La cartella esattoriale emessa senza l’accertamento è valida solo se motivata congruamente

La cartella esattoriale non preceduta da un avviso di accertamento per essere ritenuta legittima deve essere motivata in modo congruo, secondo i principi contenuti nell’art. 7, legge n. 212/2000, cd. Statuto del Contribuente.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8394, del 17 aprile 2014 ha affermato che la cartella esattoriale non preceduta da un avviso di accertamento ben motivato è da ritenere illegittima i giudici di legittimità, con la citata sentenza, respingono il ricorso dell’Agenzia delle Entrate perché, nell’emissione della cartella esattoriale, occorre rispettare i principi di carattere generale recepiti dalla normativa tributaria e contenuti nell’art. 7, legge n. 212/2000, cd. Statuto del Contribuente. La CTR respinge il ricorso dell’Agenzia delle Entrate. I giudici del merito regionali avevano respinto l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate contro la sentenza della CTP che aveva accolto il ricorso proposto da una SRL in liquidazione in particolare i giudici di secondo grado avevano annullato la cartella di pagamento relativa ad accertamento di un minor credito di imposta anno 2004 con il conseguente recupero del medesimo. La citata cartella era stata adottata a seguito di controllo automatizzato della dichiarazione dei redditi della SRL. Alla base della decisione dei giudici del merito c’era il fatto che l'iscrizione a ruolo, eseguita a norma dell’art. 36 bis d.p.r. n. 600/1973. non costituisce un semplice atto di riscossione, bensì un accertamento del debito d’imposta quando non sia preceduta da un autonomo avviso di accertamento di conseguenza la cartella esattoriale deve contenere anche una sufficiente motivazione circa la ragione dei recuperi, secondo quanto previsto dall’art. 3, legge n. 241/1990, senza che sia consentito all’amministrazione di emendare il difetto di motivazione dell'atto impositivo a mezzo delle allegazioni e prove dedotte nel contraddittorio processuale. Inoltre, osservano i giudici del merito, l’amministrazione finanziaria aveva anche obbligo di preventiva comunicazione delle irregolarità riscontrate nella dichiarazione, obbligo al quale non aveva adempiuto tra l’altro, la cartella in questione doveva pure considerarsi nulla per difetto di sottoscrizione ed indicazione del responsabile del procedimento. Avverso tale sentenza sfavorevole, l’Agenzia delle Entrate è ricorsa in Cassazione. Va ricordato che lo Statuto del Contribuente , all’art. 7 prevede che gli atti dell'amministrazione finanziaria sono motivati secondo quanto prescritto dall'art. 3, legge n. 241/1990, concernente la motivazione dei provvedimenti amministrativi, indicando i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell'amministrazione. Se nella motivazione si fa riferimento ad un altro atto, questo deve essere allegato all'atto che lo richiama. Gli atti dell'amministrazione finanziaria e dei concessionari della riscossione devono tassativamente indicare a l'ufficio presso il quale è possibile ottenere informazioni complete in merito all'atto notificato o comunicato e il responsabile del procedimento b l'organo o l'autorità amministrativa presso i quali è possibile promuovere un riesame anche nel merito dell'atto in sede di autotutela c le modalità, il termine, l'organo giurisdizionale o l'autorità amministrativa cui è possibile ricorrere in caso di atti impugnabili. Riscossione tramite ruolo e cartella esattoriale L’attività di riscossione per il tramite del ruolo, come noto, si articola essenzialmente in 3 fasi l’iscrizione a ruolo la consegna del ruolo all’agente della riscossione entro termini posti in via meramente presuntiva la formazione e la successiva notifica della cartella di pagamento. L’iscrizione a ruolo costituisce il momento in cui l’ente impositore sia esso erariale o locale procede alla individuazione delle situazioni creditorie che può vantare nei confronti di un medesimo soggetto al quale chiederà” la corresponsione delle somme dovute. L’attività di riscossione è obbligatoriamente demandata all’agente della riscossione che è dalla legge definito il soggetto cui è affidato in concessione il servizio di riscossione”, le cui funzioni sono state, come noto, oggetto di integrale rivisitazione”. In particolare, l’agente della riscossione territorialmente competente, sulla base della risultanza dei ruoli ricevuti, procede alla formazione della cartella, provvedendo alla sua redazione in conformità del modello approvato con Decreto del Ministero delle Finanze oggetto sinora di molteplici integrazioni e modificazioni e, secondo le disposizioni di cui all’art. 26 d.P.R. n. 602/1973, alla sua notificazione al contribuente. Dalla notifica della cartella di pagamento, comincia a decorrere il termine di legge, pari a 60 giorni, entro cui il contribuente, dopo aver preso visione delle pretese contenute nell’atto impositivo notificatogli può anzi, ha l’onere di se ritiene la pretesa legittima, procedere alla corresponsione delle somme iscritte ovvero, in caso di somme indebitamente pretese, presentare all’ente impositore e, preferibilmente, per conoscenza, al concessionario medesimo istanza di annullamento in autotutela totale o parziale del ruolo e, in mancanza di tempestivo accoglimento della predetta istanza, ricorso all’organo giurisdizionale competente. Con il provvedimento direttoriale 2 aprile 2014, l’Agenzia delle Entrate ha provveduto a sostituire le istruzioni allegate alle cartelle di pagamento, riferite alle diverse tipologie di ruolo, per recepire le novità introdotte dall’art. 1, comma 611, legge n. 147/2013, nel corpo dell’art. 17 bis d.lgs. n. 546/1992. Vale innanzitutto ricordare che le modifiche in esame si applicano a partire dagli atti notificati dal 3 marzo 2014. La cartella costituiva mero atto di riscossione ? I giudici di legittimità, dopo aver analizzato le motivazioni del ricorso dell’Agenzia delle Entrate, evidenziano che non sono state in alcun modo motivate le cause dell’emissione della cartella esattoriale giustamente , osserva la Cassazione, il giudice del merito ha rilevato che non è stato in alcun modo chiarito se la cartella oggetto del contenzioso costituiva, o meno, un mero atto di riscossione giustificato dal semplice riesame contabile degli stessi dati contenuti nella dichiarazione del contribuente. Per il giudice del merito non resta che concludere che il motivo di impugnazione non consente di dare risposta al dubbio sollevato dall’Agenzia delle Entrate nel ricorso, e cioè se la motivazione della cartella di pagamento fosse coerente con la funzione provvedimentale alla quale la cartella medesima è stata destinata ad assolvere. La Corte di Cassazione osserva, secondo un consolidato orientamento che, la cartella esattoriale, che non sia stata preceduta da un motivato avviso di accertamento, deve essere motivata in modo congruo, sufficiente ed intellegibile, tale obbligo deriva dai principi di carattere generale indicati, per ogni provvedimento amministrativo, dall’art. 3 legge n. 241/1990, e recepiti, per la materia tributaria, dall'art. 7, legge n. 212/2000. I giudici di legittimità, pertanto, respingono il ricorso dell’Agenzia delle Entrate.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – T, ordinanza 6 marzo – 17 aprile 2014, numero 8934 Presidente Cicala – Relatore Caracciolo Osserva La CTR di Palermo ha respinto l'appello dell’Agenzia -appello proposto contro la sentenza numero 107/24/2009 della CTP di Bari che aveva accolto il ricorso proposto dalla contribuente I. srl ed ha così annullato la cartella di pagamento relativa ad accertamento di minor credito di imposta anno 2004 e recupero del medesimo, cartella adottata a seguito di controllo automatizzato della dichiarazione. La predetta CTR ha motivato la decisione nel senso che l’iscrizione a ruolo, eseguita a norma dell’articolo 36 bis del DPR numero 600/1973. non costituisce un semplice atto di riscossione, bensì un accertamento del debito d'imposta quando non sia preceduta da un autonomo avviso di accertamento, sicché la cartella esattoriale deve contenere anche una sufficiente motivazione circa la ragione dei recuperi, a mente dell'articolo 3 della legge numero 241/1990, senza che sia consentito all’amministrazione di emendare il difetto di motivazione dell'atto impositivo a mezzo delle allegazioni e prove dedotte nel contraddittorio processuale. D’altronde, l'Amministrazione aveva anche obbligo di preventiva comunicazione delle irregolarità riscontrate nella dichiarazione, obbligo al quale non aveva assolto. Infine e per quanto non si trattasse di questione affrontata dal primo giudice o riproposta dalla parte contribuente, che non si era costituita in appello, ma semplicemente richiamata dalla stessa parte appellante la CTR evidenziava che la cartella in questione doveva pure considerarsi nulla per difetto di sottoscrizione ed indicazione del responsabile del procedimento. L’Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi. La parte contribuente non si è costituita. Il ricorso ai sensi dell’articolo 380 bis c.p.c. assegnato allo scrivente relatore può essere definito ai sensi dell’articolo 375 c.p.c. Infatti, con il primo motivo di impugnazione centrato sulla violazione degli articolo 12 e 25 del DPR numero 602/1973 la parte ricorrente -dopo avere premesso che nella fattispecie qui in esame era stata effettivamente recapitata al contribuente la comunicazione di irregolarità prodromica al ruolo e dopo avere riportato con modalità invero illeggibile, perché effettuata con riproduzione fotostatica del contenuto della cartella all’interno dell’atto processuale il dettaglio degli addebiti contenuti nella cartella si duole dell’erronea affermazione del giudice del merito a proposito dell’incompiuta motivazione della cartella di pagamento, evidenziando che nella specie di causa la cartella si atteggiava come mero atto di riscossione, siccome conseguenza dell’iscrizione a ruolo concretata esclusivamente sulla base dei presupposti di legge. In questa luce, la cartella di pagamento risultava pienamente conforme al modello approvato con decreto del Ministero delle Finanze e del tutto scevra da vizi., siccome coerente con le previsioni dell'articolo 12 del DPR numero 602/1973 secondo il quale è sufficiente la motivazione anche sintetica della pretesa . Ciò era stato rispettato, atteso che il ruolo conteneva gli estremi necessari per la corretta individuazione delle ragioni del recupero, ovvero che trattasi di recupero del credito di imposta ex lege 289/2002 articolo 62 per gli investimenti nelle aree svantaggiate , estremi che sono sufficienti a garantire il diritto di difesa del contribuente. La censura appare inammissibilmente formulata. La parte ricorrente si limita infatti ad affermazioni apodittiche, nessuna delle quali corredata dalle necessarie delucidazioni e specificazioni, in ossequio al canone di necessaria autosufficienza del ricorso per cassazione. E ciò, vuoi con riferimento all’assunto secondo il quale sarebbe stato comunicato al contribuente la preventiva comunicazione di irregolarità nell’ottica delle indicazione delle ragioni che preludeva alla iscrizione a ruolo, assunto che è rimasto privo di alcuna specificazione relativa al dove ed al come sarebbe stata fornita nel processo la prova dell’avvenuta comunicazione di che trattasi vuoi con riferimento all’assunto secondo il quale nella specie di causa la cartella si era atteggiata come mero atto di riscossione . A quest’ultimo proposito, infatti, occorre evidenziare che secondo la stessa allegazione di parte ricorrente, la ragione dell’iscrizione a ruolo consiste nel recupero del credito di imposta ex lege 289/2002 articolo 62 , recupero che -di per sé è affermazione anonima delle ragioni per le quali l'Amministrazione suppone di vantare un credito, giacché quest’ultimo può emergere sia dalla erronea contabilizzazione di crediti effettivamente spettanti sia dall'esclusione dei presupposti per il riconoscimento della spettanza. Non avendo la parte ricorrente in alcun modo chiarito se e come nel processo sia stato acclarato essersi trattato della prima anzicchè della seconda delle due alternative evenienze e non essendoci perciò alcuna ragione per supporre che -come la stessa parte ricorrente assume al giudice del merito non potesse essere ignoto che la cartella qui in parola costituiva mero atto di riscossione giustificato dal puro riesame contabile degli stessi dati contenuti nella dichiarazione del contribuente, non resta che concludere che il motivo di impugnazione non consente di dare risposta al nucleo logico del quesito prospettato, e cioè se la motivazione della cartella di pagamento di cui qui trattasi fosse coerente con la funzione provvedimentale alla quale la cartella medesima è stata destinata ad assolvere. Ed infatti, si veda in termini Cass. Sez. 5, Sentenza numero 26330 del 16/12/2009, già debitamente menzionata dal giudice del merito, secondo cui La cartella esattoriale, che non sia stata preceduta da un motivato avviso di accertamento, deve essere motivata in modo congruo, sufficiente ed intellegibile, tale obbligo derivando dai principi di carattere generale indicati, per ogni provvedimento amministrativo, dall’articolo 3 della legge numero 241 del 1990, e recepiti, per la materia tributaria, dall’articolo 7 della legge numero 212 del 2000. Affermazione relativa ad una cartella esattoriale, emessa ai sensi dell'articolo 36-bis del d.P.R. numero 600 del 1973, nella quale l'Ufficio non si era limitato ad una mera correzione di errori materiali o di calcolo, ma aveva operato il conteggio delle somme da versare, non riconoscendo un credito di imposta . Il rigetto del motivo di impugnazione correlato ad una delle autonome rationes che sostengono la decisione qui in esame rende inutile l’esame dei residui motivi, che ne restano assorbiti. Pertanto, si ritiene che il ricorso può essere deciso in camera di consiglio per inammissibilità. Roma, 30 settembre 2013 ritenuto inoltre che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va rigettato che le spese di lite non necessitano di regolazione, atteso che la parte vittoriosa non si è costituita. P.Q.M. Rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.