Dichiarazione soci ammissibile in giudizio

Nel processo tributario è ammessa la dichiarazione dei terzi resa ai verificatori e inserita nel verbale di constatazione.

La S.C., con la sentenza n. 19965/2014, ha affermato che sono utilizzabili dal giudice le dichiarazioni resi dai soci alla Guardia di Finanza atteso che il divieto di prova testimoniale vale solo per le affermazioni rese in contraddittorio delle parti. Nel processo tributario, l’art. 7, comma 4, d.lgs. n. 546/92 prevede che non sono ammessi il giuramento e la prova testimoniale , vigendo nell’ordinamento giuridico il principio del libero convincimento tranne i casi di prova legale. Il divieto previsto dal legislatore è riferibile alla prova testimoniale da assumere nel processo, che è necessariamente orale, è di solito ad iniziativa di parte e richiede la formulazione di specifici capitoli, include il giuramento dei testi ed ha un valore probatorio. Essa non implica, quindi, l'inutilizzabilità, ai fini della decisione, delle dichiarazioni raccolte dall'amministrazione nella fase procedimentale e rese da terzi”, e cioè da soggetti terzi rispetto al rapporto tra il contribuente e l’A.F., anche in considerazione del fatto che nell’ordinamento processuale non esiste una regola che vieti l’utilizzo di elementi raccolti fuori dal processo. Ed è proprio a quest’ultima previsione che si sono ispirati diversi pronunciamenti della Suprema Corte. La fattispecie. L’ufficio ha proposto ricorso in Cassazione avverso la sentenza di secondo grado secondo cui l’inesistenza delle operazioni non poteva essere dimostrata dalle dichiarazioni rese dal rappresentante legale in quanto le stesse non possono costituire indizio decisivo circa l’inesistenza dell’intermediazione. La S.C. ha stabilito invece che in ambito tributario la previsione di cui all’art. 7, comma 4, del d.lgs. n. 546/92, secondo cui nel processo tributario non sono ammessi il giuramento e la prova testimoniale, vale soltanto per la diretta assunzione, da parte del giudice tributario, nel contraddittorio delle parti, della narrazione dei fatti della controversia compiuta da un terzo, ovverosia per quella narrazione che - in quanto richiedente la formulazione di specifici capitoli e la prestazione di un giuramento da parte del terzo assunto quale teste -, acquista un particolare valore probatorio”. Le dichiarazioni dei terzi raccolte dai verificatori, pur se nell’ambito di un giudizio penale e inserite nel verbale di constatazione, hanno natura di informazioni acquisite nell’ambito di indagini amministrative e sono, quindi, pienamente utilizzabili quali elementi di prova . Le dichiarazioni rese alla GdF possono costituire prova in tema di operazioni inesistenti. Alla luce di quanto precede la S.C. ha rimesso la causa ai giudici di merito che dovranno applicare il principio secondo cui le dichiarazioni rese ai militari della GdF possono costituire prova in tema di operazioni inesistenti. Sul tema in esame la giurisprudenza di legittimità si è già espressa ritenendo che nel processo tributario, fermo restando il divieto di ammissione della prova testimoniale ex art. 7 d.lgs. n. 546/92, può essere ammessa una dichiarazione resa dal padre del contribuente supportata da prova documentale. Stante il divieto della prova testimoniale, è possibile desumere elementi di prova anche dalle dichiarazioni confessorie rese da terzi, richiamate dal PVC della Guardia di Finanza, risultando valutabili i dati così acquisiti dal giudice secondo il suo prudente apprezzamento Cass. n. 3569/2009 .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – T, ordinanza 19 giugno – 22 settembre 2014, n. 19965 Presidente Iacobellis – Relatore Caracciolo Osserva La CTR di Bologna ha respinto l’appello dell’Agenzia, appello proposto contro la sentenza della CTP di Modena n. che aveva accolto il ricorso della spa avverso avviso di accertamento ai fini IRAP-IRES per l’anno 2005, emesso a seguito di PVC, nel quale erano state contestate indebite detrazioni, in relazione ad operazioni ritenute inesistenti. La predetta CTR ha motivato la decisione nel senso che l’inesistenza delle operazioni qui in discorso non poteva risultare dimostrata con le circostanze indicate in appello una per una indicate perché esse costituiscono elementi assolutamente irrilevanti”, poiché da tali fatti non è possibile risalire convincentemente all’inesistenza dell’operazione contestata, in assenza di un nesso causale esclusivo ed univoco tra il fatto noto e quello ignoto, ovvero in assenza di una elevata probabilità che un fatto sia conseguenza dell’altro”. La CTR ha inoltre ritenuto che neppure le dichiarazioni del legale rappresentante della Penny Market srl sull’inesistenza dell’intermediazione non possono costituire indizio decisivo, tenuto conto che tale affermazione non è presa in contraddittorio e che nel processo tributario non è ammessa la prova testimoniale”. L’Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. La parte intimata si è difesa con controricorso. Il ricorso – ai sensi dell’art. 380 bis c.pc. assegnato allo scrivente relatore può essere definito ai sensi dell’art. 375 c.p.c Infatti, con il secondo motivo rubricato come violazione dell’art. 7, comma 4, d.lgs. n. 546/1992 e dell’art. 2729 c.c. e dell’art. 116 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.” e che, per il fatto di essere di più pronta liquidazione può essere anteposto nell’esame , la ricorrente si duole in sostanza del fatto che il giudice del merito abbia escluso dal novero degli elementi di prova le dichiarazioni rese ai verbalizzanti dai legali rappresentanti della ditta fornitrice della merce, atteso che esse non sono state assunte in contraddittorio e che nel processo tributario non è ammessa la prova testimoniale. Il motivo appare fondato e può essere accolto, essendo l’argomento del giudice del merito in contrasto con il consolidato orientamento della Corte Suprema a proposito dell’efficacia delle dichiarazioni di terzi raccolte dai verbalizzanti e valorizzate nel processo tributario. Ed infatti, si confronti, per tutte, Cass. sez. 5, sentenza n. 20032 del 30/09/2011 In tema di contenzioso tributario, la disposizione contenuta nell’art. 7, comma 4, d.lgs. n. 564/1992 – secondo cui nel processo tributario non sono ammessi il giuramento e la prova testimoniale” – in quanto limitativa dei poteri delle commissioni tributarie e non pure dei poteri degli organi amministrativi di verifica, disciplinati da altre disposizioni, vale soltanto per la diretta assunzione, da parte del giudice tributario, nel contraddittorio delle parti, della narrazione dei fatti della controversia compiuta da un terzo, ovverosia per quella narrazione che, in quanto richiedente la formulazione di specifici capitoli e la prestazione di un giuramento da parte del terzo assunto quale teste, acquista un particolare valore probatorio. Le dichiarazioni, invece, dei terzi raccolte dai verificatori, quand’anche nell’ambito di un procedimento penale, e inserite nel processo verbale di constatazione, hanno natura di mere informazioni acquisite nell’ambito di indagini amministrative e sono, pertanto, pienamente utilizzabili quali elementi di prova”. Consegue da ciò che la censura avente ad oggetto la violazione della disciplina di legge può essere accolta e che la causa previo assorbimento del primo motivo di ricorso debba essere rimessa al giudice del merito come giudice del rinvio affinché torni a valutare la concludenza del materiale probatorio prodotto in causa, anche alla luce di quello che è stato illegittimamente escluso dal novero dell’ammissibile da parte della sentenza qui impugnata. Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per manifesta fondatezza. Ritenuto inoltre che la relazione è stata notificata agli avvocati delle parti che la sola parte controricorrente ha depositata memoria illustrativa, il cui contenuto non induce questa Corte a rimediare le ragioni poste dal consigliere relatore a sostegno della proposta di soluzione della controversia che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi di fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto che le spese di lite possono essere regolate dal giudice del rinvio. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso. Cassa la decisione impugnata e rinvia alla CTR Emilia Romagna che, in diversa composizione, provvederà anche sulle spese di lite del presente giudizio.