alla ricostruzione di maggiori compensi professionali. Ne è seguita una pretesa impositiva per maggiori irpef, addizionale regionale, irap ed iva, con contestuale provvedimento d'irrogazione delle sanzioni. Il contribuente ha impugnato l'avviso di accertamento, deducendone la carenza di motivazione, la violazione dell'art. 7, comma 1, ultimo periodo della l. n. 212 del 2000, la violazione delle norme concernenti l'esercizio del potere di accertamento, con particolare riguardo all'applicazione dei parametri, l'illegittimità del d.P.C.M. del 29 gennaio 1996, la nullità dell'accertamento per la mancanza della previa fase procedimentale di contraddittorio, l'infondatezza nel merito della ricostruzione dei maggiori compensi, l’illegittimità dell'irrogazione della sanzione pecuniaria, l'intervenuta decadenza dal potere di accertamento, per l'inutile decorso del termine rispettivamente previsto dagli art. 43 del d.P.R. n. 600/73 e 57 del d.P.R. n. 633/72, in considerazione dell'inapplicabilità della proroga biennale prevista dall'art. 10 della l. n. 289 del 2002. La Commissione tributaria provinciale ha respinto il ricorso del contribuente e quella regionale ne ha quasi integralmente respinto l'appello, osservando che - quanto al dedotto vizio di motivazione, è infondata la pretesa del contribuente che fossero indicati nell'atto i criteri statistici seguiti nell'elaborazione dei parametri e dei soggetti presi a campione per la formazione del gruppo omogeneo di riferimento, di modo che l'avviso è congruamente motivato, né necessitava dell'allegazione dei due d.P.C.M. del 29 gennaio 1996 e del 27 marzo 1997 - legittimo è il ricorso ai parametri, in considerazione dell'elaborazione a questo riguardo rinvenibile nella giurisprudenza di legittimità ed anche tenendo conto del fatto che in relazione all'anno d'imposta 1998 non erano stati ancora emanati gli studi di settore per l'attività professionale di ragioniere commercialista - infondata è la censura concernente l'omissione della fase del contraddittorio, in ragione del recapito della raccomandata inviata il 4 ottobre 2002, contenente l'invito al contraddittorio, all'indirizzo di via Agrigento n. 50, dove fino al 28 aprile 2001 il contribuente aveva svolto la propria attività di commercialista, distante poche decine di metri dal luogo dove P. si era poi trasferito, configurandosi, altrimenti, un regime di probatio diabolica per l'amministrazione - va esclusa la maturazione del termine di decadenza dal potere impositivo - corretta è l'irrogazione delle sanzioni senza apposita motivazione, soccorrendo l'art. 17 del d.lgs. n. 472/97. Il giudice d'appello, ha, invece, accolto il gravame limitatamente alla pretesa per irap, facendo leva sull’apoditticità della prospettazione dell'ufficio, che non ha contestato gli elementi forniti dal contribuente, puntando in special modo sulla ravvisabilità, in re ipsa , del requisito dell'autonoma organizzazione nell'attività del lavoratore autonomo. Avverso questa sentenza propone ricorso P.M. per ottenerne la cassazione, che affida a ventuno motivi, cui l'Agenzia delle entrate reagisce con controricorso e ricorso incidentale per il capo in cui è risultata soccombente. Diritto 1.- Preliminarmente, va dichiarata l'inammissibilità del secondo, del sesto, del settimo, dell'ottavo, del decimo, dell'undecimo, del tredicesimo, del quattordicesimo, del sedicesimo e del ventunesimo motivo del ricorso principale, tutti proposti ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., per carente o contraddittoria motivazione, perché, non essendo corredati dei quesiti di fatto, non rispondono alle prescrizioni dell'art. 366 bis c.p.c., applicabile all'epoca dei fatti, in quanto la sentenza impugnata è stata depositata in data 24 giugno 2009. 1.1.- La Corte ha difatti reiteratamente stabilito vedi, fra varie, Cass. 8 marzo 2013, n. 5858 che, in tema di ricorso per cassazione, con cui si deduca il vizio di motivazione della sentenza impugnata in merito ad un fatto controverso, l'onere di indicare chiaramente tale fatto, ovvero le ragioni per le quali la motivazione è insufficiente, imposto dall'art. 366 bis c.p.c., deve essere adempiuto non già e non solo illustrando il relativo motivo di ricorso, ma anche formulando, al termine di esso, una indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un quid pluris rispetto alla illustrazione del motivo, così da consentire al giudice di valutare immediatamente la ammissibilità del ricorso stesso tale sintesi non si identifica con il requisito di specificità del motivo ex art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c., ma assume l'autonoma funzione volta alla immediata rilevabilità del nesso eziologico tra la lacuna o incongruenza logica denunciata ed il fatto ritenuto determinante, ove correttamente valutato, ai fini della decisione favorevole al ricorrente. 2.- Va poi previamente esaminata, per priorità logica rispetto agli ulteriori motivi, la censura frammentata nei motivi terzo, quarto e quinto , tutti proposti ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., che vanno quindi congiuntamente trattati, con i quali il contribuente lamenta - la violazione o falsa applicazione dell'art. 3, comma 181, della l. 28 dicembre 1995, n. 549, dell'art. 39, comma 1, lett. d , del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, dell'art. 54, comma 2, del d.P.R. 26 febbraio 1972, n. 633 e dell'art. 2697 c.c., là dove il giudice d'appello ha reputato legittimo l'avviso di accertamento sebbene esso non sia stato preceduto dall'espletamento della fase di contraddittorio - terzo motivo - la violazione o falsa applicazione delle norme indicate nel motivo che precede, là dove la Commissione tributaria regionale ha reputato irrilevante che l'ufficio impositore fornisse la prova che la raccomandata n. OMISSIS contenesse l'invito al contraddittorio, sostenendo che una tale dimostrazione sostanzierebbe una probatio diabolica - quarto motivo - la violazione o falsa applicazione dell'art. 60 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e dell'art. 139 c.p.c., là dove il giudice d'appello ha reputato correttamente eseguita la notificazione di un plico raccomandato, consegnato ad un soggetto diverso dal destinatario, in luogo diverso dall'abitazione, dall'ufficio o dall'azienda di quest'ultimo, seppure ubicato all'interno del Comune dove il contribuente ha fissato il proprio domicilio fiscale - quinto motivo . 2.1.- Va premesso che l'accertamento tributario standardizzato mediante applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli standard in sé considerati - meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività -, ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell'accertamento, con il contribuente tra varie, Cass. 15 maggio 2013, n. 11633, che si conforma a Cass., sez. un., 18 dicembre 2009, n. 26635, identica alle coeve n. 26636, 26637 e 26638 . Di qui la conseguenza che l'ufficio può motivare l'accertamento sulla sola base dell'applicazione degli standard, ma soltanto nell'ipotesi in cui dia conto dell'impossibilità di costituire il contraddittorio con il contribuente, nonostante rituale, apposito invito. Spetta quindi all'amministrazione dimostrare di aver inviato e fatto recapitare l'invito al contraddittorio, costituendo, questo, il presupposto per l'utile applicazione dei parametri in caso di mancata risposta del contribuente. 2.2.- Nel caso in esame, di contro, risulta accertato in fatto che - al numero civico OMISSIS vi è l'abitazione - residenza anagrafica del contribuente ” così la sentenza impugnata - in data 28 aprile 2001 P.M. ha trasferito ad altro indirizzo in OMISSIS , la sede della propria attività professionale - in data 4 ottobre 2002, quindi pressoché un anno e mezzo dopo, è stata recapitata all'indirizzo precedente al trasferimento della sede di esercizio dell'attività, ossia alla via OMISSIS , la raccomandata postale il cui numero è dinanzi indicato, la quale è stata consegnata ad un soggetto diverso da P.M. , del quale il giudice d'appello deduce la qualità di incaricato o ritenutosi tale” - non vi è prova alcuna del contenuto della raccomandata non vi è prova, in particolare, che la raccomandata contenesse l'invito al contraddittorio del quale si discute. 2.3.- A partire dal 15 maggio 1998, data di entrata in vigore dell'art. 20 della legge n. 146 del 1998 il quale ha modificato l'art. 14 della legge n. 890 del 1982 , gli uffici finanziari possono procedere alla notificazione a mezzo posta ed in modo diretto degli avvisi e degli atti che per legge vanno notificati al contribuente. Ne consegue che, quando il predetto ufficio si sia avvalso di tale facoltà di notificazione semplificata, alla spedizione dell'atto si applicano le norme concernenti il servizio postale ordinario e non quelle della legge n. 890 del 1982 Cass. 28 luglio 2010, n. 17598, a proposito della notificazione dell'invito al contraddittorio endoprocedimentale ai fini dell'accertamento con adesione ex art. 5 del d.lgs. n. 218 del 1997 . L'applicazione delle norme concernenti il servizio postale ordinario postula, peraltro, che il plico sia spedito all'indirizzo del destinatario, perché possa operare la presunzione di conoscenza fissata dall'art. 1335 c.c La sentenza impugnata è dunque errata in diritto, in quanto il giudice d'appello si è contentato, per ritenere correttamente provocata l'instaurazione del contraddittorio prodromica all'impiego dei parametri, di una notificazione di una raccomandata postale, della quale è rimasto ignoto il contenuto, recapitata ad un indirizzo diverso da quello della residenza anagrafica nonché da quello della sede dell'attività e consegnata a soggetto diverso dal destinatario, del quale non sono emerse le generalità, né eventuali rapporti con P. . La sentenza va in conseguenza cassata sul punto, con rinvio, anche per la regolazione delle spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Sicilia, che riesaminerà la fattispecie, valutando le risultanze dell'avviso di ricevimento della raccomandata, che non emergono nell'odierno giudizio, alla luce della documentazione che lo stesso giudice d'appello riferisce essere stata prodotta dal contribuente nel corso del giudizio di primo grado. 3.- Ne deriva l'assorbimento delle altre censure, calibrate sull'insufficienza dei parametri ad integrare presunzioni gravi, precise e concordanti primo motivo , sui vizi di motivazione dell'avviso nono e dodicesimo motivo , sul difetto di motivazione della contestuale irrogazione della sanzione, che pur sempre postula l'accertamento della violazione quindicesimo motivo , sull'inutile decorso del termine di decadenza diciassettesimo e diciottesimo motivo , sulla necessità di disapplicazione del d.P.C.M. del 29 gennaio 1996 diciannovesimo motivo e sull'infondatezza nel merito della ricostruzione dei compensi ventesimo motivo . 3.1.- Pure assorbito risulta il ricorso incidentale, che investe un capo dell'avviso di accertamento, del quale va accertata la validità. P.Q.M. La Corte rigetta il secondo, il sesto, il settimo, l'ottavo, il decimo, l'undecimo, il tredicesimo, il quattordicesimo, il sedicesimo ed il ventunesimo motivo del ricorso principale, ne accoglie il terzo, il quarto ed il quinto motivo, assorbiti i restanti nonché il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Sicilia.