Scelta ermeneutica pro Fisco del giudice di legittimità in tema di tassazione del trust

L'atto di costituzione del trust con cui il disponente, al fine di rafforzare la propria garanzia patrimoniale a favore di istituti bancari, conferisce in trust i beni immobili di cui è proprietario, nominando sé stesso come trustee, sconta l'imposta sulle successioni e donazioni con l'aliquota dell'8%.

Il corretto trattamento impositivo indiretto dell'atto di costituzione di un trust autodichiarato e di garanzia”, richiede di assoggettare lo stesso ad imposizione in misura proporzionale, con l'aliquota residuale e massima dell'8%. Tale assunto è stato precisato dalla Corte di Cassazione , Sesta Sezione Civile, con la ordinanza n. 3735 del 24 febbraio 2015. Va applicata l’imposta sulle successione e donazioni , nella peculiare accezione concernente la costituzione di un vincolo di destinazione, assunta come autonomo presupposto impositivo, sull’attribuzione di danaro, conferita in trust e destinata ad essere investita a beneficio di terzi. L’atto di dotazione di un trust paga l’imposta di donazione immediatamente e, quindi, non se ne rimanda l’applicazione al momento in cui il trustee distribuirà il patrimonio del trust ai beneficiari. Tale assunto, invece, è stato precisato dalla Corte di Cassazione , Sesta Sezione Civile, con la ordinanza n. 3737 del 24 febbraio 2015. Il caso affrontato nell’ordinanza n. 3737. Alcuni Enti pubblici la Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia, la Regione Umbria, il Comune di Perugia e la locale Camera di Commercio hanno costituito un trust l’Umbria Trust conferendovi una somma di denaro con lo scopo di provvedere alla manutenzione ordinaria e straordinaria, alla riqualificazione e allo sviluppo dell’aeroporto umbro di S. Egidio nel quinquennio 2005-2010 e prevedendo che l’eventuale residuo di patrimonio sussistente alla cessazione del trust doveva essere e devoluto alla Regione Umbria o ad altro soggetto pubblico individuato dai disponenti. Sulla somma conferita in trust è stata pagata l’imposta dell’8% l’aliquota massima dell’imposta di donazione, applicabile quando tra donante e donatario o, per il trust, tra disponente e beneficiario, non vi è alcun rapporto di parentela o di affinità l’imposta è stata successivamente chiesta a rimborso, negato dal Fisco. I giudici di merito tributari, accogliendo le doglianze del contribuente , hanno ritenuto che la tassazione con l’imposta proporzionale avrebbe dovuto essere applicata al momento di uscita dei beni dal trust e non al momento della loro sottoposizione al vincolo del trust all’atto istitutivo del trust, in sostanza , avrebbe dovuto essere applicata la sola imposta fissa. Il caso affrontato nell’ordinanza n. 3735. Un soggetto ha istituito un trust autodichiarato vincolando immobili nominando se stesso quale trustee , al fine di meglio realizzare la tutela dei suoi creditori, disponendo che beneficiari del patrimonio residuo, una volta pagati i debiti, fossero egli medesimo, se vivente e, in subordine, i suoi discendenti. L’atto istitutivo è stato tassato con l’imposta fissa. Il giudice del gravame ha annullato l’avviso di liquidazione dell’imposta proporzionale. L’imposta di donazione è dovuta all’atto dell’istituzione del vincolo di destinazione. Gli Ermellini con le pronunce citate hanno rigettato - La tesi secondo cui l’istituzione del vincolo di destinazione non è manifestazione di capacità contributiva a nulla rileva, che l’intestazione dei beni al trustee sarebbe provvisoria e temporanea, non incrementerebbe il suo patrimonio e sarebbe un mera situazione-ponte” in attesa della definitiva assegnazione ai beneficiari. - La tesi secondo cui, quando Tizio nomina se stesso come trustee , non c’è spostamento patrimoniale peraltro, se mai una tassazione sia applicabile, dovrebbe trattarsi dell’aliquota del 4% quella dei trasferimenti tra coniugi e dei parenti in linea retta e non dell’aliquota residuale dell’8%. - Le ricostruzioni del trust come donazione modale” o come donazione sottoposta a condizione sospensiva. - La tesi secondo cui all’atto istitutivo del Trust si applica l’imposta di donazione in misura fissa, atteso che solo al momento del trasferimento dei beni in Trust si verifica l’arricchimento patrimoniale del beneficiario. In particolare, gli Ermellini, accogliendo i ricorsi in cassazione del Fisco, hanno precisato che con l’art. 2, comma 47, d.l. n. 262/2006, il legislatore ha istituito l’imposta sulle successioni e donazioni sui trasferimenti di beni e diritti per causa di morte, per donazione o a titolo gratuito e sulla costituzione di vincoli di destinazione in altri termini, disponendo che l’imposta si applica all’istituzione del vincolo, il legislatore ha inequivocabilmente attratto nell’area applicativa della norma tutti i regolamenti capaci di produrlo, compreso, quindi, il trust . Il presupposto impositivo è dunque correlato alla predisposizione del programma di funzionalizzazione del diritto al perseguimento degli obiettivi voluti là dove l’oggetto consiste nel valore dell’utilità della quale il disponente, stabilendo che sia sottratta all’esercizio delle proprie facoltà proprietarie, per essere gestita da altri a beneficio di terzi, finisce con l’impoverirsi . L’imposta di donazione è dovuta all’atto dell’istituzione del vincolo di destinazione. Occorre applicare ,quindi, l’imposta proporzionale dell’8% all’atto dell’istituzione del vincolo di destinazione. Posizione dell’Agenzia delle Entrate imposta successoria. Con la circolare n. 48/E del 2007 la Direzione Centrale dell’Amministrazione Finanziaria afferma 1 il trust è riconducibile nella categoria dei vincoli di destinazione e, come tale, soggetto alla reintrodotta imposta sulle successioni e donazioni 2 Il trust si sostanzia in un rapporto giuridico complesso che ha un’unica causa fiduciaria 3 ai fini della determinazione delle aliquote . occorre guardare al rapporto intercorrente tra il disponente e il beneficiario 4 ciò induce a ritenere che la costituzione del vincolo di destinazione avvenga sin dall’origine a favore del beneficiario naturalmente nei trust con beneficiari e sia espressione dell’unico disegno volto a consentire la realizzazione dell’attribuzione liberale. La circolare n. 3/E del 2008, ribadisce i principi già espressi con la circolare n. 48/E del 2007, affermando che La costituzione di beni in trust rileva, in ogni caso, ai fini dell’applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni, indipendentemente dal tipo di trust , confermando che anche la costituzione di trust rientra tra i vincoli di destinazione e che il momento impositivo va individuato in occasione della segregazione del patrimonio, cioè alla costituzione del trust . L’atto di dotazione patrimoniale di un trust, quindi, secondo la tesi erariale deve essere assoggettato all’imposta sulle successioni e donazioni, al momento della segregazione del patrimonio .La costituzione di beni in trust fiscalmente rileva per l’applicazione dell’imposta di successione e donazione indipendentemente dal tipo di trust. Tutte le possibili vicende del trust sono collegate da un’unica causa dall’istituzione, alla dotazione patrimoniale, gestione, realizzazione dell’interesse del beneficiario, raggiungimento scopo. Questa unicità di causa fa sì che l’imposta sulle successioni e donazioni sia dovuta sempre al momento della segregazione del patrimonio, cioè alla costituzione del trust . La costituzione di beni in trust rileva, in ogni caso, ai fini dell’applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni - indipendentemente dal tipo di trust - come pure non assume nessuna rilevanza, a tal fine, il fatto che il trust sia da considerare revocabile o irrevocabile. L’imposta sulle successioni e donazioni trova così applicazione in tutti gli atti di costituzione di beni in trust a prescindere dalla verifica, caso per caso, degli effetti giuridici prodotti dai singoli negozi determinandosi, quindi, un trattamento ai fini dell’assoggettamento all’imposta sulle successioni e donazioni difforme dal principio che trova ingresso per le altre tipologie di vincoli di destinazione. Nella circ. n. 3/E del 2008, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che il soggetto passivo dell’imposta sulle successioni e donazioni è il trust, in quanto immediato destinatario dei beni oggetto di segregazione il quale è, pertanto, tenuto al pagamento dell’imposta tramite, ovviamente, il trustee con l’utilizzo del patrimonio del trust. Quest’ultimo non rientra però tra i soggetti passivi dell’imposta indicati dall’art. 5. d.lgs. n. 346/1990. Con la circolare n. 3/E del 22 gennaio 2008 l’Amministrazione finanziaria si è nuovamente soffermata sulla questione riguardante aliquote e franchigie applicabili, precisando che nell’ipotesi di trust costituito nell’interesse di uno o più beneficiari finali, anche se non individuati, il cui rapporto di parentela con il disponente sia determinato, l’aliquota d’imposta si applica con riferimento al rapporto di parentela intercorrente tra il disponente e il beneficiario e non a quello intercorrente fra il disponente e il trustee . L’Agenzia ha inoltre affermato che, qualora la disposizione segregativa sia generica, tale da non consentire l’individuazione del soggetto beneficiario, non è consentito usufruire delle franchigie, posto che queste rilevano, con riferimento a ciascun beneficiario, tenendo conto delle disposizioni precedentemente poste in essere in suo favore dallo stesso disponente . Sempre secondo tale documento di prassi la attribuzione dei beni al trust rileva, in ogni caso, ai fini dell’applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni, indipendentemente dal tipo di trust istituito. Pertanto, l’Agenzia ritiene che debbano essere assoggettati all’imposta sulle successioni e donazioni con aliquota in misura pari all’8% anche gli atti attributivi di beni a trust realizzati nelle seguenti ipotesi 1 trust auto-dichiarato, in cui il disponente assume le funzioni di trustee 2 trust costituito nell’interesse di soggetti genericamente indicati e non identificabili in relazione al grado di parentela 3 trust di scopo fra cui rientrano i trust di garanzia , gestito per realizzare un determinato fine, senza indicazione di beneficiario finale. Al contrario, la devoluzione ai beneficiari del trust fund non realizza ,secondo il citato orientamento ministeriale, un presupposto impositivo ulteriore ai fini dell’imposta sulle successioni e donazioni, considerata la descritta tassazione già scontata al momento dell’attribuzione dei beni al trust.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – T, ordinanza 4 – 24 febbraio 2015, n. 3735 Presidente Cicala – Relatore Perrino Svolgimento del processo Riferisce la narrativa della sentenza impugnata che C.L. costituì in trust, così denominato, del quale si nominò trustee, i propri beni immobili, al fine di rafforzare la generica garanzia patrimoniale già prestata, nella qualità di fideiussore, in favore di alcuni istituti bancari l'atto di costituzione previde che, al raggiungimento dello scopo principale, il fondo eventualmente residuato sarebbe stato destinato al soddisfacimento dei bisogni e delle esigenze della famiglia del settlor e che, al termine del trust, il beneficiario finale di quanto fosse residuato sarebbe stato il disponente, se in vita, altrimenti i suoi legittimi eredi. In esito alla registrazione dell'atto di costituzione denominato trust, l'Agenzia delle entrate emise avviso di liquidazione per il recupero dell'imposta sulle donazioni ragguagliata al valore dei beni immobili conferiti, applicando l'aliquota dell'8%, giusta il D.L. n. 262 del 2006, art. 2, comma 49, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 286 del 2006, che il disponente impugnò. La Commissione tributaria provinciale respinse il ricorso, ma quella regionale ha accolto l'appello del contribuente, rilevando che, per effetto della costituzione del trust, C.L. non ha beneficiato di arricchimento alcuno, in quanto la segregazione dei beni era intesa esclusivamente alla prestazione di una garanzia. Per conseguenza, ha considerato, non è configurabile il presupposto impositivo dell'imposta sulle donazioni, ossia la liberalità nè è comunque prospettabile, in virtù della costituzione del trust, alcuna capacità contributiva del contribuente, nella qualità di trustee. Ricorre l'Agenzia per ottenere la cassazione di questa sentenza, affidando il ricorso ad un unico motivo, al quale reagisce il contribuente con controricorso e ricorso incidentale concernente la compensazione delle spese processuali nei due gradi di merito del giudizio, illustrati altresì con memoria. Motivi della decisione 1.- Il ricorso principale può essere definito in camera di consiglio, risultando manifestamente fondato, con effetto assorbente del ricorso incidentale. 2.- Con l'unico motivo del ricorso principale, proposto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l'Agenzia delle entrate lamenta la violazione e falsa applicazione del D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, art. 2, comma 47, convertito dalla L. 23 novembre 2006, n. 286, sostenendo che tale norma, là dove configura come presupposto impositivo dell'imposta sulle successioni e donazioni anche la costituzione di vincoli di destinazione sia direttamente applicabile alla fattispecie in esame, a sostegno della pretesa dell'ufficio. 2.1.- Di contro, la sentenza impugnata statuisce che i vincoli di destinazione ed i trust sono istituti diversi ed il contribuente, sviluppando quest'affermazione, puntualizza che, mentre il trust è un istituto giuridico, recte, un negozio giuridico, il vincolo di destinazione si limita a designare l'effetto prodotto da una categoria generica ed atipica di atti negoziali di qui l'irriducibilità del primo al secondo e la conseguente inapplicabilità del D.L. n. 262 del 2006, art. 2, comma 47, come convertito, dedicato ai soli vincoli di destinazione. 3.- Il negozio realizzato da C.L., benchè sia denominato trust, non ne ha la fisionomia ne manca, difatti, uno dei tratti tipologicamente caratteristici, ossia il trasferimento a terzi da parte del settlor dei beni costituiti in trust, al fine del conseguimento dell'effetto, con carattere reale, di destinazione del bene alla soddisfazione dell'interesse programmato. 3.1.- Conferendo beni in trust, difatti, il disponente mira a modificare il risultato finale del negozio esterno di attribuzione patrimoniale, mediante l'obbligo assunto dal trustee d'imprimere a quanto trasferito la destinazione finale voluta. Conformemente alla definizione di trust, allora in base all'art. 2 della Convenzione dell'Aja del 1 luglio 1985, ratificata dalla L. 16 ottobre 1989, n. 364, secondo cui per trust si intendono i rapporti giuridici istituiti qualora dei beni siano posti sotto il controllo di un trustee nell'interesse del beneficiario , la causa del relativo negozio sta nella conformazione funzionalmente orientata della proprietà. 3.2.- Sul punto, la Corte Cass. 9 maggio 2014, n. 10105 ha ritenuto che, in base all'art. 2 della Convenzione, lo scopo caratteristico del trust, che ha identificato con quello di costituire una separazione patrimoniale in vista del soddisfacimento di un interesse del beneficiario o del perseguimento di un fine dato, è conseguito mediante la separazione dei beni dal restante patrimonio del disponente e la loro intestazione ad altro soggetto, parimenti in modo separato dal patrimonio di quest'ultimo. 3.3.- In maniera ancora più eloquente, si è sancito che presupposto coessenziale alla stessa natura dell'istituto è che il detto disponente perda la disponibilità di quanto abbia conferito in trust, al di là di determinati poteri che possano competergli in base alle norme costitutive. Tale condizione è ineludibile al punto che, ove risulti che la perdita del controllo dei beni da parte del disponente sia solo apparente, il trust è nullo sham trust e non produce l'effetto segregativo che gli è proprio Cass. pen., sez. 5^, 30 marzo 2011, n. 13276, Orsi conforme, sez. 6^, 27 febbraio 2014, n. 21621, Soc. Fravesa . 3.4.- Difatti, l'art. 2, comma 2, lett. b , della Convenzione espressamente dispone che i beni in trust sono intestati al trustee o ad un altro soggetto per conto del trustee e che il trust postuli l'alienazione dei beni del disponente emerge chiaramente dall'art. 2, comma 3, a norma del quale il fatto che il disponente conservi alcuni diritti e facoltà o che il trustee abbia alcuni diritti in qualità di beneficiario non è necessariamente incompatibile con l'esistenza di un trust il diritto convenzionale, dunque, ammette, in astratto, che possano residuare in capo al settlor alcuni diritti e facoltà , postulando, in concreto, che il trustee o l'altro soggetto per conto di questo siano terzi rispetto al disponente. 4.- In questo contesto normativo, il contribuente deduce, e v'insiste in memoria, di aver richiamato l'applicazione, tra le leggi straniere che contemplano il trust, della Trust Jersey Law del 1994, come successivamente modificata, la quale all'articolo 9A prevede poteri indiscriminati del disponente. 4.1.- La questione, la quale comporterebbe un vaglio di validità secondo il diritto straniero prescelto in base all'art. 8 della Convenzione , che, per un verso, postula la formulazione di un giudizio di riconoscimento del trust nel nostro ordinamento, nel raffronto con le norme inderogabili e di ordine pubblico e, per altro verso, investe i limiti posti dalla Convenzione dell'Aja, che non detta regole di diritto sostanziale uniforme, risulta del tutto irrilevante ai fini della disciplina tributaria da applicare, in virtù delle considerazioni che seguono. 5.- Con disposizione innovativa, il D.L. n. 262 del 2006, art. 2, comma 47, come convertito, prescrive che è istituita l'imposta sulle successioni e donazioni sui trasferimenti di beni e diritti per causa di morte, per donazione o a titolo gratuito e sulla costituzione di vincoli di destinazione, secondo le disposizioni del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta sulle successioni e donazioni, di cui al D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, nel testo vigente alla data del 24 ottobre 2001, fatto salvo quanto previsto dai commi da 48 a 54 . 5.1.- Il tenore della norma evidenzia che l'imposta è istituita non già sui trasferimenti di beni e diritti a causa della costituzione di vincoli di destinazione, come, invece, accade per le successioni e le donazioni, in relazione alle quali è espressamente evocato il nesso causale l'imposta è istituita direttamente, ed in sè, sulla costituzione dei vincoli. 5.2.-Vincoli, che, come sostengono sentenza e controricorrente, designano non negozi, bensì l'effetto giuridico di destinazione, mediante il quale si dispone, ossia si pone fuori da sè e non necessariamente in favore di altri da sè un bene, orientandone i diritti dominicali al perseguimento degli obiettivi voluti alla disposizione non è coessenziale l'attribuzione a terzi, in quanto mercè la destinazione si modula, non si trasferisce il diritto. 6.- L'imposta sulla costituzione di vincolo di destinazione è un'imposta nuova, accomunata solo per assonanza alla gratuità delle attribuzioni liberali, altrimenti gratuite e successorie essa riceve disciplina mediante un rinvio, di natura recettizio-materiale, alle disposizioni del D.Lgs. n. 346 del 1990 in quanto compatibili D.L. n. 262 del 2006, art. 2, comma 50, come convertito , ma conserva connotati peculiari e disomogenei rispetto a quelli dell'imposta classica sulle successioni e sulle donazioni. 6.1.- Ciò in quanto nell'imposta in esame, a differenza che in quella tradizionale, il presupposto impositivo è correlato alla predisposizione del programma di funzionalizzazione del diritto al perseguimento degli obiettivi voluti là dove l'oggetto consiste nel valore dell'utilità della quale il disponente, stabilendo che sia sottratta all'ordinario esercizio delle proprie facoltà proprietarie, finisce con l'impoverirsi. 6.2.- Se questa imposta abbisognasse del trasferimento e, quindi, dell'arricchimento, essa sarebbe del tutto superflua, risultando sufficiente quella classica sulle successioni e sulle donazioni, nelle quali il presupposto d'imposta è, giustappunto, il trasferimento, quantunque condizionato o a termine, dell'utilità economica ad un beneficiario si prospetterebbe, in definitiva, l'interpretatio abrogans della disposizione in questione. 7.- E', allora, evidente la manifesta infondatezza dei dubbi di legittimità costituzionale della disposizione prospettati dal controricorrente per la dedotta violazione dei principi di ragionevolezza e di capacità contributiva, in ragione della mancanza di arricchimento con riguardo all'imposta in esame, non rileva affatto la mancanza di arricchimento, giacchè il contenuto patrimoniale referente di capacità contributiva è ragguagliato all'utilità economica, della quale il costituente, destinando, dispone. 7.1.- Visto che il referente assunto dal legislatore è l'utilità economica e che questa utilità è destinata ad altri, il peso del prelievo coerentemente va a gravare sull'utilità e, in definitiva, sul beneficiario finale, al quale essa è destinata a pervenire. 7.2. -Il rilievo della capacità economica, del resto, è correlato al contenuto patrimoniale di atti o fatti, non già al trasferimento attuale di diritti la capacità contributiva, ha chiarito la Consulta, è da intendere come attitudine ad eseguire la prestazione imposta, correlata non già alla concreta situazione del singolo contribuente, bensì al presupposto economico al quale l'obbligazione è correlata Corte cost. 20 luglio 1994, n. 315 , di modo che è sufficiente che vi sia un collegamento tra prestazione imposta e presupposti economici presi in considerazione Corte cost. 21 maggio 2001, n. 155 . Di qui altresì la non irragionevolezza della disposizione. 8.- Ciò posto, il legislatore, evocando soltanto l'effetto, ha inequivocabilmente attratto nell'area applicativa della norma tutti i regolamenti capaci di produrlo. 8.1.- Tra questi, vanno annoverati anche gli atti di destinazione contemplati dall'art. 2645 ter c.c., che, sebbene sia precipuamente volto a disciplinare la pubblicità dell'effetto destinatorio e gli effetti - specialmente di opponibilità ai terzi - da questa derivanti, finisce col delineare un atto con effetto tipico, reale, perchè inerente alla qualità del bene che ne è oggetto, sia pure con contenuto atipico purchè rispondente ad interessi meritevoli di tutela, assurgendo per questo verso a norma sulla fattispecie. 8.2.- La norma risponde difatti all'esigenza di rendere tipica la volontà destinatoria se così non fosse, essa sarebbe inutile, essendo già consentito dal principio di libertà, proprietaria e negoziale, di fare l'uso che si crede dei propri beni e, quindi, anche di impiegarli per determinate finalità. 9.- E, questa, la situazione che ricorre nella fattispecie in esame, in cui non si è prodotto effetto traslativo alcuno, ma in cui il disponente, che risulta dagli atti essere il destinatario della pretesa impositiva, nel regolamentare i propri interessi nella maniera che ha ritenuto più consona all'esigenza di garanzia perseguita, ha impresso, come effetto immediato e diretto, vincoli temporanei al libero esercizio dei propri stessi diritti sui beni immobili in oggetto, al fine, appunto, di rafforzare la generica garanzia patrimoniale da lui prestata. 9.1.- L'effetto immediato e diretto della previsione del vincolo di destinazione si è prodotto nella sfera giuridica di C., che è rimasto proprietario dei beni e che giustappunto merce il vincolo su di essi impresso è riuscito a rafforzare la garanzia patrimoniale già prestata ed anche quelli eventuali, comunque rilevanti, sono destinati a ripercuotersi nella medesima sfera, in base alle previsioni negoziali indicate in narrativa. 9.2.- Di qui la ricorrenza, oltre che del presupposto impositivo, anche della qualità di soggetto passivo in capo a C.L 10.- In relazione all'aliquota applicabile, la misura dell'8% prevista dalla lettera e del comma 49 della medesima norma, è imposta dalla sua natura residuale, non rientrando la figura del conferente, che seguita ad essere proprietario dei beni, in alcuna delle altre categorie previste dalla norma, che godono di aliquota inferiore. 11.- Il ricorso principale va quindi accolto, con assorbimento di quello incidentale, con cassazione della sentenza e rinvio per nuovo esame delle questioni ancora sub iudice ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Lombardia, che si atterrà al seguente principio di diritto L'atto col quale il disponente vincoli beni a sè appartenenti al perseguimento della finalità di rafforzamento della generica garanzia patrimoniale già prestata, nella qualità di fideiussore, in favore di alcuni istituti bancari, in quanto fonte di costituzione di vincoli di destinazione, è assoggettato all'imposta gravante su tali vincoli a norma del D.Lgs. n. 262 del 2006, art. 2, comma 47, convertito dalla L. n. 286 del 2006 . P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso principale, in esso assorbito quello incidentale cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Lombardia.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – T, ordinanza 4 – 24 febbraio 2015, n. 3737 Presidente Cicala – Relatore Perrino In fatto La Fondazione Cassa di risparmio di Perugia, la Regione Umbria, il Comune di Perugia e la Camera di commercio costituirono con atto notarile l'Umbria Trust 2005-2010, con provvista di danaro fornito dalla Fondazione, assegnandogli lo scopo di provvedere alla manutenzione ordinaria e straordinaria, alla riqualificazione ed allo sviluppo dell'aeroporto umbro di nel quinquennio 2005-2010 e prevedendo che eventuali beni residui sarebbero stati devoluti, alla cessazione del trust, alla Regione Umbria o ad altra società pubblica o ente pubblico regionale individuato dai disponenti. Sulla somma ricevuta come provvista il trust pagò l'imposta sulle donazioni nella misura dell'8%, di cui successivamente ha chiesto il rimborso, impugnando il relativo silenzio-rifiuto opposto dall'amministrazione. La Commissione tributaria provinciale ha accolto il ricorso e quella regionale ha respinto l'appello dell'ufficio, considerando che l'imposta sia applicabile solo al momento del passaggio del bene dal trust al beneficiario passaggio, che nel caso in esame non si era verificato. Ricorre l'Agenzia per ottenere la cassazione di questa sentenza, affidando il ricorso ad un unico motivo, al quale il trust reagisce con controricorso, illustrato altresì con memoria, calibrando la difesa sull'insussistenza dell'arricchimento e sul dubbio di legittimità costituzionale della normativa, in caso di adesione alla prospettazione dell'Agenzia. In diritto 1.- Il ricorso può essere definito in camera di consiglio, risultando, oltre che ammissibile, in quanto, contrariamente a quanto dedotto in controricorso, ha esaurientemente individuato la questione di diritto controversa, manifestamente fondato. 2.- Con l'unico motivo di ricorso, proposto ex art. 360, 1 co., n. 3, c.p.c., l'Agenzia delle entrate lamenta la violazione dell'articolo 5 del decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346, la violazione e falsa applicazione dell'articolo 2, 47 e 49 comma, del decreto legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito dalla legge 24 novembre 2006, n. 286 nonché la falsa applicazione dell'articolo 58 del decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346 e dei principi elusivi ritiene che l'elargizione delle somme da parte dei disponenti abbia integrato in sé il presupposto impositivo della costituzione del vincolo di destinazione assoggettabile ad imposta a norma del 47 comma dell'articolo 2 del decreto legge 262/06, come convertito. 3.- La fisionomia del Trust Umbria 2005-2010, come emerge dal suo atto costitutivo, il contenuto del quale è sunteggiato in narrativa, evidenzia i tratti della liberalità, ossia dell'attribuzione patrimoniale sorretta dal movente di beneficiare un terzo, che si connota per il decremento del patrimonio del soggetto che l'esegue e per il contestuale incremento del soggetto che la riceve. 3.1.- L'intento di liberalità, peraltro, è perseguito in maniera indiretta, perché è affidato ad un'articolazione di atti, che danno vita ad un programma negoziale, sia pure univocamente animato dalla volontà di arricchire la Regione Umbria mediante la manutenzione, la riqualificazione e lo sviluppo dell'aeroporto per fattispecie per certi versi similari, vedi Cass. 23 maggio 2014, n. 11491 e 9 maggio 2013 n. 10991 . 3.2.- Preminente, in questo congegno, è il diritto dei disponenti di vedere realizzati i propri obiettivi, per mezzo dell'imposizione ai trustee di vincoli di destinazione nella gestione del danaro in trust i vincoli piegano lo statuto del diritto di proprietà della provvista conferita, per volgerlo alla finalità di far conseguire alla Regione Umbria il beneficio programmato. In definitiva, conferendo il danaro in trust, i disponenti mirano a modificare il risultato finale del negozio esterno di attribuzione patrimoniale, mediante l'obbligo assunto dai trustee d'imprimere a quanto trasferito la destinazione finale voluta. 3.3.- Conformemente alla definizione di trust, allora in base all'articolo 2 della Convenzione dell'Aja del 1 luglio 1985, ratificata dalla legge 16 ottobre 1989, n. 364, secondo cui per trust si intendono i rapporti giuridici istituiti qualora dei beni siano posti sotto il controllo di un trustee nell'interesse del beneficiario” , la causa del relativo negozio sta nella conformazione funzionalmente orientata della proprietà. 4.- Non interessa, ai fini della decisione dell'odierna controversia, prendere posizione sulla fisionomia di questo diritto proprietario, sulla quale la dottrina è divisa e la giurisprudenza della corte ha talora evocato, in fattispecie similari, la distinzione fra proprietà formale o mera intestazione e proprietà sostanziale così, Cass. 14 ottobre 1997, n. 10031, che riecheggia altresì in Cass. 22 dicembre 2011, n. 28363 né è necessario indagare le relazioni negoziali tra l'attribuzione patrimoniale in trust e l'attuazione del vincolo di destinazione ad essa impresso. 4.1.- Quel che conta è affermare che il regolamento negoziale col quale s'istituisce il trust è perfetto ed efficace con la fissazione del suddetto vincolo di destinazione, che conforma i diritti, i poteri, le facoltà e gli obblighi dei trustee, all'attuazione di esso programmaticamente preordinati, perché in tale fissazione il regolamento trova la propria ragion d'essere, ossia la propria causa. 5^ Ed è giustappunto questo il tratto fisionomico considerato dal legislatore fiscale allorquando ha plasmato la fattispecie civilistica in chiave tributaria. Col 47 comma dell'articolo 2 del decreto legge, come convertito, difatti, il legislatore ha istituito l'imposta sulle successioni e donazioni sui trasferimenti di beni e diritti per causa di morte, per donazione o a titolo gratuito e sulla costituzione di vincoli di destinazione, secondo le disposizioni del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta sulle successioni e donazioni, di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346, nel testo vigente alla data del 24 ottobre 2001, fatto salvo quanto previsto dai commi da 48 a 54”. 5.1.- Il tenore della norma evidenzia che l'imposta è istituita non già sui trasferimenti di beni e diritti a causa della costituzione di vincoli di destinazione, come, invece, accade per le successioni e le donazioni, in relazione alle quali è espressamente evocato il nesso causale l'imposta è istituita direttamente, ed in sé, sulla costituzione dei vincoli. 5.2.- Vincoli, che designano non negozi, bensì l'effetto giuridico dinanzi descritto il legislatore, evocando soltanto l'effetto, ha inequivocabilmente attratto nell'area applicativa della norma tutti i regolamenti capaci di produrlo, compreso, quindi, il trust. 6.- L'imposta sulla costituzione di vincolo di destinazione è un'imposta nuova, accomunata solo per assonanza alla gratuità delle attribuzioni liberali, altrimenti gratuite e successorie essa riceve disciplina mediante un rinvio, di natura recettizio-materiale, alle disposizioni del decreto legislativo 346/90 in quanto compatibili comma 50 dell'art. 2 del decreto legge 262/06, come convertito , ma conserva connotati peculiari e disomogenei rispetto a quelli dell'imposta classica sulle successioni e sulle donazioni. 6.1.- Ciò in quanto nell'imposta in esame, a differenza che in quella tradizionale, il presupposto impositivo è correlato alla predisposizione del programma di funzionalizzazione del diritto al perseguimento degli obiettivi voluti là dove l'oggetto consiste nel valore dell'utilità della quale il disponente, stabilendo che sia sottratta all'esercizio delle proprie facoltà proprietarie, per essere gestita da altri a beneficio di terzi, finisce con l'impoverirsi. 6.2.- In questa imposta, diversamente da quanto accade per l'altra, il trasferimento del diritto non innerva la causa della fattispecie salvo prospettare un’interpretatio abrogans della disposizione in questione, il vincolo di destinazione ineludibilmente mira a modulare il diritto, non già a trasferirlo. 7.- È, allora, evidente la manifesta infondatezza del dubbio di legittimità costituzionale della disposizione prospettato dal controricorrente per il dedotto contrasto con gli articoli 3 e 53 della costituzione in ragione della mancanza di arricchimento in caso di conferimento in trust con riguardo all'imposta in esame, non rileva affatto la mancanza di arricchimento, giacché il contenuto patrimoniale referente di capacità contributiva è ragguagliato all'utilità economica, che, in quanto indirizzata ad altri, si colloca al di fuori del patrimonio del disponente oltre che di quello del gerente . 7.1.- E, visto che il referente è l'utilità economica e che questa utilità è destinata ad altri, il peso del prelievo coerentemente va a gravare sull'utilità e, in definitiva, sul beneficiario finale, al quale essa è destinata a pervenire. 7.2.- Il rilievo della capacità economica, del resto, è correlato al contenuto patrimoniale di atti o fatti, non già al trasferimento attuale di diritti la capacità contributiva, ha chiarito la Consulta, è da intendere come attitudine ad eseguire la prestazione imposta, correlata non già alla concreta situazione del singolo contribuente, bensì al presupposto economico al quale l'obbligazione è correlata Corte cost. 20 luglio 1994, n. 315 , di modo che è sufficiente che vi sia un collegamento tra prestazione imposta e presupposti economici presi in considerazione” Corte cost. 21 maggio 2001, n. 155 . Di qui la non irragionevolezza della disciplina anche sotto il profilo della parità di trattamento. 7.3.- La materiale percezione dell'utilità, ossia, secondo la tradizionale impostazione, l'arricchimento, appartiene all'esecuzione del programma di destinazione, che, per conseguenza, non rileva ai fini dell'individuazione del momento del prelievo tributario sulla costituzione del vincolo, ma dopo, anche ai fini della eventuale riliquidazione delle aliquote e delle franchigie. 8.- Questa configurazione è più coerente di quelle che si sono venute affacciando in dottrina, ricevendo talora l'avallo della stessa Agenzia delle entrate. 8.1.- Non è, al riguardo, convincente la costruzione che, facendo leva sul 1 comma dell'articolo 58 del decreto legislativo n. 346/90, richiamato dall'Agenzia anche nell'odierno giudizio, secondo cui gli oneri da cui è gravata la donazione, che hanno per oggetto prestazioni a soggetti terzi determinati individualmente, si considerano donazioni a favore dei beneficiari”, reputa che il trust inter vivos sia assimilabile ad una donazione modale, col beneficiario come destinatario dell'onere. Difatti, nessun arricchimento, si è visto, si riverbera sulla sfera giuridica del trustee, tenuto a gestire nell'interesse di altri quanto ricevuto vieppiù infruttuoso è il richiamo al 1 comma dell'art. 58 in caso di mancata designazione di beneficiari. 8.2.- Analoghe considerazioni fanno giustizia della costruzione alternativa del trust inter vivos come donazione condizionata, evocata dal 2 comma dell'art. 58 del d.leg. n. 346 del 1990, la quale si scontra altresì col rilievo che la devoluzione dei beni immessi in trust non deriva dal verificarsi di un evento dedotto in condizione, sibbene dallo scadere del termine fissato alla durata del trust. Anche in un caso come quello in esame, in cui residua qualche margine di dubbio sulla devoluzione e sull'identità dei beneficiari dei beni residui, va rilevato che, se non è certo il relativo diritto in capo alla destinataria, è certo che questa fruirà delle utilità ritraibili dalla provvista il che esclude in radice l'operatività del meccanismo condizionale. 8.3.- Né, infine, è predicabile l'estensione al trust inter vivos del regime previsto per la sostituzione fedecommissaria disciplinata dall'art. 692 cod.civ., richiamato dal 3 comma del citato articolo 58. La posizione del trustee, per le ragioni già illustrate, è distante da quella dell'istituito nelle disposizioni testamentarie o del donatario e continua a mancare un atto di donazione contenente una disposizione vicina alla sostituzione fedecommissaria. 9.- Ciò non toglie, in virtù della realità dell'attribuzione patrimoniale in trust, sia pure conformata dal vincolo di destinazione, che i trustee ne siano gl'intestatari e la natura d'atto dell'imposta comporta che ogni singolo regolamento, seppure inserito in un programma negoziale più ampio, debba essere assoggettato ad imposta, in base alle regole stabilite dagli articoli 20 e 21 del decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, richiamate dagli articoli 55, 1 co., e 60 del decreto legislativo 346/90 in termini, Cass. 27 febbraio 2003, n. 2980 , oggetto del rinvio recettizio-materiale mediante il quale è apprestata la disciplina dell'imposta sulla costituzione dei vincoli di destinazione. 9.1.- Ebbene, in tema di imposta di registro, la corte Cass. 24 febbraio 2006, n. 4220 ha già avuto modo di stabilire che, in virtù dell'articolo 20 del decreto del presidente della Repubblica 131/86, - secondo cui l'imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione” - si deve tener conto della natura e degli effetti del singolo atto presentato alla registrazione, di guisa che le successive rettifiche che comportino una diversa destinazione di beni vengono ad integrare e completare l'atto originario, e, pertanto, sul piano negoziale costituiscono nuovi atti, separatamente tassabili, che modificano gli effetti giuridici del primo atto, che conserva piena autonomia. 9.2.- L'attribuzione patrimoniale in trust, allora, determinando la costituzione del vincolo di destinazione, va assoggettata alla relativa imposta, indipendentemente dalla successiva attuazione della destinazione impressa al danaro. 10.- Il ricorso va in conseguenza accolto e la sentenza cassata con rinvio, per l'esame delle ulteriori questioni sub iudice delle quali da conto la narrativa del controricorso, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale dell'Umbria, che si atterrà al seguente principio di diritto Va applicata l'imposta sulle successioni e donazioni, nella peculiare accezione concernente la costituzione di vincolo di destinazione, assunta come autonomo presupposto impositivo, sull'attribuzione di danaro, conferita in trust e destinata ad essere investita a beneficio di terzi . P.Q.M. la Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale dell'Umbria.