Incongruenza rispetto agli studi di settore: valido l’accertamento anche se il manager ha subito un incidente

L’utilizzo dell’accertamento induttivo nei confronti di un’azienda a seguito di riscontrate incongruenze agli studi di settore è legittimo anche se il suo manager ha subito un grave infortunio che ne ha pregiudicato per lungo tempo l’attività direzionale all’azienda nel contraddittorio sarà compito dell’azienda fornire le giustificazioni del minor reddito dichiarato.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 14787 del 15 luglio 2015, ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate ritenendo corretto l’accertamento induttivo effettuato nei confronti di un’azienda a seguito delle incongruenze agli studi di settore non rileva, secondo i giudici di legittimità, il fatto che il manager dell’azienda abbia subito un grave incidente che l’abbia tenuto lontano dal lavoro, con gravi danni all’azienda in termini di organizzazione e produttività. Secondo la Cassazione, nel contraddittorio sarà compito dell’azienda giustificare lo scostamento dallo studio di settore l’Agenzia delle Entrate ha solo il compito di rilevare lo scostamento ed emettere il conseguente avviso di accertamento. L’instaurazione del contenzioso. L’Agenzia delle Entrate nel luglio del 2008, aveva notificato ad una s.r.l. che svolgeva l’attività di elaborazione elettronica dei dati, un avviso di accertamento con cui, in applicazione degli studi di settore riferiti al gruppo omogeneo di appartenenza nel quale era stata inserita la s.r.l. ricorrente, provvedeva in ragione degli scostamenti reddituali riscontrati tra i ricavi dichiarati e quelli puntuali, a rettificare ai sensi degli artt. 62 sexies , d.l. n. 331/1993 e 39, comma 1, lett. d , d.P.R. n. 600/1973, le dichiarazioni IVA, IRPEG ed IRAP della parte per l’anno 2004, determinando il maggior carico fiscale e liquidando imposte, interessi e sanzioni. La s.r.l. aveva impugnato l’avviso di accertamento davanti alla CTP, che però aveva respinto il ricorso ritenendo che questa non avesse provato né l’errore nella individuazione dello studio di settore né, malgrado il grave evento traumatico che aveva colpito un dipendente, figlio dell’amministratore unico e preposto al coordinamento delle attività aziendali, la presenza di fatti in grado di giustificare lo scostamento rilevato. La s.r.l. avverso la sentenza sfavorevole si appellava alla CTR che accoglieva il ricorso i giudici di secondo grado evidenziavano che l’applicazione degli studi di settore non dispensa l’Agenzia delle Entrate dall’onere di provare la presenza di presunzioni di tale gravità e concordanza da giustificare la legittimità della ripresa effettuata la CTR ha affermato che nei fatti l’Ufficio non ha in nessun caso né comprovato la sussistenza di elementi fondanti le sue pretese, ma anzi non ha in alcun modo voluto vagliare nel concreto la situazione, sia pure anomala, venutasi a verificare in conseguenza del gravissimo incidente occorso ad un lavoratore che non soltanto rivestiva un ruolo nell’azienda, ma che, peraltro, quale figlio dell’amministratore unico ha di fatto costituito per la società un evento disastroso ed anomalo tale da giustificare un’attenta revisione della situazione della contribuente . Poiché da quanto sopra appare evidente che la situazione che si è venuta a creare nel concreto certamente non può rientrare nelle condizioni di normale attività , in presenza delle quali è legittimo l’accertamento fondato sugli studi di settore, nella specie l’operato dell’Ufficio non appare corretto e non si appalesa condivisibile , sicché la sentenza dei primi giudici va conseguentemente riformata. Avverso tale sentenza, l’Agenzia delle Entrate ha impugnato la sentenza davanti alla Cassazione. L’Agenzia delle Entrate ritiene, nel ricorso presentato in Cassazione, che in riferimento all’art. 39, d.P.R. n. 600/1973, la CTR avrebbe accolto l’appello spiegato dalla contribuente sull’implicito ed errato presupposto per il quale fosse onere dell’Ufficio quello di provare, pur in presenza di un reddito della contribuente inferiore a quello derivante dai parametri stessi, l’origine del maggior reddito accertato inoltre gli stessi giudici di secondo grado avrebbero errato non considerando idonei a fondare la pretesa impositiva del fisco ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 39 D.P.R. 600/73 e 62-sexies D.l. 331/93, gli strumenti parametrici di cui all’art. 3, comma 181, legge 549/95 con i conseguenti corollari in materia di riparto dell’onere della prova , essendo noto che i parametri sono fonte di presunzioni semplici e che essi determinano un’inversione nell’onere della prova. Per la Corte di Cassazione le motivazioni dell’Agenzia delle Entrate sono fondate. L’accertamento delle imposte sui redditi onere della prova. La Corte di Cassazione osserva che in tema di accertamento delle imposte sui redditi, nel quadro dei generali principi che governano l'onere della prova, spetta all’amministrazione finanziaria dimostrare l'esistenza dei fatti costitutivi della maggiore pretesa tributaria azionata, fornendo quindi la prova di elementi e circostanze a suo avviso rivelatori dell'esistenza di un maggiore imponibile, mentre grava sul contribuente l'onere della prova circa l'esistenza dei fatti che danno luogo ad oneri o a costi deducibili, ed in ordine al requisito dell'inerenza degli stessi all'attività professionale o d'impresa svolta, la Cassazione ha più volte avuto occasione di chiarire con particolare riferimento all’attività accertatrice che utilizzi lo schema procedimentale degli artt. 39, comma 1, lett. d , d.P.R. n. 600/1973 e art. 54, comma 2, d.P.R. n. 633/1972, che l’esistenza di attività non dichiarate o l'inesistenza di passività dichiarate, nel primo caso, o le false indicazioni, nel secondo, possono essere desunte anche sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, senza necessità che l'Ufficio fornisca prove certe, essendo all’occorrenza sufficiente , che tra il fatto noto e quello ignoto sussista un legame tale in modo del quale il fatto da provare risulti desumibile dal fatto noto come conseguenza ragionevolmente possibile, secondo un criterio di normalità e alla stregua di un canone di probabilità che renda possibile e verosimile nel procedimento di inferenza logica la sequenza degli avvenimenti che ne sono oggetto in base a regole di comune esperienza . Le conclusioni. Per la Corte di Cassazione è evidente il duplice errore in cui è incorsa la pronuncia dei giudici di secondo grado è sbagliato aver sentenziato che l’Ufficio non abbia in nessun caso comprovato la sussistenza di elementi fondanti le sue pretese, risultando per vero la detta conclusione del tutto incongrua rispetto al delineato quadro di diritto. La CTR ha errato nel ritenere che l’incremento del reddito accertato non fosse stato compiuto in applicazione degli ordinari criteri operativi indicati da dette norme, bensì provvedendo alla determinazione dei ricavi puntuali in applicazione degli studi di settore riferiti al cluster di inquadramento del contribuente, di modo che non è conseguentemente corretto scrutinare l’operato dell’Ufficio alla stregua della concludenza degli elementi indiziari da esso addotti. La Cassazione ritiene, pertanto che sia legittimo l’accertamento analitico-induttivo effettuato dall’Agenzia delle Entrate, fermo restando che il relativo procedimento presuppone che sia l’attività del contraddittorio con il contribuente che dovrà dimostrare eventuali giustificazioni che hanno determinato l’incongruenza agli studi di settore/parametri.

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 25 maggio – 15 luglio 2015, n. 14787 Presidente Piccininni – Relatore Marulli Svolgimento del processo 1. Il 7.7.2008 l’ufficio di Torino 1 dell’Agenzia delle Entrate faceva notificare alla F. s.r.l., società svolgente l’attività di elaborazione elettronica dei dati, un avviso di accertamento con cui, in applicazione degli studi di settore riferiti al gruppo omogeneo di appartenenza nel quale era stata inserita la contribuente, provvedeva in ragione degli scostamenti reddituali riscontrati tra i ricavi dichiarati e quelli puntuali, a rettificare ai sensi degli artt. 62-sexies D.l. 331/93 e 39, comma primo, lett d , D.P.R. 600/73 le dichiarazioni IVA, IRPEG ed IRAP della parte per l’anno 2004, determinando il maggior carico fiscale e liquidando imposte, interessi e sanzioni. Avverso la sentenza di primo grado - che aveva respinto il ricorso della contribuente ritenendo che questa non avesse provato né l’errore nella individuazione dello studio di settore né, malgrado il grave evento traumatico che aveva colpito un dipendente, figlio dell’amministratore unico e preposto al coordinamento delle attività aziendali, la presenza di fatti in grado di giustificare lo scostamento rilevato — interponeva appello avanti alla CTR Piemonte la soccombente F., chiedendo la riforma dell’impugnata sentenza. I giudici di appello, accogliendo il gravame, osservato previamente che l’applicazione degli studi di settore non dispensa l’ufficio dall’onere di provare la presenza di presunzioni di tale gravità e concordanza da giustificare la legittimità della ripresa, si sono detti convinti che nei fatti l’ufficio non ha in nessun caso né comprovato la sussistenza di elementi fondanti le sue pretese, ma anzi non ha in alcun modo voluto vagliare nel concreto la situazione - sia pure anomala - venutasi a verificare in conseguenza del gravissimo incidente occorso ad un lavoratore che non soltanto rivestiva un ruolo nell’azienda, ma che, peraltro, quale figlio dell’amministratore unico ha di fatto costituito per la ditta un evento disastroso ed anomalo tale da giustificare un’attenta revisione della situazione della contribuente . Poiché da quanto sopra appare evidente che la situazione che si è venuta a creare nel concreto certamente non può rientrare nelle condizioni di normale attività , in presenza delle quali è legittimo l’accertamento fondato sugli studi di settore, nella specie l’operato dell’ufficio non appare corretto e non si appalesa condivisibile , sicché la sentenza dei primi giudici va conseguentemente riformata. Per la cassazione di detta sentenza l’Agenzia promuove ricorso sulla base di cinque motivi. Resiste con controricorso la parte privata. Motivi della decisione 2.1. Con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia ricorrente deduce per gli effetti dell’art. 360, comma primo, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza per violazione degli artt. 342 c.p.c. e 53, comma 1, D.lg. 546/92, poiché, premesso che in base alle citate disposizioni l’atto di appello deve contenere l’esposizione di specifici motivi di impugnazione, nella specie la contribuente nel proprio atto di appello, non ha proposto alcuna specifica censura in relazione al decisum della sentenza resa dal giudice di prime cure, non chiarendo in alcun modo quali siano i capi della pronuncia impugnati , di modo che la sentenza si rivela viziata avendo la CTR omesso di dichiarare l’inammissibilità del gravame. 2.2. Il motivo è inammissibile per novità della questione, trattandosi di questione non precedentemente prospettata e non sottoposta perciò al vaglio del giudice di appello. La sua introduzione per la prima volta in questa sede urta dunque contro il consolidato principio affermato dalla Corte secondo cui non sono prospettabili, per la prima volta, in sede di legittimità le questioni non appartenenti al tema del decidere dei precedenti gradi de! giudizio di merito, né rilevabili di ufficio 9034/15 6613/15 17041/13 , e ciò perché come è ampiamente noto il giudizio di cassazione ha per oggetto solo la revisione della sentenza in rapporto alla regolarità formale del processo ed alle questioni di diritto proposte 7757/15 3223/15 4787/12 . 3.1. Il secondo ed il terzo motivo di ricorso addebitano all’impugnata sentenza ex art. 360, comma primo, n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione di legge in relazione all’art. 2697 c.c., che risulta nella specie doppiamente inosservato, sotto un primo profilo, in relazione anche all’art. 39 D.P.R. 600/73, perché la CTR, avrebbe accolto l’appello spiegato dalla contribuente sull’implicito ed errato presupposto per il quale fosse onere dell’Ufficio quello di provare - pur in presenza di un reddito della contribuente inferiore a quello derivante dai parametri stessi - l’origine del maggior reddito accertato secondo motivo e sotto un secondo profilo in relazione anche agli arti. 39 D.P.R. 600/73, 3, comma 181, 1. 549/95 e 62-sexies D.l. 331/93. poiché, parimenti, la CTR avrebbe errato non considerando idonei a fondare la pretesa impositiva del fisco ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 39 D.P.R. 600/73 e 62-sexies D.l. 331/93, gli strumenti parametrici di cui al sopra indicato art. 3, comma 181, l. 549/95 con i conseguenti corollari in materia di riparto dell’onere della prova , essendo noto che i parametri sono fonte di presunzioni semplici e che essi determinano un’inversione nell’onere della prova terzo motivo . 3.2. Entrambi i detti motivi - che possono essere esaminati congiuntamente in ragione dell’unitarietà della censura - sono fondati e la loro fondatezza determina l’assorbimento anche dei restanti motivi di ricorso del quarto, inteso a denunciare l’errore di diritto commesso dalla CTR nell’applicazione degli artt. 62-sexies D.l. 331/93 e 39 D.P.R. 600/73, in quanto, contrariamente a quanto da essa sostenuto, l’accertamento operato nella specie era supportato dall’allegazione di gravi incongruenze tra l’ammontare dei ricavi dichiarati e quello determinato in applicazione dei parametri e del quinto, giusta il quale si deduce un vizio motivazionale, sotto il profilo nella specie dell’insufficienza di quella adottata per accogliere il gravame della parte, non avendo il giudice di seconde cure chiarito il percorso logico sotteso al suo assunto in relazione agli elementi presuntivi di fatto dedotti espressamente dall'ufficio. 3.2. Sul filo del più generale insegnamento secondo cui in tema di accertamento delle imposte sui redditi, nel quadro dei generali principi che governano l’onere della prova, spetta all'amministrazione finanziaria dimostrare l'esistenza dei fatti costitutivi della maggiore pretesa tributaria azionata, fornendo quindi la prova di elementi e circostanze a suo avviso rivelatori dell'esistenza di un maggiore imponibile, mentre grava sul contribuente l'onere della prova circa l'esistenza dei fatti che danno luogo ad oneri o a costi deducibili, ed in ordine al requisito dell'inerenza degli stessi all'attività professionale o d'impresa svolta 11205/07 , questa Corte ha reiteratamente avuto occasione di chiarire con particolare riferimento all’attività accertatrice che utilizzi lo schema procedi mentale degli artt. 39, comma primo, lett d D.P.R. 600/73 54, comma secondo, D.P.R 633/72, che l’esistenza di attività non dichiarate o l'inesistenza di passività dichiarate, ne! primo caso, o le false indicazioni, nel secondo, possono essere desunte anche sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, senza necessità che l'Ufficio fornisca prove certe 1283/15 27667/13 9784/10 , essendo all’uopo bastevole, secondo un insegnamento, altrettanto condiviso, che tra il fatto noto e quello ignoto sussista un legame tale in guisa del quale il fatto da provare risulti desumibile dal fatto noto come conseguenza ragionevolmente possibile, secondo un criterio di normalità e alla stregua di un canone di probabilità che renda possibile e verosimile nel procedimento di inferenza logica la sequenza degli avvenimenti che ne sono oggetto in base a regole di comune esperienza 22656/11 . In questa prospettiva risulta poi peculiare l’apporto che l’azione accertatrice ritrae dall’adozione degli strumenti di rilevazione statistica applicati alla dinamica reddituali di singole categorie di contribuenti e, segnatamente, dal ricorso agli strumenti parametrici di cui all’art. 3, comma 181 e 184 1. 549/95, prima, e agli studi di settore, poi, cui rinvia il qui pure richiamato art. 62-sexies, comma 3, d.l. 331/93, convertito in l. 421/93, giusta il quale gli accertamenti di cui agli articoli 39, primo comma, lettera d , del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 e successive modificazione e 54 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 e successive modificazioni, possono essere fondati anche sull'esistenza di gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi ed i corrispettivi dichiarati e quelli fondatamente desumibili dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta, ovvero dagli studi di settore elaborati ai sensi dell'articolo 62-bis . Giudicando di essi e della prassi che è seguita alla loro applicazione le SS.UU. 26635/09 - sia pur con le cautele imposte dalla necessità di salvaguardare il contraddittorio con il contribuente - non hanno infatti avuto alcuna esitazione nel riconoscere nella procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l'applicazione dei parametri o degli studi di settore un sistema di presunzioni semplici , in grado di legittimare all’esito del contraddittorio con la parte la pretesa tributaria che da essi tragga supporto. 3.3. Traendo le fila di questo discorso, è dunque evidente il duplice errore in cui è incorsa la pronuncia in esame giudicando che nella fattispecie l’ufficio non abbia in nessun caso comprovato la sussistenza di elementi fondanti le sue pretese , risultando per vero la detta conclusione del tutto incongrua rispetto al delineato quadro di diritto. La CTR erra infatti una prima volta, poiché, pur dando atto che nella specie l’ufficio aveva proceduto a rettificare il reddito di impresa della parte in applicazione degli artt. 39, comma primo, lett d . D.P.R. 600/73 e 54, comma secondo, D.P.R. 633/72, ha tuttavia omesso di considerare, decretando l’illegittimità della pretesa fiscale, che l’accertamento in parola non era stato compiuto in applicazione degli ordinari criteri operativi indicati da dette norme, bensì provvedendo alla determinazione dei ricavi puntuali in applicazione degli studi di settore riferiti al cluster di inquadramento del contribuente, di modo che non è conseguentemente corretto scrutinare l’operato dell’ufficio alla stregua della concludenza degli elementi indiziari da esso addotti, gravandolo perciò di un onere probatorio superfluo se l’accertamento si fondi sull’applicazione degli studi di settore erra peraltro pure una seconda volta, allorché, ritenendo appunto che nella specie la legittimità della pretesa non fosse suffragata da elementi fondanti , mostra di prescindere dalla valenza probatoria che, in linea di principio, l’ordinamento tributario attribuisce agli studi di settore, atteso che l’accertamento di maggiori ricavi non dichiarati, sia pure con il filtro della preventiva attivazione del contraddittorio con il contribuente, può essere utilmente argomentata anche in base alla loro applicazione, trattandosi come sì è visto di strumenti di accertamenti presuntivi del reddito. 4. Cassandosi perciò in accoglimento degli esaminati motivi la sentenza impugnata la causa andrà rinviata per il necessario riesame a mente dell’art. 383, comma primo, c.p.c. al giudice territoriale, il quale avrà cura di attenersi ai sensi dell’art. 384 c.p.c. ai seguenti principi di diritto i parametri o gli studi di settore previsti dall'art. 62-sexies d.l. 331/93, rappresentando la risultante dell'estrapolazione statistica di una pluralità di dati settoriali acquisiti su campioni di contribuenti e dalle relative dichiarazioni, rivelano valori che, quando eccedono il dichiarato, integrano il presupposto per il legittimo esercizio da parte dell'Ufficio dell’accertamento analitico-induttivo, ex artt. 39, primo comma, lett. d , del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e 54, comma secondo, D.P.R. 633/72, sicché, fermo restando che il relativo procedimento presuppone l’attivazione del contraddittorio con il contribuente, l’ufficio non è tenuto ad assolvere nessun ulteriore onere probatorio per dimostrare la legittimità della propria pretesa la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l'applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici in grado di legittimare la pretesa tributaria, allorché all’esito del contraddittorio con il contribuente da instaurarsi obbligatoriamente, questa risulti provvista dei requisiti di gravità, precisione e concordanza di cui agli att. 39, comma primo, lett d , D.P.R. 600/73 e 54, comma secondo, D.P.R. 633/72 . P.Q.M. Accoglie il secondo ed il terzo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il primo motivo ed assorbiti il quarto ed il quinto motivo cassa l’impugnata sentenza e rinvia avanti alla CTR Piemonte che provvederà pure alla liquidazione delle spese del presente giudizio.