Richiesta di ritiro di un avviso di accertamento definitivo: ci sono delle regole da seguire

Il contribuente che richiede all'Amministrazione finanziaria di ritirare, in via di autotutela, un avviso di accertamento divenuto definitivo, non può limitarsi a dedurre eventuali vizi dell'atto medesimo, la cui deduzione deve ritenersi definitivamente preclusa, ma deve prospettare l’esistenza di un interesse di rilevanza generale dell'Amministrazione alla rimozione dell'atto. Ne consegue che contro il diniego dell'Amministrazione di procedere all'esercizio del potere di autotutela può essere proposta impugnazione soltanto per dedurre eventuali profili di illegittimità del rifiuto e non per contestare la fondatezza della pretesa tributaria.

Tale principio è stato statuito dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza numero 23628 del 5 novembre 2014. Il caso. Un contribuente ha impugnato il rigetto di un’istanza di autotutela volta all’annullamento di un avviso di liquidazione emesso dall’Ufficio, a seguito di revoca di un agevolazione prima casa . Il contribuente ha prospettato l’opportunità di uno sgravio a seguito del pagamento delle somme da parte della società venditrice. Il giudice del gravame ha dichiarato inammissibile il ricorso del contribuente. Gli Ermellini con la pronuncia citata hanno confermato l’inammissibilità del ricorso avverso il diniego di autotutela. Autotutela. Il ricorso contro il diniego non può contestare la fondatezza della pretesa tributaria, ma può soltanto dedurre eventuali profili di illegittimità del rifiuto stesso, dovendo, di conseguenza, prospettare l'esistenza del pubblico interesse a procedere con l'annullamento della pretesa. Il contribuente che richiede all'amministrazione finanziaria di ritirare, in via di autotutela, un avviso di accertamento divenuto definitivo, deve prospettare l'esistenza di un interesse di rilevanza generale dell'Amministrazione, alla rimozione dell'atto. Pertanto, contro il diniego dell'amministrazione di procedere all'esercizio del potere di autotutela può essere proposta impugnazione soltanto per dedurre eventuali profili di illegittimità dei rifiuto e non per contestare la fondatezza della pretesa tributaria . In definitiva, al di fuori di questi casi, l'atto con il quale l'amministrazione finanziaria manifesta il rifiuto di ritirare in autotutela un atto impositivo divenuto definitivo stante la relativa discrezionalità non è suscettibile di essere impugnato innanzi alle commissioni tributarie. Sussiste impugnabilità del diniego dinanzi al giudice tributario, che deve riguardare i vizi dello stesso e non la fondatezza della pretesa. Il ricorso contro il diniego può essere proposto solo per censurare vizi di legittimità dello stesso e non il merito della pretesa Cass. numero 12930/2013 . Giova ricordare che secondo l’orientamento prevalente Cass. SSUU numero 7388/2007 il silenzio-rifiuto non è impugnabile nell'ambito delle categorie individuate dall'art. 19 d.lgs. numero 546/1992. In relazione al rifiuto tacito dell'autotutela si sostiene che la mancata risposta non determina un'ipotesi di silenzio rifiuto impugnabile di fronte alla CT nell’elencazione degli atti impugnabili contenuta nell’art. 19 d.lgs. numero 546/1992, non compare il silenzio dell’ufficio per il procedimento di riesame. Differentemente dall’istanza di rimborso dei tributi, sull’istanza di autotutela - promossa dal contribuente al fine di ottenere l’annullamento di atti impositivi al medesimo notificati - non può formarsi provvedimento di silenzio-rifiuto laddove l’Amministrazione finanziaria sia rimasta inerte. Conseguentemente, il contribuente non è ammesso a dedurre tale fatto giuridico davanti al giudice tributario CTP Brindisi, sez. I, numero 40/2008 .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – T, ordinanza 17 ottobre – 5 novembre 2014, n. 23628 Presidente/Relatore Iacobellis Svolgimento del processo La controversia promossa da F.G. contro l’Agenzia delle Entrate ha ad oggetto l’impugnativa del rigetto di un’istanza di autotutela volta all’annullamento di un avviso di liquidazione emesso dall’Ufficio, a seguito di revoca di un agevolazione prima casa . Il contribuente aveva prospettato l’opportunità di uno sgravio a seguito del pagamento delle somme da parte della società venditrice. Con la decisione in epigrafe, la CTR ha dichiarato inammissibile il ricorso. Il ricorso proposto si articola in due motivi. Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate, Il relatore ha depositato relazione ex art. 380 bis c.p.c. proponendo il rigetto del ricorso. Il presidente ha fissato l’udienza del 17/10/2014 per l’adunanza della Corte in Camera di Consiglio. Il ricorrente ha depositato memoria. Motivi della decisione Con primo motivo il ricorrente lamenta la violazione del principio della doppia imposizione il sopravvenuto pagamento dell’importo oggetto di rettifica da parte della società alienante determinerebbe una duplicazione di imposta. La censura è inammissibile sia in quanto priva di specifiche argomentazioni intelligibili ed esaurienti intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l'interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità Sez. 1, Sentenza n. 5353 del 08/03/2007 . Ulteriore motivo di inammissibilità è costituito dalla carenza di autosufficienza del ricorso circa il contenuto dell’ulteriore provvedimento emesso nei confronti della società alienante. Con secondo motivo il ricorrente assume la violazione dell’art 19 del d.lgs. 546/92, laddove la CTR ha ritenuto inammissibile il ricorso introduttivo. La censura è infondata alla luce dei principi affermati da questa Corte Sez. 5, Sentenza n. 11457 del 12/05/2010 secondo cui il contribuente che richiede all'Amministrazione finanziaria di ritirare, in via di autotutela, un avviso di accertamento divenuto definitivo, non può limitarsi a dedurre eventuali vizi dell'atto medesimo, la cui deduzione deve ritenersi definitivamente preclusa, ma deve prospettare l’esistenza di un interesse di rilevanza generale dell'Amministrazione alla rimozione dell'atto. Ne consegue che contro il diniego dell'Amministrazione di procedere all'esercizio del potere di autotutela può essere proposta impugnazione soltanto per dedurre eventuali profili di illegittimità del rifiuto e non per contestare la fondatezza della pretesa tributaria. Consegue da quanto sopra il rigetto del ricorso. Le circostanze che caratterizzano la vicenda giustificano la compensazione delle spese tra le parti. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, il ricorrente è tenuto a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione. P.Q.M. Rigetta il ricorso dichiarando compensate tra le parti le spese del giudizio. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, il ricorrente è tenuto a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l'impugnazione.