La risposta all’interpello vincola l’Amministrazione Finanziaria se ha preceduto la commissione dell’irregolarità fiscale

Il carattere preventivo dell'interpello è connaturale alla stessa ratio legis dell'art. 11 l. n. 212/2000, in quanto mezzo attuativo dei principi di chiarezza, imparzialità, affidamento e cooperazione che informano lo Statuto del contribuente e che convergono verso lo scopo di fornire a quest'ultimo le informazioni indispensabili a conformare la propria attività alla corretta interpretazione delle norme fiscali, nonché di prevenire la insorgenza di controversie tributarie . Ne deriva che l'acquisizione delle informazioni richieste all’Amministrazione Finanziaria deve necessariamente precedere la condotta tenuta dal contribuente nell'esercizio della propria attività solo in tal caso può giustificarsi un’efficacia vincolante, per entrambe le parti del rapporto tributario, dell’interpretazione fornita in sede d’interpello delle norme applicabili alla specifica fattispecie concreta.

Tale assunto è stato statuito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 16331 del 17 luglio 2014. Il caso. Nella vicenda in esame, il giudice del gravame ha confermato l’avviso di rettifica IVA emesso a carico di un’Associazione teatrale, ritenendo che tale atto non fosse stato adottato dall’Amministrazione Finanziaria in violazione della risposta fornita all’istanza di interpello della contribuente, ai sensi dell’art. 11 dello Statuto del contribuente, in quanto l’istanza era stata presentata successivamente all’omessa fatturazione contestata. Gli Ermellini hanno ribadito le conclusioni del giudice dell’appello. Secondo la S.C., l’istituto dell’interpello non si può risolvere in una mera richiesta di consulenza giuridica avente ad oggetto un rapporto tributario già insorto. La verifica della corretta applicazione della norma che regola lo specifico tributo deve attuarsi in base allo strumento tipico predisposto dall’ordinamento tributario fondato sull’attività di controllo ex post demandata agli Uffici finanziari competenti. La Corte di Cassazione ha chiarito che l'istanza di interpello ordinario assume efficacia vincolante sia da parte del contribuente sia dell’Amministrazione finanziaria solo a condizione che essa sia presentata prima di porre in essere la condotta su cui si richiede il parere del Fisco, poiché solo in questo caso è possibile il verificarsi di una efficacia vincolante, per entrambe le parti del rapporto tributario, della interpretazione fornita dalla Amministrazione finanziaria. In caso contrario, l'istituto dell'interpello verrebbe a risolversi in una mera richiesta di consulenza giuridica riferita ad un rapporto tributario già posto in essere, che pertanto non potrebbe precludere il potere di accertamento impositivo del Fisco. Interpello ordinario preventivo. L’efficacia della risposta è esclusivamente nei confronti del contribuente istante, limitatamente al caso concreto e personale prospettato nell’istanza di interpello. Il parere dell’Agenzia non vincola il contribuente, ma vincola gli uffici dell’AF. In caso di risposta positiva o di silenzio-assenso gli uffici, salva la possibilità di rettificare il parere, non possono emettere atti impositivi e/o sanzionatori difformi dal contenuto della risposta fornita, limitatamente al quesito oggetto di interpello e nel presupposto che i fatti accertati coincidano con quelli rappresentati nell’istanza. Sono nulli gli atti amministrativi, anche a contenuto impositivo o sanzionatorio, emanati in difformità della risposta fornita dall’ufficio, ovvero dell’interpretazione sulla quale si è formato il silenzio-assenso.

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 3 dicembre 2013 – 17 luglio 2014, n. 16331 Presidente Cirillo – Relatore Olivieri Svolgimento del processo Con sentenza 25.5.2007 n. 56 la Commissione tributaria della regione Marche accoglieva l’appello dell'ufficio di Ancona della Agenzia delle Entrate ed in riforma della decisione di prime cure dichiarava legittimo l’avviso di rettifica emesso nei confronti dell’Associazione M. Attività Teatrali A. avente ad oggetto la maggiore IVA dovuta dalla associazione per l’anno 1998 in conseguenza della omessa fatturazione di contributi ricevuti dagli enti locali associati per lo svolgimento di attività commerciale consistente nella organizzazione e gestione di eventi teatrali. I Giudici territoriali ritenevano che le prestazioni rese dalla associazione ai Comuni associati integrassero svolgimento di attività commerciale in quanto remunerate da un contributo in conto spese di ciascun programma erogato dai singoli enti locali associati committenti venendo l’Associazione a coprire la quota residua di spese ed a realizzare l’utile mediante la vendita al pubblico dei biglietti di ingresso agli spettacoli , e dunque non trattandosi di erogazioni a fondo perduto dirette genericamente alla realizzazione della attività statutarie dell’ente idest di conferimenti effettuati dai soci a favore della associazione ma di corrispettivi pattuiti in adempimento delle convenzioni stipulate da ciascun Comune associato con l’Associazione, dovevano essere assoggettati ad IVA, non ricorrendo le condizioni di esenzione previste dall’art. 4 comma 4 Dpr n. 633/72. Inoltre aggiungeva la CTR marchigiana l’atto impositivo non poteva ritenersi adottato in violazione della risposta fornita in data 20.3.2000 dalla Amministrazione finanziaria alla istanza di interpello della Associazione, ai sensi dell’art. 11 legge n. 212/2000, in quanto la istanza era stata presentata soltanto nel marzo 2000 e quindi successivamente alla omessa fatturazione contestata. Avverso la sentenza di appello non notificata ha proposto ricorso per cassazione la Associazione deducendo due motivi ai quali resistono con controricorso la Agenzia delle Entrate ed il Ministero della Economia e delle Finanze. Motivi della decisione Va preliminarmente dichiarata ex officio l’inammissibilità del ricorso proposto nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, per difetto di legittimazione passiva della parte resistente, non avendo assunto l’Amministrazione statale la posizione di parte processuale nel giudizio di appello svoltosi avanti la Commissione tributaria della regione Marche introdotto con impugnazione dell’Ufficio di Ancona della Agenzia delle Entrate successivamente alla data 1.1.2001 subentro delle Agenzie fiscali a titolo di successione particolare ex lege nella gestione dei rapporti giuridici tributari pendenti in cui era parte l’Amministrazione statale Corte cass. SS.UU. 14.2.2006 n. 3186 e 3118 . Non avendo il ricorso proposto nei confronti del Ministero della Economia e delle Finanze comportato per la parte resistente svolgimento di specifica attività difensiva, si ravvisano giusti motivi per compensare tra le parti le spese di lite. Con il primo motivo la Associazione ricorrente deduce il vizio di violazione dell’art. 4 comma 4 del Dpr n. 633/72 in quanto la CTR avrebbe ritenuto che le prestazioni erogate da A non fossero riconducibili agli scopi indicati nello Statuto dell’ente. All’uopo richiama il precedente di questa Corte n. 17735/2007 che sulla base dell’accertamento in fatto compiuto dal giudice tributario in ordine alla natura di erogazioni rese dai Comuni per lo svolgimento delle finalità istituzionali dell’ente associativo ha accertato il diritto dell’A. a fruire della esenzione d’imposta. In ogni caso assume la ricorrente che l’inequivoco tenore della norma esonera da IVA le prestazioni delle associazioni culturali che non abbiano per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali o agricole rese a favore dei propri associati qualora dette prestazioni siano effettuate in conformità delle finalità istituzionali. Il precedente giurisprudenziale richiamato a sostegno del motivo non vincola il Collegio, essendosi limitata la Corte in quella causa a rilevare la insindacabilità della ricostruzione della fattispecie concreta compiuta dal Giudice di merito in base alle risultanze probatorie ed a verificare la correttezza della operazione di sussunzione della fattispecie concreta, così come rilevata, nello schema normativo astratto della esenzione d’imposta in assenza di una specifica indicazione degli elementi fattuali considerati dal Giudice di merito in quella causa non è dato ravvisare, pertanto, la ipotizzata identità tra le situazioni concrete pervenute all’esame dei Giudici di merito nelle due cause e che hanno dato luogo a giudizi diametralmente opposti. Per quanto concerne la presente causa, occorre considerare che dalla sentenza della CTR della Marche emerge che ciascun Comune associato aveva stipulato una convenzione con l’A., nella quale era dedotta in obbligazione l’assunzione da parte dell’ente associativo della gestione e realizzazione di attività teatrali dietro versamento da parte dei Comuni di un contributo di quote di partecipazione alle spese , e tale rapporto obbligatorio è stato qualificato dai Giudici di merito come prestazione di servizi dietro corrispettivo, inquadrabile nell’esercizio di impresa commerciale come definita al comma 1 dell’art. 4 Dpr n. 633/72 , e dunque come operazione assoggettabile ad IVA. In relazione a tale accertamento in fatto alcun errore interpretativo o di sussunzione è imputabile alla CTR, tenuto conto che gli elementi considerati dal Giudice di merito sono ricompresi nello schema giuridico astratto di cui all’art. 4 comma 2 n. 2 e del comma 3 Dpr n. 633/72 che contemplano la ipotesi di associazioni che abbiano per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali o agricole , ed assoggettano ad IVA anche le prestazioni di servizi fatte dalle associazioni ai propri associati considerandole in ogni caso effettuate nell’esercito di imprese , risultando pertanto conforme a diritto la pronuncia impugnata ove fondata sul presupposto indicato esercizio di attività commerciale come oggetto esclusivo o principale . Ne segue che la critica mossa dalla Associazione ricorrente alla sentenza di appello, in quanto riferita alla errata applicazione alla fattispecie della diversa norma di cui all’art. 4 comma 4 del medesimo decreto presidenziale, implica come presupposto indefettibile che tra gli elementi della fattispecie concreta rilevata dal Giudice di merito sia rinvenibile l’elemento essenziale dello svolgimento non esclusivo, né principale, di attività commerciale da parte della Associazione l’art. 4 comma 4 del Dpr n. 633/72, infatti, con riferimento agli enti associativi che non abbiano per oggetto esclusivo e principale l’esercizio di attività commerciali , dispone che si considerano fatte nell'esercizio di attività commerciali anche le cessioni di beni e le prestazioni di servizi ai soci, associati, o partecipanti verso pagamento di corrispettivi specifici, o di contributi supplementari determinati in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali danno diritto, ad esclusione di quelle effettuate in conformità alle finalità istituzionali da associazioni culturali .anche se rese nei confronti dei rispettivi soci, associati o partecipanti . . Ne segue che la critica avente ad oggetto Tenore di sussunzione contestato alla sentenza di appello, con riferimento alla predetta norma di esenzione, era subordinata necessariamente alla incontestata rilevazione da parte dei Giudici di appello dell’elemento fattuale indicato diversamente la critica avrebbe dovuto essere rivolta all’omesso od inesatto accertamento di fatto compiuto dalla CTR delle effettive condizioni formali e sostanziali dell’attività svolta dall' A da far valere in relazione al diverso parametro di legittimità di cui all’art. 360 co 1 n. 5 c.p.c. . Non avendo la Associazione ricorrente ottemperato alla dimostrazione del presupposto concernente che l’attività commerciale di organizzazione e gestione degli eventi teatrali non era svolta in modo esclusivo o principale, e non avendo peraltro impugnato la sentenza di appello in relazione a vizio motivazionale sulla rilevazione e valutazione di tale elemento in fatto, il primo motivo di ricorso deve, pertanto, essere rigettato. Con il secondo motivo l’A. censura per violazione dell’art. 11 co 2 della legge n. 212/2000, in relazione all’art. 360 co l n. 3 c.p.c., la statuizione della sentenza di appello che ha rigettato il motivo di gravame volto a far valere la nullità dell’avviso di accertamento, in quanto emesso in contrasto con la precedente risposta fornita dalla Amministrazione finanziaria all’interpello presentato dalla Associazione. Sostiene la ricorrente che la condizione della presentazione preventiva dell'interpello, alla quale la CTR ha condizionato l’effetto vincolante della risposta della Amministrazione, non trova alcun fondamento normativo. Il motivo è infondato. Premesso che la risposta comunicata in data 20.3.2000 dalla Amministrazione finanziaria è anteriore alla entrata in vigore della norma di cui è denunciata la violazione la legge 27.7.2000 n. 212 è entrata in vigore, ai sensi dell’art. 21col, il giorno 1.8.2000 osserva il Collegio che il Decreto del 26 aprile 2001 n. 209 Min. Finanze recante Regolamento concernente la determinazione degli organi, delle procedure e delle modalità di esercizio dell'interpello e dell'obbligo di risposta da parte dell'Amministrazione finanziaria, di cui all’articolo 11, comma 5, della legge n. 212 del 2000 autorizzato dall’art. 11 comma 5 della legge n. 212/2000, dispone espressamente all’art. 1 comma 2 che il contribuente dovrà presentare l'istanza di cui al comma 1, prima di porre in essere il comportamento o di dare attuazione alla norma oggetto di interpello all’art. 3 comma 3 -prescrivendo i requisiti di ammissibilità della istanza di interpello che L'istanza deve, altresì, contenere l'esposizione, in modo chiaro ed univoco, del comportamento e della soluzione interpretativa sul piano giuridico che si intendono adottare ed all’art. 5 comma 1 che La risposta dell'ufficio finanziario ha efficacia esclusivamente nei confronti del contribuente istante, limitatamente al caso concreto e personale prospettato nell'istanza di interpello. Tale efficacia si estende anche ai comportamenti successivi del contribuente riconducibili alla fattispecie oggetto di interpello, salvo rettifica della soluzione interpretativa da parte dell'amministrazione finanziaria prevedendo al comma 4 che l’Ufficio, in caso di risposta negativa, recupera l’imposta e gli interessi senza irrogazione di sanzioni pecuniarie in riferimento al comportamento già posto in essere dal contribuente, qualora la risposta dell'ufficio su istanze ammissibili ma prive delle indicazioni di cui all'articolo 3, comma 3, non pervenga nel termine di cui all'articolo 4, comma 1 idest entro gg. 120 dalla data di consegna o ricezione della istanza , disciplinando quindi una particolare ipotesi determinatasi in conseguenza del ritardo nella risposta fornita dalla Amministrazione al contribuente peraltro in presenza dì istanza incompleta . Dall’esame delle norme emerge chiaramente che il carattere preventivo dell’interpello è connaturale alla stessa ratio legis dell’art. 11 della legge n. 212/2000, in quanto mezzo attuativo dei principi di chiarezza, imparzialità, affidamento e cooperazione che informano lo Statuto del contribuente e che convergono verso lo scopo di fornire a quest’ultimo le informazioni indispensabili a conformare la propria attività alla corretta interpretazione delle norme fiscali, nonché di prevenire la insorgenza di controversie tributarie. Ne segue, logicamente, che l’acquisizione delle informazioni richieste alla Amministrazione finanziaria deve necessariamente precedere la condotta tenuta dal contribuente nell’esercizio della propria attività economica come peraltro è dato evincere anche dalla locuzione interpretazione o comportamento prospettato dal richiedente art. 11 co2 della legge e dalla esenzione da sanzione pecuniaria del comportamento attuato dal contribuente successivamente alla scadenza del termine stabilito per ricevere la risposta, quando questa sia poi risultata negativa , solo in tal caso potendo giustificarsi una efficacia vincolante, per entrambe le parti del rapporto tributario, della interpretazione fornita dalla Amministrazione finanziaria delle norme applicabili alla specifica fattispecie concreta. Diversamente opinando l’istituto dell’interpello verrebbe a risolversi in una mera richiesta di consulenza giuridica avente ad oggetto un rapporto tributario già insorto, che se da un lato non potrebbe raggiungere gli scopi voluti dalla norma, dall’altro non potrebbe precludere il potere di accertamento impositivo della PA atteso che la verifica della correità applicazione del norma che regola lo specifico tributo deve attuarsi in base allo strumento tipico predisposto dall’ordinamento tributario fondato sull’attività di controllo ex post demandata agli Uffici finanziari competenti. Diversa questione, che esula dall’ambito del motivo in esame, è quella della coerenza logica tra l’accertamento contenuto nell’avviso di rettifica e la precedente risposta comunicata dall'Ufficio finanziario, che avrebbe dovuto essere fatta valere dall’A. con il ricorso introduttivo evidenziando gli eventuali aspetti di incompatibilità logica tra i due atti dell’Amministrazione finanziaria. In conclusione il ricorso deve essere rigettato con condanna della parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio liquidate in dispositivo. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso proposto nei confronti del Ministero della Economia e delle Finanze, e dichiara compensate le spese tra le parti rigetta il ricorso proposto nei confronti della Agenzia delle Entrate e condanna la parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio liquidate in € 5.000,00 per compensi oltre le spese prenotate a debito.