Due avvocati associati posson bastare... niente rimborso dell’Irap allo studio legale

Legittima la posizione del Fisco, che aveva detto ‘no’ alla richiesta presentata dai componenti dello studio legale. Irrilevanti le caratteristiche dell’attività professionale svolta, perché è sufficiente l’esistenza della ‘forma associata’ per ritenere applicabile l’imposta.

Tempi difficili – anche – per gli avvocati, in Italia. Così, piuttosto che lavorare singolarmente, affrontando spese e costi di gestione notevoli, meglio operare come team, ossia come studio professionale, condividendo, gomito a gomito, spazi e lavoro, ma anche i conti da pagare, ad esempio per l’affitto dei locali utilizzati oppure per l’acquisto degli strumenti necessari per l’attività. Ma oltre ai ‘pro’ bisogna tener conto dei ‘contro’ Più precisamente, l’obbligatorio versamento dell’Imposta regionale sulle attività produttive. Su questo punto, difatti, non possono esservi dubbi di fronte all’esistenza di uno studio professionale, scatta, in automatico, l’applicazione dell’Irap Cass., sent. n. 25313/2014, Sez. Tributaria, depositata oggi . Domanda di rimborso. Pomo della discordia è il rifiuto opposto dal Fisco alla richiesta di rimborso dell’Irap, versata per gli anni dal 2001 al 2004 presentata da uno studio legale . Ma passaggio decisivo è la decisione della Commissione Tributaria Regionale, che, dando ragione ai due professionisti dello studio, riconoscono il loro diritto al rimborso dell’Irap . Decisivo, per i giudici, il quadro emerso dall’esame del materiale probatorio i due avvocati associati esercitavano la propria attività professionale senza ausilio di personale, e con il supporto di mezzi di uso comune e corrente . E rilevante anche l’affermazione che l’esercizio professionale mediante associazione, evocante un minimo di organizzazione non può indurre, in automatico, concludono i giudici, a ritenere acclarato il requisito dell’attività autonomamente organizzata . Presupposto di imposta. Ma la visione tracciata dalla Commissione Tributaria Regionale è demolita letteralmente dai giudici della Cassazione, i quali, accogliendo l’obiezione mossa dal Fisco, ritengono assolutamente non condivisibili le valutazioni espresse in secondo grado. Ciò perché in materia di Irap, l’esercizio in forma associata di una professione liberale rappresenta presupposto d’imposta , a prescindere, sottolineano i giudici, dal requisito dell’autonoma organizzazione . Di conseguenza, viene valutato come legittimo, ab origine, il rifiuto del Fisco alla richiesta di rimborso dell’Irap avanzata dallo studio legale.

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 28 marzo – 28 novembre 2014, n. 25313 Presidente Virgilio – Relatore Greco Svolgimento del processo L'Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, sulla base di due motivi, nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale dell'Emilia Romagna che, accogliendo l'appello dello Studio Legale Pallotti Angelozzi, associazione professionale fra avvocati, ne ha riconoS. il diritto al rimborso dell'IRAP versata per gli anni dal 2001 al 2004, essendo risultato dagli atti e documenti prodotti che nell'ambito dell'associazione professionale ricorrente i due avvocati associati esercitavano la propria attività professionale senza ausilio di personale e con il supporto di mezzi di uso comune e corrente, in assenza dei quali sarebbe oggi impossibile esercitare un'attività autonoma, ed impiegando beni strumentali di limitate dimensioni. Né l'esercizio professionale mediante associazione, evocante un minimo di organizzazione induceva, secondo il giudice d'appello, a diversa soluzione, dovendosi comunque esaminare caso per ra.So se ricorra il requisito dell'attività autonomamente organizzata, non ravvisabile nella specie. L'associazione professionale contribuente non ha svolto attività nella presente sede. Motivi della decisione Con il primo motivo, denunciando violazione di legge, l'amministrazione ricorrente assume che dinanzi ad uno studio associato tra professionisti debba ritenersi presunto il requisito dell'autonoma organizzazione quale presupposto impositivo. Con il secondo motivo denuncia vizio di motivazione sulla ricorrenza del requisito dell'autonoma organizzazione con riguardo agli elevati compensi e alle elevate spese per beni immobili risultanti dalle dichiarazioni dei redditi dell'associazione professionale. Il primo motivo del ricorso è fondato nei termini che seguono. In materia di IRAP, infatti, l'esercizio in forma associata di una professione liberale rientra nell'ipotesi regolata dall'art. 1, comma 1, lettera c , del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, secondo cui sono soggette all'imposta le società semplici e quelle ad esse equiparate a norma dell'art. 5, comma 3, del tuir esercenti arti e professioni di cui all'art. 49, canina 1, del medesimo t. u. , e costituisce quindi presupposto d'imposta in base alla seconda parte del coma 1 dell'art. 2 del medesimo d.lgs. n. 446 del 1997, a tenore del quale l'attività esercitata dalle società e dagli enti, ~resi gli órgani e le amministrazioni dello Stato, costituisce in ogni caso presupposto di imposta , dovendosi perciò prescindere completamente dal requisito dell'autonoma organizzazione Cass. n. 167B4 del 2010 Il primo motivo del ricorso va pertanto accolto, assorbito l'esame del secondo motivo, la sentenza va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito con il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente. Le spese del giudizio e quelle dei due gradi di merito vanno compensate fra le parti, essendosi formato l'orientamento di riferimento in epoca successiva alla proposizione del ricorso per cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente. Dichiara compensate fra le parti le spese dei gradi di merito e del giudizio di legittimità.