Contributo unificato doppio per chi perde in Cassazione

Paga un contributo unificato raddoppiato il ricorrente interamente soccombente in Cassazione. È la conseguenza dell’applicazione della nuova norma introdotta nel d.P.R. n. 115/2002 dalla l. n. 228/2012, ai sensi della quale, quando l’impugnazione - anche incidentale – in Cassazione è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta è tenuta a versare un ulteriore contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale.

Tale assunto è stato statuito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 19432 del 30 settembre 2015. La vicenda. Il fisco ha notificato a una società un avviso di accertamento per contestare le imposte derivanti da ricavi omessi. In particolare, l’ufficio ha fondato la propria tesi sulla discrepanza tra i finanziamenti ottenuti dai clienti di autovetture rispetto al prezzo indicato in fattura. Il giudice di primo grado ha confermato la legittimità della pretesa fiscale. L’appello proposto dal contribuente, è stato parzialmente accolto dal giudice del gravame, che ha confermando la maggior parte della pretesa. Il contribuente ha presentato ricorso in Cassazione, deducendo numerosi vizi di motivazione della decisione. La pronuncia. Gli Ermellini hanno dichiarato inammissibili tutti i motivi, rigettando integralmente il ricorso, ed hanno condannato la società alla rifusione delle spese di giudizio. Hanno inoltre disposto l’obbligo di versamento per la ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato poiché l’impugnazione è stata integralmente rigettata. Il dato normativo. Per effetto dell' art. 1, comma 17, l. n. 228/2012, entrata in vigore il 1° gennaio 2013 c.d. legge di stabilità 2013 , all'art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. n. 115/2002, dopo il comma 1 ter è inserito il seguente comma 1 quater quando l'impugnazione, anche incidentale, è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l'ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma del comma 1 bis . Il giudice dà atto nel provvedimento della sussistenza dei presupposti di cui al periodo precedente e l'obbligo di pagamento sorge al momento del deposito dello stesso . Queste disposizioni si applicano ai procedimenti iniziati dal 30° giorno successivo alla data del 1° gennaio 2013 e cioè dal 31 gennaio 2013. Pertanto, se la domanda in Cassazione o in appello è respinta per intero o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l'ha proposta deve versare un altro importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione. All'atto del deposito del provvedimento si dovrà pagare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato nei casi di impugnazioni respinte, inammissibili o improcedibili. Il giudice dà atto nel provvedimento del fatto che sussistono questi presupposti e l'obbligo di pagare sorge nel momento del deposito dello stesso. In base al tenore letterale della disposizione di cui all’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n. 115/2002, il rilevamento della sussistenza o meno dei presupposti per l'applicazione dell'ulteriore contributo unificato costituisce un atto dovuto, poiché l'obbligo di tale pagamento aggiuntivo non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo - ed altrettanto oggettivamente insuscettibile di diversa valutazione - del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l'impugnante, dell'impugnazione, muovendosi, nella sostanza, la previsione normativa nell'ottica di un parziale ristoro dei costi del vano funzionamento dell'apparato giudiziario o della vana erogazione delle, pur sempre limitate, risorse a sua disposizione. Ne consegue che il citato obbligo di pagamento sussiste anche dove le spese di lite vengano compensate ex art. 92 c.p.c L'art. 13, comma 1 quater , d.P.R. n. 115/2002 trova applicazione nonostante la disposta compensazione, da parte del giudice della impugnazione, delle spese di lite tra le parti. Ai sensi della ricordata disposizione, infatti, il giudice della impugnazione è vincolato, pronunziando il provvedimento che la definisce, a dare atto - senza ulteriori valutazioni discrezionali - della sussistenza dei presupposti rigetto integrale o inammissibilità o improcedibilità della impugnazione per il versamento, da parte dell'impugnante soccombente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la impugnazione da lui proposta Cass. n. 12034/14 . In tema di impugnazioni, il presupposto di insorgenza dell'obbligo del versamento, per il ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi del succitato art. 13, comma 1 quater , d.P.R. n. 115/2002 non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l'impugnante, del gravame Cass. n. 10306/14 . In materia di impugnazioni, l'obbligo del versamento, per il ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato in caso di rigetto integrale della domanda ovvero di definizione negativa, in rito, del gravame , previsto, per i procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, dall'art. 13, co. 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall'art. 1, co. 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, postula esclusivamente l'avvenuta notifica del ricorso per cassazione, quale atto che, determinando l'instaurazione del rapporto processuale, dà inizio al procedimento di impugnazione, senza che assumano rilevanza l'omessa iscrizione a ruolo della causa o il mancato deposito dell'atto di impugnazione Cass. n. 6280/15 . Il provvedimento con cui il giudice dell'impugnazione, nel respingere integralmente la stessa, ovvero nel dichiararla inammissibile o improcedibile, disponga, a carico della parte che l'abbia proposta, l'obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato non può aver luogo nei confronti di quelle parti della fase o del giudizio di impugnazione, come le Amministrazioni dello Stato, che siano istituzionalmente esonerate, per valutazione normativa della loro qualità soggettiva, dal materiale versamento del contributo stesso, mediante il meccanismo della prenotazione a debito Cass. n. 5955/14 . La sentenza n. 3335/4/15 dell’11 giugno 2015 della Quarta Sezione della Commissione tributaria regionale di Roma merita di essere segnalata all’attenzione dell’operatore tributario poiché ha statuito che le norme enunciate nell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115/2002, si applicano anche nel giudizio tributario d’appello. Il giudice del gravame tributario, ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n. 115/2002, ha dichiarato la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente in appello, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso in appello, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 30 giugno – 30 settembre 2015, n. 19432 Presidente Piccininni – Relatore Olivieri Svolgimento del processo Con sentenza 26.6.2012 n. 69 la Commissione della regione Lombardia in parziale accoglimento del ricorso in appello proposto da Serratore s.p.a., ha confermato la decisione di prime cure quanto alla riconosciuta legittimità dell'avviso di accertamento con il quale era stato rideterminato il maggior reddito d'impresa ai fini IVA, IRPEG ed IRAP per l'anno 2002, con eccezione della modesta differenza riscontrata tra i dati della contabilità di magazzino e le giacenze verificate a campione, che doveva giustificarsi in considerazione della fisiologica e ordinaria dinamica gestionale del magazzino . La CTR rilevava che la società contribuente non aveva supportato con idonee prove le allegazioni difensive secondo cui era ordinaria prassi per i clienti richiedere un finanziamento maggiore del prezzo di acquisto dei veicoli, e che costituiva evasione d'imposta la anomala intestazione dei veicoli dalla casa madre al concessionario . Al contrario le pretese fiscali risultavano supportate dalla prova del maggiore prezzo di vendita rispetto a quello fatturato ai clienti, come emergeva dalle risposte fornite da quest'ultimi ai questionari inviati dall'Ufficio finanziario. La sentenza non notificata, è stata ritualmente impugnata per cassazione dalla società che ha dedotto con otto mezzi, vizi di motivazione, nonché vizi per errores in procedendo ed in judicando . La Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso. La società ha depositato memoria illustrativa. Motivi della decisione Con i primi sei motivi, la società impugna la sentenza di appello deducendo distinti vizi di motivazione ai sensi dell'art. 360 co. 1 n. 5 c.p.c Primo motivo. La società ricorrente censura la statuizione della sentenza di appello laddove ha ritenuto che la riscontrata differenza tra il minore importo del prezzo di vendita fatturato ed il maggiore importo del finanziamento richiesto dai clienti a FIAT Sava per l'acquisto del medesimo veicolo, fornisse elementi idonei al raggiungimento della prova presuntiva dell'occultamento di maggiori ricavi. Il motivo è inammissibile in quanto la ricorrente si limita a trascrivere le difese già svolte nell'atto di appello, venendo a contrapporre all'accertamento in fatto della CTR una propria diversa ricostruzione soggettiva dei fatti, peraltro basata su di una mera astratta ipotesi che appare priva di fondamento logico sostiene la ricorrente che la differenza tra gli importi dei prezzi e dei finanziamenti, non sarebbe conducente, in quanto un cliente che avesse sufficiente disponibilità di liquidità potrebbe chiedere un finanziamento per un importo inferiore e non corrispondente al prezzo di vendita è appena il caso di osservare come tale argomento del tutto ipotetico non fornisca alcuna giustificazione alla riscontrata anomalia, non apparendo logiche, secondo l’ id quod plerumque accidit , richieste di finanziamento per l'acquisto di veicoli per importi maggiori del prezzo di vendita da parte di clienti che verrebbero ad soggettarsi ad un aggravio di oneri per interessi , in tal modo richiedendo quindi alla Corte una nuova valutazione del materiale probatorio che non è consentita dal carattere chiuso del giudizio di legittimità confinato ai soli vizi della sentenza impugnata tassativamente indicati nell'art. 360 co. 1 c.p.c Va ribadito, in proposito, che il vizio di omessa od insufficiente motivazione, ex art. 360 co. 1 n. 5 c.p.c., implica un obiettivo difetto nello sviluppo logico della argomentazione posta a fondamento della decisione, difetto che - rilevando come errore sul fatto - trova genesi nella omessa od inesatta rilevazione e valutazione delle prove acquisite al giudizio, con inevitabili riflessi sulla esatta comprensione e ricostruzione della fattispecie concreta da sussumere nello schema normativo astratto dal quale viene desunta la regula iuris che disciplina il rapporto controverso. La critica per vizio motivazionale non può, quindi, risolversi nella mera contrapposizione alla valutazione compiuta dal Giudice di merito di una diversa prospettazione soggettiva della rilevanza probatoria delle risultanze istruttorie - essendo insindacabile l'attività volta alla individuazione delle fonti di prova rilevanti, alla selezione tra gli elementi probatori di quelli ritenuti maggiormente attendibili ed al riconoscimento della idoneità dimostrativa degli stessi, trattandosi di scelte che sono espressione del principio del libero convincimento e dunque riservate in via esclusiva all'organo giudicante art. 116 c.p.c., ma deve individuare specificamente le carenze nello svolgimento del percorso logico che sostiene il decisum e che, salva la ipotesi limite di inconcludenza logica del discorso tale da rendere incomprensibili le ragioni giustificative della decisione, possono consistere oltre che in un omesso od inesatto apprezzamento della fonte di prova ad es. del contenuto di un documento anche nella mancata rilevazione della incompatibilità tra diverse fonti di prova e dunque nella mancanza di un adeguato giudizio di prevalenza, in ogni caso sempre che tali omissioni od inesattezze rivestano carattere decisivo, nel senso che senza il vizio logico la decisione sarebbe stata - con certezza - differente cfr. Corte Cass. III sez. 11.5.2007 n. 10847 id. III sez. 2.4.2009 n. 8023 id. II sez. 27.10.1010 n. 21961 id. Sez. L, Sentenza n. 6288 del 18/03/2011 id. Sez. L, Sentenza n. 3668 del 14/02/2013 id. Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013 . In ogni caso difetta poi la indicazione delle prove, omesse od inesattamente valutate dal Giudice di appello, che risultino decisive ai sensi dell'art. 360 co. 1 n. 5 c.p.c., e cioè tali da inficiare o contraddire la efficacia probatoria degli indizi valorizzati nella sentenza impugnata sicché, ove fossero state prese in debita considerazione, avrebbero privato la decisione del supporto logico argomentativo, determinando con certezza una diversa pronuncia nel merito favorevole alla ricorrente. Al riguardo si osserva che i generici riferimenti al PVC in data 24.10.2002 ed alle tabelle ivi richiamate, da cui emergeva che solo in un numero minore di casi emergeva che il prezzo fatturato fosse inferiore all'importo finanziato, non integrano la prova decisiva richiesta, in quanto i dati richiamati, peraltro solo per riassunto e senza trascrizione del documento richiamato, non appaiono dirimenti ad escludere le difformità, tra i prezzi di vendita e gli importi finanziati, riscontrate dalla CTR in relazione alle operazioni commerciali contestate essendo del tutto irrilevante stabilire una proporzione statistica tra le ipotesi in cui i prezzi di vendita e finanziamento corrispondono o sono compatibili, ed i casi - oggetto della controversia - in cui invece non corrispondono e dunque sono inidonei ad inficiare l'argomento presuntivo per cui il prezzo di vendita di un veicolo fatturato per un importo inferiore a quello richiesto dal cliente per ottenere un finanziamento finalizzato al predetto acquisto, costituisce indizio dotato dei requisiti idonei ad integrare, la prova presuntiva di una sottofatturazione corrispettivo in nero , tanto più se considerato globalmente con l'intero complesso indiziario risposte ai questionati fornite dai clienti . Secondo motivo. La censura ha per oggetto la medesima statuizione della CTR impugnata con il primo motivo. La società ricorrente,con il secondo motivo, intende inficiare la logicità dell'argomento presuntivo utilizzato dal Giudice di merito, rilevando come la riscontrata differenza tra i prezzi fatturati e le richieste di finanziamento, viene sostanzialmente ad elidersi laddove tali dati vengano ad essere raffrontati con gli importi dei finanziamenti effettivamente erogati da FIAT Sava, atteso che dagli allegati 17 e 18 al PVC redatto in data 24.10.2002, emergeva come in cinque casi soltanto tali importi risultavano maggiori dei prezzi di vendita dei veicoli. Il motivo è inammissibile in quanto, in disparte la carenza di autosufficienza per omessa trascrizione dei dati contenuti nei prospetti allegati al PVC, non fornisce la prova determinante a privare di supporto argomentativo la sentenza impugnata ed infatti, quando anche l'importo dei finanziamenti concessi da FIAT Sava s.p.a. non evidenziasse rilevanti margini di scostamento dall'importo dei prezzi di vendita, il decisum continuerebbe a sostenersi sull'altro argomento probatorio, fondato sulle dichiarazioni rese dai clienti nei questionari trasmessi dall'Ufficio, dalle quali emerge che i corrispettivi effettivamente versati per l'acquisto dei veicoli erano superiori a quelli indicati nelle fatture. Terzo motivo. La società ricorrente formula le medesime censure precedentemente esaminate, nei confronti della analoga statuizione della CTR riferita stavolta alle operazioni di vendita di auto nuove e di auto usate in regime del margine, concluse nel periodo giugno-dicembre 2002, per le quali i finanziamenti per l'acquisto dei veicoli, richiesti dai clienti e concessi da FGA Capital s.p.a. erano risultati superiori all'importo dei corrispettivi fatturati. Anche questo motivo è inammissibile per omessa indicazione di prova decisiva . Si può soltanto aggiungere che l'ulteriore argomento difensivo secondo cui, nei caso di vendita di auto nuove , il prezzo fatturato potrebbe risultare inferiore a quello finanziato in quanto i prezzi riportati nelle richieste di sovvenzione non tengono conto della valutazione dell'usato sovente conferito dai potenziali acquirenti e del conseguente sconto applicato ricorso pag. 36 , se da un lato, si risolve in una mera congettura ipotetica, dall'altro si traduce in una critica assolutamente generica - come tale incorrendo il motivo in mancanza di autosufficienza-, atteso che per alcune operazioni di vendita dieci , riportate nell' Elenco riepilogativo degli autoveicoli venduti dalla SERRAUTO s.r.l. nell'anno 2002 in seguito trasformata in Serratore s.p.a. , la ricorrente afferma che l'Ufficio non avrebbe considerato l'esistenza di fatture d'acconto , giungendo a determinare differenze inesatte, senza però che venga dimostrato come tali inesattezze ad esempio per la particolare rilevanza economica delle dieci operazioni in questione, o perché numericamente prevalenti sulle complessive operazioni di vendita verificate possano incidere in modo determinante id est decisivo sulla motivazione della decisione impugnata. Quarto motivo. Trattandosi di un mero compendio riassuntivo dei precedenti motivi, ne segue la stessa sorte il motivo va quindi dichiarato inammissibile. Qualora poi dovesse attribuirsi autonomo rilievo alla allegazione della ricorrente secondo cui la società aveva lamentato in appello lacune nella istruttoria del procedimento di accertamento tributario, in quanto non erano stati interpellati dai verbalizzanti i clienti che avrebbero potuto riferire in ordine all'effettivo prezzo pagato, il motivo si rivela egualmente inammissibile, in assenza della trascrizione del contenuto dei PVC, tenuto conto che dalla sentenza impugnata emerge, al contrario, che l'Ufficio aveva svolto proprio gli accertamenti indicati, avendo trasmesso ai clienti i questionari nei quali si richiedeva di indicare il prezzo effettivamente corrisposto alla società contribuente. Quinto motivo. Il motivo difetta di autosufficienza. La società ricorrente sostiene che le risposte fornite dai clienti ai questionari trasmessi dall'Ufficio e dalle quali emergevano discrasie tra i prezzi fatturati e quelli realmente corrisposti non potevano rivestire valenza probatoria in difetto di ulteriori riscontri. Premesso che anche un unico indizio, se dotato dei requisiti di gravità e precisione, può fondare il convincimento del Giudice a ritenere raggiunta la prova presuntiva cfr. Corte Cass. Sez., 2, Sentenza n. 19191 del 30/09/2005 id. Sez., 1, Sentenza n. 19088 del 11/09/2007 id. Sez. 5, Sentenza n. 17574 del 29/07/2009 Sez. 5, Sentenza n. 656 del 15/01/2014 , la parte ricorrente introduce un argomento nei maggiori corrispettivi versati dai clienti era incluso anche l'importo del compenso di mediazione dovuto ai soggetti incaricati dalla stessa società della vendita , sfornito di qualsiasi elemento di riscontro probatorio la ricorrente, infatti, si limita a riportare uno stralcio dell'atto di appello in cui veniva riferito che dal PVC emergeva che il pagamento del corrispettivo veniva effettuato dai clienti ad altri soggetti, senza tuttavia fornire la necessaria trascrizione del contenuto rilevante del PVC, e senza neppure specificare quali e quanti pagamenti fossero stati eseguiti ed a quali soggetti diversi dalla società, essendo appena il caso di osservare che la parte ricorrente avrebbe dovuto provvedere a riprodurre nel ricorso, onde integrare il requisito della autosufficienza ex art. 366 co. 1 n. 6 c.p.c., il contenuto del documento indicato a supporto di tali allegazioni, non avendo accesso diretto la Corte agli atti e documenti del giudizio di merito, in relazione al tipo di vizio denunciato cfr. sull'onere di integrale trascrizione del documento Corte Cass. Sez. L, Sentenza n. 4980 del 04/03/2014 id. SU 24.9.2010 n. 20159 id. VI sez. ord. 30.7.2010 n. 17915 id. III sez. 4.9.2008 n. 22303 id. Sez. 3, Sentenza n. 2560 del 06/02/2007 id. Sez, 1, Sentenza n. 15952 del 17/07/2007 id. Ili sez. 31.5.2006 n. 12984 id. I sez. 24.3.2006 n. 6679 id. Sez, 3, Sentenza n. 12362 del 24/05/2006 id. sez. lav. 21.10.2003 n. 15751 id. sez. lav. 12.6.2002 n. 8388 . Sesto motivo. La società ricorrente censura la statuizione della CTR secondo cui la vendita di alcune vetture acquistate dall'amministratore della società S.V. sarebbe stata funzionale esclusivamente ad abbattere l'imponibile, sottraendo ai ricavi societari i relativi corrispettivi, in misura pari alla differenza tra il prezzo di rivendita praticato dal S. ai terzi e quello di acquisto corrisposto alla società. La società sostiene che i Giudici di merito non avrebbero tenuto conto che tale operazione era rivolta esclusivamente ad incrementare il volume di vendite della società nell'anno 2002, così da conseguire i maggiori sconti promessi dalla Casa madre FIAT. Il motivo è inammissibile e comunque infondato. Se da un lato tale allegazione non è assistita, ai fini del prescritto requisito di autosufficienza, dalla indicazione delle prove decisive che il Giudice di merito avrebbe omesso di considerare tanto più in considerazione dell'asserito errore commesso dai verbalizzanti nel riferire in numero di cinquantotto anziché in numero di dieci, gli acquisiti di veicoli in questione , difetta inoltre del tutto la puntuale critica all'argomentazione presuntiva utilizzata dalla CTR fondata sulla sistemiaticità e non occasionalità della realizzazione da parte del S. di un prezzo di rivendita maggiore di quello di acquisto corrisposto alla società. Manca peraltro qualsiasi riferimento agli indispensabili elementi di riscontro dei fatti alegati non è dato conoscere in che periodo tali operazioni di acquisto si sono realizzate se in prossimità o meno della chiusura dell'esercizio annuale non viene favorita alcuna indicazione dell'accordo pattuito tra società e casa madre per l'assegnazione del bonus o dello sconto neppure viene allegato quali fossero i limiti quantitativi di fatturato che occorreva raggiungere per conseguire il bonus non è fornito alcun riscontro in ordine al riconoscimento dei predetti sconti da parte della casa madre. Settimo motivo. La società ricorrente deduce in via alternativa il settimo motivo, nella ipotesi in cui si ritenesse che la CTR non sia incorsa in vizi logici della motivazione, e riproduce le precedenti sei censure prospettando il vizio di nullità processuale per omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c. sui medesimi argomenti svolti a sostegno del vizio di motivazione contestato con i precedenti motivi. Il motivo è inammissibile in quanto i vizi logici di motivazione, che attengono all'errore sulla rilevazione e valutazione di un fatto, non possono trasformarsi e coincidere - immutata la esposizione della critica - con il vizio di omessa pronuncia, che attiene alla verifica della corrispondenza tra il quantum devolutum e la risposta fornita dal Giudice di merito, da compiersi alla stregua della esatta individuazione dell'oggetto del giudizio. Se quest'ultimo vizio di legittimità, infatti, implica la completa omissione del provvedimento indispensabile per la soluzione del caso concreto ossia della pronuncia idonea ad esaurire la richiesta formulata con la domanda / eccezione, ovvero con il motivo di gravame e si traduce in una violazione dell'art. 112 cod. proc. civ. che deve essere fatta valere esclusivamente a norma dell'art. 360col n. 4 cod. proc. civ., e non con la denuncia della violazione di norme di diritto sostanziale, ovvero del vizio di motivazione ex art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ., il primo vizio di legittimità presuppone, al contrario, che la questione oggetto di doglianza sia stata presa in esame da parte del giudice di merito, seppure se ne lamenti la soluzione in modo giuridicamente non corretto ovvero senza adeguata giustificazione, e deve essere pertanto denunciato ai sensi dell'art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ cfr. Corte Cass. Sez. 3, Sentenza n. 15882 del 17/07/2007 id. Sez. L, Sentenza n. 13866 del 18/06/2014 . In ogni caso vale rilevare come la sentenza impugnata abbia fornito la regola giuridica del rapporto controverso, ottemperando pertanto all'obbligo di accertamento dei fatti costitutivi della pretesa sotto tale profilo, deve escludersi una omessa pronuncia , tenuto conto che la differenza fra l'omessa pronuncia di cui all'art. 112 cod. proc. civ. e l'omessa motivazione su un punto decisivo della controversia di cui all'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., si coglie nel senso che, nella prima, l'omesso esame concerne direttamente una domanda od un'eccezione introdotta in causa e, quindi, nel caso del motivo d'appello, uno dei fatti costitutivi della domanda di appello , mentre nella seconda ipotesi l'attività di esame del giudice, che si assume omessa, non concerne direttamente la domanda o l'eccezione, ma una circostanza di fatto che, ove valutata, avrebbe comportato una diversa decisione su uno dei fatti costitutivi della domanda o su un'eccezione e, quindi, su uno dei fatti principali della controversia cfr. Corte Cass. Sez., 3, Sentenza n. 5444 del 14/03/2006 id. Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 25714 del 04/12/2014 id. Sez. 5, Sentenza n. 25761 del 05/12/2014 . Il Giudice di merito ha esaminato le questioni prospettate dalla società appellante e le ha rigettate sul presupposto della carenza di prove a riscontro. Eventuali errori inerenti il giudizio di selezione e prevalenza probatoria, vengono, pertanto, a ricadere nella censura di illogicità del percorso motivazionale posto a sostegno del decisum , e debbono quindi essere censurati esclusivamente in relazione al vizio di motivazione ex art. 360 co. 1 n. 5 c.p.c., non essendo consentito, pertanto, supplire alla infondatezza delle prime sei censure -avendo il Giudice di merito esaustivamente esaminato gli elementi di prova andando esente dai vizi di logicità denunciati-, lamentando in modo palesemente contraddittorio che lo stesso Giudice di merito tali fatti non avrebbe esaminato, incorrendo nel vizio di omessa pronuncia. Ottavo motivo. La società deduce la violazione dell'art. 2697 c.c., dell'art. 2729 c.c., dell'art. 39 co. 1 Dpr n. 600/73, in riferimento all'art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c., reiterando ancora i precedenti argomenti svolti nei precedenti motivi relativi alla inefficacia probatoria degli elementi indiziati assunti dalla CTR a sostegno della decisione. Orbene se la indicazione in rubrica dell'art. 39 co. 1 Dpr n. 600/73 e dell'art. 2729 c.c., non vale a trasformare in un vizio attinente l'attività di giudizio tale dovendo intendersi l'attività che presiede alla interpretazione della fattispecie normativa astratta ed alla verifica sussuntiva della fattispecie concreta - come correttamente rilevata - nello schema normativo di riferimento prescelto i cui effetti giuridici sono ritenuti idonei a regolare il rapporto controverso quello che deve invece identificarsi, alla stregua della critica svolta dalla ricorrente, come vizio attinente alla errata rilevazione e ricostruzione della fattispecie concreta, censurabile esclusivamente attraverso il vizio logico di motivazione ex art. 360 co. 1 n. 5 c.p.c., la denuncia della violazione della regola del riparto dell'onere probatorio appare del tutto infondata, solo che si osservi come la CTR attribuendo efficacia probatoria a determinati indizi addotti dalla Amministrazione finanziaria, ha fatto corretta applicazione della regola del riparto che, in caso di pretese aventi ad oggetto una maggiore imposta rispetto a quella dichiarata e versata dal contribuente, e fondate sulla esistenza di ulteriori ricavi occulti, pone a carico della parte che vanta il credito, nella specie l'Ufficio finanziario, di fornire la prova dei relativi fatti costitutivi. La valutazione di sufficienza probatoria non concerne pertanto l'applicazion della regola stabilita dall'art. 2697 c.c., ma, ancora una volta, l'attività di rilevazione dei fatti allegati e dimostrati e di ricostruzione della fattispecie concreta, censurabile in sede di legittimità esclusivamente sotto il profilo del vizio motivazionale. In conclusione il ricorso deve essere rigettato e la società ricorrente condannata alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità liquidate in dispositivo. Sussistono i presupposti per l’applicazione l'art. 13, comma 1 quater del Dpr 30.5.2002 n. 115, inserito dal'art. Icol7 della legge 24.12.2012 n. 228 che dispone l'obbligo del versamento per il ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato nel caso in cui la sua impugnazione sia stata integralmente rigettata cfr. Corte Cass. SU 18.2.2014 n. 3774 , essendo iniziato il procedimento in data successiva al 30 gennaio 2013. P.Q.M. La Corte - rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 7.500,00 per compensi oltre le spese prenotate a debito - dichiara che sussistono i presupposti per il versamento della somme prevista dall'art. 13, comma 1 quater, del Dpr 30 maggio 2002 n. 115.