Frode carosello ai fini IVA e onere probatorio del Fisco

Nel caso di apparente regolarità contabile della fattura, l’onere della prova grava sull’Ufficio finanziario.

Nel caso di apparente regolarità contabile della fattura, l’onere della prova grava sull’Ufficio finanziario, che deve provare 1 gli elementi di fatto della frode, attinenti al cedente, oppure la sua natura di cartiera, l’inesistenza di una struttura autonoma operativa, il mancato pagamento dell’IVA come modalità preordinata al conseguimento di un utile nel meccanismo fraudolento e simili 2 la connivenza nella frode da parte del cessionario, non necessariamente però con prova certa e incontrovertibile, bensì con presunzioni semplici, consistenti nella esposizione di elementi obiettivi, tali da porre sull’avviso qualsiasi imprenditore onesto e mediamente esperto sull’inesistenza sostanziale del contraente, il quale non può non rilevarla e peraltro deve coglierla, per il dovere di accortezza e diligenza insito nell’esercizio di una attività imprenditoriale e commerciale qualificata. Il Fisco, in altri termini, non può negare la detrazione IVA se non dimostra, anche mediante presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, la connivenza del contribuente nella frode carosello”. Qualora l’Amministrazione abbia fornito una prova nei termini di cui sopra, l’onere a carico della medesima si intende assolto e grava sul contribuente l’onere della prova contraria. Nella specie, l’Amministrazione non ha assolto, nemmeno per presunzioni, all’onere probatorio. Tale assunto è stato statuito dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 18642 del 22 settembre 2015. Il caso. Il Fisco ha emesso un accertamento nei confronti di una società per il recupero dell'Iva indebitamente detratta. Secondo l'ufficio, la contribuente aveva registrato fatture relative ad operazioni soggettivamente inesistenti rientranti in una più ampia frode carosello. Il provvedimento, impugnato dinanzi al giudice tributario, è stato annullato dai giudici tributari di merito. Il giudice del gravame ha , quini confermato . l’annullamento dell’avviso di accertamento a fini IVA e della conseguenziale cartella di pagamento impugnati da una società cui era stata contestata la detraibilità dell’imposta, sul presupposto dell’inesistenza soggettiva delle fatture. Gli Ermellini, con la pronuncia citata, rigettando il ricorso in Cassazione del Fisco, hanno confermato l’operato del giudice del gravame, poiché la sentenza gravata ha annullato l’avviso di accertamento e la relativa cartella di pagamento non sulla base di un’affermazione di diritto secondo la quale all’Amministrazione sarebbe preclusa la possibilità di provare per presunzioni la connivenza dell’acquirente nella frode del cessionario , ma sulla base di un giudizio di fatto secondo il quale, nella specie, l’Amministrazione non ha assolto, nemmeno per presunzioni, all’onere probatorio. In particolare è rimasto privo di riscontri l’assunto sui pagamenti all’estero ritenuti indizianti dall’Amministrazione, mentre sono stati proprio i verificatori ad attestare che alcune delle società ritenute cartiere” avevano in realtà strutture organizzative tali da far ritenere la loro corretta operatività. Dal canto suo la società contribuente ha dimostrato che gli acquisti delle auto erano avvenuti a prezzi in linea con quelli di mercato. La contribuente ha dimostrato con una perizia la regolarità dei prezzi praticati dal fornitore, l'esistenza di strutture organizzative per alcune delle società considerate cartiere oltre che il regolare versamento dell'Iva da parte delle stesse. Frode carosello ripartizione onere probatorio. In ipotesi di fatture soggettivamente inesistenti l'Amministrazione deve provare che il fornitore sia una cartiera le fabbriche” di fatture false e che il cessionario abbia la consapevolezza di partecipare auna frode. In assenza di tali elementi la rettifica dell'Iva detratta è illegittima Per il recupero dell'Iva detratta sulle fatture considerate soggettivamente inesistenti, occorre che l'Ufficio dimostri il coinvolgimento dell'acquirente nella frode provando gli elementi di fatto della frode attinenti il cedente, quali la natura di cartiera , l'inesistenza di una struttura autonoma operativa, il mancato pagamento dell'Iva come modalità preordinata al conseguimento di un utile e così via la connivenza nella frode da parte del cessionario e ciò non necessariamente con prova certa ed incontrovertibile, bensì anche con presunzioni semplici purché gravi, precise e concordanti. Si tratta cioè di esporre elementi obiettivi sulla frode organizzata dal fornitore, tali da richiamare l'attenzione di qualsiasi imprenditore onesto e mediamente esperto sulla inesistenza sostanziale del soggetto contraente. Occorre, in sostanza , dimostrare che con l'accortezza e la diligenza l'imprenditore avrebbe dovuto rendersi conto di partecipare ad una frode. Nelle ipotesi di apparente regolarità contabile delle fatture, dotate dei requisiti di legge, l’Ufficio è tenuto a provare sia gli elementi di fatto della frode, attinenti il cedente, ovvero la sua natura di cartiera”, sia la connivenza nella frode da parte del cessionario. Presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti. Per quanto riguarda il primo aspetto, la natura di cartiera può essere ricavata dalla considerazione dell’inesistenza di una struttura autonoma operativa, dal mancato pagamento dell’IVA come modalità preordinata al conseguimento di un utile nel meccanismo fraudolento e da elementi simili. Rispetto alla connivenza, invece, la prova non deve essere certa” ed incontrovertibile, potendo essere fornita anche tramite presunzioni semplici, purché dotate del requisito di gravità precisione e concordanza, consistenti nell’esposizione di elementi obiettivi tali da porre sull’avviso qualsiasi imprenditore onesto e mediamente esperto sulla inesistenza sostanziale del contraente. E qualora, con giudizio di fatto rimesso al prudente apprezzamento del giudice di merito, l’Amministrazione finanziaria abbia fornito una prova nei termini sopra individuati, l’onere della medesima deve intendersi assolto, gravando, a questo punto, sul contribuente l’onere della prova contraria. Per qualificare una operazione soggettivamente inesistente” occorre indicare gli elementi circostanziali o le prove dirette o presuntive sulle quali tale conclusione è fondata occorre indicare le condotte significative della partecipazione all’illecito ascrivibili alla società o agli amministratori della società contribuente. Cass., n. 9978/2015 . In tema di frodi fiscali carosello, il Fisco, per qualificare una operazione soggettivamente inesistente, deve avvalersi di presunzioni gravi precise e concordanti cha fanno ritenere consapevole la partecipazione della società ricevente la fattura o acquirente all'attività illecita realizzata dal soggetto fittizio cartiera” . In particolare, giova alla pretesa erariale appurare che la società cartiera non ha una struttura operativa e gestionale idonea allo svolgimento dell’attività di impresa, non ha risorse finanziarie, non presenta dichiarazioni fiscali, non versa le imposte, presenta un ricarico sul costo del venduto negativo, presenta un ingente volume di affari a fronte di movimenti finanziari pressoché nulli, non presenta assunzioni di personale, presenta la totale inattendibilità delle scritture contabili. In materia di operazioni soggettivamente inesistenti, una volta che l’Amministrazione finanziaria abbia fornito la prova, anche presuntiva, della natura di cartiera” del soggetto apparentemente cedente quindi dell’inesistenza soggettiva dell’operazione , spetta al contribuente dimostrare il proprio incolpevole affidamento. In materia di detrazione IVA, liquidata nella fattura passiva emessa dal cedente e versata in rivalsa dal cessionario qualora sia contestata l'inesistenza soggettiva dell'operazione, grava sull'Amministrazione finanziaria l'onere di provare, anche in via presuntiva, ex art. 2727 c.c., l'interposizione fittizia del cedente ovvero la frode fiscale realizzata a monte dell'operazione, eventualmente da altri soggetti, nonché la conoscenza o conoscibilità da parte del cessionario della frode commessa. Spetta invece al contribuente, che intende esercitare il diritto alla detrazione o al rimborso, provare la corrispondenza anche soggettiva dell'operazione di cui alla fattura con quella in concreto realizzata ovvero l'incolpevole affidamento sulla regolarità fiscale, ingenerato dalla condotta del cedente Cass., sez. T, n. 5313/2015 . Nel caso delle cosiddette frodi carosello” contraddistinte da una catena di passaggi in cui sono riscontrabili fatturazioni per operazioni sia oggettivamente che soggettivamente inesistenti, con strumentali interposizioni anche di società filtro” occorre dimostrare non solo gli elementi di fatto caratterizzanti la frode ovvero l'inesistenza di un'autonoma struttura operativa del cedente e il mancato pagamento dell'imposta come modalità preordinata al conseguimento fraudolento di un utile da parte della cd. cartiera” , ma anche la consapevolezza di essi da parte del cessionario, quindi la sua connivenza nella frode , anche attraverso presunzioni semplici, ai sensi dell'art. 54, comma 2, del T.U. sull'IVA, purché connotate da gravità, precisione e concordanza. Solo in questo caso il cessionario può essere considerato come partecipante all'evasione, con conseguente possibilità per l'Ufficio di recuperare l'IVA indebitamente detratta. Cass., sez. T, n. 25779/2014 . L’IVA che il cessionario assume di aver pagato al cedente per l'operazione soggettivamente inesistente non è detraibile in quanto pagata ad un soggetto che non era legittimato alla rivalsa né era assoggettato all'obbligo di pagamento dell'imposta. Unica eccezione alla non detraibilità è il caso in cui l'acquirente non sappia che il fornitore effettivo non era il fatturante l'onere della prova ricade ovviamente sul contribuente che fa valere la detrazione Cass., sez. T, n. 15741/2012 . In tema di frodi cosiddette carosello”, la visura camerale che attesta l'esistenza del fornitore non basta a dimostrare la buona fede del contribuente, quindi il suo diritto a detrarre l’IVA Cass., sez. T, n. 10793/2015 .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – T, ordinanza 7 maggio – 22 settembre 2015, n. 18642 Presidente Cicala – Relatore Cosentino Fatto e diritto Avverso la sentenza n. 88/7/2011 della Commissione tributaria regionale di Venezia del 25/10/2011, depositata l’08/11/2011 udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 07/05/2015 dal Consigliere Relatore Dott. A.C. rilevato che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la relazione di seguito integralmente trascritta L’Agenzia delle Entrate ricorre contro il Fallimento della M s.p.a.per la cassazione della sentenza n. 88/7/11 con cui la Commissione Tributaria Regionale del Veneto, confermando la pronuncia di primo grado, ha annullato un avviso di accertamento, e la relativa cartella di pagamento, emessi per il recupero dell’indebita detrazione dell’IVA per l'anno 2001. Gli atti impugnati traevano origine dalla contestazione alla società di aver beneficiato di fatture connesse ad operazioni soggettivamente inesistenti, nel più ampio contesto di una c.d. frode carosello . Il ricorso dell’Ufficio si articola in due motivi. Con il primo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 19 e 21, d.p.r. 633/72, nonché degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c., in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c., in cui il giudice territoriale sarebbe incorso trascurando il principio, che da dette norme deriverebbe, che, qualora sia accertata l'emissione di fatture soggettivamente inesistenti, il giudice tributario deve accertare che il contribuente che abbia esercitato il diritto alla detrazione dell’IVA non conoscesse detta frode né avrebbe potuto conoscerla usando l'ordinaria diligenza. Il secondo motivo concerne l'omessa motivazione circa un fatto decisivo e controverso per il giudizio, in relazione all'art. 360, n. 5, c.p.c. In particolare, la Commissione Regionale avrebbe erroneamente limitato la propria indagine all’esistenza o meno della prova della partecipazione o, alternativamente, della conoscenza del meccanismo fraudolento da parte della società contribuente, trascurando di accertare se tale meccanismo potesse essere conosciuto dal contribuente secondo l'ordinaria diligenza. Il contribuente non si è costituito in questa sede. Il primo motivo di ricorso è infondato. Questa Corte si è di recente soffermata specificamente sul riparto dell'onere probatorio tra Fisco e contribuente in ordine al coinvolgimento dell’acquirente nelle frodi carosello poste in essere dal fornitore, enunciando, nella sentenza 10414/11, i seguenti principi nel caso, come il presente, di apparente regolarità contabile della fattura, dotala dei requisiti di legge, l'onere della prova grava sull’Ufficio, nel senso che questi deve provare 1 gli elementi di fatto della frode, attinenti il cedente, ovvero la sua natura di cartiera la inesistenza di una struttura autonoma operativa, il mancato pagamento dell'IVA come modalità preordinata al conseguimento di un utile nel meccanismo fraudolento e simili 2 la connivenza nella frode da parte del cessionario, non necessariamente però con prova certa ed incontrovertibile, bensì con presunzioni semplici, purché dotati del requisito di gravità precisione e concordanza, consistenti nella esposizione di elementi obiettivi - che possono coincidere con quelli sub 1 - tali da porre sull'avviso qualsiasi imprenditore onesto e mediamente esperto sulla inesistenza sostanziale del contraente, il quale non può non rilevarla e peraltro deve coglierla, per il dovere di accortezza e diligenza insito nell’esercizio di una attività imprenditoriale e commerciale qualificata. Qualora, con giudizio di fatto rimesso al giudice del merito, la Amministrazione abbia fornito una prova nei termini di cui sopra, l'onere a carico della medesima si intende assolto e grava sul contribuente l'onere della prova contraria. L’onere di provare la connivenza del cessionario nella frode del cedente grava dunque sull’Amministrazione quest’ultima può fornire tale prova anche mediante presunzioni semplici, le quali possono derivare anche dalle medesime risultanze di fatto attinenti alla natura di cartiera del cedente. La sentenza gravata non si è discostata dai suddetti principi, perché ha annullato l'avviso di accertamento e la relativa cartella di pagamento non sulla base di un’affermazione di diritto secondo la quale all’Amministrazione sarebbe preclusa la possibilità di provare per presunzioni la connivenza dell’acquirente nella frode del cessionario, bensì sulla base di un giudizio di fatto secondo il quale, nella specie, l’Amministrazione non avrebbe assolto, nemmeno per presunzioni, all’onere probatorio sulla stessa gravante vedi pag 4 delIa sentenza il quadro accusatorio illustrato in generale per le frodi carosello nell’acquisto delle autovetture dall'estero non può essere attribuito tout court alla M. in mancanza di presunzioni gravi precise e concordanti, che considerate nel loro insieme, e non singolarmente, possano portare a supporre ragionevolmente una partecipazione consapevole alla frode fiscale . Anche il secondo motivo va disatteso. L’assunto della difesa erariale secondo cui la Commissione Tributaria Regionale avrebbe omesso di accertare se il contribuente fosse in condizioni di percepire, secondo la diligenza esigibile dal normale operatore economico del settore eiusdem generis ac professionis’ è infondato. Non è vero, infatti, che il giudice di merito abbia trascurato la questione della percepibilità, da parte del contribuente e secondo canoni di ordinaria diligenza, della natura di mera cartiera delle società importatrici tale questione viene invece esaminata nella pagina 4 della sentenza gravata e risulta risolta in senso favorevole al contribuente sulla scorta delle seguenti considerazioni a la M. ha dimostrato con perizia di parte che gli acquisti delle autovetture dalle società intermediaria venivano a prezzi in linea con quelli dì mercato b l'assunto che le società intermediarie fossero società cartiere, perché mancanti di strutture idonee organizzative, viene contraddetto dagli stessi verificatori allorché attestano la presenza di strutture organizzative per alcune delle società ritenute cartiere, la loro regolare condotta fiscale con regolare versamento dell’Iva, il che avvalora l'affidamento della M sulla corretta operatività delle ditte fornitrici. c è rimasto privo di riscontro documentale l'assunto che i pagamenti all'estero venivano effettuati con denaro dell’ossesso contro il committente. A fronte di tale apparato motivazionale, di per sé sufficiente a sorreggere la decisione, la ricorrente non enuclea fatti specifici trascurati nella sentenza gravata ed il cui apprezzamento avrebbe con certezza orientato diversamente la formazione del convincimento del giudice di merito, ma si limita a trascrivere nel ricorso per cassazione il proprio atto di appello in tal modo il mezzo di ricorso non sottopone alla Corte vizi logici o lacune della motivazione censurata, ma sollecita la Corte ad una rivalutazione del merito della controversia che notoriamente esula dai suoi compiti istituzionali. Si propone il rigetto del ricorso. Per tali ragioni, si propone al Collegio il rigetto del ricorso. Che né il Fallimento M. spa né Equitalia Nord si sono costituiti che la relazione è stata notificata alla ricorrente che non sono state depositate memorie che il Collegio condivide gli argomenti esposti nella relazione che quindi il ricorso va in definitiva rigettato che non vi è luogo a regolazione delle spese del giudizio di cassazione, non essendosi gli intimati costituiti. P.Q.M. Rigetta il ricorso.