Non ammessa se non è regolata da un contratto fra aziende

Non è consentita la detrazione IVA se lo scambio di servizi non è regolamentato in un contratto fra aziende.

La Corte di Cassazione con la sentenza numero 17021 del 25 luglio 2014, ha stabilito che non può essere riconosciuto il diritto alla detrazione IVA se lo scambio di servizi a titolo oneroso fra le due aziende non è regolamentato in un contratto i giudici di legittimità hanno, pertanto, accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate che non ha riconosciuto il diritto alla detrazione IVA di una società per pagamenti fatti al fornitore di servizi pubblicitari. Il caso. La CTR aveva respinto l’appello dell’Agenzia contro la sentenza della CTP che aveva accolto il ricorso del contribuente, una società per azioni, avverso un avviso di accertamento, concernente l’IVA per l’anno 2005 il citato avviso era fondato su un verbale di accertamento con il quale la Guardia di Finanza aveva ritenuto l’IVA indebitamente detratta, perché correlata a premi in danaro” in fattura l’oggetto era stato indicato come premi di impegnativa” corrisposti da una società come ricavi, nel mentre dalla lettura degli accordi contrattuali stipulati con la stessa società o con altri concessionari di spazi pubblicitari era risultato che si trattava di cessioni di danaro a titolo gratuito cui non corrispondeva alcun obbligo contrattuale di fare, non fare o permettere a carico della beneficiaria. La CTR ha motivato il proprio convincimento nel senso che, fermo restando che il rapporto esistente tra le due società era un rapporto clientelare, l’una forniva pubblicità ed emetteva fattura sull’altra che ne pagava il prezzo l’Agenzia delle Entrate non aveva fornito prova che non si fosse trattato di un effettivo scambio di servizi , sicché non si poteva concludere che i pagamenti effettuati tra le due società fossero soltanto uno scambio di danaro . Detrazione IVA correlata alla rivalsa. Va evidenziato che l’istituto della detrazione dell’IVA è strettamente correlato a quello della rivalsa. I due principi indicati agli articoli 18 e 19 del D.P.R. numero 633/1973, sono fondamentali per comprendere le caratteristiche dell’imposta. La rivalsa si colloca a valle, cioè sulle vendite e sulle prestazioni effettuate, rappresentando l’imposta da applicare per conto dello Stato sulle operazioni imponibili. A fronte di questa regola si pone l’istituto della detrazione, che si colloca a monte del soggetto d’imposta per fissare le condizioni e i limiti della detrazione d’imposta assolta sugli acquisti e sulle importazioni. In altre parole, un soggetto d’imposta esercita il diritto alla detrazione IVA corrisposta ai fornitori che rappresenta il credito verso l’erario, e quello di rivalsa per l’addebito IVA ai clienti, che costituisce il debito verso l’erario la differenza determina l’IVA da pagare o da riportare a credito. È necessario, affinché vi siano le condizioni per ottenere la detrazione, che i beni o i servizi acquistati o importati, siano inerenti all’attività del soggetto passivo il contribuente deve essere, inoltre, in possesso del documento di acquisto, fattura, bolla doganale. Con riguardo al diritto di detrazione, il comma 1, dell’art. 19, d.P.R. numero 633/1972, detta i principi generali che ne determinano l’esercizio cioè l’imposta assolta o dovuta dal contribuente deve essergli addebitata a titolo di rivalsa gli acquisti e le importazioni di beni e servizi devono essere effettuati nell’esercizio d’impresa, arte o professione c.d. inerenza l’imposta deve essere esigibile nei modi e termini individuati nell’art. 6, d.P.R. numero 633/1972 l’imposta deve essere relativa ad acquisti utilizzati per effettuare operazioni imponibili e/o ad esse assimilate art. 19, comma 3 . Non è detraibile l’imposta relativa all’acquisto o all’importazione di beni e servizi afferenti operazioni esenti o comunque non soggette all’imposta. In nessun caso è detraibile l’imposta relativa all’acquisto o all’importazione di beni e servizi utilizzati per l’effettuazione di manifestazioni a premio comma 2, art. 19 . Per i beni e i servizi in parte utilizzati per operazioni non soggette all’imposta, la detrazione non è am-messa per la quota imputabile a tali utilizzazioni e l’ammontare indetraibile è determinato secondo cri-teri oggettivi coerenti con la natura dei beni e servizi acquistati. Gli stessi criteri si applicano per determinare la quota d’imposta indetraibile relativa ai beni e servizi in parte utilizzati per fini privati o, comunque, estranei all’esercizio dell’impresa, arte e professione. Chi assume di avere il diritto di detrarre l’imposta deve provare quale sia la prestazione a fronte della quale il corrispettivo è stato pagato. I giudici di legittimità osservano che compete senz’altro a chi assume di avere diritto a detrarre l’imposta assolta l’onere di dimostrare quale sia la prestazione a fronte della quale il corrispettivo è stato pagato secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale non costituisce prestazione di servizio soggetta ad IVA l'attività svolta da un soggetto a vantaggio di un altro autonomamente e senza obbligo nei confronti di quest’ultimo . La Cassazione, nel caso in esame, osserva che non resta che ritenere che la pronuncia dei giudici del merito impugnata dall’Agenzia delle Entrate, nella quale è agevole anche scorgere un vero e proprio fraintendimento del giudicante rispetto al reale oggetto del thema decidendum , debba essere cassata e, di conseguenza, la causa debba essere nuovamente restituita al giudice del merito, in funzione di giudice del rinvio, per un nuovo esame delle censure proposte con l'atto di appello. La Cassazione, infatti, in merito al ricorso dell’Agenzia delle Entrate condivide i motivi in fatto e in diritto esposti che valgano a ritenere accolto anche il ricorso, poiché appare manifesto che il giudice del merito, assumendo di ritenere che sia esistito tra le parti della transazione commerciale un rapporto clientelare , non ha specificato da dove e perché ha tratto il predetto convincimento. I giudici di legittimità , pertanto, accolgono il ricorso dell’Agenzia delle Entrate e rinviano la sentenza ad un altra CTR che dovrà decidere anche relativamente alle spese di giudizio.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – T, ordinanza 22 maggio – 25 luglio 2014, n. 17021 Presidente Iacobellis – Relatore Caracciolo Osserva La CTR di Milano ha respinto l’appello dell’Agenzia -appello proposto contro la sentenza della CTP di Milano n. 102-02-2009 che aveva già accolto il ricorso della parte contribuente U.S Adverting spa avverso avviso di accertamento concernente IVA per l’anno 2005 avviso fondato su un verbale di accertamento con il quale la GdF aveva ritenuto l’IVA indebitamente detratta, perché correlata a premi in danaro in fattura l’oggetto era stato indicato come premi di impegnativa corrisposti a tale A.M. Italia spa che li aveva contabilizzati come ricavi, nel mentre dalla lettura degli accordi contrattuali stipulati dalla A. con la menzionata società o con altri concessionari di spazi pubblicitari era risultato che si trattava di cessioni di danaro a titolo gratuito cui non corrispondeva alcun obbligo contrattuale di fare, non fare o permettere a carico della beneficiaria A. La predetta CTR ha motivato il proprio convincimento nel senso che -atteso che il rapporto che esiste tra le due società è un rapporto clientelare, Luna fornisce pubblicità ed emette fattura sull’altra che ne paga il prezzo l’Agenzia non aveva fornito prova che non si fosse trattato di un effettivo scambio di servizi , sicché non si poteva concludere che i pagamenti effettuati tra le due società fossero soltanto uno scambio di danaro . L’Agenzia ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi. La parte contribuente non si è difesa. Il ricorso ai sensi dell'articolo 380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore può essere definito ai sensi dell’articolo 375 cpc. Con il terzo motivo di ricorso centrato sulla violazione dell’articolo 2697 cod. civ. e che deve essere esaminato a preferenza rispetto a quelli precedenti, atteso che questi ultimi non risultano inerenti alla ratio decidendi della pronuncia, che risolve il thema decidendum sulla scorta della pura e semplice applicazione dell’onus probandi la ricorrente -dopo avere più volte ribadito che la dazione di danaro doveva ritenersi esclusa dal campo di applicazione dell’IVA, poiché non correlata in termini di controprestazione ad una cessione di beni o ad una prestazione di servizi si duole del fatto che il giudice del merito abbia violato il canone di distribuzione dell’onere della prova, onere che invece grava sulla parte contribuente che avrebbe dovuto fornire dimostrazione del fatto costitutivo del diritto vantato in giudizio, e cioè il presupposto di fatto per l’applicazione del regime IVA. Il motivo appare fondato e da accogliersi. Giova premettere che, in materia analoga a quella qui in esame, codesta Suprema Corte ha già avuto modo di insegnare che In tema di IVA, sono legittime le detrazioni di imposta effettuate in relazione a note di accredito per sconti su vendite praticati in base ad accordo, anche successivo all'originario contratto e concluso verbalmente. Infatti, in base all'articolo 26 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, se un'operazione per la quale è stata emessa fattura, successivamente alla registrazione, viene meno in tutto o in parte, o se ne riduce l'ammontare imponibile, in dipendenza di abbuoni o sconti previsti contrattualmente, il diritto di portare in detrazione, ai sensi del precedente articolo 19, l'imposta corrispondente alla variazione spetta al cedente del bene, il quale deve a tal fine registrarla, a norma dell'articolo 25, entro l'anno dal compimento dell'operazione imponibile articolo 26, terzo comma , nel rispetto degli obblighi di fatturazione di cui all'articolo 21 nella specie, la S.C. ha rigettato il ricorso della società contribuente, poiché, pur non essendo contestato che questa avesse ottemperato entro l'anno sia agli obblighi di fatturazione che a quelli di registrazione delle note di accredito, il giudice di merito aveva escluso che ciò fosse avvenuto sulla base di un contratto o accordo col cessionario né la società cedente aveva provato alcunché in tal senso, laddove era suo preciso onere fornire elementi certi dai quali desumere che oggetto della pattuizione fossero degli sconti e non un premio di fine anno , che non dà diritto a detrazione, trattandosi non di una componente che incide direttamente sul prezzo della merce, ma di un contributo autonomamente riconosciuto a fine esercizio al cliente in base al raggiungimento di un determinato fatturato, e quale incentivo per future operazioni . Cass. Sez. 5, Sentenza n. 6475 del 19/03/2007 . Posto perciò che compete senz’altro a chi assume di avere diritto a detrarre l’imposta assolta l’onere di dimostrare quale sia la prestazione a fronte della quale il corrispettivo è stato pagato onde asseverare che la transazione risulta contenuta nell’ambito di applicazione del regime IVA , non è chi non veda che siffatto onere avrebbe dovuto essere dal giudice del merito maggiormente valorizzato e più attentamente applicato, alla luce della esplicita locuzione utilizzata dalle parti per descrivere l’oggetto della prestazione nonché anche alla luce dell’indirizzo interpretativo di codesta Corte Suprema secondo il quale Non costituisce prestazione di servizio soggetta ad I.V.A. l'attività svolta da un soggetto a vantaggio di un altro autonomamente e senza obbligo nei confronti di quest’ultimo. Nella fattispecie si trattava di attività promozionale svolta autonomamente, in funzione del perseguimento dei propri scopi statutari, da un circolo del golf a vantaggio della società sua fondatrice e finanziatrice, che gestiva l'impianto sportivo, senza che tra i due enti sussistesse alcun vincolo derivante da titolo obbligatorio Cass. Sez. 5, Sentenza n. 215 del 10/01/2002 . Non resta che ritenere che la pronuncia impugnata -nella quale è agevole anche scorgere un vero e proprio fraintendimento del giudicante rispetto al reale oggetto del thema decidendum meriti cassazione, sicché la causa debba essere nuovamente restituita al giudice del merito, in funzione di giudice del rinvio, per un nuovo esame delle censure proposte con l'atto di appello. Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per manifesta fondatezza. Roma, 28 febbraio 2014 ritenuto inoltre che la relazione è stata notificata agli avvocati delle parti che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e reputa che gli argomenti spiegati nella relazione valgano a ritenere accolto anche il primo motivo di ricorso centrato sul vizio di motivazione della sentenza , giacché appare manifesto che il giudicante assumendo di ritenere che sia esistito tra le parti della transazione commerciale un rapporto clientelare non ha specificato da dove e perché ha tratto il predetto convincimento, perciò impedendo a questa Corte di sindacare la logicità del percorso motivazionale che il ricorso va pertanto accolto in relazione ad entrambi i motivi dianzi menzionati che le spese di lite possono essere regolate dal giudice del rinvio. P.Q.M. Accoglie il ricorso. Cassa la decisione impugnata e rinvia alla CTR Lombardia che, in diversa composizione, provvederà anche sulle spese di lite del presente grado.