Se le fatture appaiono regolari, spetta all’Amministrazione finanziaria l’onere di provare la frode

L’Amministrazione finanziaria ha l’onere di provare – anche mediante presunzioni semplici – che si tratta di operazioni inesistenti dimostrando, nel caso di inesistenza oggettiva, che le operazioni non sono state effettuate, e, nel caso di inesistenza soggettiva, che il contribuente sapeva o avrebbe dovuto sapere, con l’uso dell’ordinaria diligenza, che l’operazione si inseriva in una evasione commessa dal fornitore .

Il caso. L’Amministrazione finanziaria contestava ad una s.r.l. la registrazione di fatture passive relative ad operazioni soggettivamente inesistenti secondo l’ufficio procedente, il meccanismo frodatorio consisteva nell’acquisto di capi di bestiame di provenienza comunitaria da parte di alcune società cartiere riconducibili alla medesima compagine sociale della società contribuente. Il ricorso della società contribuente contro l’atto impositivo veniva accolto dal Giudice di prime cure. A sua volta, la Commissione Tributaria Regionale confermava la sentenza impugnata, ritenendo in particolare che la rettifica non avesse trovato adeguato riscontro probatorio. Nella sentenza n. 25779 del 2014, la Sezione Tributaria della Corte di Cassazione, in parziale accoglimento del ricorso proposto dall’Amministrazione finanziaria, cassa con rinvio la pronuncia di gravame perché insufficientemente motivata. I criteri di ripartizione dell’onere della prova tra Amministrazione finanziaria e contribuente. La prima questione affrontata dalla Suprema Corte concerne la ripartizione dell’onere della prova e dei mezzi di prova fruibili in caso di contestazione della detrazione dell’imposta sul valore aggiunto afferente a fatture di acquisto relative ad operazioni asseritamente inesistenti. Secondo il Giudice di legittimità, la contestazione di operazioni inesistenti, ad opera dell’Amministrazione finanziaria, comporta l’onere, per il contribuente, di documentare la legittimità e la correttezza della detrazione d’imposta mediante l’esibizione delle scritture contabili Cass., sez. Trib., n. 6341/2002 Cass., sez. Trib., n. 18710/2005 Cass., sez. Trib., n. 27341/2005 Cass., sez. Trib., n. 16896/2007 Cass., sez. Trib., n. 22555/2007 . Per disattendere la documentazione contabile, è necessario che l’Amministrazione finanziaria indichi gli elementi che la inficiano Cass., sez. Trib., n. 19109/2005 Cass., sez. Trib., n. 4046/2007 Cass., sez. Trib., n. 7144/2007 Cass., sez. Trib., n. 16896/2007 , non essendo sufficiente che asserisca apoditticamente di non accettarne le risultanze. Qualora l’Amministrazione finanziaria abbia allegato anche soltanto semplici elementi indiziari, acquisiti attraverso gli accertamenti e i controlli a sua disposizione, per sostenere che alcune fatture riflettono operazioni in tutto o in parte fittizie Cass., sez. Trib., n. 15228/2001 Cass., sez. Trib., n. 1727/2007 , l’onere di dimostrare l’effettiva esistenza e consistenza delle operazioni ricade sul contribuente infatti spetta in primis all’Amministrazione finanziaria [] dimostrare la falsità delle fatture quali documenti contabili attestanti l’effettuazione dell’operazione commerciale tra soggetti corrispondenti a quelli indicati nelle fatture stesse allegando elementi significativi ed indizi idonei a confutarne la veridicità oggettiva e soggettiva, restando solo a questo punto il contribuente onerato della prova contraria Cass., sez. Trib., n. 24201/2008 . Cosa deve dimostrare l’Amministrazione finanziaria? Nella sentenza in commento, la Sezione Tributaria specifica che, a fronte dell’apparente regolarità delle fatture, l’Amministrazione finanziaria ha l’onere di provare – anche mediante presunzioni semplici – che si tratta di operazioni inesistenti dimostrando, nel caso di inesistenza oggettiva, che le operazioni non sono state effettuate, e, nel caso di inesistenza soggettiva, che il contribuente sapeva o avrebbe dovuto sapere, con l’uso dell’ordinaria diligenza, che l’operazione si inseriva in una evasione commessa dal fornitore ”. La Quinta Sezione fornisce alcune esemplificazioni. Per quanto concerne le operazioni soggettivamente inesistenti, la prova a carico dell’ufficio procedente può riguardare l’assenza di personale. Per quanto riguarda invece le cosiddette frodi carosello, caratterizzate da inesistenza sia oggettiva sia soggettiva, l’ufficio procedente deve dare dimostrazione sia del meccanismo frodatorio vale a dire l’inesistenza di una autonoma struttura operativa del cedente e il mancato pagamento dell’Iva , sia la consapevolezza della frode da parte del cessionario. Cosa deve dimostrare il contribuente? Il contribuente deve provare di aver ignorato senza colpa l’effettiva natura delle operazioni di natura fraudolenta. Ad esempio ciò può avvenire dimostrando di non essere stato in una situazione di oggettiva conoscibilità delle precedenti operazioni sul bene, nel caso di operazioni soggettivamente inesistenti, mentre, nel caso di operazioni oggettivamente inesistenti, di non aver potuto conoscere il loro carattere fraudolento. Il contribuente non può limitarsi a prendere atto della regolarità formale della documentazione contabile ovvero della effettività della consegna delle merce e del pagamento del prezzo. In presenza di indizi che inducano a sospettare l’esistenza di una frode, l’operatore onesto e avveduto” deve assumere informazioni sul cedente. La valutazione del materiale probatorio da parte del giudice e la motivazione del provvedimento giurisdizionale. Nella pronuncia in rassegna, la Corte di Cassazione ha cassato con rinvio la sentenza impugnata perché insufficientemente motivata in merito alla valutazione degli elementi probatori posti a fondamento della pretesa tributaria da parte dell’Amministrazione finanziaria quali, ad esempio, la collocazione della sede legale di una cartiera in un condominio residenziale, l’irreperibilità del suo amministratore e l’assenza di stalle, nonché, per l’altra cartiera, il rinvenimento di documentazione contabile e timbri riferibili alla prima cartiera, l’inadeguatezza delle stalle ecc. . Secondo il Giudice di legittimità, tali elementi assurgere a vere e proprie presunzioni gravi precise e concordanti ex art. 2729 c.c. se valutati complessivamente e nelle loro reciproche interconnessioni e tenendo conto del fatto che - la precisione costituisce una precondizione della presunzione, da riferire alla certezza storica del fatto assunto a termine iniziale del ragionamento induttivo per evitare che l’inferenza sia applicata ad ipotesi, piuttosto che a fatti - la concordanza attiene ai rapporti logici di compatibilità/esclusione tra i fatti assunti come noti onde evitare antinomie interne al processo logico - la gravità riguarda il livello di certezza probabilistica, non scientifica, del risultato probatorio offerto dalla presunzione .

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 26 maggio – 10 dicembre 2014, n. 25779 Presidente Bielli – Relatore Vella Ritenuto in fatto A seguito di segnalazione della Guardia di Finanza di Desenzano del Garda, in ordine ai rapporti economici intercorrenti tra la società Essegi s.r.l. e le società acquirenti di bestiame di provenienza comunitaria, facenti capo ai fratelli B. , con p.v.c. del 29.10.2001 la Guardia di Finanza di Padova contestava alla Bertin F.lli S.r.l. la registrazione di fatture di acquisto per operazioni soggettivamente inesistenti emesse dalla Essegi S.r.l., assumendo che questa fungesse da società filtro rispetto alla società cartiera Euroimpex S.r.l., la quale acquistava il bestiame da ditte estere comunitarie senza presentare alcuna dichiarazione a fini IVA e II.DD La Bertin F.lli S.r.l. impugnava il conseguente avviso di rettifica dell'Ufficio, con cui le venivano contestate la partecipazione ad una frode carosello , la correlata irregolarità delle scritture contabili con irrogazione delle corrispondenti sanzioni e la violazione dell'art. 28, d.P.R. n. 633/72. Avverso la decisione della Commissione tributaria provinciale di Padova, che aveva accolto il ricorso della contribuente facendo leva anche sull'assoluzione in sede penale del suo legale rappresentante, l'Agenzia delle entrate interponeva appello, che veniva però respinto dalla Commissione tributaria regionale del Veneto. Con sentenza n. 76/11/09 del 23.6.2009, infatti, il giudice di secondo grado, dopo aver ribadito la neutralità della pronuncia di assoluzione resa in sede penale, riteneva tuttavia che la tesi degli accertatori non avesse trovato adeguato riscontro probatorio, nemmeno in via presuntiva per mancanza dei requisiti di precisione, gravità e concordanza delle presunzioni addotte e che non fossero stati evidenziati elementi comprovanti la partecipazione della società dei F.lli B. all'accordo fraudolento in forza del quale le c.d. cartiere avevano evaso il Fisco, mentre, a sua volta, il contribuente aveva dimostrato che le società Euroimpex ed Essegi esistevano, avevano una sede sociale, operavano e risultavano regolarmente registrate, e che le fatture di vendita, regolarmente emesse, erano stato puntualmente pagate dalla F.lli Bertin s.r.l., la quale aveva assolto ogni obbligo nei confronti del Fisco, senza che il mancato versamento dell'Iva da parte della Euroimpex potesse inficiare la correttezza del suo operato, tanto più in assenza di prove sulla rivendita della carne ad un prezzo inferiore a quello di mercato, quale indice rivelatore di una condivisione dei vantaggi derivanti dal mancato pagamento dell'Iva da parte delle società cartiere . Per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale, depositata il 27.10.2009 e non notificata, l'Agenzia delle entrate ha proposto ricorso articolato su due motivi. L'intimata ha affidato le proprie difese a controricorso. Considerato in diritto 1. Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione all'art. 2697 cod.civ. e agli artt. 19, 21 e 54, d.P.R. n. 633/72, con riferimento all'art. 360, primo comma, n. 3 , cod.proc.civ., assumendo che il giudice d'appello si sia discostato dai principio di diritto per cui, ove l'Amministrazione Finanziaria contesti al contribuente l'indebita detrazione di fatture perché relative ad operazioni inesistenti, spetta al contribuente medesimo la dimostrazione dell'effettiva inerenza dell'operazione all'attività istituzionale dell'impresa talché non è sufficiente la prova dell'avvenuta consegna della mercé e del pagamento della stessa nonché dell'IVA riportata sulla fattura emessa dal terzo, né abbia rilevanza la partecipazione o meno all'accordo fraudolento”. 2. Con il secondo mezzo, il ricorrente lamenta altresì l'insufficiente motivazione e l'omesso esame di un punto decisivo, con riferimento all'art. 360, primo comma, n. 5 , cod.proc.civ., censurando il fatto che, a fronte di un articolato motivo di appello dell'Ufficio - teso a dimostrare la fondatezza del rilievo e delle conseguenti sanzioni concernente la registrazione in acquisto, da parte della Bertin F.lli s.r.l., di fatture emesse dalla società Essegr s.r.I. quest'ultima operante come interposta tra la cartiera Euroimpex s.r.I. e la Bertin F.lli s.r.l. , per operazioni soggettivamente inesistenti al fine di documentare acquisti fiscalmente indetraibili - la C.T.R., senza motivare sui dati e gli elementi forniti, ha escluso l'indetraibilità dell'IVA dal fatto che non risultava provata la partecipazione della Contribuente all'accordo fraudolènto tra le società cartiere e la Contribuente”. 3. Il primo motivo di ricorso è infondato. 3.1. La ricorrente non ha invero tenuto conto che l'orientamento di legittimità in forza del quale, a fronte della semplice contestazione del Fisco di operazioni inesistenti, era il contribuente a doverne dimostrare l'esistenza Cass. n. 1181, n. 13662 e n. 15228 del 2001 n. 6341 del 2002 n. 13605 e n. 11109 del 2003 n. 1727 e n. 16896 del 2007 , è stato progressivamente - ed ormai definitivamente - superato. 3.2. Questa Corte infatti, tenendo conto della configurazione comunitaria dell'IVA declinata dalla sesta Direttiva 77/388/CEE del 17.5.77, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, e dalla Direttiva 2006/112/CE del 28.11.06, relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto, come un'imposta generale sul consumo di beni e servizi che, attraverso il sistema delle rivalse e delle detrazioni, persegue l'obiettivo di operare un prelievo definitivo sul consumatore finale , e della giurisprudenza comunitaria, per la quale il diritto del contribuente alla detrazione Iva non è in linea di principio suscettibile di limitazioni, poiché essa rappresenta un principio fondamentale del sistema comune Europeo v. C. Giust. UE, 6 luglio 2006, C-439/04 e C-440/04 6 dicembre 2012, C-285/11 31 gennaio 2013, C-642/11 , ha concluso che, a fronte di una apparente regolarità contabile delle fatture contestate, spetta all'Amministrazione finanziaria l'onere di provare - anche avvalendosi di presunzioni semplici - che si tratti di operazioni oggettivamente o soggettivamente inesistenti, dimostrando, nel primo caso, che le operazioni non sono state effettuate e, nel secondo caso, che il contribuente sapeva o avrebbe dovuto sapere, con l'uso dell'ordinaria diligenza, che l'operazione si inseriva in una evasione commessa dal fornitore Cass., sent. n. 9001 e n. 5979 del 2014 ord. n. 13787 del 2014 sent. n. 24426 e n. 6229 del 2013 sent. n. 23074 e n. 9108 del 2012 sent. n. 10414 del 2011 sent. n. 15395 e n. 2847 del 2008 sent. n. 21953 del 2007 sent. n. 27341 del 2005 . 3.3. In particolare, mentre per le operazioni oggettivamente inesistenti l'onere probatorio si riduce alla prova certa della loro inesistenza e per le ipotesi più semplici di operazioni soggettivamente inesistenti, di tipo triangolare, esso può esaurirsi - attesa l'immediatezza dei rapporti - nella prova che il soggetto interposto è privo di dotazione personale nei casi più complessi di c.d. frode carosello , come quello in esame - contraddistinti da una catena di passaggi in cui sono riscontrabili fatturazioni per operazioni sia oggettivamente che soggettivamente inesistenti, con strumentali interposizioni anche di società filtro - occorre dimostrare non solo gli elementi di fatto caratterizzanti la frode ovvero l'inesistenza di una autonoma struttura operativa del cedente ed il mancato pagamento dell'Iva come modalità preordinata al conseguimento fraudolento di un utile da parte della c.d. cartiera , ma anche la consapevolezza di essi da parte del cessionario, e quindi la sua connivenza nella frode, anche attraverso presunzioni semplici, ai sensi dell'art. 54, comma 2, del d.P.R. n. 633/72, purché munite dei requisiti di gravità, precisione e concordanza Cass., sent. n. 13806 e 8537 del 2014 n. 24429 e n. 17977 del 2013 n. 23560 del 2012 n. 10414 del 2011 , poiché solo in tale evenienza il soggetto cessionario che intende fruire della detrazione può essere considerato, ai fini della Direttiva 2006/112/CE, come partecipante a tale evasione . 3.4. Pertanto, solo a fronte di un siffatto quadro probatorio fornito dall'amministrazione - che non può quindi limitarsi, come assume il ricorrente, a mere contestazioni, confidando nella inversione dell'onere della prova - il cessionario o committente è tenuto a sua volta a fornire la prova liberatoria contraria di aver ignorato senza colpa l'effettiva natura delle operazioni, e quindi di aver partecipato inconsapevolmente all'operazione di cui è stata dimostrata la natura fraudolenta Cass., sent. n. 23074 del 2012 n. 19332 del 2011 cfr. C. Giust. UE, 21.2.06, causa C - 255/02 21.6.12, cause riunite C - 80/11 e C-142/11 6.9.12, causa C-324/11 . Tale onere probatorio può essere assolto dimostrando di non essersi trovato nella situazione di oggettiva conoscibilità delle operazioni pregresse sul bene ceduto intercorse tra il cedente ed il fatturante per le operazioni soggettivamente inesistenti , oppure di non essere stato in grado - nonostante il possesso della capacità cognitiva adeguata all'attività professionale svolta in occasione dell'operazione contestata - di abbandonare lo stato di ignoranza sul carattere fraudolento delle operazioni degli altri soggetti collegati all'operazione Cass., sent. n. 28427 del 2013 n. 15741, n. 9108 e n. 7672 del 2012 n. 8132 del 2011 . 3.5. Al riguardo, la stessa Corte di Giustizia di Lussemburgo, pur escludendo che si debbano esigere dal destinatario della fattura specifiche verifiche sulla qualità di soggetto passivo Iva in capo al fatturante, o sulla disponibilità dei beni C. Giust. UE, 31.1.13, causa C-642/11 e 6.12.12, causa C-285/11 , afferma tuttavia che la presenza di indizi che consentano di sospettare l'esistenza di irregolarità o di evasioni nella sfera dell'emittente della fattura deve indurre l'operatore onesto e avveduto ad assumere informazioni sul soggetto dal quale intenda acquistare beni o servizi cfr. Cass., sent. n. 5979 del 2014 e n. 28247 del 2013 , in difetto dovendo escludersi il diritto del medesimo alla detrazione di imposta C. Giust. UE, 21.6.12 cit. , altrimenti legittimato, ai sensi dell'art. 19, d.P.R. n. 633/72, dalla stessa emissione della fattura, quale documento idoneo a rappresentare un costo dell'impresa, secondo la disciplina dettata dal successivo art. 21 del d.P.R. cit. Cass., sent. n. 8537 del 2014 . 3.6. Specularmente, ai fini della prova liberatoria il contribuente non può limitarsi a far leva sulla regolarità formale delle scritture e della documentazione contabile, ovvero limitarsi a provare che la mercé sia stata effettivamente consegnata ed il corrispettivo Iva compresa effettivamente pagato, trattandosi di circostanze compatibili ed anzi insite nella stessa nozione di operazione soggettivamente inesistente, oltre che facilmente falsificabili dal contribuente Cass., sent. n. 9001 del 2014 n. 23074 e n. 9108 del 2012 n. 1282 del 2011 n. 867 del 2010 n. 17377 del 2009 n. 1950 del 2007 - giurisprudenza costante, v. già Cass., sent. n. 15228 del 2001 . 4. Il secondo mezzo è invece fondato. 4.1. Come visto, il ricorrente lamenta l'insufficienza della motivazione per avere il giudice d'appello completamente trascurato di dar conto dei numerosi elementi di prova presuntiva addotti dall'amministrazione finanziaria, richiamati da pag. 11 a pag. 17 del ricorso. In particolare, quanto all'Eurimpex s.r.l. la c.d. cartiera la collocazione della sede legale in un condominio residenziale, ove essa era sconosciuta l'assenza di stalle l'irreperibilità dell'amministratore L.G. , sostanzialmente un prestanome , essendo la gestione di fatto riconducibile al socio G.S. e a V.G. socio della interposta Essegi s.r.l. . Quanto alla Essegi s.r.l. la sua effettiva gestione da parte del G. socio di Eurimpex s.r.l. e del V. la nascita pressoché contestuale a quest'ultima società ed il contemporaneo fallimento successivo di entrambe la inidoneità recettiva delle stalle a fronte del numero dei capi di bestiame apparentemente acquistati il rinvenimento presso la sede di bolle di accompagnamento, certificati e timbri intestati alla Eurimpex. Quanto alla Coimbe s.r.l analogamente nel ruolo di cartiera rispetto ad Essegi che poi rivendeva alla F.lli B. la divergenza tra sede legale e sede effettiva lo stesso rappresentante legale della Eurimpex, L.G. , che aveva rilevato le quote dei socio G. la sua inattività la mancata conservazione delle scritture contabili la mancata presentazione delle dichiarazioni dei redditi l'assenza di stalle o locali idonei alla sosta di animali. Elementi, questi, la cui valutazione congiunta sarebbe stata sufficiente, secondo l'amministrazione finanziaria, a provare il meccanismo frodatorio contestato, consistente nell'acquisto di capi di bestiame da ditte estere da parte delle cartiere Eurimpex e Coimbe, che non nazionalizzavano le fatture comunitarie e non presentavano alcuna dichiarazione fiscale, evadendo perciò le relative imposte nella successiva fatturazione della cessione dei capi di bestiame alla società filtro Essegi, la quale invece registrava regolarmente sia le fatture di acquisto che quelle di vendita alla F.lli B. , però ad un prezzo pari o inferiore, così trovandosi nelle condizioni di non dover versare l'Iva o addirittura di essere a credito di imposta. 4.2. Va innanzitutto precisato che, anche nel processo tributano, il materiale probatorio sottoposto alla valutazione del giudice di merito può consistere tanto in elementi indiziari privi delle caratteristiche di cui all'art. 2729 cod.civ. - che possono concorrono a formare il convincimento del giudice solo se confortati da ulteriori elementi di prova - quanto in vere e proprie presunzioni semplici, munite dei caratteri di gravità, precisione e concordanza, in quanto tali idonei a costituire una prova completa ed anche autosufficiente, secondo il discrezionale apprezzamento del giudice, non esistendo una gerarchia di efficacia delle prove nel nostro ordinamento, fondato sul principio del libero convincimento del giudice, cui è demandato il potere-dovere di individuare le fonti di prova, controllarne l'attendibilità e la concludenza ed infine selezionare, tra gli elementi probatori offerti alla sua valutazione, quelli ritenuti più idonei a dimostrare i fatti costitutivi della domanda o dell'eccezione Cass., sent. n. 24929 del 2013, n. 21961 del 2010, n. 24028 del 2009, n. 10847 del 2007 . Del resto, la prova presuntiva è anche positivamente contemplata dall'ordinamento tributario D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54 e D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39 , nonostante il divieto di prova testimoniale cfr. sent. n. 9402 dei 2007, con riguardo alla dichiarazione di terzi acquisita dalla Guardia di finanza nel corso di un'ispezione . 4.3. Se dunque il convincimento del giudice sulla verità di un fatto può basarsi anche su una sola presunzione, ed eventualmente anche in contrasto con altre prove acquisite, ove di precisione e gravità tali da superare le ulteriori e diverse risultanze probatorie, il limite all'esercizio di siffatto potere discrezionale è che esso risulti congruamente supportato dall'iter logico seguito, mediante una chiara, esaustiva e non contraddittoria motivazione v., per tutte, Cass., sent. n. 8484 del 2009, n. 16993 del 2007, n. 4472 del 2003 , fermo restando che il legame tra il fatto noto e quello ignoto non deve essere di assoluta ed esclusiva necessità causale, essendo sufficiente che il fatto da provare sia desumibile dal fatto noto come conseguenza ragionevolmente possibile, secondo l’ id quod plerumque accidit , ossia le regole di esperienza Cass., sent. n. 22656 del 2011, n. 8484 del 2009, n. 16993 del 2007 . 4.4. Pertanto il giudice di merito, al fine di non incorrere nel vizio logico della motivazione, non può prescindere dall'esame dei plurimi fatti indizianti allegati dall'amministrazione finanziaria, sia singolarmente che nelle loro reciproche interrelazioni logiche per cogliere eventuali nessi di incompatibilità , solo all'esito di siffatto giudizio di selezione e prevalenza degli elementi di prova allegati potendo egli pervenire ad esprimere un compiuto giudizio in ordine alla loro idoneità - per precisione, rilevanza e convergenza - a soddisfare il meccanismo logico di inferenza cognitiva del fatto ignorato Cass., sent. n. 24929 del 2013 . 4.5. Nel caso di specie, il giudice d'appello ha omesso quantomeno di dare conto, in motivazione, della valutazione in ipotesi compiuta sulla consistenza probatoria dei suddetti elementi di prova presuntiva forniti dall'amministrazione finanziaria in merito all'asserita inesistenza soggettiva delle operazioni commerciali intercorse tra le quattro società coinvolte salvo quello relativo al prezzo di rivendita della carne, ritenuto non provato , limitandosi a rilevare come fosse stato concretamente dimostrato che effettivamente Euerimpex ed Essegi esistevano, avevano una sede sociale, operavano e risultavano regolarmente registrate presso i pubblici registri e - attingendo a circostanze per quanto detto sopra invece ininfluenti - che le fatture di vendita emesse, con il relativo carico fiscale, erano del tutto regolari e venivano puntualmente pagate dalle Società acquirenti dei fratelli B. , che dunque soddisfacevano il loro obbligo fiscale, registrando regolarmente le operazioni in contabilità ed operando correttamente verso il Fisco , aggiungendo che la circostanza, pur grave, che la Eurimpex non versava poi l'IVA che incassava all'Erario non inficia la correttezza del comportamento dei B. . 4.6. Tra l'altro, gli indizi offerti dovevano essere valutati anche ai fini dell'ipotizzato accordo fraudolento fra le due società cartiere, la società filtro e la società dei fratelli B. potendo essi quantomeno indurre quest'ultima a sospettare l'esistenza di irregolarità o evasioni fiscali, e quindi a svolgere diligentemente le opportune verifiche , mentre la motivazione sul punto risulta del tutto generica, limitandosi il giudice regionale ad affermare che la tesi degli accertatori non appare suffragata da prova convincente né la presunzione assunta appare fornita dei requisiti di legge precisione, gravità e concordanza , senza alcuna esplicitazione circa gli elementi in concreto valutati. 4.7. La sentenza di appello va dunque cassata per consentire al giudice di rinvio di emendare la rilevata insufficienza motivazionale, tenendo conto dei principi sopra esposti e del fatto che i requisiti di cui all'art. 2729 cod.civ. non debbono necessariamente riguardare i singoli elementi indiziari, potendo sussistere anche solo complessivamente e nelle loro reciproche interconnessioni, in quanto relativi alla prova presuntiva, piuttosto che ai singoli indizi che concorrono a formarla. Inoltre, con riguardo a detti requisiti, va considerato che la precisione non attiene al momento della inferenza logica, ma rappresenta una precondizione dello schema presuntivo, da riferire alla certezza storica del fatto assunto a termine iniziale del ragionamento induttivo per evitare che l'inferenza sia applicata ad ipotesi, piuttosto che a fatti che la concordanza non presuppone plurime conseguenze logiche desumibili dal fatto noto, ma attiene ai rapporti logici di compatibilità/esclusione tra i fatti assunti come noti onde evitare antinomie interne al processo logico che infine la gravità riguarda il livello di certezza probabilistica, non scientifica, del risultato probatorio offerto dalla presunzione, quale prova logica Cass., sent. n. 13806 del 2014 cfr. sent. n. 11906 del 2003 , senza che debbano necessariamente escludersi altre possibili e diverse conseguenze dai fatti noti - purché rivestano un ruolo recessivo in termini di frequenza statistica - ed essendo dunque sufficiente che la presunzione applicata non conduca a plurimi risultati egualmente probabili , ma inconciliabili cfr. Cass., sent. n. 3281 del 2012 . P.Q.M. La Corte rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Commissione tributaria regionale del Veneto, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio legittimità.