La trattenuta illecita sul TFR non viene restituita: triplice fischio finale della Consulta

Con la sentenza n. 223/2012, la Corte Costituzionale aveva ritenuto illegittima la trattenuta del 2,5% sul trattamento di fine rapporto dei dipendenti statali, introdotta con la manovra estiva del 2010 ed abrogata con la l. n. 228/2012. Tuttavia, non è illecita la mancata restituzione dei soldi pagati a causa di tale trattenuta.

Così si è espressa la Corte Costituzionale nella sentenza n. 244, depositata il 28 ottobre 2014. La controversia. Già nel 2012, la Corte Costituzionale era intervenuta per stabilire l’illegittimità della trattenuta del 2,5% sul Trattamento di Fine Rapporto dei dipendenti statali. Estensione avvenuta nel 2010. Colpa della manovra estiva del 2010, art. 12, comma 10, d.l. n. 78/2010, che aveva esteso il regime del Tfr, come disciplinato dall’art. 2120 c.c., ai dipendenti pubblici e, in particolare, sulle anzianità contributive. Ad essere coinvolti erano tutti i dipendenti pubblici assunti prima del 2001, i quali con il passaggio dal Tfs al Tfr avevano iniziato a subire la trattenuta del 2,5% sull’80% della retribuzione. Si era creata così una disparità sia nei confronti degli assunti più recenti sia verso i dipendenti privati. Differenze cancellate dalla sentenza n. 223/12 della Consulta. Correttivi in corsa. La l. n. 228/2012 aveva poi abrogato le precedenti regole del 2010, ma allo stesso tempo aveva estinto di diritto tutti i ricorsi in corso, con esclusione invece di quelli già passati in giudicato. Perciò, mentre alcuni dipendenti erano riusciti ad ottenere la restituzione delle trattenute avvenute tra il 2010 ed il 2012, altri, al contrario, non erano stati così fortunati perché il contenzioso non era ancora finito. Per i giudici della Corte Costituzionale, tuttavia, questa disparità non può essere considerata illegittima.

Corte Costituzionale, sentenza 22 – 28 ottobre 2014, n. 244 Presidente Napolitano – Redattore Morelli Considerato in diritto 1.‒ Con riferimento ai parametri di cui agli artt. 3, 24, 35, secondo comma menzionato, per altro solo nel dispositivo dell’ordinanza di rimessione , 36, primo comma, 101, 102, 104 e 113 della Costituzione, il Tribunale ordinario di Reggio Emilia dubita della legittimità dell’art. 1, commi 98 e 99, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013 . 2.− Le disposizioni censurate costituiscono l’ultimo segmento di una complessa sequenza normativa in tema di trattamento previdenziale dei pubblici dipendenti. 2.1.− Inizialmente tale trattamento era costituito esclusivamente dalla indennità di buonuscita disciplinata per i dipendenti del comparto statale dal d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032 Approvazione del testo unico delle norme sulle prestazioni previdenziali a favore dei dipendenti civili e militari dello Stato e dalla indennità premio di servizio, riconosciuta ai dipendenti del comparto locale dalla legge 8 marzo 1968, n. 152 Nuove norme in materia previdenziale per il personale degli Enti locali . L’indennità di buonuscita – o così detto trattamento di fine sevizio TFS – di cui, in particolare, agli artt. 37 e 38 del citato d.P.R. n. 1032 del 1973, era – ed è tuttora nei limiti di cui si dirà – corrisposta da un fondo finanziato, tra l’altro, da un contributo del 9,60% sull’80% della retribuzione lorda a carico dell’Amministrazione di appartenenza, con diritto, della stessa, di rivalersi sul dipendente del 2,50% di tale importo. 2.2.− L’art. 2 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 20 dicembre 1999, recante Trattamento di fine rapporto e istituzione dei fondi pensione dei pubblici dipendenti nel testo modificato dall’art. 1 del successivo d.P.C.m. 2 marzo 2001, identicamente denominato – dando concreta attuazione alle previsioni già contenute nella legge 8 agosto 1995 n. 335 Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare , rimaste sino a quel momento inattuate – ha disposto il passaggio al regime del trattamento di fine rapporto TFR , di cui all’art. 2120 del codice civile, nei confronti del personale delle pubbliche amministrazioni assunto a tempo indeterminato successivamente al 31 dicembre 2000 dando così luogo ad un duplice regime TFS, per i dipendenti assunti ante 2001 e TFR per i dipendenti assunti a partire dall’1 gennaio di detto anno. 2.3.− Per completare l’estensione delle regole civilistiche in materia di trattamento di fine rapporto ai pubblici dipendenti, il successivo decreto-legge 31 maggio 2010 n. 78 Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica , convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122, sub art. 12, comma 10, aveva testualmente così disposto Con effetto sulle anzianità contributive maturate a decorrere dal 1° gennaio 2011, per i lavoratori alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione [] per i quali il computo dei predetti trattamenti di fine servizio, comunque denominati, in riferimento alle predette anzianità contributive non è già regolato in base a quanto previsto dall’articolo 2120 del codice civile in materia di trattamento di fine rapporto, il computo dei trattamenti di fine servizio si effettua secondo le regole di cui al citato articolo 2120 del codice civile, con applicazione dell’aliquota del 6,91 per cento . 2.4.− Detta disposizione, nel determinare l’applicazione nell’esteso regime del TFR dell’aliquota del 6,91%, nulla aveva specificato in ordine alla vigenza, o meno, della trattenuta del 2,50%, che l’Amministrazione aveva di fatto continuato, comunque, ad operare nei confronti del dipendente. Da qui l’intervento di questa Corte che, con sentenza n. 223 del 2012, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del predetto art. 12, comma 10, del d.l. n. 78 del 2010, nella parte, appunto, in cui non esclude[va] l’applicazione a carico del dipendente della rivalsa pari al 2,50% della base contributiva prevista dall’art. 37, comma 1, del d.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1032 . 2.5.− Al dichiarato fine di dare attuazione alla predetta sentenza, ed a quello di salvaguardare gli obiettivi di finanza pubblica, è stato, quindi, emanato il decreto-legge 29 ottobre 2012, n. 185 Disposizioni urgenti in materia di trattamento di fine servizio dei dipendenti pubblici , prevedente l’abrogazione in toto dell’art. 12, comma 10, del d.l. n. 78 del 2010, con sostanziale ripristino del regime di TFS per i dipendenti pubblici da questo interessati. 2.6.− Il d.l. n. 185 del 2012 è decaduto per mancata conversione in legge, ma i suoi effetti sono stati fatti salvi dalla legge n. 228 del 2012 ora appunto in esame. 3.− Nel riprodurre il contenuto del d.l. n. 185 del 2012 non convertito , l’art. 1 della legge 228 del 2012, nei censurati suoi commi 98 e 99, rispettivamente, conferma ora l’abrogazione dell’art. 12, comma 10, del d.l. n. 78 del 2010, disponendo che I trattamenti di fine servizio, comunque denominati, liquidati in base alla predetta disposizione prima della data di entrata in vigore del decreto-legge 29 ottobre 2012, n. 185, sono riliquidati d’ufficio entro un anno dalla predetta data ai sensi della disciplina vigente prima dell’entrata in vigore del citato articolo 12, comma 10 [] comma 98 e, contestualmente, reitera la previsione della estinzione di diritto dei processi pendenti aventi ad oggetto la restituzione del contributo previdenziale obbligatorio del 2,50 per cento della base contributiva utile prevista dall’articolo 11 della legge 8 marzo 1968, n. 152 e dall’articolo 37 del testo unico [] di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1032 , stabilendo che le sentenze eventualmente emesse, fatta eccezione per quelle passate in giudicato, restano prive di effetti comma 99 . Nella prospettazione del rimettente, la riferita normativa violerebbe – gli artt. 3 e 36 Cost., in quanto, a suo avviso, il ripristino del precedente regime del TFS per i dipendenti pubblici reintroduce una disparità di trattamento tra costoro cui continua/riprende ad essere applicato un prelievo del 2,5% sull’80% della retribuzione ed i dipendenti privati per i quali non è previsto nessun prelievo a titolo previdenziale, ma solo un accantonamento del 6,91 sull’intera retribuzione, non tassabile e tra i dipendenti pubblici assunti prima del 2001 per i quali è stato ripristinato il TFS e quelli assunti post 2001, per i quali è in vigore la disciplina del TFR, ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 20 dicembre 1999 – gli artt. 101, 102 e 104 Cost. interferendo con funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario – gli artt. 3 e 24 Cost. poiché verrebbe sostanzialmente vanificato il diritto del cittadino alla tutela giurisdizionale e si creerebbe una disparità ingiustificata di trattamento tra coloro che hanno già adito l’autorità giudiziaria, ottenendo una pronuncia favorevole alla restituzione del prelievo forzoso del 2,50% [], coloro che sono sub iudice in questo momento, ovvero non l’hanno ancora adito – gli artt. 3, 24, 102 e 113 Cost., poiché l’estinzione necessariamente automatica di tutti i giudizi pendenti, con la compensazione delle spese realizzerebbe una illegittima interferenza del potere legislativo nella sfera della giurisdizione, [] non potendo il giudice decidere sulle spese in senso favorevole al ricorrente , con relativa soppressione del diritto dell’interessato a essere tenuto indenne dal pagamento, al proprio difensore, delle spese processuali sostenute . 4.− Con diffuse argomentazioni adesive alla motivazione dell’ordinanza di rimessione, la difesa delle parti private ha auspicato la declaratoria di illegittimità costituzionale delle disposizioni impugnate. Ad opposte conclusioni è pervenuta, invece, l’Avvocatura generale dello Stato, per l’intervenuto Presidente del Consiglio dei ministri. La difesa statale ha, in via pregiudiziale, per altro, eccepito che le censure riferite alle disposizioni processuali, di cui al comma 99, sarebbero irrilevanti, perché i ricorrenti hanno promosso il giudizio, nel corso del quale è stata sollevata la questione di costituzionalità, in data 9 novembre 2012, quando era già in vigore il decreto-legge n. 185 del 2012 [] che, ripristinando l’indennità di buonuscita, rendeva infondata la domanda di restituzione del contributo del 2,50% . 5.− Preliminarmente va confermata l’ordinanza adottata nel corso dell’udienza pubblica, ed allegata alla presente sentenza, con la quale è stato dichiarato ammissibile l’intervento dell’INPS, che ha concluso anch’esso per la non fondatezza delle questioni sollevate dal rimettente. 6.− In via ancora preliminare, va respinta l’eccezione di inammissibilità per irrilevanza, come sopra articolata dall’Avvocatura generale dello Stato. La tesi per cui i ricorsi promossi nella già intervenuta vigenza della norma di ripristino del TFS avrebbero dovuto essere respinti in applicazione della stessa ne presuppone infatti la legittimità costituzionale. Ma ciò è proprio quel che il rimettente, come detto, per più profili contesta per cui l’eccezione in esame si risolve, e confluisce, nella contestazione della fondatezza delle questioni sollevate da quel Tribunale. 7.− Nel merito, nessuna censura è fondata. 7.1.− Non sussiste, in primo luogo, la denunciata duplice violazione degli artt. 3 e 36 Cost. Il trattamento di fine servizio è, infatti, diverso e – come sottolineato dalla stessa sentenza n. 223 del 2012 – normalmente migliore” rispetto al trattamento di fine rapporto disciplinato dall’art. 2120 cod. civ., per cui il fatto che il dipendente – che in conseguenza del ripristinato regime ex art. 37 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032 ha diritto all’indennità di buonuscita – partecipi al suo finanziamento, con il contributo del 2,50% sull’80% della sua retribuzione , non integra un’irragionevole disparità di trattamento rispetto al dipendente che ha diritto al trattamento di fine rapporto. Per altro verso, il fatto che alcuni dipendenti delle pubbliche amministrazioni godano del trattamento di fine servizio ed altri del trattamento di fine rapporto è conseguenza del transito del rapporto di lavoro da un regime di diritto pubblico ad un regime di diritto privato e della gradualità che, con specifico riguardo agli istituti in questione, il legislatore, nell’esercizio della sua discrezionalità, ha ritenuto di imprimervi. 7.2.− Del pari insussistente è, poi, per ogni denunciato suo aspetto, la violazione degli altri parametri artt. 24, 101, 102, 104 e 113 Cost. evocati dal rimettente. Non illegittima è, in primo luogo, infatti, la disposta estinzione dei giudizi in corso, atteso che l’interesse dei ricorrenti alla restituzione del contributo del 2,50% – che essi assumevano illegittimamente prelevato dalle rispettive retribuzioni in aggiunta all’accantonamento dell’aliquota del 6,91%, nel quadro del regime codicistico del TFR, loro esteso dal citato d.l. n. 78 del 2010 – è venuto meno con il ripristino ad opera della normativa impugnata del previgente regime di TFS, nel cui contesto quel contributo concorre a finanziare il fondo erogatore dell’indennità di buonuscita. Come, infatti, da questa Corte già affermato, il legislatore, intervenendo a regolare una data materia, può anche incidere sui giudizi in corso, dichiarandoli estinti, senza ledere il diritto alla tutela giurisdizionale garantito dall’art. 24 Cost., ove la nuova disciplina, lungi dal tradursi in una sostanziale vanificazione dei diritti azionati, sia tale da realizzare, come nella specie, le pretese fatte valere dagli interessati, così eliminando le basi del preesistente contenzioso sentenze n. 223 del 2001 e n. 310 del 2000 . 7.3.− Neppure può dirsi, poi, irragionevole la diversità di trattamento tra i dipendenti che, nelle more, abbiano ottenuto la restituzione del 2,50% con sentenza passata in giudicato restituzione divenuta indebita a seguito dell’abrogazione dell’art. 12, comma 10, del citato d.l. n. 78 del 2010 e quelli che non l’abbiano ottenuta per il sopravvenuto ripristino dell’indennità di buonuscita. Ciò essendo inevitabilmente dovuto alla successione di diverse disposizioni normative ed al generale principio di intangibilità del giudicato. 7.4.− La disposta estinzione dei giudizi in corso non si accompagna, nella norma impugnata, alla previsione di una automatica compensazione delle correlative spese di lite, della quale il rimettente non ha, quindi, fondatamente ragione di dolersi. 7.5.− All’apodittico riferimento all’art. 35, comma secondo, Cost., contenuto nel solo dispositivo dell’ordinanza di rinvio, non è, infine riconducibile alcun sostanziale profilo di censura che possa qui venire in esame. 8.− In conclusione, le questioni sollevate sono, per ogni aspetto e profilo, non fondate. P.Q.M. La Corte Costituzionale dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 98 e 99, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013 , sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, 35, secondo comma, 36, primo comma, 101, 102, 104 e 113 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Reggio Emilia, con l’ordinanza in epigrafe.