Frodi carosello: visura camerale e bonifico non dimostrano l’incolpevole affidamento del cessionario sulla regolarità fiscale del cedente

In tema di annullamento di avvisi di accertamento emessi per disconoscere la detrazione dell’Iva afferente a fatture di acquisto relative ad operazioni inesistenti, la Cassazione sottolinea l’importanza della ponderazione degli elementi probatori indicati dalle parti con riferimento al grado di consapevolezza del contribuente circa il carattere fraudolento delle cessioni.

Questo è il tema di cui si occupa la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 10793/15 depositata il 26 maggio. Il caso. Con l’ordinanza in commento la sezione VI della Corte di Cassazione cassa con rinvio la pronuncia con la quale la Commissione Tributaria Regionale del Piemonte ha annullato due avvisi di accertamento emessi per disconoscere la detrazione dell’Iva afferente a fatture di acquisto relative ad operazioni inesistenti. La motivazione dell’arresto è tutta incentrata sulla ponderazione degli elementi probatori indicati dalle parti con riferimento al grado di consapevolezza del contribuente circa il carattere fraudolento di cessioni di autoveicoli. Da un lato il contribuente ha allegato - l’occasionalità dei suoi rapporti con i soggetti cedenti - la congruità dei corrispettivi rispetto ai valori di mercato - la tracciabilità dei pagamenti, effettuati mediante bonifici e assegni successivamente rispetto alla data di consegna degli autoveicoli - visure camerali che attestavano l’esistenza delle cedenti. Dall’altro lato l’Amministrazione finanziaria ha accertato in sede di rettifica - l’assenza di una organizzazione e di locali idonei a consentire allo svolgimento dell’attività di vendita di autoveicoli da parte dei soggetti cedenti - la consegna di tutti gli autoveicoli ad opera di soggetti diversi da quelli cedenti - la mancanza dei documenti di trasporto. Secondo la Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, gli elementi probatori indicati dal contribuente confermano l’effettività degli acquisti, mentre quelli offerti dall’Amministrazione finanziaria non sono sufficienti a confutarne l’efficacia probatoria. Al contrario il Giudice di legittimità ritiene che nella pronuncia impugnata non siano stati adeguatamente ponderati gli elementi indiziari di segno contrario indicati nella rettifica. La ripartizione dell’onus probandi nelle frodi carosello. A sommesso parere di chi scrive, la pronuncia in commento non è condivisibile nella parte in cui sembra porre in capo al contribuente l’onere di raccogliere elementi concreti circa l’esistenza della propria controparte commerciale. In primo luogo viene da chiedersi se tale impostazione sia rispettosa del canone di proporzionalità sarebbe infatti del tutto irragionevole imporre al contribuente di precostituire” la prova di tutti gli elementi materiali di esecuzione di ogni contratto posto in essere. A ciò si aggiunga che, se il contribuente non può limitarsi ad una verifica fondata su elementi formali quali la visura catastale, la tracciabilità dei pagamenti o la congruità del corrispettivo rispetto ai valori di mercato ma deve spingersi alla ricerca di elementi sostanziali, come può svolgere queste indagini senza essere dotato dei poteri istruttori propri dell’Amministrazione finanziaria? In secondo luogo questa presa di posizione della Sesta Sezione sembra non pienamente in linea rispetto al consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità in tema di operazioni inesistenti Tendenze recenti nella giurisprudenza di legittimità in tema di operazioni inesistenti, tra prova, controprova ed onere di contestazione argomentata” , confondendo il piano della ripartizione dell’onere della prova tra contribuente e Amministrazione finanziaria con quello della attendibilità degli elementi offerti dalle parti. In tutte le controversie concernenti operazioni oggettivamente e soggettivamente inesistenti, l’onere della prova grava sul contribuente, il quale, se vuole esercitare il diritto alla detrazione dell’Iva, deve provarne i presupposti tale onere viene assolto documentando le operazioni con fatture regolari inserite in una corretta contabilità Cass., sez. trib., 12 maggio 2011, n. 10414, in CED Cass., Rv. 618009 . Nel caso di apparente regolarità della documentazione contabile, qualora l’Amministrazione intenda contestare il coinvolgimento di un contribuente in una cosiddetta frode carosello” – fondata sul mancato versamento dell’Iva incassata da società cartiere” a seguito di acquisti intracomunitari o altrimenti esenti e successive rivendite anche attraverso l’interposizione di una o più società filtro buffers” – è tenuta a dimostrare gli elementi di fatto della frode attinenti il cedente la sua natura di cartiera”, la inesistenza di una struttura autonoma operativa, il mancato pagamento dell’Iva come modalità preordinata al conseguimento di un utile nel meccanismo fraudolento et cetera e la connivenza nella frode da parte del cessionario tali elementi devono essere tali da porre sull’avviso qualsiasi imprenditore onesto e mediamente esperto sull’inesistenza sostanziale del contraente Cass., sez. trib., 12 maggio 2011, n. 10414, cit. . Qualora l’ufficio procedente fornisca questi elementi, grava sul contribuente l’onere di dimostrare il contrario, dando prova della corrispondenza anche soggettiva dell’operazione di cui alla fattura con quella in concreto realizzata ovvero l’incolpevole affidamento sulla regolarità fiscale del cedente ingenerato dalla sua condotta Cass., sez. trib., 5 dicembre 2014, n. 25778, in CED Cass., Rv. 633904 . La dimostrazione dell’incolpevole affidamento sulla regolarità fiscale del cedente. Secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia, ove si sia in presenza di una frode sull’Iva realizzata con una catena di successive cessioni, il cessionario ha il diritto di detrarre l’IVa ove non sappia o non possa sapere causa C-762/93 di essere coinvolto in un meccanismo fraudolento, mentre, qualora sapesse o avrebbe dovuto sapere di partecipare con il proprio acquisto ad una operazione che si iscriveva in una frode all’Iva il beneficio del diritto alla detrazione deve essere negato causa C-439/04 . Qual è la differenza di significato tra il poter sapere” ed il dover sapere”? Ad avviso della Corte di Giustizia tale distinzione è più formale che sostanziale, come è comprovato dall’uso indifferenziato di tali termini nell’ambito di una giurisprudenza costante. In concreto, viene posto a carico del cessionario un obbligo di diligenza nella scelta del fornitore e di attenzione ai requisiti del soggetto cedente, non formali – essendo evidente che ogni meccanismo fraudolento si cura in primo luogo di esibire all’esterno una apparente correttezza contabile e cartolare – ma sostanziali, nel senso di una effettiva esistenza nel cedente di una efficiente struttura operativa e della capacità di fornire autonomamente i beni acquistati, senza ovviamente pretendere un inesigibile dovere di accurata indagine, ma fondandosi su quegli elementi obiettivi come ad esempio assenza di strutture, assenza di una clientela qualificata, mancanza di indici di capacità commerciale, mancanza di pubblicità, giro di affari et cetera che non possono sfuggire ad un contraente onesto che operi in un determinato settore commerciale e che in particolare non devono sfuggire ad un imprenditore mediamente accorto.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - T, ordinanza 26 marzo – 26 maggio 2015, n. 10973 Presidente Lacobellis – Relatore Conti In fatto e in diritto La CTR del Piemonte, con sentenza n .36/27/12, depositala il 20.6.2012, confermava la sentenza del giudice di primo grado che aveva annullato due avvisi di accertamento emessi per gli anni 2003 e 2004 a carico della A.M. srl per la ripresa di IVA per operazioni inesistenti. Rilevava il giudice di appello che l’occasionalità dei rapporti fra la contribuente e le ditte cedenti, la regolarità degli acquisti effettuati a prezzi di mercato con pagamenti realizzati a mezzo bonifici e assegni successivamente alla data di consegna escludevano, anche considerando la mancata prova di una provvigione in favore delle cedenti, l’esistenza di una frode carosello, peraltro ritenendo l’esistenza negli anni 2003 e 2004 delle due ditte cedenti risultante dalle visure camerali. Elementi questi che non consentivano di dubitare dell’effettività degli acquisiti degli autoveicoli da parte della contribuente, apparendo le ulteriori circostanze dedotte dall'Ufficio insufficienti a dimostrare che la società A.M. avesse comprato autovetture da terzi e non dalle cedenti. L’Agenzia delle Entrate ha dedotto il vizio di insufficiente motivazione della sentenza sotto il profilo dell’esistenza delle società cedenti e della consapevolezza della frode da parte della società contribuente. Sotto il primo profilo evidenzia che, in buona sostanza, la CTR aveva desunto l’esistenza delle ditte cedenti dall'avvenuto regolare pagamento delle autovetture, tralasciando di considerare gli accertamenti dall'ufficio dai quali era emerso che le due ditte cedenti - T.G. e G.C. srl, non avevano alcuna struttura o locale idoneo a svolgere l'attività di vendita di autoveicoli. Sotto il secondo profilo l’Agenzia deduce che la CTR aveva omesso di considerare la circostanza, emersa in sede di accertamento nei confronti delle società cedenti, che il legale rappresentante della società esaminata non era in possesso di documento di trasporto. La società contribuente, costituitasi con controricorso, ha dedotto l’infondatezza della censura in relazione al carattere esaustivo della motivazione della sentenza impugnata. Nessuna difesa scritta ha depositato la Equitalia Nomos spa. II ricorso è secondo il Collegio fondato. La motivazione impugnata non appare congniamente agganciata ad una disamina completa degli elementi fomiti dall’Agenzia in sede di avviso di accertamento, al cui interno spiccavano l’assenza di sede e organizzazione da parte delle due società venditrici di automobili che avevano commerciato con la A.M. srl - id est. G.C. srl e T.G. l'assenza di documenti di trasporto in capo alle ditte formalmente alienanti e la consegna di tutti gli autoveicoli ad opera di soggetti diversi da quello alienante. Orbene, rispetto alla mancata ponderazione di siffatti elementi, la CTR ha fatto derivare l’illegittimità della pretesa fiscale nei confronti della società contribuente da elementi formali, quali l’esistenza di visure che attestavano l’esistenza in vita delle società alienanti ovvero dei pagamenti delle forniture e della loro congruità senza tuttavia considerare che gli stessi non potevano integrare un compendio indiziario congruo e logicamente coerente in assenza della concomitante ponderazione degli elementi indiziari di segno contrario indicati nell’accertamento dell'Ufficio che, secondo un giudizio prognostico da compiere ex ante, ponevano in discussione, in ragione della consegna delle automobili operata da soggetti terzi diversi dai cessionari - l’esistenza stessa di contatti diretti fra acquirente delle autovetture - la società contribuente - e in definitiva il grado stesso di consapevolezza della A.M. circa il carattere fraudolento delle vendite operate da soggetti privi di autonoma organizzazione e circa la natura fittizia delle strutture formalmente cedenti delle autovetture. Sulla base di tali considerazioni, idonee a superare i rilievi difensivi esposti dalla controricorrente, il ricorso merita di essere accolto e la sentenza deve essere cassata con rinvio ad altra sezione della CTR del Piemonte per nuovo esame e per la liquidazione delle spese del giudizio. P.Q.M. Visti gli articolo 375 e 380 bis c.p.c. accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR del Piemonte per nuovo esame e per la liquidazione delle, spese del giudizio.