In tema di studi di settore lo scostamento dei ricavi è legittimo se l’impresa versa in una cronica crisi economica

Lo scostamento dei ricavi accertati inferiore al 21% rispetto allo studio di settore, non costituisce grave incongruenza, maggiormente se l'impresa versa in una persistente crisi economica. Uno scostamento non rilevante tra i maggiori ricavi contestati e quanto dichiarato, unitamente alla crisi economica, non costituisce un motivo valido per applicare gli studi di settore. Lo scostamento rilevato era di circa il 21% tale percentuale non era da considerarsi particolarmente grave, tanto da legittimare l’accertamento. La quantificazione del maggior reddito deve avere contezza di plurimi fattori propri della singola situazione economica, del periodo di riferimento ed in generale della stessa storia commerciale del contribuente destinatario dell'accertamento, oltre che del mercato e del settore di operatività . Nell’accertamento mediante studi di settore l’ufficio è tenuto ad attivare il contraddittorio con il contribuente, adattando gli indici standard ai plurimi fattori propri della singola situazione economica, del periodo di riferimento, del mercato e del settore di operatività del contribuente.

Tale assunto è stato precisato dalla Corte di Cassazione con la ordinanza del 10 novembre 2015, n. 22946. Vicenda. I giudici di merito tributari hanno riconosciuto come non legittimo l’avviso di accertamento emesso, ai fini Irpef, Iva ed Irap, nei confronti del titolare di un’attività di autotrasporto per conto terzi, a seguito dell’accertamento di maggiori ricavi risultanti dall’applicazione degli studi di settore. In particolare, il giudice del gravame ha riconosciuto che lo scostamento dei ricavi accertati rispetto a quanto dichiarato dal contribuente era del 21 % e che tale misura non integrava quella grave incongruenza che legittimava l’avviso di accertamento. Nell’avviso di accertamento impugnato, inoltre, secondo la CTR, mancavano delle specifiche motivazioni a sostegno della decisione dell’Ufficio dell’Amministrazione finanziaria di non prendere in considerazione i chiarimenti forniti dal contribuente e la documentazione depositata. Il giudice tributario investito della controversia ha accolto il ricorso del contribuente affermando che la misura dello scostamento riscontrata non poteva ritenersi tale da integrare la grave incongruenza” che costituisce principale presupposto di legge per l’applicazione dello studio di settore inoltre, nell’atto di accertamento l’ufficio non teneva conto delle giustificazioni esposte in contraddittorio dalla contribuente, inerenti una perdurante crisi economica del settore” che aveva determinato la contrazione dei ricavi al di sotto della soglia standard elaborata dallo studio di settore. Pronuncia. Gli Ermellini, con la pronuncia citata, hanno statuito che la procedura di accertamento tributario standardizzato, mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore, costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza, non è determinata per legge dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli standards, ma nasce soltanto all’esito del contraddittorio che deve essere attivato obbligatoriamente con il contribuente, pena la nullità dell’accertamento. In sede di contraddittorio, il contribuente potrà, con ogni mezzo e contenuto, provare la sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione della propria impresa dall’area dei soggetti ai quali sono applicabili gli standards o illustrare la specifica realtà della propria attività economica, nel periodo preso in esame. Nella motivazione dell’atto di accertamento, l’Amministrazione finanziaria non potrà limitarsi a rilevare lo scostamento, ma dovrà dimostrare l’applicabilità in concreto degli standards prescelti e spiegare le ragioni sulla base delle quali ha disatteso le contestazioni sollevate dal contribuente. Gli Ermellini hanno confermato la pronuncia di secondo grado e, quindi, hanno annullato l’avviso di accertamento notificato al contribuente. La Cassazione ha, inoltre, evidenziato che i Giudici d’appello hanno correttamente considerato la realtà specifica del contribuente e, in particolare, la circostanza che l’attività era in crisi da anni con conseguente limitazione dei ricavi rispetto a quanto previsto dagli studi di settore. Studi di settore . L’accertamento mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli standards in sè considerati, ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente. Gli standards, infatti, costituiscono meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività. Nell’ambito del contraddittorio, il contribuente ha l’onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli standards o la specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo in esame. Al termine del procedimento di contraddittorio, la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello standard prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente. Ne consegue, che il tema della grave incongruenza” risulta del tutto assorbito dal procedimento in contraddittorio, potendosi affermare che legittimamente l’Ufficio procede dalla rilevazione dello scostamento” ed incrementa il significato presuntivo ad esso attribuibile se e nella misura in cui il contribuente, intervenendo in tale istruttoria, non coopera nel proprio interesse adducendo fatti di contrasto che indichino elementi contraddittori ed avversativi rispetto a quelli provenienti da tale modalità di potenziamento del metodo di accertamento analitico presuntivo. Dunque, la nozione di grave incongruenza che costituisce il principale presupposto di legge per l’applicazione dello studio di settore non è valutata in via assoluta con riferimento a precise soglie quantitative fisse, ma piuttosto secondo una nozione di indici di natura relativa da adattare a plurimi fattori propri della singola situazione economica, del periodo di riferimento ed in generale della storia commerciale del contribuente destinatario dell’accertamento, oltre che del mercato e del settore di operatività.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – T, ordinanza 17 settembre – 13 novembre 2015, numero 22946 Presidente Iacobellis – Relatore Crucitti Considerato in diritto I.M., titolare di un’attività di autotrasporto per conto terzi, impugnò l’avviso di accertamento, emesso ai fini Irpef, Iva ed Irap per l’anno di imposta 2004, con il quale erano stati accertati, a mezzo studio di settore, maggiori ricavi. L’adita C.T.P. accolse il ricorso e la decisione, appellata dall’Agenzia delle Entrate è stata confermata dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio-sezione distaccata di Latina, con la sentenza indicata in epigrafe. In particolare, il Giudice di appello -premesso che, nella specie, i maggiori ricavi rappresentavano solo il 21%, come scostamento rispetto al dichiarato riteneva che tale misura non integrasse la grave incongruenza legittimante, ex articolo 62 sexies d.l. 30 agosto 1993 numero 331, l’accertamento. Riteneva, inoltre, che dall’esame dell’avviso di accertamento impugnato, emergesse la mancanza assoluta e specifica delle motivazioni che avevano determinato nell’Ufficio la decisione di disattendere i chiarimenti forniti dal contribuente e la documentazione fornita e depositata in atti. Avverso la sentenza ricorre, affidandosi a tre motivi, l’Agenzia delle Entrate. Il contribuente non ha svolto attività difensiva. A seguito di deposito di relazione ex articolo 380 bis c.p.c., con la quale si proponeva l’accoglimento del ricorso, è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti. Ritenuto in diritto 1. Con il primo motivo -rubricato quanto alla dichiarata assenza di grave scostamento per fare luogo all’applicazione dello SDS violazione e falsa applicazione degli artt. 39 comma 1, lett. d d.p.r. 600/73 e 62 sexies d.l. 331/93 ex all'articolo 360, comma 1 numero 3 si censura la sentenza impugnata laddove la C.T.R. aveva escluso che, nel caso in specie, ricorresse la gravità dello scostamento, quale principale presupposto di legge per applicare lo studio di settore. 2. Con il secondo motivo-rubricato quanto alla dichiarata illegittimità del recupero per infondatezza .omesso esame di fatto decisivo ex articolo 360 numero 5 c.p.c la ricorrente si duole del mancato esame del fatto, ritenuto decisivo, che il contribuente, in sede di contraddittorio, non aveva addotto alcun concreto elemento volto a dimostrare l’effettiva consistenza dei ricavi dichiarati. In particolare la C.T.R., a fronte degli specifici elementi addotti dall’Ufficio, atti a dimostrare la genericità ed inconducenza delle giustificazioni fomite dal contribuente, si era limitata a motivare il suo convincimento in ordine alla giustificazione dei ricavi facendo riferimento ad una perdurante crisi del settore assimilata, in buona sostanza, a fatto notorio. 3. Con il terzo motivo -rubricato quanto alla dichiarata illegittimità dell'avviso per mancanza di motivazione violazione e falsa applicazione degli artt. 62 sexies d.l. 331/93 e 42 d.p.r. 600/73, ex articolo 360 numero 3 c.p.c. omesso esame di fatto decisivo, ex articolo 360 numero 5 c.p.c. la ricorrente censura la sentenza impugnata laddove la C.T.R. aveva ritenuto integrare l’illegittimità dell’avviso di accertamento, la mancanza di motivazioni specifiche sui chiarimenti del contribuente ed aveva omesso di esaminare il fatto decisivo, dato dal contenuto dell’avviso di accertamento, dal quale era chiaramente riportato il passaggio della motivazione in cui l’Ufficio esprimeva la valutazione di inidoneità degli argomenti del contribuente. 4. Il Collegio, contrariamente a quanto proposto con la relazione depositata ex articolo 380 bis c.p.c., ritiene che il ricorso vada rigettato. 4.1. Nella specifica materia questa Corte ha chiarito che la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli standards in sè considerati meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell'accertamento, con il contribuente. In tale sede, quest'ultimo ha l'onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l'esclusione dell'impresa dall'area dei soggetti cui possono essere applicati gli standards o la specifica realtà dell'attività economica nel periodo di tempo in esame, mentre la motivazione dell'atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell'applicabilità in concreto dello standard prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente. cfr. Cass. S.U. 26635/2009, Cass. 12558/2010, Cass. 12428/2012, Cass. 23070/2012 . In tale quadro complessivo è stato, così chiarito che il tema della grave incongruenza appare del tutto assorbito dal procedimento in contraddittorio, potendosi affermare che legittimamente l’Ufficio procede dalla rilevazione dello scostamento ed incrementa il significato presuntivo ad esso attribuibile se e nella misura in cui il contribuente, intervenendo in tale istruttoria, non coopera nel proprio interesse adducendo fatti di contrasto che indichino elementi contraddittori ed avversativi rispetto a quelli provenienti da tale modalità di potenziamento del metodo di accertamento analitico presuntivo ed ancora che la nozione di grave incongruenza non può essere posta avendo riguardo in via assoluta a precise soglie quantitative fisse sicuramente al disotto od oltre tale accento di rilievo, vivendo, invece, la nozione di indici di natura relativa da adattare a plurimi fattori propri della singola situazione economica, del periodo di riferimento ed in generale della stessa storia commerciale del contribuente destinatario dell’accertamento, oltre che del mercato e del settore di operatività così Cass. N. 26843/2014 . 5. Alla luce di tali principi, il primo motivo -seppure in tesi, meritevole di accoglimento laddove l’argomentazione del Giudice di merito secondo cui questa Corte, con pronunce non meglio precisate, avrebbe fissato un principio obiettivo per accertare la grave incongruenza e cioè che la percentuale tra il dichiarato e l’accertato debba superare il 25% 30%, è erronea deve essere dichiarato inammissibile, per inconducenza, in quanto la sentenza impugnata si fonda su un’ulteriore ratio decidendi, idonea a sorreggere da sola la decisione. 5.1 La C.T.R. infatti, rilevato che il contribuente aveva ottemperato all’invito del contraddittorio fornendo motivazioni, non accolte dall'Ufficio senza che quest'ultimo abbia fornito la idoneità dei parametri applicato in una fattispecie concernente una attività in crisi da anni con conseguente limitazione dei ricavi rispetto a quanto previsto dallo studio di settore, ha, poi, ritenuto illegittimo l’avviso di accertamento anche perché mancante delle motivazioni specifiche che avevano determinato nell’Ufficio la decisione di disattendere i chiarimenti forniti dal contribuente e la documentazione fornita e depositata in atti. Tale argomentazione fondante la decisione non è idoneamente contrastata in ricorso. 6. Ed invero, va ritenuto inammissibile il secondo motivo laddove, nei termini in cui è formulato, non censura, in effetti, l’omesso esame di un fatto decisivo quanto piuttosto evidenzia un’insufficienza di motivazione non più censurabile alla luce del nuovo disposto del numero 5, 1 comma, dell’articolo 360 c.p.c. come statuito anche da SS.UU. numero 8053/2014 per non avere la C.T.R. valutato le deduzioni svolte dall’Agenzia nel suo atto di appello. 7. Ed anche il terzo motivo, con il quale si censura specificamente la ratio deciderteli sopra illustrata, è in parte infondato e in parte inammissibile. E’ infondato, per ciò che concerne la dedotta violazione di legge, laddove la sentenza impugnata appare conforme ai principi espressi in materia da questa Corte e sopra illustrati. E’ inammissibile, nella parte in cui si denuncia il vizio di cui all’articolo 360, 1 comma numero 5 c.p.c., laddove non viene evidenziato l’omesso esame di un fatto storico nell’accezione rilevante ai sensi della norma invocata secondo gli insegnamenti di questa Corte cfr, SS.UU numero 8053/2914 cit. ma, ancora una volta, lamenta in realtà una mera insufficienza motivazionale. 8. Alla luce delle considerazioni svolte il ricorso va, quindi, rigettato. 9. Non vi è pronuncia sulle spese per il mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell’intimato. P.Q.M. Rigetta il ricorso.