La Guardia di Finanza può ampliare le verifiche senza obbligo di comunicarlo al contribuente

La Guardia di Finanza può ampliare le verifiche senza essere obbligata ad avvertire e comunicare al contribuente le motivazioni gli obblighi informativi sono previsti dallo Statuto di cui alla legge n. 212/2000 ma la mancata osservanza non rende l’accertamento nullo.

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 992, del 21 gennaio 2015, ha affermato che la Guardia di Finanza può ampliare le verifiche senza dover essere obbligata ad avvertire il soggetto accertato per i giudici di legittimità l’accertamento è valido a tutti gli effetti in quanto gli obblighi informativi previsti dello Statuto del contribuente, di cui alla legge n. 212/2000, non sono a pena di nullità. Il caso. Con processo verbale di constatazione del 30 aprile 2001, la Guardia di finanza rilevò un valore delle rimanenze incoerente con quello dichiarato e stimò, per l'anno 2000 , maggiori ricavi per oltre 289 milioni delle vecchie lire. All'esito della verifica fiscale e dell'esame della documentazione esibita a discarico dall'interessato, in risposta al questionario, l'amministrazione finanziaria procedette al recupero di maggiori imposte dirette e IVA, notificando al contribuente un avviso di accertamento. L'atto impositivo fu impugnato dall’imprenditore il quale, oltre a confutare merito dell’accertamento, ne contestò la legittimità per violazione degli obblighi informativi di cui all'art. 12, comma 2, Statuto del contribuente, adducendo che la Guardia di Finanza lo aveva informato che la verifica riguardava solo i diversi anni d'imposta 1998 e 2001. La Commissione Tributaria provinciale rigettò il ricorso. Osservò che la ricostruzione analitico-induttiva dei maggiori ricavi era stata compiuta dall'amministrazione sulla scorta di vari elementi probatori desunti in particolare dalle risultanze della documentazione esibita dall'interessato a seguito del questionario inviatogli dal fisco. Perciò era irrilevante la questione circa l'osservanza o meno dei doveri informativi statutari nell'esecuzione della verifica che aveva portato alla redazione del processo verbale di constatazione. Per converso la Commissione tributaria regionale, ha accolto il gravame. Ha rilevato come il verbale di verifica documentasse che i verbalizzanti avvisarono il contribuente che l'oggetto della verifica riguarda va la gestione dell'attività economica nel 1998 e, limitatamente ad alcuni aspetti, l'anno in corso e che l'interessato consentì alla polizia tributaria di effettuare la verifica senza la sua assistenza. Invece i finanzieri ampliarono l'oggetto della loro indagine anche all'esercizio 2000, senza alcun avviso. Il giudice d'appello ha osservato, quindi, che l'elusione degli obblighi informativi di cui all'art. 12, comma 2, dello Statuto del contribuente ha pregiudicato i diritti di difesa del contribuente, essendo irrilevante il fatto che nel processo verbale di constatazione si desse atto, in via postuma, del periodo d'imposta effettivamente verificato. Avverso la sentenza sfavorevole, l’Agenzia delle Entrate è ricorsa in Cassazione. Le modifiche allo Statuto del contribuente. Prima dell’entrata in vigore del c.d. Decreto Sviluppo” decreto legge n. 70/2011 , la disposizione dello Statuto del contribuente che fissa un limite temporale preciso alla durata delle verifiche fiscali , ai sensi dell’art. 12, comma 5, L. n. 212/2000, così recitava La permanenza degli operatori civili o militari dell’amministrazione finanziaria, dovuta a verifiche presso la sede del contribuente, non può superare i trenta giorni lavorativi, prorogabili per ulteriori trenta giorni nei casi di particolare complessità dell’indagine individuati e motivati dal dirigente dell’ufficio. Gli operatori possono ritornare nella sede del contribuente, decorso tale periodo, per esaminare le osservazioni e le richieste eventualmente presentate dal contribuente dopo la conclusione delle operazioni di verifica ovvero, previo assenso motivato del dirigente dell’ufficio, per specifiche ragioni . Tale norma è stata continuamente oggetto di interpretazione da parte della giurisprudenza, soprattutto negli anni più recenti, con decisioni che sono giunte a conclusioni talvolta estreme e contrastanti. Con il d.l. n. 70/2011, il legislatore con l’art. 7, comma 2, lett. c , ha aggiunto il seguente periodo all’art. 12, comma 5, Statuto del contribuente, che afferma Il periodo di permanenza presso la sede del contribuente di cui al primo periodo, così come l’eventuale proroga ivi prevista, non può essere superiore a quindici giorni in tutti i casi in cui la verifica sia svolta presso la sede di imprese in contabilità semplificata e lavoratori autonomi anche in tali casi, ai fini del computo dei giorni lavorativi, devono essere considerati i giorni di effettiva presenza degli operatori civili o militari dell’Amministrazione finanziaria presso la sede del contribuente . La novità introdotta dal d.l. n. 70/2011 comporta, pertanto, che il periodo massimo di durata della verifica fiscale presso il contribuente è differenziato in funzione del regime contabile da questi adottato - per i soggetti in contabilità ordinaria sono previsti 30 giorni, prorogabili, con atto motivato, di ulteriori 30 - per i soggetti in contabilità semplificata sono previsti 15 giorni, prorogabili di ulteriori quindici in caso di motivate esigenze d’indagine. In tutti i casi, precisa e ribadisce la nuova disposizione, ad avere rilevanza ai fini del calcolo dei giorni di durata della verifica sono i giorni di effettiva presenza degli operatori civili o militari dell’Amministrazione finanziaria presso la sede del contribuente . Di conseguenza, deve ormai ritenersi definitivamente acclarato che, per il computo dei giorni di verifica rilevanti ai fini dei limiti di durata previsti dal nuovo art. 12, comma 5, Statuto del contribuente, devono considerarsi soltanto i giorni di effettiva presenza dei verificatori presso la sede del contribuente, come chiaramente ribadito dal legislatore con il d.l. n. 70/2011. Rispetto del termine dilatorio di 60 giorni, dalla notifica del processo verbale di constatazione. I Giudici di legittimità evidenziano che l'elemento fondante il diritto del contribuente al contraddittorio preventivo di derivazione statutaria è incentrato fondamentalmente sul comma 7, dell'art. 12, Statuto del contribuente, laddove impone all'amministrazione il rispetto del termine dilatorio di 60 giorni, dalla notifica del processo verbale di constatazione, che sia redatto a seguito di accesso ispezione o verifica nei locali dell’impresa , prima di emettere l'atto impositivo in mancanza di motivi d'urgenza, l'inosservanza del termine dilatorio comporta la nullità dell'avviso di accertamento secondo il principio di diritto enunciato dalle sezione unite della Cassazione. Nella specie il contraddittorio si è instaurato nelle forme di rito, atteso che l'avviso di accertamento è stato notificato ben oltre i sessanta giorni dal processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza e che, nelle more, l'Agenzia delle Entrate ha attivato pure il contraddittorio integrativo con la richiesta d'informazioni e documenti mediante questionari. Non rileva l'iniziale imprecisa indicazione data al contribuente, circa l'estensione temporale della verifica, atteso che gli obblighi informativi di cui al comma 2, dell'art. 12, non sono previsti a pena di nullità. La Cassazione, inoltre, ricorda che secondo il linguaggio dei giudici europei, nel valutare le conseguenze di una violazione di contraddittorio endoprocedimentale il giudice nazionale [ ] può [ ] tenere conto della circostanza che una siffatta violazione determina l'annullamento della decisione adottata al termine del procedimento amministrativo di cui trattasi soltanto se, in mancanza di tale irregolarità, tale procedimento avrebbe potuto comportare un risultato diverso . In conclusione , per i Giudici di legittimità, la sentenza d'appello deve essere cassata con rinvio della causa al giudice competente che, in diversa composizione, deciderà con completa e adeguata motivazione secondo i principi indicati dalla Cassazione con la sentenza in commento.

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 24 novembre 2011 – 21 gennaio 2015, n. 992 Presidente Bielli – Relatore Cirillo Ritenuto in fatto 1. Con processo verbale di constatazione del 30 aprile 2001, redatto a carico di R.A., la Guardia di finanza rilevò un valore delle rimanenze incoerente con quello dichiarato e stimò per l'anno 2000 maggiori ricavi per oltre 289 milioni di lire. All'esito della verifica fiscale e dell'esame della documentazione esibita a discarico dall'interessato, in risposta al questionario del 24 novembre 2004, l'amministrazione finanziaria procedette al recupero di maggiori imposte dirette e IVA notificando al contribuente avviso di accertamento in data 10 maggio 2005. 2. L'atto impositivo fu impugnato dall' A., iI quale, oltre a confutare il merito dell'accertamento, ne contestò la legittimità per violazione degli obblighi informativi di cui all'art. 12, comma 2, dello Statuto del contribuente, adducendo che la Guardia di finanza lo aveva informato che la verifica riguardava solo i diversi anni d'imposta 1998 e 2001. La Commissione tributaria provinciale di Napoli rigettò il ricorso. Osservò che la ricostruzione analitico induttiva dei maggiori ricavi era stata compiuta dall'amministrazione sulla scorta di vari elementi probatori desunti in particolare dalle risultanze della documentazione esibita dall'interessato a seguito del questionario inviatogli dal fisco il 24 novembre 2004. Perciò era irrilevante la questione circa l'osservanza o meno del doveri informativi statutari nell'esecuzione della verifica che aveva portato alla redazione del processo verbale di constatazione del 30 aprile 2001. Infine, il primo giudice ritenne corretta la ricostruzione induttiva operata dall'ufficio. 3. Per la riforma di tale decisione, l‘A. ha proposto appello insistendo sulla violazione degli obblighi informativi di cui all'art. 12, comma 2, cit. e sui motivi di merito già formulati. La Commissione tributaria regionale della Campania, con sentenza del 12 ottobre 2007, ha accolto il gravame. Ha rilevato come il verbale di verifica del 26 marzo 2001 documentasse che verbalizzanti avvisarono il contribuente che l'oggetto della verifica riguarda va la gestione dell'attività economica nel 1998 e, limitatamente ad alcuni aspetti, l'anno in corso e che l'interessato consentì alla polizia tributaria di effettuare la verifica senza la sua assistenza. Invece i finanzieri ampliarono l'oggetto della loro indagine anche all'esercizio 2000 senza alcun avviso. Il giudice d'appello ha osservato, quindi, che l'elusione degli obblighi informativi di cui all'art. 12, comma 2, cit. ha pregiudicato i diritti di difesa del contribuente, essendo irrilevante il fatto che nel processo verbale di constatazione del 30 aprile 2001 si desse atto, in via postuma, del periodo d'imposta effettivamente verificato Io gennaio 1998 - 25 marzo 2001 . 3. Per la cassazione di tale decisione, l'Agenzia delle entrate propone ricorso affidato a tre motivi I' A non spiega attività difensiva. Considerato in diritto 1. La difesa dello Stato censura la sentenza d'appello laddove a ritiene erroneamente che la violazione nella verifica del 2001 degli obblighi informativi di cui all'art. 12, comma 2, cit. riguardo all'annualità 2000 comporti la nullità dell'avviso di accertamento motivo l per violazione di legge , b trascura del tutto il rilievo che l'atto impositivo del 2005 si fonda sulla documentazione offerta dal contribuente in risposta al questionario del 2004 motivo 2 per omessa pronuncia e, infine, c svaluta il contenuto sia del processo verbale di constatazione del 30 aprile 2001, che indicò tutte le annualità oggetto di verifica, sia dell'allegato processo verbale di rilevamento di giacenza, che diede atto della contestuale verifica di carattere generale motivo 3 per vizi motivazionali . 2. Il ricorso è fondato e va accolto nei sensi di seguito precisati. 2.1. Costituisce ius receptum che l'elemento fondante il diritto del contribuente al contraddittorio preventivo di derivazione statutaria è incentrato fondamentalmente sul comma 7 dell'art. 12 laddove impone all'amministrazione il rispetto del termine dilatorio di sessanta giorni, dalla notifica del processo verbale di constatazione - che sia redatto a seguito di accesso ispezione o verifica nei locali dell'impresa - prima di emettere l'atto impositivo in mancanza di motivi d'urgenza, l'inosservanza del termine dilatorio comporta la nullità dell'avviso di accertamento secondo il principio di diritto enunciato dalle sezione unite di questa Corte sent. n. 18184 del 2013 . Nella specie il contraddittorio si è instaurato nelle forme di rito, atteso che l'avviso di accertamento è stato notificato ben oltre i sessanta giorni dal processo verbale di constatazione della Guardia di finanza e che, nelle more, l'Agenzia delle entrate ha attivato pure il contraddittorio integrativo con la richiesta d'informazioni e documenti mediante questionari cfr. In generale, sull'art. 32 del d.P.R n. 600 del 1973, Cass. sez. trib., n. 9892 del 2011 e n. 28049 del 2009 . Indi, una volta che il contribuente ha ottemperato alla richiesta, l'Ufficio gli ha notificato l'atto impositivo. Si deve, dunque, affermare che il normale iter procedimentale è stato rispettato. 2.2. Non rileva l'iniziale imprecisa indicazione data al contribuente, circa l'estensione temporale della verifica, atteso che gli obblighi informativi di cui al comma 2 dell'art. 12 non sono previsti a pena di nullità. Infatti, è noto che, anche in materia tributaria, vale la regola generale della tassatività delle nullità cfr. es. Cass. sez. un., n. 3676 del 2010 . E' vero che accanto a ipotesi in cui singole norme prevedono esplicitamente una tale evenienza, si ammette che l'effetto invalidante si produca egualmente se un atto o una procedura siano intrinsecamente inidonei, per difetto di un loro requisito o elemento essenziale, a realizzare la funzione che sia ad essi commessa dall'ordinamento. In tale caso occorre, però, distinguere tra la violazione di legge che comporta la mera irregolarità dell'atto o della procedura e quella che ha come conseguenza, invece, l’invalidità dello stesso. La distinzione é affidata all'applicazione del criterio della strumentalità della forma , sulla base del quale comporta la nullità dell'atto solo la trasgressione di una prescrizione che si riferisca ad una formalità o circostanza essenziale per il raggiungimento dello scopo cui l'atto ò teso Cass. sez. trib., n. 5518 del 2013 . Ovverosia, secondo il linguaggio dei giudici europei, nel valutare le conseguenze di una violazione di contraddittorio endoprocedimentale il giudice nazionale [ ] può [ ] tenere conto della circostanza che una siffatta violazione determina l'annullamento della decisione adottata al termine del procedimento amministrativo di cui trattasi soltanto se, in mancanza di tale irregolarità, tale procedimento avrebbe potuto comportare un risultato diverso Corte di giustizia, 3 luglio 2014, Kamino . 2.3. Nella specie il giudice d'appello, nel ritenere una sorta di automatismo invalidante, a si discosta dai superiori principi di diritto, così come b trascura il rilievo dell'appellata Agenzia, ora ricorrente, che l'atto impositivo si fonda sulla documentazione offerta dal contribuente stesso in risposta al questionario e c valuta il processo verbale di constatazione che indica tutte le annualità oggetto di verifica senza considerare il contenuto del correlato processo verbale di rilevamento di giacenza del 26 marzo 2001 circa la contestuale verifica di carattere generale da compiersi. 3. La sentenza d'appello deve, quindi, essere cassata con rinvio della causa al giudice competente che, in diversa composizione, deciderà con completa e adeguata motivazione secondo i principi sopra enunciati e regolerà anche le spese de! presente giudizio di legittimità. P.Q.M. Accoglie il ricorso, cassa la sentenza d'appello e rinvia la causa, per nuovo esame, alla commissione tributaria regionale della Campania che, in diversa composizione, regolerà anche le spese del presente giudizio di legittimità.