La rideterminazione dell’ammontare dell’imposta per vizi sostanziali dell’atto impositivo spetta al giudice tributario

In caso di vizi sostanziali dell’atto impositivo, il giudice tributario, anziché annullare in toto la rettifica operata dall’Ufficio, deve esaminare nel merito la pretesa, riconducendola alla misura ritenuta corretta. Il processo tributario non è diretto alla mera eliminazione giuridica dell'atto impugnato, bensì a una pronuncia di merito, sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente sia dell'accertamento dell'Ufficio.

Ne consegue che il giudice tributario, ove ritenga invalido l'avviso di accertamento per motivi di ordine sostanziale e non meramente formale , è tenuto a esaminare nel merito la pretesa tributaria e a ricondurla, mediante una motivata valutazione sostitutiva, alla corretta misura, entro i limiti posti dalle domande di parte. Nel caso di specie, dopo aver ritenuto che il metodo corretto almeno in via principale per la determinazione del valore normale dei beni ceduti dalla contribuente fosse quello, non del costo maggiorato , bensì del confronto del prezzo , il giudice di merito, avrebbe dovuto procedere alla nuova determinazione di tale valore secondo il criterio ritenuto legittimo, anziché annullare in toto la rettifica operata dall'Ufficio. Tale assunto è stato precisato dalla Corte di Cassazione con la sentenza numero 19750 del 19 settembre 2014. Il caso. La Commissione Tributaria Regionale del Lazio ha annullato in toto la rettifica operata dall’Ufficio appurando l’inidoneità di taluni criteri adottati dall’Ufficio per la determinazione del valore normale di cui agli articoli 75 e 9 d.p.r. numero 917/1986 nel testo in vigore nel 1997 , senza quindi rideterminare l’effettiva quantità dei ricavi non dichiarati. Nuova determinazione del valore e non annullamento della rettifica operata dall'Ufficio. Gli Ermellini hanno ritenuto censurabile la sentenza che in tale situazione disponga l’annullamento integrale del rilievo. Essi, dopo aver sottolineato che il metodo corretto almeno in via principale per la determinazione del valore normale dei beni ceduti dalla contribuente fosse quello, non del costo maggiorato , bensì del confronto del prezzo , hanno precisato che il giudice del gravame avrebbe dovuto procedere alla nuova determinazione di tale valore secondo il criterio ritenuto legittimo, anziché annullare in toto la rettifica operata dall'Ufficio. In definitiva, gli Ermellini hanno rinviato alla CTR del Lazio per nuovo esame. Potere del giudice di quantificare l’entità delle somme da recuperare a tassazione. L’impugnazione davanti al giudice tributario attribuisce a quest'ultimo la cognizione non solo dell'atto, come nelle ipotesi di impugnazione-annullamento , orientate unicamente all'eliminazione dell'atto, ma anche del rapporto tributario, trattandosi di una c.d. impugnazione-merito , perché diretta alla pronuncia di una decisione di merito sostitutiva nella specie dell'accertamento dell'amministrazione finanziaria, implicante per esso giudice di quantificare la pretesa tributaria entro i limiti posti dalle domande di parte ne consegue che il giudice che ritenga invalido l'avviso di accertamento non per motivi di carattere sostanziale, non deve limitarsi ad annullare l'atto impositivo, ma deve esaminare nel merito la pretesa tributaria e, operando una motivata valutazione sostitutiva, eventualmente ricondurla alla corretta misura, entro i limiti posti dalle domande di parte. Qualora l'avviso di accertamento sia affetto da errori di calcolo, il giudice tributario non deve, né può, limitarsi ad annullare l'atto impositivo, ma deve quantificare la pretesa tributaria entro i limiti posti dal petitum delle parti. Il processo tributario rappresenta un giudizio di impugnazione - merito, atteso che con esso non si mira ad eliminare l'atto oggetto di contestazione ma ad ottenere una decisione di merito sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente sia dell'accertamento dell'Amministrazione finanziaria. Ne deriva che, in siffatto processo, laddove il Giudice ravvisi la parziale infondatezza della pretesa tributaria per la sussistenza di un errore di calcolo, non può annullare l'atto impositivo impugnato, ma deve procedere a riquantificare la predetta pretesa entro i limiti posti dal petitum delle parti. Il Giudice deve, in tali casi, chiarire in cosa consista l'errore rilevato, la sua consistenza aritmetica, nonché la sua incidenza sull'accertamento opposto per verificare se, corretto l'errore, persistano comunque i presupposti dell'azione promossa dall'Amministrazione finanziaria e se, in ogni caso, residui anche una minoritaria pretesa tributaria. Pertanto , è erronea la sentenza che, in accoglimento del ricorso promosso dal contribuente, una volta riscontrato un errore nel calcolo nell'atto impositivo, annulli l'atto impositivo , senza specificare la natura dell'errore , né calcolare la sua incidenza sull'accertamento opposto, né verificare la permanenza dei presupposti della pretesa fiscale, anche se in misura minoritaria. In defintiva ,qualora l'avviso di accertamento sia affetto da errori di calcolo, il giudice tributario non deve ne'puo'limitarsi ad annullare l'atto impositivo, ma deve quantificare la pretesa tributaria entro i limiti posti dal petitum delle parti. Spetta al giudice tributario calcolare l'incidenza dell'errore sull'accertamento opposto per verificare in primo luogo se, in concreto, correggendo l'errore, permangono i presupposti per l'accertamento posto in essere e, in ogni caso, se residua una pretesa fiscale. Il processo tributario ancorché formalmente costruito come giudizio di impugnazione dell'atto impositivo, tende all'accertamento sostanziale del rapporto controverso cui, pertanto, il giudice adito deve provvedere, a meno che l'atto stesso non sia affetto da vizi formali a tal punto gravi da precludere la formazione di detto rapporto Cass. numero 11273/1991 e, in senso conforme, numero 12373/2002, 2891/2002, numero 21187/2008 .Per ormai costante giurisprudenza della Corte di Cassazione, il processo tributario non è annoverabile tra quelli di impugnazione/annullamento, in quanto non diretto alla mera eliminazione dell'atto impugnato, quanto piuttosto fra quelli di impugnazione/merito, in quanto diretto alla pronunzia di una decisione di merito sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente sia dell'accertamento dell'amministrazione finanziaria vedi Cass. numero 25104 del 13/10/2008 .Così acclarata la natura del processo tributario, ne consegue che il giudice, il quale ravvisi l'infondatezza parziale della pretesa dell'amministrazione, non deve ne'può limitarsi ad annullare l'atto impositivo, ma deve quantificare la pretesa tributaria entro i limiti posti dal petitum” delle parti . Trattasi di un giudizio d'impugnazione in cui la fondatezza della pretesa tributaria va giudicata in base a quanto devoluto al giudice, tramite le censure specifiche mosse dal ricorrente in relazione alla pretesa erariale evidenziata dall'atto impositivo Cass., sent. numero 8387/1996 .

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 15 gennaio – 19 settembre 2014, n. 19750 Presidente Cappabianca – Relatore Virgilio Ritenuto in fatto 1. L'Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, sez. staccata di Latina, indicata in epigrafe, con la quale, rigettando sia l’appello principale dell’Ufficio, sia quello incidentale della V. s.p.a. ora V.T. s.p.a. . è stata confermata la parziale illegittimità dell’avviso di accertamento emesso nei confronti della contribuente per IRPEG ed ILOR relative all’anno 1997. In particolare per quanto ancora rileva, era stata contestata alla società a l’omessa contabilizzazione di ricavi relativi alla vendita di cinescopi alla consociata statunitense T.E. , per violazione della normativa art. 76, comma 5, del d.P.R. n. 917 del 1986 in materia di prezzi di trasferimento infragruppo e per violazione dell’onere della prova b l’indebita deduzione di quote di ammortamento connesse all’impianto d trasporto interno e convogliamento, per erronea applicazione dei coefficienti di ammortamento. Il giudice di appello ha ritenuto, sulla prima questione, che il metodo del costo maggiorato, applicato dall’Ufficio per la determinazione del valore normale dei beni, ai sensi degli artt. 76, comma 5, e 9, comma 3, del TUIR, era illegittimo, in quanto residuale rispetto al criterio principale dei confronto del prezzo, senza che l’Ufficio stesso avesse provato in giudizio l’impossibilità di utilizzare quest’ultimo sulla seconda questione, ha affermato che appariva insufficiente, al fine dì valutare l’unitarietà e la specificità di un impianto e, quindi, l’applicazione del più giusto coefficiente di ammortamento, l’esclusivo esame della classificazione delle singole macchine operatrici nei registri contabili, ma che era necessaria una idonea valutazione tecnica che considerasse l’impianto nel suo insieme, nonché il grado di specificità e tale valutazione era stata effettuata da una perizia della P. s.p.a., prodotta dalla contribuente che aveva concluso nel senso della correttezza dei coefficiente di ammortamento dalla stessa applicato in relazione all'impianto di trasporto e convogliamento. 2. La V.T. s.p.a. già V. s.p.a. resiste con controricorso e successiva memoria. Considerato in diritto 1.1. Deve, innanzitutto, esaminarsi la questione della procedibilità del ricorso, alla stregua del disposto dell’art. 369, secondo comma, n. 2, cod. proc. civ., secondo il quale, insieme col ricorso, deve essere depositata, a pena di improcedibilità, copia autentica della sentenza o della decisione impugnata con la relazione di notificazione, se questa è avvenuta . Occorre muovere dai principi enunciati dalla sentenza delle sezioni unite n. 9005 del 2009, secondo i quali a la previsione di cui al secondo comma, n. 2, dell'art. 369 cod. proc. civ. dell'onere di deposito a pena di improcedibilità, entro il termine di cui al primo comma della stessa norma, della copia della decisione impugnata con la relazione di notificazione, ove questa sia avvenuta, è funzionale al riscontro, da parte della Corte di cassazione a tutela dell'esigenza pubblicistica e, quindi, non disponibile dalle parti del rispetto del vincolo della cosa giudicata formale della tempestività dell'esercizio del diritto di impugnazione, il quale, una volta avvenuta la notificazione della sentenza, è esercitarle soltanto con l‘osservanza del cosiddetto termine breve. Nell'ipotesi in cui il ricorrente, espressamente od implicitamente, alleghi che la sentenza impugnata gli è stata notificata, limitandosi a produrre una copia autentica della sentenza impugnata senza la relata di notificazione, il ricorso per cassazione dev’essere dichiarato improcedibile, restando possibile evitare la declaratoria di improcedibilità soltanto attraverso la produzione separata di una copia con la relata avvenuta nel rispetto del secondo comma dell'ari 372 cod. proc. civ., applicabile estensivamente, purché entro il termine di cui al primo comma dell'art. 369 cod. proc. civ., e dovendosi, invece, escludere ogni rilievo dell’eventuale non contestazione dell'osservanza del termine breve da parte del controricorrente ovvero del deposito da parte sua di una copia con la relata o della presenza di tale copia nel fascicolo d'ufficio, da cui emerga in ipotesi la tempestività dell'impugnazione in senso conforme, ex aliis, Cass. nn. 11376,19273 e 25070 del 2010 b nell'ipotesi in cui il ricorrente per cassazione non alleghi che la sentenza impugnata gli è stata notificata, la Corte di cassazione deve ritenere che lo stesso ricorrente abbia esercitato il diritto di impugnazione entro il c.d. termine lungo di cui all’art. 327 cod. proc. civ., procedendo all'accertamento della stia osservanza. Tuttavia, qualora o per eccezione del controricorrente o per le emergenze del diretto esame delle produzioni delle parti o del fascicolo d'ufficio emerga che la sentenza impugnata era stata notificata ai fini del decorso del termine di impugnazione, la S.C., indipendentemente dal riscontro della tempestività o meno del rispetto del termine breve, deve accertare se la parte ricorrente abbia ottemperato all'onere del deposito della copia della sentenza impugnata entro il termine di cui al primo comma dell'art. 369 cod. proc. civ. e, in mancanza, deve dichiarare improcedibile il ricorso, atteso che il riscontro della improcedibilità precede quello dell'eventuale inammissibilità conf., Cass. n. 6706 del 2013 . Nella fattispecie, la ricorrente Agenzia delle entrate non ha allegato che la sentenza le è stata notificata tuttavia, dall'esame degli atti risulta che a in calce alla copia autentica della sentenza depositata vi è un timbro dell'ufficiale e giudiziario che attesta l'avvio del procedimento di notifica della sentenza su istanza della contribuente all’Agenzia delle entrate, Ufficio di Frosinone, mediante spedizione a mezzo del servizio postale in data 28 maggio 2008 b in allegato alla stessa copia autentica vi è una busta verde indirizzata all’Agenzia delle entrate, Ufficio di Frosinone, con timbro di partenza c nella prima pagina del ricorso si legge in alto a destra la scritta si notifichi entro il 5/9/08 d la controricorrente afferma che la sentenza è stata notificata a mezzo posta in data 27 maggio 2008 . Dal complesso di tali elementi sintomatici il Collegio ritiene che debba considerarsi comprovata l’avvenuta notificazione a mezzo posta della sentenza, anche se non risulta la data di ricezione del plico raccomandato. Va, poi, rilevato che la notificazione del ricorso si è perfezionata, dal Iato della ricorrente, mediante consegna dello stesso all’ufficiale giudiziario il 26 agosto 2008, quindi oltre il termine di sessanta giorni dalla data di avvio del procedimento notificatorio della sentenza 28 maggio 2008 , con la conseguenza che non è possibile, nella fattispecie, applicare il principio in virtù del quale il raffronto tra quest’ultima data e quella della notificazione del ricorso, dal quale risulti che tra le due date non è trascorso un tempo superiore ai sessanta giorni, assicura comunque, in virtù di una sorta di '‘prova di resistenza , lo scopo, cui tende la prescrizione normativa, di consentire al giudice dell'impugnazione, sin dal momento del deposito del ricorso, di accertarne la tempestività in relazione al termine breve di cui all'art. 325, secondo comma, cod. proc. civ. Cass. n, 16817 del 2014 cfr., già, Cass. nn. 21077 del 2012 e 17066 del 2013 . 1.2. Ritiene, peraltro, il Collegio che la portata della giurisprudenza sopra citata del tutto condivisibile in linea generale debba essere precisata, limitatamente ai casi di notificazione della sentenza a mezzo del servizio postale ad opera della parte non ricorrente, in virtù delle considerazioni che seguono, ispirate ad una interpretazione costituzionalmente orientata della norma in esame, che eviti, in ossequio anche al principio del giusto processo, oneri tali da rendere particolarmente difficoltosa la tutela giurisdizionale, L’art. 369, secondo comma, n. 2, cod. proc. civ. richiede, a pena di improcedibilità del ricorso, che insieme con esso deve essere depositata, per quanto qui interessa, copia autentica della sentenza o delta decisione impugnata con la relazione di notificazione, se questa è avvenuta . Ora, da un lato, la relazione di notificazione , per le notificazioni a mezzo del servizio postale, è quella scritta dall’ufficiale giudiziario sull’originale e sulla copia dell'atto, facendovi menzione dell’ufficio postale per mezzo del quale spedisce la copia al destinatario in piego raccomandato con avviso di ricevimento , il quale ultimo è allegato all’originale art. 149, secondo comma, cod. proc. civ. art. 3, primo comma, della legge 20 novembre 1982, n. 890 dall'altro, l'avviso di ricevimento, una volta completato dall’agente postale con le indicazioni del caso, viene restituito alla parte notificante unitamente all’originale dell’atto arti. 5 e segg. legge n. 890 del 1982 cit. . Ne consegue, quanto alla fattispecie in esame, che il destinatario della notificazione di una sentenza eseguita a mezzo posta non ha la materiale disponibilità dell’avviso di ricevimento, solo dal quale risulta la data del perfezionamento del procedimento notificatorio, costituente dies a quo per la notificazione del ricorso per cassazione nel termine breve ex art. 325 cod. proc. civ. Alla stregua di tali considerazioni, deve ritenersi, in conclusione, che, ai fini dell’osservanza del citato art, 369, secondo comma, n. 2, c.p.c. e, quindi, della procedibilità del ricorso, è sufficiente, nel caso in cui il ricorrente alleghi che la sentenza impugnata gli è stata notificata a mezzo del servizio postale, o comunque tale circostanza risulti dall’esame degli atti prodotti, che il ricorrente stesso depositi, insieme al ricorso, copia autentica della sentenza con la relazione di notificazione, cioè con l’attestazione dell’ufficiale giudiziario della spedizione dell’atto, spettando al controricorrente l’onere di contestare, attraverso il deposito dell’avviso di ricevimento in suo possesso, che la notifica del ricorso sia avvenuta nel termine breve decorrente dalla data del perfezionamento del procedimento notificatorio della sentenza, da lui attivato. Nella fattispecie, la società controricorrente nulla ha eccepito al riguardo, con la conseguenza che il ricorso sfugge alla sanzione della improcedibilità. 2. Passando al merito della causa, va preliminarmente rilevato che non può essere presa in considerazione la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, sez. staccata di Latina, n. 417/39/12 del 1° ottobre 2012, allegata dalla controricorrente alla memoria ed invocata quale giudicato esterno sulla questione relativa alle quote di ammortamento connesse all’impianto di trasporto e convogliamelo, per l’assorbente ragione che la pronuncia è priva della certificazione di passaggio in giudicato prevista dall’art. 124 disp. att. c.p.c. Cass. n, 19135 del 2010 , 3. Con il primo motivo, la ricorrente denuncia la nullità della sentenza per violazione dell’art. 113, comma 1, cod. proc. civ., per avere il giudice a quo annullato l’avviso di accertamento sulla prima questione per asserito contrasto con il contenuto di circolari dell’Amministrazione, prive di natura normativa. il motivo è infondato, risultando dalla sentenza impugnata che questa si fonda sull’esame e sull’interpretazione delle norme di legge rilevanti artt. 76, comma 5, e 9. comma 3, del TUIR , assumendo il richiamo alle circolari ministeriali un valore meramente rafforzativo. 4. Col secondo motivo, la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 39 del d.P.R. n. 600 del 1973, degli art. 2 e 35, comma 3, del d.lgs. n. 546 del 1992 c dell’art. 277 c.p.c., in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c. formula il quesito se in presenza di un accertamento di maggiori ricavi risultante da una contestata valutazione del valore normale di cui agli artt. 75 comma 6 recte, 76, comma 5 e 9 del DPR n. 917/1986 nel testo in vigore nel 1997 l'eventuale inidoneità di taluni criteri adottati dall'Ufficio per la determinazione del valore normale comporti o meno l’obbligo per le Commissioni tributarie quali giudici del merito di rideterminare l’effettiva quantità dei ricavi non dichiarati e se conseguentemente sta censurabile la sentenza che in tale situazione disponga l’annullamento integrale del rilievo . II motivo che contrariamente a quanto eccepito dalla resistente, e ammissibile, essendo assorbente rilevare che la rubrica è sostanzialmente coerente con il contenuto della censura è fondato. Dopo aver ritenuto che il metodo corretto almeno in via principale per la determinazione del valore normale dei beni ceduti dalla contribuente, ai sensi delle norme citate, è quello, non del costo maggiorato , bensì del confronto del prezzo , il giudice di merito avrebbe dovuto procedere alla nuova determinazione di tale valore secondo il criterio ritenuto legittimo, anziché annullare in toto la rettifica operata dall'Ufficio ciò in applicazione del consolidato principio secondo il quale il processo tributario non è diretto alta mera eliminazione giuridica dell'atto impugnato, ma ad una pronuncia di merito, sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente che del l'accertamento dell'ufficio, con la conseguenza che il giudice tributario, ove ritenga invalido l'avviso di accertamento per motivi di ordine sostanziale e non meramente formale , è tenuto ad esaminare nel merito la pretesa tributaria e a ricondurla, mediante una motivata valutazione sostitutiva, alla corretta misura, entro i limiti posti dalle domande di parte da ult., Cass. n. 26157 del 2013 . 5. Il terzo motivo, infine, con il quale si denuncia l’insufficienza della motivazione in ordine alla questione indicata in narrativa sub b indebita deduzione di quote di ammortamento -, è inammissibile, essendo privo dei requisiti prescritti, per la formulazione di tale tipo di censura, dall’art. 366 giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale la norma esige, in ordine alla censura di vizi di motivazione, una chiara e sintetica indicazione dei fatto controverso in riferimento al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, o delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione Cass. nn. 2652 e 8897 del 2008, 27680 del 2009 e numerosissime successive conformi . 6. In conclusione, va accolto il secondo motivo del ricorso, che va per il resto rigettato, la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto e la causa rinviata ad altra sezione della Commissione tributaria regionale del Lazio, la quale procederà a nuovo esame della controversia, conformemente al principio enunciato al par. 4, e provvederà in ordine alle spese anche del presente giudizio di cassazione. P.Q.M. Accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale del Lazio.