La “contabilità in nero”, costituita da fogli, quaderni e cartoncini dell’imprenditore, è prova del maggior reddito

In tema di ricostruzione induttiva dei ricavi, la contabilità in nero”, costituita da fogli, quaderni e cartoncini dell’imprenditore, è prova del maggior reddito Ai sensi dell’art. 39, comma 1, lett. d , d.P.R. n. 600/1973 non si può escludere la valenza probatoria ex se della documentazione extra-contabile.

La contabilità in nero”, costituita da appunti personali e informazioni dell'imprenditore, rappresenta un valido elemento indiziario, dotato dei requisiti di gravità, precisione e concordanza prescritti dall'art. 39, d.P.R. n. 600/1973, dovendo ricomprendersi tra le scritture contabili disciplinate dagli articoli 2709 e ss. c.c. tutti i documenti che registrino, in termini quantitativi o monetari, i singoli atti d'impresa, ovvero rappresentino la situazione patrimoniale dell'imprenditore e il risultato economico dell'attività svolta . Ne consegue che detta contabilità in nero”, per il suo valore probatorio, legittima di per sé, e a prescindere dalla sussistenza di qualsivoglia altro elemento, il ricorso all'accertamento induttivo di cui al citato art. 39, incombendo al contribuente l'onere di fornire la prova contraria, al fine di contestare l'atto impositivo notificatogli .Tale assunto è stato statuito dalla Corte di Cassazione con la ordinanza n. 22265 del 21 ottobre 2014. Il caso. Il giudice del gravame ha annullato la ripresa fiscale a carico del contribuente, sul presupposto che, pur essendo pacifico il rinvenimento da parte della GdF di documentazione extra-contabile, questa non poteva assurgere a prova del maggior reddito, costituendo mero indizio al quale l’Ufficio avrebbe dovuto affiancare altri elementi di prova, attraverso presunzioni gravi, precise e concordanti presunzioni che non potevano rinvenirsi nei fogli, quaderni e cartoncini dai quali risultavano gli importi considerati dall’Ufficio finanziario, ai fini dell’accertamento induttivo. Nel ricorso in cassazione il fisco ha invocato la violazione, dell’articolo 39, comma 1, lett. d d.P.R. n. 600/1973 perché non si può escludere la valenza probatoria ex se della documentazione extra-contabile. Gli Ermellini, in accoglimento del ricorso in Cassazione del Fisco, hanno cassato la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della CTR dell’Emilia Romagna per nuovo esame e per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità. In particolare ,la Suprema Corte ha evidenziato che la CTR ha senza fondamento giuridico negato valenza probatoria ex se alla documentazione extracontabile. Conclusioni. Nell'accertamento delle imposte sui redditi, la contabilità in nero, costituita da appunti personali ed informazioni dell'imprenditore, rappresenta un valido elemento indiziario, dotato dei requisiti di gravità, precisione e concordanza prescritti dal d.p.r. n. 600/1973, art. 39. Cass., sez. Trib., sent. n. 8289/13 depositata il 4 aprile Il giudice di merito tributario deve, con motivazione sufficiente e adeguata, argomentare, sulla base degli elementi fattuali risultanti dagli atti processuali, perché ritiene in disarmonia, sotto il profilo contenutistico, la contabilità parallela rinvenuta nel pen-drive con quella ufficiale. Cass., sez. VI Civ., sent. n. 3169/12 depositata il 29 febbraio .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – T, ordinanza 24 settembre – 21 ottobre 2014, numero 22265 Presidente Cicala – Relatore Conti In fatto e in diritto L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, contro la sentenza resa dalla Commissione tributaria centrale Emilia Romagna numero 2267/2011/00, depositata il 23.11.2011, che ha accolto l’impugnazione proposta da L.A. e rigettato quella proposta dalla stessa Agenzia contro la decisione della Commissione tributaria di li grado di Ravenna che aveva rideterminato il reddito d’impresa nell’ambito di un accertamento compiuto ai sensi dell’articolo 39 comma 1 lett.d dpr numero 600/73. La Commissione centrale, premesso che di non potersi sostituire ai poteri di rettifica dell'Ufficio, dovendosi limitare alla verifica della legittimità dell’accertamento induttivo, riteneva che pur essendo pacifico il rinvenimento da parte della Guardia di finanza di documentazione extracontabile, quest’ultima non poteva assurgere a prova del maggior reddito, costituendo mero indizio al quale l’Ufficio avrebbe dovuto fare seguire la prova, attraverso presunzioni gravi, precise e concordanti, del maggior reddito presunzioni che non potevano rinvenirsi nei fogli quaderni e cartoncini dai quali risultavano gli importi considerati dall’Ufficio. L’Agenzia delle entrate deduce con il primo motivo la violazione dell’articolo 39 comma 1 lett.d del dpr numero 600/73, nonché degli articolo 2697, 2727 e 2729 c.c., in relazione all’articolo 360 comma 1 numero 3 c.p.c. Avrebbe errato la Commissione tributaria centrale nell’escludere la valenza probatoria della documentazione extracontabile rinvenuta dalla Guardia di Finanza e posta a base dell’accertamento induttivo. Nessuna difesa scritta ha depositato la parte contribuente. Entrambi i motivi sono manifestamente fondati. Ed invero, questa Corte, ad onta di quanto affermato dal giudice di appello, è ferma nel ritenere che in tema di accertamento delle imposte sui redditi, la contabilità in nero , costituita da appunti personali ed informazioni dell'imprenditore, rappresenta un valido elemento indiziario, dotato dei requisiti di gravità, precisione e concordanza prescritti dall’articolo 39 del d.P.R. 29 settembre 1973, numero 600, dovendo ricomprendersi tra le scritture contabili disciplinate dagli articolo 2709 e ss. cod. civ. tutti i documenti che registrino, in termini quantitativi o monetari i singoli atti d’impresa, ovvero rappresentino la situazione patrimoniale dell’imprenditore ed il risultato economico dell’attività svolta. Ne consegue che detta contabilità in nero , per il suo valore probatorio, legittima di per sé, ed a prescindere dalla sussistenza di qualsivoglia altro elemento, il ricorso all’accertamento induttivo di cui al citato articolo 39, incombendo al contribuente l’onere di fornire la prova contraria, al fine di contestare l’atto impositivo notificatogli Cfr. anche Cass. Sentenze numero 24051 del 16/11/2011, numero 9210 del 2011 Cass. nnumero 6949 e 25610 del 2006, Cass.numero 8625/2012 Cass.numero 27456/2013 Cass.numero 4126/2013 Cass.numero 20492/13 . Quanto al secondo motivo, occorre rilevare che dalla natura del processo tributario - il quale non è annoverabile tra quelli di impugnazione-annullamento , ma tra quelli di impugnazione-merito , in quanto non è diretto alla sola eliminazione giuridica dell'atto impugnato, ma alla pronuncia di una decisione dì merito sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente che dell’accertamento dell’ufficio - discende che, ove il giudice tributario ritenga invalido l'avviso di accertamento, nella specie relativo ad I.R.P.E.F., I.R.A.P. ed I.V.A., per motivi non formali, ma di carattere sostanziale, non può limitarsi ad annullare l'atto impositivo, ma deve esaminare nel merito la pretesa tributaria e, operando una motivata valutazione sostitutiva, eventualmente ricondurla alla corretta misura, entro i limiti posti dalle domande di parte -cfr., ex plurimis, Cass. numero 26157/2013, numero 13034 del 24/07/2012. Ad entrambi i principi sopra ricordati e stabilmente radicati nella giurisprudenza di questa Corte la CTR non si è uniformata, negando valenza probatoria ex se alla documentazione extracontabile ed escludendo di potere vagliare nel merito la misura della pretesa fiscale. Si impone, pertanto, la cassazione della sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della CTR dell’Emilia Romagna per nuovo esame e per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per la liquidaizone delle spese del giudizio di legittimità ad altra sezione della CTR dell’Emilia Romagna.