Quanti dubbi sul dipendente part-time!

Non sembra chiarirsi il quadro relativo alla debenza dell’IRAP da parte dei piccoli professionisti, laddove questi utilizzino, anche in misura limitata, personale alle proprie dipendenze.

Dopo l’ordinanza n. 17766/2013, la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 22022 del 25 settembre 2013, afferma un principio non nuovo, ma neppure prevalente, in ordine all’assoggettabilità ad IRAP dei professionisti che si avvalgono di dipendenti. Il caso. Nella fattispecie in esame i Giudici di legittimità hanno sostanzialmente riassunto il complesso e articolato iter interpretativo che ha riguardato le problematiche dell’IRAP applicate ai lavoratori autonomi. I Giudici di merito hanno attentamente segnalato che l’art. 2, D.Lgs. n. 446/1997, in forza del quale si comprendevano, fra i soggetti passivi del tributo, anche gli esercenti arti e professioni, originariamente non prevedeva, nella sua stesura originaria, che l’attività dovesse essere autonomamente organizzata . La locuzione in questione venne infatti inserita dal successivo D.Lgs. 10 aprile 1998, n. 137 anche per evitare che la Corte Costituzionale dichiarasse illegittimo il tributo, come accadde sostanzialmente per l’ILOR, in quanto capace di colpire tutte le attività produttive e non soltanto quelle dotate del requisito di autonomia organizzativa. La stessa Corte Costituzionale, così come ricordato dalla Cassazione, aveva attribuito cfr. sentenza n. 156/2001 ai Giudici di merito e di legittimità il compito di valutare quando il contribuente potesse dirsi dotato di un’autonomia organizzativa capace di fornirgli quel quid pluris in grado di giustificare il maggior prelievo del Fisco, per il tramite dell’IRAP. L’autonoma organizzazione. È certo, anche in virtù di univoche pronunce della Suprema Corte in tal senso, che da un lato l’autonoma organizzazione non possa semplicemente, come volevano le prime tesi dell’Amministrazione, estrinsecarsi nell’impiego dell’intelligenza e della cultura, nella mera capacità di acquisire clientela, di ottenere credito, di competere, di promuovere ogni legittima iniziativa d’altro canto neppure può essere considerata autonoma organizzazione una struttura in grado di produrre di per sé sola reddito, prescindendo dal lavoro del professionista . Fra questi estremi trovano spazio numerosi e differenti casi che è necessario valutare, non sempre con certezza. Secondo quanto è possibile leggere nelle molteplici sentenze della Cassazione, fra gli elementi che conducono all’esistenza dell’autonoma organizzazione c’è anche l’impiego non occasionale di lavoro altrui . Secondo la sezione Tributaria l’esistenza di questo requisito non può essere considerata in modo automatico, ma deve essere ponderata in relazione alla realtà in cui opera il singolo professionista, per non vanificare, si legge nella sentenza n. 22022/2013 l’affermazione di principio desunta dalla lettera della legge e dal testo costituzionale, secondo cui il giudice deve accertare in concreto se la struttura organizzativa costituisca un elemento potenziatore e aggiuntivo ai fini della produzione del reddito . L’impiego del dipendente part-time fa scattare l’IRAP? Ecco allora che, nella misura in cui l’impiego di un dipendente a tempo parziale non accresca la capacità produttiva del lavoratore autonomo, ma costituisca un semplice ausilio all’esercizio dell’attività professionale una comodità” per usare l’espressione degli Ermellini , non può dirsi sussistente un’autonoma organizzazione, e, dunque, il presupposto impositivo. fonte www.fiscopiu.it

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – T, sentenza 12 giugno - 25 settembre 2013, n. 22022 Presidente/Relatore Cicala Svolgimento del processo e motivi della decisione 1. L'Agenzia delle Entrate ricorre per cassazione avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Emilia Romagna 33/19/1O del 16 aprile 2010 che accoglieva solo l'appello dell'Ufficio ribadendo la spettanza all'Avv.to C.P. del rimborso IRAP relativamente all'anno 2004. 2. La contribuente si è costituita in giudizio. 3. E' stata depositata relazione ex art. 380 bis c.p.c. in cui si è sostenuto che il ricorso appare infondato. Secondo il relatore la Amministrazione non evidenzia nel suo ricorso elementi di fatto tali da poter determinare la illogicità o inadeguatezza della motivazione del giudice di merito. La presenza di modeste spese per emolumenti a collaboratori occasionali così come accertato dalla CTR non appare sufficiente per determinare l'automatica sottoposizione ad IRAP della professionista. 4. Il Collegio ha ritenuto opportuno devolvere la controversia alla Pubblica Udienza ed ha ritenuto di respingere il ricorso. Invero la sentenza parla della presenza nello studio dell'avv.to C. di collaboratori occasionali mentre la Amministrazione nel suo ricorso asserisce di aver tempestivamente dedotto la presenza di un dipendente part time pagina 5 del ricorso e soggiunge a prova del suo assunto che la contribuente avrebbe esposto nel 2004 18.891 Euro di spese per emersione lavoro dipendente il che certamente costituisce indizio di un rapporto di lavoro dipendente . Si pone quindi il problema della rilevanza che assume la presenza di dipendenti ai fini della sottoposizione ad IRAP dei professionisti e dei lavoratori autonomi in genere. La sezione 6-T ha più volte affermato che anche il professionista che disponga dell'opera di un dipendete specie se part time può non essere soggetto a IRAP, ove il giudice di merito accerti la insussistenza di una autonoma organizzazione. E la trattazione in pubblica udienza impone, in questa vicenda, una motivazione più articolata. 5. Ritiene il Collegio che si debbano prender le mosse dai principi costituzionali, così come - da ultimo - enunciati nella sentenza della Corte Costituzionale n. 223 del 11 ottobre 2012 che ha dichiarato l'illegittimità della norma, ritenuta di natura tributaria, che ha imposto un particolare onere fiscale sulle retribuzioni dei pubblici dipendenti che superino un certo tetto . Afferma la Corte che gli artt. 3 e 53 Cost. impongono al legislatore un uso ragionevole dei suoi poteri discrezionali in materia tributaria, al fine di determinare la coerenza interna della struttura dell'imposta con il suo presupposto economico, come pure la non arbitrarietà dell'entità dell'imposizione sentenza n. 111 del 1997 . E' cioè consentito al legislatore di sottoporre una parte dei contribuenti a specifici oneri maggiori e diversi rispetto a quelli che colpiscono ogni forma di ricchezza, ma tale specifica imposizione deve poggiare su una qualche razionale giustificazione, che può discendere - in primo luogo - dalla maggiore ricchezza dei contribuenti colpiti il proprietario di immobili che ricavi da essi un certo reddito è senza dubbio più ricco di chi percepisca il medesimo reddito come frutto di lavoro dipendente , ma anche dalla circostanza che i contribuenti sottoposti ad ulteriori specifici oneri usufruiscono in misura maggiore di determinati pubblici servizi cagionando con la loro attività l'esigenza di maggiori spese pubbliche. Quest'ultima ipotesi si verifìcava ad esempio nella Imposta Comunale sulle Attività produttive ICIAP abolita dalla legge istitutiva dell'IRAP. l'ICIAP trovava cioè in base alla sentenza n. 238 del 13 maggio 1993 della Corte Costituzionale giustificazione costituzionale nella particolare utilizzazione dei servizi comunali da parte dei soggetti . Ma la sottoposizione ad Irap non è rapportata alla sia pure solo potenziale maggiore fruizione dei servizi pubblici. Dunque l'IRAP deve trovare giustificazione in una specifica capacità contributiva del soggetto colpito dalla imposta e la cennata esigenza di ragionevolezza che eviti ingiuste discriminazioni ha determinato una modifica legislativa che appare determinante ai fini della decisione della presente controversia 1 - Non rilevante appare la L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo unico, comma 515 c.d. legge di stabilità 2013 , che prevede la possibilità di istituire forme di esenzione dall'IRAP per chi si avvalga di lavoratori dipendenti o assimilati . Nel suo testo originario, il D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2 assoggettava alla Imposta Regionale sulle Attività Produttive IRAP l'esercizio abituale di una attività diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi e quindi colpiva ogni attività degli esercenti professioni intellettuali che possedesse il requisito della abitualità , cioè non fosse esercitata occasionalmente. Il D.Lgs. 10 aprile 1998, n. 137, ha però aggiunto nel citato art. 2 la specificazione secondo cui la attività deve essere autonomamente organizzata quando non sia riferibile a società Queste due parole sono state introdotte allo scopo di inserire un fattore di razionalità costituzionale nel sistema, ancorchè tale inserimento abbia determinato una deroga alla coerenza logica del tributo che, nella sua versione originaria, coinvolgeva - senza deroghe - ogni forma di attività produttiva non occasionale. E' infatti pacifico che la riforma del 1998 ha escluso dall'applicazione dell'IRAP anche professionisti con elevati guadagni quando alla realizzazione di tali guadagni non concorra alcuna organizzazione o concorra una organizzazione ad essi non riconducibile come accade nel caso dell'attore che reciti in una struttura di spettacolo da altri organizzata e diretta, del chirurgo libero professionista che operi in una clinica altrui, di chi svolga attività di amministratore o sindaco utilizzando le strutture messe a disposizione dalla azienda amministrata La modifica del 1998 mirava però a prevenire un intervento del Giudice delle leggi analogo a quello che aveva in passato escluso dall'applicazione dell'ILOR la quasi totalità dei lavoratori autonomi sentenza n. 42/1980 . Ed infatti la sentenza della Corte Costituzionale n. 156 del 10 maggio 2001 2 - non assume invece rilievo, ai fini che qui interessano, la sentenza del 3 ottobre 2006, causa C-475/03 della Corte Giust. UE, Grande Sezione che ha escluso la incompatibilità dell'IRAP con l'art. 33 della Direttiva 17 maggio 1977, n. 77/388/CEE VI Direttiva, ora sostituita dalla direttiva 28 novembre 2006, n. 2006/112/CE , ha ritenuto che l'imposta in parola sia legittima proprio perchè non colpisce qualunque attività produttiva, ma solo quelle che siano autonomamente organizzate di guisa che non risulta un' imposta sul mero lavoro autonomo ma un'imposta sulla capacità produttiva che deriva dalla autonoma organizzazione , che deve far capo al contribuente. E la autonoma organizzazione deve costituire un qualcosa di ulteriore e diverso rispetto a quella razionale autoorganizzazione che necessariamente accompagna qualunque attività professionale svolta abitualmente, deve essere un quid pluris che giustifichi l'imposizione ai lavoratori autonomi organizzati di un onere fiscale che non colpisce invece i lavoratori subordinati e che coinvolge tutto il loro reddito professionale e non solo la quota parte ricollegabile alla autonoma organizzazione . Di conseguenza, la Corte Costituzionale ha demandato ai giudici tributari ed alla Cassazione il compito di definire quando il contribuente disponga di una propria autonoma organizzazione , in modo da garantire una applicazione ragionevole della norma in questione. E' d'altronde ovvio che i criteri scolpiti negli artt. 3 e 53 Cost. debbono essere tenuti presente anche dai giudici, chiamati a dar ragionevolezza alle applicazioni del diritto vivente, se necessario attraverso un'interpretazione costituzionalmente orientata . In quest'ottica sono state abbandonate quelle chiavi interpretative che vanificano la modifica legislativa in questione ritenendo sufficienti per l'applicazione dell'imposta requisiti che sostanzialmente costituiscono una mera autoorganizzazione razionale del lavoro. Con la conseguenza di determinare una ingiustificata sperequazione ai danni dei lavoratori autonomi, gravati da un'imposta che risparmia i lavoratori dipendenti rectius che per i lavoratori dipendenti grava sui datori di lavoro . La Corte di Cassazione ha cioè fin dalle prime pronunce decise nella udienza dell'otto febbraio 2007 respinto la tesi della Amministrazione secondo cui le parole autonoma organizzazione , introdotte nel D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2 dal D.Lgs. 10 aprile 1998, n. 137 costituirebbero soltanto un chiarimento ed una specificazione del requisito della abitualità già presente nel testo del 1997. Di guisa che la autonoma organizzazione ben potrebbe estrinsecarsi nell'impiego dell'intelligenza e della cultura, nella mera capacità di acquisire clientela, di ottenere credito, di competere, di promuovere ogni legittima iniziativa . Per altro verso è stata respinta anche la tesi prospettata da molti contribuenti, secondo cui dovrebbe intendersi per autonoma organizzazione una struttura capace di produrre di per sè sola reddito, prescindendo dall'apporto del professionista o del lavoratore autonomo. Perciò l'imposta non sarebbe mai dovuta, ad esempio, dai singoli che esercitino le cosiddette professioni protette , in quanto il venir meno del professionista determinerebbe l'automatica cessazione dell'attività e l'azzeramento del reddito. Questa Corte di legittimità ha affermato che non è di ostacolo alla sussistenza dei requisiti per l'applicazione dell'Irap il fatto che l'apporto del titolare sia insostituibile o per ragioni giuridiche o perchè la clientela si rivolga alla struttura in considerazione delle particolari capacità del titolare stesso sentenza n. 5011 del 5 marzo 2007, cui adde, ad esempio, la sentenza n. 8171 del 2 aprile 2007 . Ciò in quanto l'impostazione proposta dai contribuenti escluderebbe dall'ambito dell'Irap pressochè tutte le attività professionali e di lavoro autonomo tale soluzione è in contrasto con l'impalcatura della legge che prevede l'applicazione dell'imposta a coloro che esercitino arti e professioni di cui al D.P.R. 22 dicembre 1977, n. 917, art. 49, comma 1, Tuir ogni qual volta vi sia una autonoma organizzazione . Si afferma quindi con giurisprudenza che può dirsi pacifica che l'IRAP coinvolge una capacità produttiva che può non essere compiutamente autonoma cioè derivare da strutture autosufficienti ma deve pur sempre essere impersonale ed aggiuntiva rispetto a quella propria del professionista determinata dalla sua cultura e preparazione professionale e colpisce un reddito che contenga una parte aggiuntiva di profitto, derivante da una struttura organizzativa esterna , cioè da un complesso di fattori che, per numero, importanza e valore economico, siano suscettibili di creare un valore aggiunto rispetto alla mera attività intellettuale supportata dagli strumenti indispensabili e di corredo al know-how del professionista lavoro dei collaboratori e dipendenti, dal numero e grado di sofisticazione dei supporti tecnici e logistici, dalle prestazioni di terzi, da forme di finanziamento diretto ed indiretto etc , cosicchè è il surplus di attività agevolata dalla struttura organizzativa che coadiuva ed integra il professionista ad essere interessato dall'imposizione che colpisce l'incremento potenziale, o quid pluris, realizzabile rispetto alla produttività auto organizzata del solo lavoro personale Cass. Trib. 15754/2008 vedi da ultimo la sentenza n. 19769 del 28 agosto 2013 . Queste affermazioni di principio sfociano - secondo un filone giurisprudenziale - nella tesi secondo cui il richiesto surplus idoneo a determinare l'assoggettamento ad IRAP può essere costituito dalla presenza di un dipendente stabile anche solo part time. anche solo con funzioni meramente accessorie pulizia . Viene cioè più volte riprodotta la massima secondo cui il requisito dell'autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente a sia sotto qualsiasi forma, il responsabile dell'organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse b impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l'id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui cfr., ex pluribus, la sentenza n. 3676 del 16 febbraio 2007 . Spesso la affermazione non è rilevante al fine del decidere perchè in concreto il contribuente non si avvale in modo non occasionale di lavoro altrui, ma in varie ipotesi essa costituisce il punto di partenza per una pronuncia sfavorevole al contribuente, sia pure sovente di cassazione con rinvio,pur a fronte di un dipendente. E' però altresì presente nella giurisprudenza di questa Corte un indirizzo che non ritiene un dipendente costituisca fattore di per sè solo decisivo ed insuperabile per determinare il riconoscimento della stabile organizzazione . Si può in primo luogo ricordare la sentenza 5009/2007, secondo cui si ha esercizio di attività autonomamente organizzata soggetta ad Irap ai sensi del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2 quando l'attività abituale ed autonoma del contribuente dia luogo ad un'organizzazione dotata di un minimo di autonomia che potenzi ed accresca la capacità produttiva del contribuente stesso. Di guisa che l'imposta non risulta applicabile ove in concreto i mezzi personali e materiali di cui si sia avvalso il contribuente costituiscano un mero ausilio della sua attività personale, simile a quello di cui abitualmente dispongono anche soggetti esclusi dall'applicazione dell'Irap collaboratori continuativi, lavoratori dipendenti nei medesimi termini è la sentenza n. 8170 del 2 aprile 2007 . Ed ancora la sentenza n. 3675 del 16 febbraio 2007, nel cassare la sentenza di merito che aveva escluso dall'imponibilità Irap un professionista che svolgeva attività protetta dall'iscrizione all'albo professionale, manda al giudice di merito di procedere all'accertamento circa la sussistenza o meno di una struttura di supporto all'attività del contribuente , appurando se il ricorrente utilizzi, nell'esercizio della propria professione, beni strumentali o lavoro altrui e in quale misura tali fattori incidano sui costi e gli oneri esposti dal contribuente per esempio, attraverso l'analisi del Quadro RE della dichiarazione dei redditi in relazione all'esercizio della sua professione . La sentenza n. 3675 assoggetta dunque ad Irap l'attività che presenti un contesto organizzativo esterno anche minimo, derivante dall'impiego di capitali e/o di lavoro altrui, che potenzi l'attività intellettuale del singolo . E - in parallelo - la sentenza n. 5258 del marzo 2007 richiede una struttura, la quale prescinde dalla qualità o quantità dei fattori, ma va valutata in relazione al potenziamento della mera attività personale del professionista . Come si vede, le sentenze da ultimo indicate non escludono che la presenza di anche solo un dipendente possa costituire indizio di stabile organizzazione , rimettono però la concreta valutazione al giudice di merito, escludendo un automatismo dipendente-soggezione a IRAP cfr. la sentenza n. 22592 dell'11 dicembre 2012 . Il mancato riferimento, come fattore sufficiente a determinare di per sè solo l'applicazione dell'IRAP, della circostanza che il professionista si avvalga dell'opera di un dipendente è, ad esempio, particolarmente significativo nell'ambito della pronuncia 5012/2007, in quanto risultava - in fatto - pacifico che il professionista avvocato disponeva di locali - ancorchè in locazione - e di un dipendente con mansioni di segretario. Vi sono, del resto, precedenti specifici secondo cui la presenza di un solo dipendente part-time addetto alla porta ed alla pulizia dello studio non costituisce di per sè un elemento tale da concretizzare il presupposto di autonoma organizzazione come previsto dalla normativa I.R.A.P. ordinanza n. 18472 del 4 luglio 2008 cui si può affiancare, tra l'altro, l'ordinanza n. 14304 del 8 agosto 2012 secondo cui deve essere confermata la sentenza di merito che ha escluso la applicabilità dell'IRAP ad un ragioniere che usufruisca di un dipendente part time per poche ore 10 alla settimana adde da ultimo l'ordinanza n. 14304 del 8 agosto 2012 . Sembra al Collegio che l'automatica sottopozione ad IRAP del lavoratore autonomo che disponga di un dipendente, qualsiasi sia la natura del rapporto e qualsiasi siano le mansioni esercitate vanificherebbe l'affermazione di principio desunta dalla lettera della legge e dal testo costituzionale secondo cui il giudice deve accertare in concreto se la struttura organizzativa costituisca un elemento potenziatore ed aggiuntivo ai fini della produzione del reddito, tale da escludere che l'IRAP divenga una probabilmente incostituzionale tassa sui redditi di lavoro autonomo . Vi sono, a giudizio del Collegio, ipotesi in cui la disponibilità di un dipendente magari part time o con funzioni meramente esecutive non accresce la capacità produttiva del professionista, non costituisce un fattore impersonale ed aggiuntivo alla produttività del contribuente, ma costituisce semplicemente una comodità per lui e per i suoi clienti . Si tratta certo di una valutazione difficile, assai più complessa della automatica deduzione dell'imposizione da un fatto accettabile attraverso la denuncia dei redditi e i tabulati INPS ma questa valutazione conduce a razionalità costituzionale ed economica i due profili sono strettamente connessi l'imposizione. In particolare, la sottoposizione a tassazione aggiuntiva di chi assuma un dipendente anche quando tale dipendente non determini un qualche significativo aumento del reddito e quindi manchi - secondo la tesi qui accolta - il presupposto giuridico dell'IRAP, costituirebbe una sorta di sanzione che scoraggerebbe l'assunzione di dipendenti. Per tutte queste considerazioni il Collegio ritiene di dover rigettare il ricorso in quanto in esso non si evidenziano elementi da cui sia possibile dedurre che il dipendente part time della contribuente abbia dato luogo ad un qualche potenziamento della sua capacità produttiva. La complessità della questione trattata e la presenza di indirizzi giurisprudenziali non convergenti giustifica la compensazione delle spese. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso compensa le spese del presente grado di giudizio.