Rettifica inevitabile se le scritture contabili contengono difformità abnormi

Non ci si può appellare alla mancanza di elementi forniti dei requisiti di gravità, precisione e concordanza laddove le scritture siano talmente irregolari da privare di attendibilità la documentazione contabile.

Il caso. Nella sentenza n. 22702 depositata il 4 ottobre 2013, la Suprema Corte ha confermato le decisioni delle Commissioni Tributarie Provinciale e Regionale, in ordine al caso riguardante un contribuente soggetto ad accertamento a norma dell’art. 39, lett. d , D.P.R. n. 600/1973, in quanto le scritture di quest’ultimo erano state giudicate inattendibili. L’inattendibilità conseguiva al riscontro, da parte dell’Autorità accertatrice, di incongruenze così gravi, da far ritenere del tutto prive di fondamento le scritture. Nel caso di specie infatti la difformità riscontrata raggiungeva livelli di abnormità e irragionevolezza tali da privare la documentazione contabile di ogni attendibilità . Contabilità con difformità macroscopiche. Secondo i Giudici di legittimità non può dirsi formalmente corretta una contabilità dalla quale traspaiano macroscopiche differenze, ad esempio, nella valutazione delle rimanenze di magazzino valore contabilizzato lire 3.042.786.500, valore reale lire 1.654.454.913 o nella consistenza di finanziamenti di terzi in realtà neppure esistenti . Per tale motivo non si può considerare fondato il ricorso basato, fra l’altro, sulla circostanza che la rideterminazione del reddito e delle imposte fosse avvenuta attraverso l’utilizzo di elementi sforniti dei requisiti di gravità, precisione e concordanza . Inevitabile la rettifica. I Giudici di merito hanno, secondo la Sezione Tributaria della Cassazione, fornito ampie motivazioni in ordine alle conclusioni cui sono giunti, come testimonia il fatto che, nel vaglio circa l’irregolarità delle scritture, hanno dato conto, come sopra evidenziato, della non corretta metodologia utilizzata per la determinazione delle consistenze di magazzino, nonché del fatto che le operazioni finanziarie contabilizzate nella voce debiti per finanziamenti verso altri oltre l’esercizio successivo , celavano, in realtà, operazioni finanziarie che avevano condotto un procuratore della società a disporre di somme di denaro. fonte www.fiscopiu.it

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 26 aprile – 4 ottobre 2013, n. 22702 Presidente Virgilio – Relatore Cigna Svolgimento del processo In seguito a pvc della Guardia di Finanza di San Benedetto del Tronto la locale Agenzia delle Entrate procedeva ad avviso di accertamento, con il quale elevava il reddito di impresa dichiarato per l'anno di imposta 1996 dalla società Nuovi Orizzonti Servizi Culturali srl esercente l'attività di vendita al minuto di libri, dischi e materiale affine e, di conseguenza, determinava una maggiore imposta IRPEG ed ILOR, irrogando le relative sanzioni. La CTP di Ascoli Piceno rigettava il ricorso proposto dalla società avverso detto avviso. Con sentenza depositata il 5-12-2007 la CTR di Ancona rigettava l'appello presentato dalla società il particolare la CTR rilevava che le riscontrate irregolarità nella tenuta delle scritture contabili, con riferimento sia ai valori delle rimanenze di magazzino sia alla contabilizzazione dei movimenti finanziari, avevano reso inattendibili nel loro complesso le scritture stesse, ed avevano quindi legittimato il ricorso all'accertamento induttivo di cui all'art. 39, comma 2, lett. d dpr 600/73, con conseguente possibilità di utilizzare elementi indiziari anche sforniti dei requisiti di gravità, precisione e concordanza nella specie, gli elementi operazioni finanziarie, flussi finanziari, giacenze iniziali effettive ritenuti dall'Agenzia sintomatici della presenza di attività contrastanti con quelle dichiarate, costituivano incongruenze talmente gravi da inficiare le scritture contabili evidenziava, in particolare, la CTR che la difformità riscontrata raggiungeva livelli di abnormità ed irragionevolezza tali da privare la documentazione contabile di ogni attendibilità , e riteneva, infine, attendibile la percentuale di ricarico utilizzata dall'Ufficio, calcolata quale percentuale media ponderata sulla base dei dati contabili . Avverso detta sentenza proponeva ricorso per Cassazione la società, affidato a cinque motivi, illustrati anche da ulteriore memoria ex art. 378 cpc resisteva con controricorso l'Agenzia. Motivi della decisione Con il primo motivo di ricorso la società, denunziando - ex art. 360 n. 5 cpc - insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, rilevava che la CTR non aveva dato concreta o comunque sufficiente risposta al motivo di impugnazione con il quale era stato dedotto il difetto di motivazione sulla dichiarata inattendibilità delle scritture contabili, e quindi sulla legittimità dell'Amministrazione Finanziaria a procedere all'accertamento sulla base di presunzioni prive dei requisiti di cui all'art. 2729 cc. Il motivo è infondato. La CTR ha, invero, ampiamente motivato sul punto, precisando come sopra esposto che gli elementi operazioni finanziarie, flussi finanziari, giacenze iniziali effettive che l'Agenzia delle Entrate aveva ritenuto rilevanti, quali dati sintomatici della presenza di attività contrastanti con quelle dichiarate, costituivano incongruenze tanto gravi da inficiare le scritture contabili, e che la riscontrata difformità raggiungeva livelli di abnormità ed irragionevolezza tali da privare la documentazione contabile di ogni attendibilità al riguardo, inoltre, la CTR ha soggiunto che le riscontrate irregolarità nella tenuta delle scritture contabili, sia con riferimento ai valori delle rimanenze di magazzino che alla contabilizzazione dei movimenti finanziari, rendevano inattendibili nel loro complesso le scritture stesse e legittimavano il ricorso all'accertamento induttivo di cui all'art. 39, comma 2, lett. D dpr 600/73, ed ha poi proceduto ad un analitico esame delle risultanze della documentazione allegata al pvc, con indicazione specifica delle dette irregolarità. Con il secondo motivo di ricorso la Società, denunziando - ex art. 360 n. 3 cpc - violazione e falsa applicazione dell'art. 39, comma 2, e 40 dpr 600/73, formulava ex art. 366 bis cpc il seguente quesito di diritto se in presenza di contabilità formalmente regolare sia legittimamente consentito presumere omissioni ovvero false o inesatte indicazioni nella specie minor ammontare delle rimanenze e finanziamento di terzi attraverso elementi che non abbiano i caratteri della gravità, precisione e concordanza . Tale motivo è inammissibile e comunque infondato, posto che, come precisato in precedenza, nella specie la CTR ha ritenuto che non si fosse in presenza di contabilità formalmente regolare ma, al contrario, di scritture inattendibili nel loro complesso, sicché il quesito non può ritenersi adeguato alla fattispecie esaminata. Con il terzo motivo la società, denunziando - ex art. 360 n. 5 cpc - insufficiente ed illogica motivazione su un punto decisivo della controversia, deduceva che la CTR aveva acriticamente considerato come dato di fatto l'irregolarità contabile relativa all'indicazione delle operazioni finanziarie e delle rimanenze contabili al 1-1-1997, e che costituiva una mera petizione di principio affermare che gli elementi che l'Agenzia delle Entrate ha ritenuto rilevanti costituiscono incongruenze e risultano talmente gravi da inficiare le scritture contabili, fondandosi su valutazioni di un'effettiva e concreta certezza, e riproponendo gli addebiti senza entrare nel merito delle contestazioni formulate dall'appellante. Siffatto motivo è infondato. La CTR, invero, senza alcuna petizione di principio, ha ampiamente motivato sul punto la stessa, infatti, nel riscontrare l'irregolarità nella tenuta delle scritture contabili, ha fatto specifico riferimento sia ai valori delle rimanenze di magazzino sia alla contabilizzazione dei movimenti finanziari , e, al riguardo, ha ulteriormente puntualizzato, in ordine al primo profilo, che la metodologia usata nella redazione dell'inventario aveva comportato una sopravvalutazione del magazzino dal valore contabilizzato di lire 3.042.786.500 a quello effettivo di lire 1.654.454.913 v. contenuto avviso di accertamento, riportato in sentenza e, in ordine al secondo profilo, che dalla documentazione allegata al pvc era evincibile che nella contabilità della società erano confluiti, sotto la voce debiti per finanziamenti verso altri oltre l'esercizio successivo , operazioni finanziarie che in realtà non erano né finanziamenti di terzi verso la società né versamenti in conto capitale di eventuali soci futuri, ma somme nella disponibilità del sig. G.M. , procuratore della società, e dallo stesso stornate nella suddetta posta contabile. Con il quarto motivo la società, denunziando - ex art. 360 n. 4 cpc - violazione e falsa applicazione dell'art. 112 cpc, deduceva che la CTR aveva completamente omesso di decidere sul motivo di appello con il quale essa società aveva lamentato che il calcolo dell'Ufficio per la determinazione del reddito imponibile non era assistito da alcun processo logico in particolare sul motivo di appello con il quale era stato rilevato che nella determinazione del reddito di esercizio erano stati considerati come costi deducibili solo quelli del personale, escludendo immotivatamente tutti gli altri costi di gestione risultanti dalla contabilità e mai contestati. Siffatto motivo è infondato. La questione, così come prospettata, appare nuova e non specificamente posta al vaglio del Giudice del gravame lo stesso ricorrente, invero, ha dedotto v. pag. 32 ricorso per Cassazione di avere lamentato che l'Ufficio per accertare il reddito d'impresa pag. 3 dell'avviso di accertamento usa la percentuale di ricarico calcolata in modo induttivo, per poi ricavare, di nuovo con calcolo induttivo, dal costo delle merci acquistate l'utile al lordo dei costi del personale, senza spiegare la logica di tale calcolo in tal modo risulta aver posto una questione diversa da quella oggetto del motivo di ricorso in questione avvenuta deduzione dei soli costi del personale, senza tenere in conto gli altri costi , sicché non sussiste alcuna violazione del principio di cui all'art. 112 cpc. Con il quinto motivo la ricorrente, denunziando - ex art. 360 n. 4 cpc - violazione e falsa applicazione dell'art. 112 cpc, rilevava che la CTR non aveva preso in esame il motivo di appello con il quale essa società, sin dal ricorso introduttivo, aveva dedotto l'applicazione indiscriminata per gli anni precedenti al 1997 della percentuale di ricarico 26% , determinata dalla Guardia di Finanza per il solo anno 1997. Il motivo è inammissibile. Per costante e condiviso principio di questa Corte affinché possa utilmente dedursi in sede di legittimità un vizio di omessa pronuncia, è necessario, da un lato, che al giudice di merito fossero state rivolte una domanda o un'eccezione autonomamente apprezzabili e, dall'altro, che tali domande o eccezioni siano state riportate puntualmente, nei loro esatti termini, nel ricorso per cassazione, per il principio dell'autosufficienza, con l'indicazione specifica, altresì, dell'atto difensivo o del verbale di udienza nei quali le une o le altre erano state proposte, onde consentire al giudice di verificarne, in primo luogo, la ritualità e la tempestività e, in secondo luogo, la decisività Cass. 5344/2013 . Nella fattispecie in esame la società ha riferito di avere dedotto la questione dell'applicazione indiscriminata della percentuale di ricarico fin dal ricorso introduttivo , ma non ha poi precisato in quale atto e dove la detta questione è stata poi riproposta al giudice del gravame, non consentendo pertanto a questa Corte le predette verifiche. In conclusione, pertanto, il ricorso va rigettato. Le spese di lite relative al presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite relative al presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 3.600,00, oltre spese prenotate a debito.