Plusvalenza patrimoniale in seguito a cessione d’azienda: accertamento induttivo legittimo

E’ legittimo l’accertamento induttivo conseguente ad una plusvalenza patrimoniale verificatasi a seguito di cessione d’azienda e grava sul contribuente la prova di dimostrare la vendita del bene ad un prezzo inferiore a quello indicato in bilancio.

La SC, con la sentenza n. 23115 dell’11 ottobre 2013, ha ritenuto che in tema di plusvalenza realizzata nell’ambito di un’impresa occorre verificare la differenza realizzata tra prezzo di acquisto e prezzo di cessione e la prova della vendita ad un prezzo inferiore a quello accertato spetta al contribuente. Il caso. Il contribuente ha impugnato l’avviso di accertamento per maggiore Irpef dinanzi alla CTP. Quest’ultima ha respinto il ricorso, mentre i giudici della CTR lo hanno accolto ritenendo che la cessione del bene si era verificata nei confronti del coniuge e dei figli in società di persone. In tal caso, in virtù del principio di collaborazione e di buona fede tra contribuente e ufficio finanziario, i giudici tributari di appello hanno ritenuto che l’importo versato era congruo con il valore di avviamento dichiarato dal contribuente. A seguito di ciò l’amministrazione finanziaria ha proposto ricorso per cassazione. La SC ha rilevato preliminarmente che il principio di collaborazione e buona fede non può mai comportare il superamento o l’omessa considerazione di circostanze accertate dal giudice e determinare la mancata applicazione dell’onere della prova. Quando si discute di imposta di registro deve considerarsi il valore di mercato del bene, mentre quando si parla di plusvalenza realizzata nell’ambito di un’impresa occorre verificare la differenza tra il prezzo di acquisto e il prezzo di cessione. Cessione d’azienda a prezzo basso. I giudici hanno ritenuto, inoltre, che l’indicazione di un’entrata derivante dalla vendita di un bene, inferiore rispetto a quella accertata ai fini dell’imposta di registro, legittima l’ufficio finanziario a procedere ad accertamento induttivo mediante integrazione o correzione della conseguente imposizione, mentre grava sul contribuente l’onere di dimostrare di aver venduto al prezzo inferiore indicato in bilancio. Peraltro l’ufficio, che può avvalersi per legge di presunzioni, ha facoltà di utilizzare una seconda volta le stesse prove già utilizzate in precedenza e idonee a provare il fatto posto a base dell’accertamento. La SC, accogliendo l’appello dell’ufficio finanziario, ha cassato la sentenza impugnata rinviandola ad una diversa sezione della competente CTR. L’orientamento giurisprudenziale. Sul tema in esame la giurisprudenza di legittimità si era già pronunciata per una fattispecie analoga il contribuente, titolare di una ditta di autotrasporti, impugnava in sede giurisdizionale, l’avviso di accertamento, con il quale l’ufficio aveva determinato la plusvalenza, connessa alla cessione dell’azienda , ritenendo che in tema di legittimazione dell’accertamento induttivo sul reddito da plusvalenza desunto dal valore dichiarato in sede di applicazione dell’imposta di registro, emerge che l’indicazione, nel bilancio di una società, di un’entrata derivante dalla vendita di un bene - inferiore rispetto a quella accertata ai fini dell’imposta di registro -, legittima di per sé l’amministrazione a procedere ad accertamento induttivo mediante integrazione o correzione della relativa imposizione, mentre grava sul contribuente, che deduca l’inesattezza di una tale correzione di superare la presunzione di corrispondenza del prezzo incassato rispetto al valore di mercato, l’onere di dimostrare anche con il ricorso ad elementi indiziari di avere in concreto venduto al prezzo inferiore indicato in bilancio. Cass. n. 23608/2011 e n. 22869/2011 . Accertamento induttivo legittimo. Pertanto, l'ufficio può procedere ad accertamento induttivo del reddito da plusvalenza patrimoniale relativa al valore di avviamento, realizzata a seguito di cessione di azienda, sulla base dell'accertamento di valore effettuato in sede di applicazione dell'imposta di registro, e incombe al contribuente, al fine di superare la presunzione di corrispondenza del prezzo incassato con il valore di mercato accertato in via definitiva in sede di applicazione dell'imposta di registro, l’onere di provare di avere in concreto venduto ad un prezzo più basso rispetto a quello iscritto in bilancio Cass. n. 27989/2011 e n. 5070/2011 .

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 22 maggio 14 ottobre 2013, numero 23115 Presidente Cappabianca – Relatore Cigna Svolgimento del processo Con sentenza depositata il 24-11-2005 la CTR Lazio accoglieva l'appello proposto da L.N. avverso la sentenza della CTP di Roma che aveva rigettato il ricorso della contribuente contro l'avviso di accertamento per maggiore IRPEF relativo all'anno 1992 dovuto in relazione a plusvalenza da cessione di azienda in particolare la CTR affermava che occorreva tenere presente che la cessione in questione era avvenuta nei confronti del coniuge e del figli costituiti in società di persone, sicchè l'importo di lire 121.000.000, quantificato dall'Ufficio, appariva ingiustificato rispetto a quello di lire 10.000.000 dichiarato dalla parte pertanto, anche in applicazione del principio di collaborazione e di buona fede tra contribuente ed amministrazione finanziaria articolo 10 L 212/2000, statuto del contribuente , riteneva essere rispondente alla realtà dei fatti il valore di avviamento dichiarato dalla contribuente. Avverso detta sentenza proponevano ricorso per Cassazione il Ministero dell’Economia e delle finanze nonché l'Agenzia delle Entrate, affidato a due motivi resisteva con controricorso la contribuente, che presentava anche memoria difensiva. Motivi della decisione Va, anzitutto, rilevata l’inammissibilità dell’impugnazione proposta dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, in quanto il presente giudizio si è svolto dopo il 1 gennaio 2001, data di inizio dell'operatività dell'Agenzia delle Entrate, succeduta a titolo particolare nei poteri e nei rapporti giuridici strumentali all'adempimento dell'obbligazione tributaria, e dotata in via esclusiva della legittimazione ad causam” e ad processum cfr. Cass. S.U. numero 3116 e numero 3118 del 2006, numero 22641 del 2007 . Venendo, quindi, al ricorso proposto dall'Agenzia, con il primo motivo la ricorrente, deducendo -ex articolo 360, comma 1, numero 3 e numero 4 cpc violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 10 L 212/00 nonché del combinato disposto dell’art 54 TUIR e degli artt. 38 e 39 dpr 600/73, oltreché dell'articolo 7 d.lgs 546/92 e degli artt. 115 e 116 cpc, rilevava che la CTR aveva in sostanza deciso secondo equità, sopperendo così al mancato assolvimento dell'onere probatorio delle parti e non considerando una pluralità d'indizi concreti, dai quali poteva evincersi la legittimità dell'accertamento in particolare il riconoscimento, da parte della stessa contribuente, del carattere oneroso della cessione, pur se avvenuta nel confronti di una società costituita da familiari la mancata impugnazione dell'accertamento al fini dell'imposta di registro ed il pagamento delle relative imposte circostanze ammesse dalla stessa contribuente, pur se ritenute dovute ad un mero errore . Con il secondo motivo la ricorrente deducendo -ex articolo 360 numero 5 cpc contraddittoria ed insufficiente motivazione, rilevava che la CTR si era limitata a richiamare il cit. articolo 10, senza valutare in alcun modo i su esposti elementi concreti e, in particolare, senza considerare che, come affermato dalla S.C. la mancata impugnazione avverso l'accertamento ai fini del Registro rendeva vincolante il valore risultante dal detto accertamento anche per ciò che concerneva l'accertamento della plusvalenza ai fini delle II.DD. I motivi, da esaminarsi congiuntamente in quanto tra loro strettamente connessi, sono fondati. Il richiamato principio di collaborazione, invero, non può mai comportare il superamento o la omessa considerazioni di circostanze accertate in giudizio v. su indicati indizi concreti e determinare la mancata applicazione del principio dell'onere della prova particolarmente rilevante appare, nel caso di specie, l'omessa considerazione dell’accertamento ai fini dell'imposta di registro, sul quale è nota la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui i principi relativi alla determinazione del valore di un bene che viene trasferito sono diversi a seconda dell'imposta che si deve applicare, sicché quando si discute di imposta di registro si ha riguardo al valore di mercato del bene, mentre quando si discute di una plusvalenza realizzata nell'ambito di un'impresa occorre verificare la differenza realizzata tra il prezzo di acquisto e il prezzo di cessione. Ciò premesso anche considerando che, in tema di accertamento, ai fini IRPEF, delle plusvalenze realizzate a seguito di trasferimento di azienda, il valore dell'avviamento resosi definitivo al fini dell'imposta di registro, assume carattere vincolante per l'Amministrazione finanziaria , l'indicazione di un'entrata derivante dalla vendita di un bene, inferiore rispetto a quella accertata ai fini dell'imposta di registro, legittima di per sé l'Amministrazione a procedere ad accertamento induttivo mediante integrazione o correzione della relativa imposizione, mentre spetta al contribuente, che deduca l'inesattezza di una tale correzione, superare la presunzione di corrispondenza del prezzo incassato rispetto al valore di mercato, dimostrando anche con il ricorso ad elementi indiziari di avere in concreto venduto proprio al prezzo inferiore indicato in bilancio. Peraltro l'ufficio, abilitato dalla legge ad avvalersi di presunzioni, può anche utilizzare una seconda volta gli stessi elementi probatori già utilizzati in precedenza e idonei secondo l'ordinamento a provare il fatto posto a base dell'accerta mento” Cass. 23608/2011 v. anche Cass. 27989/2011 . Alla stregua di quanto sopra, pertanto, in accoglimento del ricorso dell'Agenzia, va cassata l’impugnata sentenza, con rinvio per nuovo esame alla CTR Lazio, diversa composizione, che provvederà anche alla regolamentazione delle spese di lite relative al presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso proposto dal Ministero dell'Economia e delle Finanze accoglie il ricorso dell'Agenzia cassa l'impugnata sentenza e rinvia per nuovo esame alla CTR Lazio, diversa composizione, che provvederà anche alla regolamentazione delle spese di lite relative al presente giudizio di legittimità.